Categoria : eventi culturali

Giovanni Battista Vassallo (1691-1775) di Mauro Dadea

Il gesuita piemontese condannato all’oblìo

Il ritrovamento del sepolcro nella chiesa di S. Croce restituisce la memoria

di Giovanni Battista Vassallo

La scorsa estate durante i lavori di restauro nella basilica di Santa Croce a Cagliari è venuto alla luce il ‘sepolcro privilegiato’ di padre Giovanni Battista Vassallo, sacerdote gesuita morto in fama di santità il 1°gennaio 1775. Questo religioso è uno tra i protagonisti di quel capitolo della storia sarda, ancora tutto da scrivere, che si potrebbe intitolare ‘della santità dimenticata’. Sono infatti molti i personaggi a suo tempo circondati di sconfinata ammirazione o addirittura fatti oggetto di vero e proprio culto, vissuti in Sardegna nel corso dei secoli, dei quali oggi nessuno ricorda più neppure il nome.

Solo per Cagliari, ad esempio, chi ha mai sentito parlare della clarissa madre Angela de Madrigal, che nel Cinquecento governò il monastero di Santa Lucia in Castello? O, per il Seicento, di fratel Pietro Martis, scolopio del convento dell’Annunziata ? O di madre Maria Laura Biancarellis, una delle fondatrici, nel Settecento, del monastero delle Cappuccine? O di don Michele Roich, sacerdote diocesano, morto nel 1826 e sepolto nella chiesa di San Michele a Stampace? Eppure i contemporanei avrebbero giurato sulla santità in grado eroico di ognuno di loro. San Salvatore da Horta e Sant’Ignazio da Laconi, con il Beato Nicola da Gesturi, rappresentano quindi soltanto pochi rami di un albero ben più rigoglioso, le cui radici ancora sfuggono a una conoscenza storica e teologica piena. Ma come mai sugli altri è calato l’oblìo? A partire dal sedicesimo secolo il potere di proclamare i santi venne sottratto ai vescovi e alle comunità locali, cui era da sempre appartenuto, per essere assunto direttamente dal pontefice. Questi lo subordinò a una serie di accertamenti storico-giuridici, la ‘causa di beatificazione e canonizzazione’, preposta a far luce sulle virtù e i miracoli di quanti sembravano aver incarnato la perfezione evangelica. Se viene a mancare chi si faccia carico di un simile procedimento, complesso e dispendioso, il candidato alla beatificazione potrà anche godersi la gloria ‘attuale’ nel cielo, ma non certo quella ‘accidentale’ sulla terra. Emblematico, in questo senso, è stato proprio il caso di padre Giovanni Battista Vassallo, dei conti di Castiglione. Un uomo che in nome di Cristo spese tutta la vita per il bene della Sardegna, dove giunse nel 1726 e visse ininterrottamente cinquant’anni. BiografiaNato nel 1691 a Dogliani (Saluzzo), entrò giovanissimo nella Compagnia di Gesù. Nel 1720 la Sardegna entrò a far parte dei domini sabaudi e il Vassallo, con altri gesuiti piemontesi, fu mandato nell’isola allora profondamente spagnolizzata, con l’incarico di insegnarvi la lingua italiana. L’esperimento didattico ben presto fallì, per cui il giovane sacerdote fu assegnato alle missioni popolari itineranti. In questa veste percorse varie volte l’intera Sardegna raggiungendone ogni centro abitato, dai ‘furriadroxius’ del Sulcis agli stazzi più sperduti della Gallura. Cercava di rianimare i sentimenti religiosi dei fedeli, aiutare i vicari parrocchiali poveri e poco istruiti, ricucire situazioni difficili o addirittura di piena conflittualità, come le faide. Per rendere più interessanti e coinvolgenti le cerimonie sacre, si preoccupò di comporre o adattare alla realtà locale inni e canzonette religiose allora in voga nel continente: fu così che il fratel coadiutore Bonaventura Licheri, suo compagno di missione, tradusse in sardo il ‘Deus Ti salvet, Maria’, pubblicato in italiano, nel 1681, dal gesuita padre Innocenzo Innocenti. Le opereA vantaggio del clero locale, padre Vassallo introdusse anche a livello diocesano la tradizionale pratica gesuitica degli esercizi spirituali periodici; compose, per i sacerdoti meno dotati di capacità oratorie, una raccolta di commenti al Vangelo dalla quale essi avrebbero potuto attingere per le loro prediche domenicali; scrisse (lui, piemontese) il primo catechismo in lingua sarda. Siccome, evidentemente, tutto questo doveva sembrargli ancora poco, si dette da fare per erigere in Sardegna i primi enti assistenziali pubblici. Così, nel 1751, fu aperto a Cagliari il ‘Conservatorio delle Figlie della Provvidenza’, per le bambine orfane e abbandonate. La storia personale di un uomo tanto benemerito ebbe un epilogo drammatico. Nel 1773 l’ordine gesuitico fu sciolto dal pontefice e il Vassallo, ormai ottantenne, sopravvisse solo un altro paio d’anni al disastro di ciò cui aveva dedicato l’intera esistenza. Ormai sardo in tutto e per tutto, nonostante fosse stato espulso, con i confratelli, dalle case religiose dell’ordine, respinse coraggiosamente l’invito della famiglia a tornarsene in Piemonte. Si ritirò nella casa per gli esercizi spirituali che lui stesso aveva fondato a Cagliari, proseguendo la sua missione. La sera dell’ultimo dell’anno 1774 fu colto da un ictus, mentre con voce flebile ancora predicava: l’agonia durò poche ore, fino all’alba successiva. Il vescovo rivaleA quel tempo era arcivescovo di Cagliari don Giuseppe Agostino Delbecchi, che era scolopio e quindi rivale storico dei gesuiti (entrambi gli ordini gestivano scuole). Benché l’amministrazione cittadina avesse decretato per il Vassallo i funerali solenni, l’arcivescovo lo fece deporre in forma privata, quasi segretamente, in una camera funeraria comune sotto il pavimento della chiesa ex gesuitica di Santa Croce. Comunque due magistrati cagliaritani, ammiratori del defunto, presero personalmente l’iniziativa e all’interno della cripta, per quello che già all’epoca era chiamato ‘l’Apostolo della Sardegna’, fecero costruire un sarcofago singolo in muratura, completo di epigrafe celebrativa. Il sepolcroLa riscoperta di questo sepolcro è giunta a ravvivare un ricordo ormai quasi completamente sopito. Nell’immediato, infatti, l’apertura del processo di beatificazione e la consueta stesura di un profilo biografico del Vassallo erano state impossibili, per cui oggi, a suo riguardo, non si possiedono che poche notizie frammentarie. Il clima politico seguito alla soppressione della Compagnia di Gesù, d’altra parte, non si prestava certo alla raccolta ufficiale di testimonianze relative alla fama di santità di un suo ex membro: cosa che sarebbe anche potuta apparire un tentativo di riabilitazione dell’ordine, o addirittura una sconfessione dell’operato di papa Clemente XIV. Per servilismo e amore del quieto vivere, quindi, si preferì lasciar perdere, confidando che il tempo, come infatti avvenne, avrebbe finito per cancellare perfino la memoria di una persona tanto ricca di meriti. Senz’altro degna, se non proprio di venerazione, quantomeno di riconoscenza eterna. Mauro Dadea

Dall’Unione Sarda del 27 febbraio 2006

In attesa di predisporre un adeguato profilo sull’apostolo della Sardegna del Settecento pubblichiamo per i nostri lettori quanto ha scritto Mauro Dadea su L’Unione Sarda.

Ho terminato da poco la lettura del saggio eccessivamente agiografico di Enrico M. Sundas,Un apostolo della Sardegna nel secolo XVII Biografia del P. Gian Battista Vassallo,Tipografia Giovanni Ledda, Cagliari 1923 pp. 128. Il Vassallo nacque a Dogliani (Cuneo) il 10 febbraio 1691 morì a Cagliari il 1 Gennaio 1776. Fu attivo in Sardegna dal 1728 al 1775. Viene menzionato dal Manno, dal Martini, dal Filia, dallo Scintu, dal Fuos, dal Sulis, da Turtas. Occorrerà fare una ricognizione nelle raccolte bibliografiche di Ciasca, Della Maria, Orrù e ovviamente nell’Archivium Societatis Jesu di Roma e nelle eventuali carte della Corte torinese dove la madre prestò servizio come Dama di Corte. (Angelino Tedde)

21 febbraio 2011: abbiamo fotografato dal libretto di Giuseppe Boero (1859) un dipinto del Vassallo e per quanto parzialmente lo abbiamo inserito in questo contributo del Dadea.

Commenti

  1. Padre Vassallo apparteneva alla famiglia della famosa “Nicchia”, contessa di Castiglione, cugina dello stesso Cavour che questi infilò nel letto di Napoleone III, per ottenere l’appoggio della Francia nella Seconda Guerra d’Indipendenza. La vittoria delle armi sardo-piemontesi a Solferino e San Martino è risultata da questo atto di diplomazia lenzuolistica.

    Paolo Amat di San Filippo
    Novembre 12th, 2010
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