26 Ottobre 2025 - Categoria: c'est la vie

“Stella del mattino” di Maria Cristina Manca scrittrice

 

 

«Nel mondo intero sta per succedere qualcosa», scriveva profeticamente nel 1931 san Massimiliano Kolbe; il quale dieci anni dopo conobbe il campo di concentramento di Auschwitz, dove venne ucciso.

 

«Fede, allegria, ottimismo. Però, non con la stoltezza di chiudere gli occhi di fronte alla realtà», scrive san Josemaria Escrivà de Balaguer.

 

Mi si dirà che, oggigiorno, non c’è bisogno di scomodare i santi (o, al contrario, l’inferno, i diavoli, i maghi, gli sciamani, le cassandre, gli squilibrati e gli affini) per accorgerci che “nel mondo sta per succedere qualcosa”, anzi, che già un accadimento violento è alle nostre fragili porte europee; una guerra palese e al contempo negata; un piano ideologico messo in atto con aggressività ancestrale e scientificamente moderna; un cambiamento epocale, esistenziale, per noi che la guerra non l’abbiamo mai vissuta né pensata; un avanzare violento a noi ignoto ed ostile.

 

La concreta probabilità di un duro cambiamento ci è quasi arrivata in faccia anche da altre parti; l’intero mondo (digitale e fisico, entrambi reali, cioè con possibilità effettive di toccare realmente la nostra esistenza) pare riempirsi di improvvisa inimmaginabile violenza, ferocia.

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24 Ottobre 2025 - Categoria: c'est la vie, vita contadina

La storia di Titone,vittima degli espropri per il progresso Oschiri 1855 di Antonio Meloni

Alvaru Casula fit unu de sos massajos mannos mentovadu in bidda. Lu giamaiant a aprovelzu Titone, ca gighiat sa cara niedda che titone, brujada dae su sole. Etaiat eteres e eteres de laore, sobraetotu trigu e olzu, chi, bogadu su semene e sa provista, si lu endiat pro aere una bona intrada. Messende li cantaiant sas chigulas de austu, ca faghiat totu a sa sola e a sero, onzi die, l’iscurigaiat remonzende s’ultimu mannuju, poi s’inseddaiat su burragliu 1 e torraiat a bidda. Fit un’omine de pagos faeddos, sinzeru e de bona cara. No aiat fizos suos. Isposeit a Ziromina, una femina chi resteit batia a una deghina de annos dae su coju: su maridu molzeit rupende su riu ogadu in sos giumpadolzos2 ; l’agateint a sas tres dies in un’istrintolzu in mesu a tupas de tamaritu. Dae su coltzu maridu retzeit calchi bene: una tanca manna, a sa essida de sa idda, chi daiat a mes’apare a calchi giualzu, una inzighedda e un’oltu acultzu a domo sua chi si faghiat a sa sola.

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23 Ottobre 2025 - Categoria: eventi luttuosi

“Stefano Deledda (1942-2025), un marito, un padre e un nonno esemplare”

E’ tornato alla casa del Padre Stefano Deledda di Perfugas, coniuge di Francesca Bussu di Chiaramonti un caro e generoso amico.
La  mestizia ci ha molto toccato alla morte di Marianna e di Vigilio e tempo fa del caro amico Massimo Schintu, mio meccanico di fiducia. Dalla scomparsa di Marianna abbiamo acquisito l’amicizia stretta di Francesca e di Stefano suo devoto consorte.
Oltre a sentirci periodicamente con Francesca, Stefano salendo da Perfugas, ci offriva ogni anno le primizie del suo frutteto e del suo orto. Era stimato da tutti nel suo paese e anche da chi lo conosceva a Chiaramonti.
Aveva conosciuto Francesca a Gallarate ed erano rientrati giusto per sposarsi e mettere su famiglia a Perfugas suo amato paese dove ebbe modo di lavorare in un’impresa commerciale di antica data. Si costruì la casa e nell’ampio terreno ad essa collegato aveva impiantato un bel frutteto e orto. Non restava di certo ozioso quando era libero dal lavoro. Sempre affaccendato e sempre disponibile per la famiglia e per il prossimo. Nell’ultimo periodo aveva affrontato tutte le difficoltà connesse sia alla malattia di Marianna sia a quella di Virgilio. E’ stato instancabile sia nel prodigarsi verso i figli sia verso il cognato e le cognate. Non gli sono mancati i vivaci nipoti e pronipoti verso i quali si è dimostrato nonno affettuoso come del resto aveva fatto coi figli.
Dopo una vita operosa verso i suoi e il prossimo è venuta l’ora della sua chiamata al Cielo dove alle persone buone e generose è riservata la gioia eterna. Le esequie si sono svolte con una chiesa gremita di folla e con una salma infiorata. Il parroco ha tessuto l’elogio delle sue virtù umane e cristiane. Siamo certi che in Cielo pregherà per tutti noi, parenti e amici, come noi pregheremo per lui.
A Francesca che ci ha attutito la mancanza di Marianna con le sue frequenti telefonate e visite, ai figli, alle sorelle e ai cari nipoti diamo i segni più profondi delle nostre condoglianze.

 

Pasquale Tedde

Rendilo condivisibile Angelino.
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22 Agosto 2025 - Categoria: letteratura sarda

XV Le due sorelle Nigoleddu si confidano di Ange de Clermont

La dichiarazione fatta ad Anghela Nigoleddu dal brigadiere Carrigni non scivolarono invano sull’anima giovanile della ragazza che un pò agitata sentì il bisogno di confidarsi con la sorella già promessa sposa ad un Balchi.
Una volta a letto, spenta la stearica, Anghela si rivolse alla sorella dicendolele:

  • Oggi mentre tornavo a casa ho incrociato il brigadiere che mi ha detto d’essersi innamorato di me.

-E tu che cosa gli hai risposto?-

-Se son rose fioriranno.-

-Brava è la stessa risposta che io ho detto a Giovanni, quando  mi ha detto per la strada che avrebbe voluto sposarmi.-

-E se lo incontro ancora che cos’altro debbo rispondergli?-

-Calma Anghela, dovresti parlarne con mamma e poi da cosa nasce cosa. Intanto per ora il brigadiere ha altro a cui pensare dal momento che hanno ammazzato anche l’archeologo Malta.-
-A dirti ala verità quel brigadiere mi piace ed è la terza volta che lo colgo guardandomi con una certa passione.

-Non vedi che è preso da te, per cui lascia scaldare il ferro finché è rovente.-

Ciò detto le due sorelle stettero insilenzio e si addormentarono.
In caserma i militi considerar

La notte fu turbata dal maltempo e gli stessi militi erano turbati per questo secondo delitto  tanto simile al primo..

Due morti ammazzati in poco tempo e li attendeva un lavoro d’indagine abbastanza intenso.
Chi poteva con le stesse modalità uccidere due uomini onesti e pacifici? E chi poteva essere così geloso delle Domus de Janas da eliminare uno dopo l’latro gli archeologi. Anche i militi sussurravano tra loro che non c’era due senza tre. e che comunque dovevano scoprire l’assassino prima che ci scappasse il terzo delitto come era avvenuto anni fa. Di sicuro se non avessero scoperto l’assassino i superiori avrebbero mandato qualche specialista di serie killer.

Bisognava farsi un giro nei centri dell’Anglona, sentire almeno i sindaci, per sapere che cosa ne pensassero.
Andavano ascoltati anche  i pastori di Sassu Altu perché il delitto era avvenuto come il primo nella loro località.
Come ormai di consuetò sul posto c’era anche Andria Galanu la cui filosofia lo scagiona sempre. Inoltre pare che la scoperta del cadavere fosse opera di Martino Pedde a addirittura nei suoi terreni di su Murrone dove le Domus de janas erano particolarmente basse ed entrarvi era piuttosto impegnativo.

Il brigadiere Carrigni, colpito al cuore dalla bella mora Anghela Nigoleddu, tendeva a non pensare troppo a scoprire il killer anche se di tanto in tanto si macerava il cervello su quale personaggio facesse di tutto per dare lavoro ai militi di Miramonti.

Preparò una missiva alle varie stazioni della regione storico culturale anglonese perché in giorni precisi convocassero i consigli comunali e il sijndaco per sentire il loro parere su questo delitto sardo, ma raffinato e quale dia solo naso tondesse il marchio dalla protome taurina.

I superiori da Sassari con una missiva convocarono il brigadiere Carrigni per fare un’esposizione dettagliata dei fatti  che come quello di sette otto anni  prima avevano  turbato i centri dell’Anglona.
Giustamente pensava tra sé e sé che prima delle assemblee comunali anglonesi i superiori dovevano attendere.

A Miramonti l’angoscia quasi pwersonificata entrava nelle case delle vie e dei vicoli. La maggior parte della gente se la prese con gli archeologos de Susu. Questa storia degli studi dell’antichità non garbava a nessuno se poi tutto doveva concludersi con morti ammazzati rendendo oltremodo insicure le campagne.

Questo non pensavano i diavoli che nella notte sibilavano c on un vento impetuoso tanto c he la gente non faceva che dire:-Si sun pesados sos dimonios-si son levati i diavoli!-

 

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1 Agosto 2025 - Categoria: eventi luttuosi

“Michelina Manca vedova Franchini (Chiaramonti,1944- Sassari, 2025)” di Angelino Tedde

ll ritorno alla casa del Padre di Michelina Manca ved.Franchini.
Michelina era una delle poche amiche che frequentavano la nostra casa che dista dalla sua non più di duecento metri.
Era sempre serena gentile e generosa. I primi fichi di un albero che guardava la sua casa erano per noi. Tutte le volte che faceva i dolci c’era pure la nostra parte. A me piacevano senza” branizza” e lei mi accontentava, anzi l’ultima volta me ne aveva portato tanti. Forse era l’addio ai miei dolci. Tempo fa ci fece sapere della sua fatale malattia anche se i medici facevano di tutto per guarirla. Sottoposta per mesi e mesi ad una stressante cura ce lo disse come fosse una cosa ordinaria.
Le piaceva leggere i giornali che leggeva la sua amica Domitilla e allora veniva a prenderseli con tanta delicatezza. Madre di quattro figlie che amava e i nipoti teneramente. Se non ricordo male ce n’era uno che a causa della professione della madre e del padre si può dire che lo abbia allevato lei. Era molto attaccata alla famiglia e ai suoi fratelli e alla sorella. Il marito, mio carissimo amico, la venerava bruscamente e le voleva un gran bene. Altrettanto si può dire delle brave figlie che da quando si è ammalata non l’hanno persa di vista un attimo.
Il gesto eroico lo ha fatto per noi che presi all’improvviso dal Covid, quando l’abbiamo chiamata a farci una minestra è venuta senza badare a nulla e ai rischi che poteva correre.
Nel corso della sua esistenza oltre all’allevamento delle figlie ha sempre seguito il marito anche nella raccolta delle olive che i proprietari davano a loro data la loro specchiata onestà.
Non aveva frequentato se non le scuole elementari, ma leggeva molto e sinceramente per le buone doti di madre e di sposa meritava cento lauree.
Ora è andata a raggiungere il caro Gigi  salito Lassù nell’aprile del 1920.
Riposa in pace, cara Michelina, non ti dimenticheremo nelle preghiere e rammenteremo sempre la tua generosità e la tua finezza.
Alle figlie, ai nipoti i segni della nostra profonda condoglianza.
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26 Giugno 2025 - Categoria: eventi luttuosi, eventi straordinari

“La morte di Papa Francesco” del prof. Fulvio De Giorgi dell’Università di Modena Reggio Emilia

Fulvio De Giorgi

Dopo la morte di papa Bergoglio, il 21 aprile, si è sviluppato un “assordante chiacchiericcio” degli ambienti anti-Francesco, tra giornali (e dibattiti televisivi), social e siti Internet, tendenti a sostenere tre tesi: primo, la Chiesa è divisa; secondo, la linea magisteriale del papa defunto era sbagliata, ha reso insignificante il cattolicesimo nell’arena pubblica e sta portando la Chiesa cattolica allo sbaraglio; terzo, il sentimento “tradizionalista”, freddo se non ostile verso Bergoglio, è popolare e maggioritario tra i fedeli.

Oltre a ribadire – nell’occasione “mediatica” della morte del pontefice – temi e motivi da tempo già manifestati (e che vanno dalla «opzione Benedetto» al «codice Ratzinger» alle varie sfumature di tradizionalismo e di cyberbullismo anti-evangelico, allucinato e catastrofista, limitrofo all’irrazionalismo no-vax, terrapiattista, suprematista-bianco), questa riproposizione compatta di un fronte anti-Francesco mira, evidentemente, a condizionare il conclave per spingerlo non tanto verso un’impossibile scelta anti-Francesco, quanto verso la designazione di un papa “di mediazione”, che rallenti e possibilmente blocchi i processi di rinnovamento avviati da Francesco: una sorta di fake Francis.

Il successore determinerà l’importanza storica di Francesco

Questo avvilente chiacchiericcio si è dunque sviluppato, già dal 22 aprile, e indirettamente segnala un aspetto significativo: l’importanza storica del papato di Francesco sarà fortemente segnata dalle scelte del suo successore. Mi spiego: se dopo le aperture di papa Roncalli, il Conclave avesse eletto il card. Siri o, comunque, un Pio XIII, tutto – anche il Concilio appena avviato – sarebbe stato rapidamente chiuso e il pontificato di papa Giovanni XXIII sarebbe stato a malapena ricordato come un tentativo fallito. L’importanza grandissima, invece, che tutti gli storici riconoscono a quel pontificato, dipende, dunque, dall’elezione di papa Montini, che portò a compimento il Concilio e avviò la grande riforma della Chiesa cattolica: certo, con il suo stile (diverso da quello roncalliano e, forse, non da tutti compreso), ma indubbiamente in continuità profonda tra Giovanni XXIII e Paolo VI. Ed è quello che serve anche oggi.

In ogni caso, dopo pochi giorni dallo scatenarsi multiforme di questo fronte, le sue tre tesi sono state smentite dai funerali di papa Francesco: primo, l’omelia vibrante del card. Re (non certo un “progressista”: un cardinale novantenne, nominato da Giovanni Paolo II) ha reso trasparente il sentimento di gran lunga prevalente, senza veri dissensi, nella gerarchia cattolica e le linee di continuità che il nuovo papa porterà certamente avanti; secondo, la corale presenza dei Potenti della terra, anche non cattolici, anche ostili al magistero bergogliano, indica il rispetto di cui godeva l’autorità morale di papa Francesco e l’importanza, ancora significativa, della Chiesa cattolica nei diversi paesi del mondo, inoltre lo stesso discorso del presidente Mattarella, il giorno precedente, per la festa della Liberazione italiana (con la citazione-chiave di papa Francesco), aveva mostrato la vitalità e la significatività dell’insegnamento sociale bergogliano sul piano di una sua possibile valorizzazione etico-civile in senso alto; terzo, la grande partecipazione di popolo – insieme commossa e cristianamente gioiosa (in persona a Roma; in chi ha seguito il funerale in mondovisione; ma soprattutto nelle preghiere delle parrocchie cattoliche dovunque)  – ha fatto vedere come il papa defunto era entrato nel cuore dei fedeli, delle persone semplici, soprattutto di quegli “ultimi” che, con la rosa bianca, hanno accolto il feretro del papa a Santa Maria Maggiore. È emerso un affetto popolare forte e diffuso, che ha suscitato “nostalgie di Vangelo” anche fuori della comunità ecclesiale: un affetto semplice, non organizzato da movimenti particolari, un affetto non esaltato ma grato e commosso, come forse non si vedeva dai tempi di papa Giovanni.

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24 Giugno 2025 - Categoria: c'est la vie

“Sos cumandos de mama e sos bagliaroculos” de Anghelu de sa Niéra

A s’ipissa mama mi mandaiat a comporare su tucaru in piatta dae tia Maddalena.

 Pro andare in piatta devio passare innanti a su palatu de su dutoreddu in ue abitaiat pure su frade chi fit calonigu. Meda boltas custu monsignore l’incontraio pighende dae cheija. Cando m’abboiait, mi frimmait e mi narriate:

  • Narali a mama tua chi ti fetat bennere a chejia, allu chi non bi enis mai. Ammentadi chi si non benis a chejia ti che pijat su dimoniu-
  • Bi l’ap’a narrere a mama chi non chrzo chi mi pijet su dimoniu-
  • Ah! Ammentadi-aggiughiat- chi su dimoniu est feu e conchi ruju e si non benis a cheja ti che giughet a s’infferru.-
  • Comente?-
  • Ti che giughet a s’inferru!-
  • L’ap’a narrere a mama!-

E custu fit su primu incontru.

S’àteru l’agataio in carrela de s’avvocadu, inue Carolu, Giuanninu e Antonicu giogaiant sempre a bagliaroculos. Deo mi firmmaio a los abbaidare poi mi naraint a ndasa de bagliaroculos e deo aio sempre sas busciacas pienas.

  • E tando gioga cun nois Anghelè, mama tua già podet isetare-

E gai incominzaio su giogu, ma gioga chi ti gioga, su giogu non finiat mai e che passaiat s’ora immintighendemi de su cumandu.-

Una die aio bagliaroculos a furriadura e incominzo a giogare e a binchere. Fio cuntentu meda. Non faddio unu tiru. A unu zertu puntu propriu cando fio pesende su enuju pro poggiare sa manu e tirare cun su poddighe e s’indighe su bagliaroculu, m’arrivat custu ciaffu in cara e che fino rutu in terra. Mi giro pro abbaidare e chie ido? Mama ch’incominzat a mi brigare.

-T’apo mandadu a mi fagher tre cumandos: unu dae tia Maddalena, s’ateru dae Tarsilla e su terzu dae ti’ Antoni Pira in Municipiu e tue ti ses postu a giogare a bagliaroculos?

Narami como ite devo faghere. Ogni bolta est gai? Ohi istasera cando recuet babbu tou dae campagna, ti fato mazare comente mai! Ses perri conchinu, torra a domo chi poi faghimus sos contos-

Sos cumpanzos si ch’intraian’in domi issoro e bessit ti Ciccia. Ite b’at coma’-

-Comare mia non nde poto pius de custu fizu gai malu, no lu poto mandare a unu cumandu chi s’incontrat cumpagnia si ponet a giogare e s’immantigat de totu.-

-Comare mia, no lu naredas a mie. S’atera die mando a Tore a leare fae dae tia Pedrutza Saba e non torraiat pius, so essida a lu chircare a l’ischides in ue l’apo agatadu?

In carrela de caserma giochende a imbrestia cun d’uni fiottu de cumpanzos. E sa fae già l’aiat comporada, ma comente l’a posta in terra pro giogare, b’est arrividu s’ainu de tie Peppe Birraldu e a pagu pagu si che l’at mandiga. L’apo mazadu che basolu a su Mulinu de su bentu. Tres dies est istadu in su letu mimulende

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23 Giugno 2025 - Categoria: narrativa, vita rurale

“Migali”,”Michele” racconto in lingua sarda e trasposizione italiana di Maria Sale poetessa di Chiaramonti

Migali, custu manzanu, si nde fit pesadu chito e s’aiat alluminzadu su fogu, in sa fogulaja  manna in mesu sa pinneta.

Fimus in finitia de ierru, ma in sos manzaniles lìmpios, s’intendiat ancora sa friscura de sa ‘iddia,  massimatottu in sas costeras a pala umbrina, ue su sole de su mese de martu non resessiat a b’intrare bene, pro nd’asciuttare s’umididade de sa notte.

Sa pinneta de Migali fit in un’aparinadedda, inghiriada de àrvures de suerzu e de èlighes, a pagu drettu dae  su riu chi falaiat in mesania de s’’adde.

A la bider dae tesu, cun sos muros nieddos, fattos de contones de trachite e covaccada a bortiju, pariat unu zigarru, de cuddos chi sos betzos fumaian a fogu in intro de bucca, ca donzi tantu, bessiat un’appuppada de fumu, isparghendesi in s’aera netta de su manzanu, simizante a su fumu bessende dae sas laras isganzadas de su fumadore.

Migali istaiat in custa pinneta dae sende piseddu e contivizaiat unu fiottu de arveghes pro contu de Antiogu. Fit un’òmine chi aiat connotu paga fortuna, e chi teniat solu sentidos de bonidade, chena malidade peruna.

Fit crèschidu, comente si narat, in s’aficu de caras anzenas, chentza connòschere una famìlia sua, e nemmancu parentadu chi l’esseret mustradu bonu chèrrere.

Cando lu preguntaian, naraiat de èssere parente de zente meda, ma lu faghiat ca de parentes no nd’aiat mai connotu.

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