Categoria : psicologia

Psicologia e famiglia in Italia. Il caso Sardegna di Matteo Tedde

Approcci teorici. Ricerche. Modelli euristici

Premessa

La Psicologia della Famiglia è sicuramente uno dei settori più recenti della Psicologia: come denominazione la Family Psychology compare nel 1983; la prima rivista del settore, diretta da Liddle, Journal of Family Psychology fu pubblicata, infatti, nel 1987 e solo nel 1990 venne istituita l’International Accademy of Family Psychology. [1].

Come settore scientifico a sè stante la Psicologia della Famiglia si sviluppa soprattutto nell’ultimo ventennio. Gli studiosi, a livello internazionale, come si è già visto, rivolsero la loro attenzione alle tematiche familiari concernenti: la coppia, il rapporto madre-bambino, quello genitori-figli adolescenti andando incontro a difficoltà di carattere teorico-metodologiche nel momento in cui si addentrarono nell’analisi della famiglia e della sua complessità.

Si avvertì subito l’esigenza di modelli e di una teorie che disegnassero l’identità della famiglia, ne seguissero l’evoluzione e ne spiegassero le trasformazioni come processi di adattamento all’ambiente.

Con l’utilizzo dei contributi – alcuni dei quali presentati nella prima parte di questo lavoro – offerti dalla teoria sistemico-relazionale da una parte e di quelli forniti dalla teoria psico­analitica dall’altra, anche se non soddisfacentemente integrati, si ebbe un grande aiuto nello studio e nell’approccio clinico e terapeutico della famiglia[2]

La Psicologia della famiglia in Italia

La produzione scientifica italiana degli anni Settanta sulla psicologia della famiglia, e i nuovi bisogni di indagine dovuti alla trasformazione della società italiana (specialmente con le varie riforme legislative quali la riforma del diritto di famiglia, l’introduzione del divorzio e della regolamentazione dell’interruzione di gravidanza nonché l’isti­tuzione dei servizi sociali dovuti al clima del welfare state), fu piuttosto scarsa rispetto a quella internazionale[3]

In Italia, mentre le occasioni di discussione e dibattito sulla famiglia in generale, a tutti i livelli, furono frequenti, la ricerca scientifica non fu pari all’interesse e questo particolarmente in psicologia.

Sembra quasi che gli studiosi italiani, a causa del ritardo con cui ci si interessò alla disciplina, fossero presi dalla acquisizione e traduzione dei testi di autori internazionali.

Ciò potrebbe essere legato al fatto che in Italia i modelli tradizionali di famiglia, garantendo una certa stabilità all’istituzione nazionale, abbiano fatto sorgere meno bisogni e quindi minore interesse da parte degli studiosi, mentre la forte crisi che investì la famiglia, ad esempio, del mondo anglosassone abbia spinto quegli studiosi ad un precoce e maggior impegno nella ricerca, quasi a rispondere a bisogni più pressanti. A meno che non si voglia attribuire questo ritardo alla minore sensibilità degli studiosi italiani nella lettura dei fenomeni che riguardano la vita privata trovando più congeniale interessarsi ai problemi della vita pubblica.

D’altra parte anche nelle altre discipline l’interesse degli studiosi italiani per la famiglia pare arrivato a buona distanza degli studiosi anglosassoni e francesi, basti pensare al gruppo delle Annales in Francia e a quello di Laslett in Inghilterra[4].

Ad ogni modo la mancanza di una rassegna critica di studi e ricerche multidisciplinari sulla famiglia sollecitò gli studiosi del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano a predisporre una rassegna, per quanto possibile completa, delle ricerche multi­disciplinari sulla famiglia in Italia svolte nel decennio ‘70-’80[5].

La rassegna del CSRF rappresentò l’inizio di un interesse volto a considerare la famiglia nella propria specificità: gli studi condotti in psicologia sociale, in psicologia dello sviluppo, quelli condotti sui piccoli gruppi segnarono gradualmente l’adozione in questo settore di una prospettiva organica e unitaria, contribuendo così alla definizione dell’ambito specifico delle relazioni familiari al fine di osservare la famiglia nella sua dinamicità relazionale, nella sua evoluzione, nel suo continuo adattamento alla vita sociale.

Dai primi articoli dei bollettini il CSRF denunciò l’arre­tratezza della ricerca italiana in questo ambito negli anni ‘70 attribuendo questo ritardo al “differente sviluppo storico delle discipline implicate (sociologia, antropologia, psicologia) e ad un “mancato interesse scientifico”.

Dall’analisi sistematica dei contenuti delle ricerche di quel periodo si osservò come la maggior parte dei lavori non conte­nesse osservazioni sull’intero gruppo familiare, ma sui singoli membri che lo compongono, nonché sulle patologie e terapie, e come spesso questi lavori fossero carenti sul piano statistico e metodologico[6].

Fu agli inizi degli anni ‘80 che si poté osservare un cambiamento qualitativo: “…sembra che lo studio dell’interazione familiare stia trovando uno spazio caratteristico con un proprio oggetto, una propria problematica metodologica e precise tecniche di intervento operativo; vengono presentati strumenti di ricerca operativi adeguati al cambiamento di prospettiva nei confronti della famiglia e proposti diversi quadri culturali per la comprensione delle relazioni familiari alla luce degli approcci teorici e metodologici che sembrano adattarsi meglio allo studio e alla ricerca: quello transazionale e quello sistemico; si offrono e si adattano strumenti di indagine e tecniche terapeutiche”[7].

Il campo clinico e terapeutico appare comunque area di ricerca privilegiata[8] ricca di spunti innovativi nel momento in cui il terapeuta dirige “multidimensionalmente” l’osservazione e il trattamento terapeutico, con un approccio mirato a valutare: a) la propria azione di induttore del cambiamento; b) il sistema familiare come insieme di relazioni; c) il sistema organizzativo esperienziale dell’individuo inserito nel nucleo.[9]

D’altra parte, come abbiamo già visto, dopo gli studi in campo clinico sulla famiglia patologica, emerge progressivamente tra gli studiosi l’interesse per la famiglia normale e il suo adeguato o inadeguato funzionamento[10] e un’apertura verso l’ottica psicopedagogico- preventiva[11].

Numerosi appaiono nel decennio gli studi che affrontano tematiche relative ad emergenze sociali come il problema della devianza minorile, l’affido dei minori, i problemi legati alle tossicodipendenze ed il funzionamento dei servizi pubblici.

Gli autori sembrano estendere le loro analisi, alla luce di modelli e teorie che offrono quadri e tipologie familiari variegate nonché prospettive di ricerca sulla complessità del sistema familiare del territorio italiano[12] .

Per quanto riguarda l’area di indagine connessa alle problematiche dell’infanzia, sono da considerare quali ricerche di valenza attuale sul pensiero e la ricerca italiana in Psicologia familiare gli studi condotti su tematiche riguardanti l’affido e l’adozione[13] .

I primi studi su quest’area risalgono agli anni Settanta; successivamente sono orientati non solo a considerare il vissuto psicoemotivo del minore, ma ad accentuare l’analisi sulle dinamiche psicologiche genitoriali delle famiglie coinvolte[14]; l’interesse in quest’ambito include la necessità di acquisire strategie e risoluzioni operative atte alla comprensione delle problematiche sociali dovute al costante aumento dei divorzi determinanti il disagio familiare[15] e alle implicazioni relazionali familiari interessate all’adozione internazionale, in rapido incremento negli ultimi anni[16] Altri contributi pervengono dalle ricerche condotte in ambito criminologico, in particolare si cerca di ampliare il quadro conoscitivo sulla ‘genesi’ familiare del vissuto antisociale[17].

L’analisi diretta a realtà familiari disturbate e l’accento posto su specifiche emergenze sociali converge, agli inizi degli anni Novanta sull’analisi delle famiglie in difficoltà[18] che porta alcuni gli studiosi alla concettualizzazione del “rischio familiare”[19] e alla riflessione sui cambiamenti in atto nelle famiglie, frutto da una parte delle flessioni demografiche e relative trasformazioni “strutturali” nella composizione dei nuclei[20] dall’altra dall’emergenza migratoria e la costituzione di nuove forme familiari[21],

Nel decennio si riscontra, quindi, l’evolversi esponenziale di studi che riguardano la psicologia della famiglia e in particolar modo le relazioni di coppia: si sviluppano prospettive teoriche che guardano la famiglia nelle sue dinamiche simboliche intergenerazionali e sociali[22],, permettendo una visione “a tutto campo” delle relazioni, o meglio dei “legami familiari” all’interno dei quali assumono un ruolo consistente le reti “parentelari”[23]. L’ottica processuale delle dinamiche familari nel loro evolversi favorisce la riconconcettualizzazione dei termini di normalità e di benessere[24]. permettendo di calibrare l’attenzione su particolari momenti di “passaggio” del ciclo di vita familiaree e dei suoi compiti di sviluppo[25]. A questo riguardo acquisisce particolare interesse per gli studiosi l’analisi del rapporto di coppia all’interno di particolari eventi e compiti di sviluppo – come la nascita di un figlio [26]., il rapporto con i figli adolescenti[27], – e l’analisi teorico clinica delle crisi di coppia[28] e le conseguenze personali e familiari determinate dal divorzio[29].

Sembra comunque emergere l’esigenza di potenziare la stesura di catalogazioni, condotte sistematicaticamente su tutto il territorio, e ampliare la conoscenza sugli aspetti qualitativi e quantitativi che caratterizzano la ricerca psicologica familiare nella realtà territoriale nazionale[30].

Psicologia, famiglia e Sardegna

La mancanza di qualsiasi rassegna critica di tali lavori, nonostante il dibattito condotto da decenni in varie sedi pubbliche e private sulla famiglia, favorì l’interesse degli studiosi.

La presenza di alcune cattedre di Psicologia nelle due Università dell’Isola, di ben 5 consultori familiari di orienta­mento cristiano (qualcuno risalente addirittura agli anni ‘60), di 2 consultori laici, tutti privati, l’istituzione di numerosi consultori pubblici presso le A.S.L. hanno stimolato sicuramente l’interesse per una verifica su eventuali studi, dal momento che i dibattiti non sono mancati.

Del resto, sia il convegno di Nuoro del 1985 su La Psicologia in Sardegna,[31]sia quelli di Sassari nel 1989 sul tema Psicologia e adolescenza[32] e Psicologia e turismo[33] pur mostrando la sensibilità degli studiosi sardi alle tematiche familiari, sembravano trascurare qualsiasi rassegna.

L’obbiettivo di questa parte dell’indagine sulla famiglia in Sardegna è quello di vedere quanto è stato prodotto sulla psicologia della famiglia in ambito valutando in maniera sistematica le metodologie con cui le ricerche sono state condotte.

L’esame sulla produzione scientifica della psicologia della famiglia con riferimento al territorio regionale ha portato alla rilevazione di 3 monografie e 10 articoli sulla tematica familiare.

È indubbio che la produzione letteraria sul tema relativa al territorio appaia notevolmente ridotta rispetto ad altre regioni come il Lazio, il Veneto, la Lombardia, dove la produzione accademica data la presenza di diverse Facoltà di psicologia e in quell’ambito di cattedre di Psicologia dello sviluppo e delle dinamiche familiari, hanno stimolato un interesse maggiore degli studiosi.

Ci sembra sufficiente accennare appena al fatto che se, a livello nazionale, vi è stato un ritardo negli studi rispetto al contesto internazionale, maggiore appare il ritardo a livello del territorio sardo nonostante l’autonomia regionale, periferia del sistema complessivo nazionale: si pensi soltanto alla mancanza nell’Isola di vere e proprie scuole scientifiche, fatte alcune eccezioni, questo è dovuto forse al pendolarismo degli studiosi che raramente promuovono scuole e quindi ricerche a livello locale essendo queste presenti nel continente, da cui provengono e verso cui ritornano dopo qualche anno di attività accademica nelle università isolane.

Perciò si può affermare che, pur non mancando la pratica e la riflessione scientifica, questa è priva di sistematizzazione e di divulgazione secondo i canoni accademici. Alcuni limiti sono quindi imputabili al tipo di rassegna, quella letteraria e sistematica, avviene quindi che svariate équipe pubbliche e private si servano di cliniche e terapie riferite ai più avanzati modelli teorici nazionali e internazionali, ma la mancanza di sistematizzazione della pratica clinica o consultoriale facciano apparire carenti i lavori di ricerca.

I testi considerati provengono in gran parte dalla produ­zione scientifica universitaria: cinque dell’Università di Cagliari, cinque dell’Università di Sassari, due dell’Università di Padova, tre da parte di operatori delle A.S.L.

Da sottolineare tuttavia che il numero degli autori è ulteriormente ridotto in quanto i saggi più numerosi, quattro, sono di M. Meleddu, cinque di G. Nuvoli,. I rimanenti singoli lavori sono dovuti ai seguenti contributi: una monografia di M. P. Lai Guaita, una monografia di M. Becciu, due articoli rispettivamente dello psicologo I. Picciau e l’ultimo articolo dello scrivente.

Nell’arco del decennio la produzione è stata discontinua e si può dire occasionale: un saggio risale al 1980, uno al 1982, tre al 1985, due al 1988, quattro al 1989; gli ultimi due, benché riguardino ricerche effettuate nel decennio, sono state pubblicate rispettivamente nel 1990 e nel 1991. Lo studioso che rivela un più costante interesse alla tematica risulta M. Meleddu, il quale si occupa dell’argomento rispetti­vamente nel 1980, ‘82, ‘85 e ‘89.

Da tutto ciò emerge come anche nel territorio sardo il discorso sulla psicologia della famiglia sia rimasto estremamente marginale, almeno dal punto di vista della ricerca scientifica.

Dopo l’individuazione dei lavori si è proceduto alla fase di lettura e schedatura secondo ua griglia funzionale[34]

Per quanto riguarda gli articoli sono stati considerati: i codici inventory, le parole chiave, i tipi di contenuto (teorico, bibliografico, applicato, sperimentale, clinico); gli approcci teorici di riferimento (modello sistemico relazionale, modello comportamentale, modello analitico, modello psicosociale, modello cognitivo, altri modelli); è stata verificata la presenza della descrizione degli aspetti metodologici, delle categorie di soggetti presi in considerazione ed il loro numero; è stata inoltre considerata l’utilizzazione o meno di strumenti di ricerca quali scale, questionari, interviste, colloqui, tests o altro.

Si considera, infine, per la parte bibliografica se di provenienza nazionale, internazionale e tradotta.

Dall’analisi del Codice Inventory (tab. 1) emergono quattro argomenti preferenziali delle ricerche effettuate sul campo, quantitativamente abbinate: le relazioni familiari normali e le problematiche speciali ivi insorgenti; l’educazione, la preven­zione, la terapia della famiglia e i servizi sociali familiari connessi.

Sul primo punto gli studi tendono a descrivere globalmente le relazioni familiari nella loro normalità, quali sono le dinamiche insorgenti di fronte ai mutamenti sociali, la presenza della famiglia patriarcale di fronte a quella patri-matriarcale, la maggiore incidenza della famiglia nucleare rispetto a quella patriarcale.

Sul secondo punto viene dato particolare risalto ai più svariati problemi che insorgono in essa, sempre per effetto dei rapidi mutamenti socioeconomici culturali, quali le devianze minorili delle zone urbane e le tossicodipendenze.

Sul terzo e quarto punto emergono, invece, le tematiche connesse con l’educazione, la prevenzione e la terapia nonché la loro pratica attuazione attraverso le strutture consultoriali.

Sulle relazioni familiari normali si evidenzia come la famiglia sarda tenda a divenire soprattutto nucleare, ad attestarsi mediamente su tre, massimo quattro componenti: madre, padre, uno o due figli; a vivere l’esperienza della donna a doppia carriera e quindi a sviluppare una dinamica genitoriale tenden­zialmente paritaria, con l’attenuazione del tradizionale ruolo strumentale del padre ed affettivo della madre, quindi ad un maggior coinvolgimento di entrambi i coniugi nell’edu­cazione della prole.

Inoltre emerge chiaramente la necessità di porre in esame i rapporti che intercorrono tra i due sottosistemi familiari: preva­lentemente autoritari nelle zone interne, remissivi e democratici nelle zone costiere ed urbane, maggior­mente interessate dalla trasformazione economica sia dell’industria che dei servizi, particolarmente di quelli turistici.

Sul secondo genere di tematiche si rileva da una parte quel generale interesse suscitato dalle ricerche in psicologia dello sviluppo insorto agli inizi degli anni settanta ed estesosi con la diffusione delle teorie psicopedagogiche di Piaget e Bowlby nel contesto delle istituzioni educative, dall’altra l’interesse che proviene dal settore giudiziario minorile.

L’urbanizzazione generalizzata, il lavoro femminile, lo scontro di culture differenti provocarono nelle zone periferiche urbane e in alcune zone interne ai margini della provincia fenomeni di devianza, abbandono dei minori, delinquenza minorile.

A questo proposito si può affermare che il discorso sul ruolo familiare riflette quella “crisi di identità familiare” già descritta dagli studi sociologici[35] quando le trasformazioni sociali ed economiche del periodo presentarono un quadro familiare impregnato di nuovi modelli: la donna che lavora, il marito che si preoccupa più sensibilmente dell’educazione dei figli e si allontana dal ruolo strumentale: tutte manifestazioni di “nuovi modi di vivere” della famiglia[36].

Gli studi condotti su organizzazioni, enti, servizi pubblici o privati per la famiglia quali la scuola, i consultori, i servizi sociali in genere riflettono l’esigenza di incrementare l’efficienza dei servizi nel tentativo di individuare linee comuni di intervento e di lavoro.

Appaiono più recenti gli studi sulla prevenzione e, quindi, sull’educazione e terapia della famiglia in concomitanza cronologica con il diffondersi delle teorie sistemico-relazionali e la loro applicazione terapeutica[37] La lettura della tab. 1a ci sembra che confermi quanto detto.

Dall’analisi delle parole-chiave (tab. 2) che derivano dalla lettura degli articoli e dei testi e riflettono il contenuto effettivo della ricerca esaminata si è omessa la parola famiglia in quanto variabile di ricerca. Per ogni lavoro sono state assegnate 4 parole chiave e dalla loro elaborazione grafica è stato possibile osservarne la frequenza.

A questo riguardo si nota come il termine ruoli parentali è quello più frequente, esso pare indicativo del settore di studi interessati ai partners genitoriali e in particolare agli sconvol­gimenti delle loro relazioni prodotte dall’impatto con modelli vecchi e nuovi: “processi tipici di un periodo di transizione”[38].

È emerso come nel territorio sardo sia più facile osservare fisionomie familiari distinte e variegate, a seconda delle zone omogenee tenendo presenti fattori geografico-culturali. Nuovi modelli culturali sembrano emergere dalle famiglie residenti in zone esposte al turismo di massa, più rispondenti a nuovi stili di vita familiare e sociale, ma che non sembrano variare nelle peculiari connotazioni strutturali.

Seguono i termini servizi pubblici; se consideriamo che i consultori familiari vengono presentati nel Piano Sanitario regionale 1981-1983, e istituiti nel territorio solo nell’89, si può dedurre che lo scopo della ricerca scientifica sul servizio pubblico rifletta la necessità di creare un ruolo del consultorio come “interprete di bisogni reali” soprattutto della famiglia[39].

La parola chiave sistema familiare è frequente negli studi più recenti condotti secondo l’ottica sistemica e le parole educazione ed educazione permanente sottolineano il lavoro psicopedago­gico alla luce delle nuove teorie educative in ambito scolastico e familiare.

Proseguendo la lettura della tabella si osserva come i termini territorio e ambiente riflettano la peculiarità dei gruppi familiari presi in esame.

Dalla tabella n. 3 si nota come il più della metà delle ricerche abbia un contenuto sperimentale, una esigua parte esclusivamente teorico, ancor meno bibliografico e applicativo.

Per quanto riguarda quelle in campo clinico non si è riscontrato alcun testo con le caratteristiche necessarie alla catalogazione; nonostante la presenza di 3 scuole private di psico­terapia familiare nel territorio sardo la produzione scientifica in questo ambito non sembra essersi ancora sviluppata, tuttavia suscitano interesse alcuni lavori a carattere inter­disci­plinare svolti in campo medico-psichiatrico[40]

Per quanto riguarda gli approcci teorici seguiti (tab. 4) vediamo che più della metà delle pubblicazioni nell’analisi del­l’og­getto di studio segue l’ottica psicosociale mentre per la restante parte seguono l’ottica sistemica e cognitiva. Non risul­tano studi condotti secondo quelle prettamente compor­tamentali o analitiche.

La metodologia seguita viene descritta in quasi tutte le ricerche a carattere sperimentale e applicativo, gli altri testi effettuano analisi a carattere teorico e bibliografico.

Con un’ulteriore analisi, condotta sulle ricerche specificata­mente sperimentali e applicative, è stato possibile osservare le categorie preferenziali dei soggetti considerati dagli autori delle pubblicazioni (tab. 5).

Emerge che per più della metà di queste l’oggetto di studio riguarda il sottosistema familiare, i figli, il marito e la moglie; un terzo analizza il nucleo familiare e una esigua parte delle indagini volge l’attenzione all’individuo, adolescente, tossico­dipendente; risultano assenti indagini condotte sulla famiglia estesa.

Prendendo, altresì, in considerazione il numero dei soggetti utilizzati per la ricerca, emerge che in media vengono utilizzati dai 150 ai 250 soggetti.

Sembra opportuno evidenziare che il un quinto delle pubblica­zioni sperimentali non è supportato dalle analisi statistiche e che spesso il numero di soggetti del campione appare non signifi­cativo rispetto alla popolazione alla quale fa riferimento. Altro aspetto che si è voluto osservare è riferito al considerare gli strumenti di ricerca utilizzati.

Il diagramma della tab. 6 mostra come più di un terzo delle ricerche siano state condotte mediante l’utilizzo di questionari, le altre con l’utilizzo di tests e con l’intervista. Ridotto il numero di ricerche che utilizzano il colloquio e l’osservazione sistematica.

Per quanto riguarda le analisi statistiche si rileva che più della metà dei lavori contempla analisi dei dati, costituiti principalmente da percentuali; il 14% annovera analisi di medie, deviazioni standard, analisi fattoriale; il 40% di tutte le ricerche è costituito quindi da studi teorici bibliografici a cui vanno aggiunti studi condotti con il colloquio che trascurano descri­zioni statistiche.

Altro dato interessante è costituito dall’analisi della prove­nienza bibliografica (tab. 7). La gran parte degli studi degli studi ha un supporto bibliografico internazionale rispetto a chi si avvale di riferimenti bibliografiafici provenienti dal contesto nazionale.

Dall’analisi quantitativa e qualitativa delle ricerche di psico­logia della famiglia nel territorio sardo possiamo affermare che nei primi anni Ottanta la produzione rispetto all’interesse riversato in altri settori della psicologia appare piuttosto modesta; d’altra parte, considerando i parametri demografici e geografici del territorio, può essere anche lecito giustificare la scarsa produt­tività e il poco interesse rivolto allo studio della famiglia in termini psicologici. Con l’affermarsi delle teorie sistemiche relazionali, con il sorgere di scuole di psicoterapia relazionale nel territorio e l’acquisizione di strumenti e modelli di indagine più qualificati allo studio della famiglia notiamo come vengano alla luce ricerche supportate non solo da riferimenti teorici validi ma da modelli e strumenti di indagine più consoni allo studio della famiglia nella sua integrità relazionale.

Abbiamo osservato come gli studi sociologici sul territorio svolti in maniera determinante nella seconda metà degli anni settanta abbiano offerto un valido contributo all’inquadramento di tipologie familiari nel loro modo di vivere all’interno di contesti culturali variegati e spesso contrapposti.

Le ricerche in campo psicologico offrono in questo periodo quadri familiari alla luce della teoria funzionale: la ricerca sembra nascere dal bisogno di dare una definizione alla famiglia secondo i ruoli assunti dai membri che la compongono, secondo la percezione infantile di tali ruoli, secondo il ruolo assunto dalla figura materna o paterna.

L’orientamento strutturale funzionale espresso dalle teorie parsoniane sembra aver dato per circa un decennio lo spunto a tali analisi sia nel momento di verifica ad hoc di tale prospettiva sia quando il modello viene reinterpretato.

La condizione femminile, il doppio lavoro o “doppia carriera” della donna costituisce in questi anni il fulcro da cui si dipartono le teorizzazioni sulla nuova famiglia e le proble­matiche che ne conseguono sulla sua omeostasi ovvero la capacità di adattarsi all’ ambiente mantenendo equilibrate le valenze adattive rispetto a cambiamenti esterni.

Il fenomeno della delinquenza minorile affrontato in ambito sociologico e giuridico sembra aver offerto l’occasione per una ricorrente indagine in ambito psicologico. Lo stesso interesse, invece, non sembra offrire il problema della tossico­dipendenza nelle incidenze psicologiche familiari.

Riportiamo, di seguito, gli abstract dei testi analizzati:

• Becciu M. (1988). Status sociale e relazioni genitori-figli in Sardegna. Ozieri: Il Torchietto.

Si tratta di uno studio a carattere sperimentale condotto su un campione di famiglie del Logudoro e del Goceano, zone interne della Sardegna ma investite dal processo di industrializzazione e da quello di terziarizzazione. Lo scopo è quello di rilevare l’incidenza eser­citata dall’appartenere ad un determinato status socio-econo­mico, primario e terziario, sugli stili educativi parentali e su alcune variabili comportamentali dei figli. In particolare si esamina in che modo lo stile educativo autoritario sia presente nei contesti esaminati e come questo si sia modificato alla luce delle trasformazioni socioculturali e socioeconomiche in atto. Emerge che i figli dei genitori appartenenti al settore terziario, meno soggetti all’autoritarismo genitoriale (quindi a rigidi sistemi punitivi) ma più seguiti affettivamente, hanno un maggior grado di stima di sé, maggiori competenze sociali, più apertura verso il mondo esterno e di conseguenza più reinserimento sociale.

• Lai Guaita M. P. (1990). Processi formativi nella famiglia. Una ricerca sul campo. Cagliari: Le Volpi,

Il lavoro viene svolto a Cagliari su un campione di giovani, d’ambo i sessi, di livello socio culturale medio-basso. Con l’utilizzo di un questionario si raccolgono informazioni relative alla percezione dell’esperienza familiare. Dall’analisi dei questionari appare una famiglia che viene percepita dai giovani positivamente “sul piano affettivo” ma allo stesso tempo si rileva in essa una certa incompletezza nell’ambito educativo. Alla luce delle necessità e delle proble­matiche giovanili, si propone un coordinamento tra famiglia e istituzioni educative, atto a favorire l’adattamento del giovane alla società.

• Meleddu M. (1989). Adolescenza, ruolo parentale e comporta­mento antisociale nell’ambiente sardo. Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, 33, 48-59.

Alla luce di dati ISTAT e del colloquio clinico condotto su un campione di adolescenti autori di reato emerge come il comportamento antisociale possa essere quasi sempre determi­nato da carenze parentali quali l’abbandono, l’ambivalenza, il disinteresse, la scarsa o l’eccessiva autorità. In particolare si osserva una figura materna che, insicura e frustrata dalle carenze del coniuge, assente o autoritario e aggressivo, assume atteg­giamenti nei confronti dei figli che oscillano tra l’iperprotezione ed il rifiuto o la rigidità. All’interno di questa dinamica, propria di famiglie che risiedono in zone urbane, l’adolescente attua nel sociale una risposta deviante, legata ai suoi problemi materiali e psicologici.

• Meleddu M., Corona T. (1989). Antisocialità minorile e struttura familiare in rapporto alle variazioni della cultura pastorale e agropastorale in Sardegna, Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, 33, 71-86.

Nell’ambito di una concezione di tipo multifattoriale che considera in particolare gli aspetti socioculturali e socioeconomici del campione di minori antisociali presi in esame, si ipotizza la presenza di carenze educative in famiglie che risiedono in provincia; queste subirebbero l’influenza di una tradizione culturale agropastorale in conflitto con la diffusa cultura di massa propria di zone urbane. La carenza sembra essere determinata dal processo conflittuale tra la cultura tradizionale familiare che, chiusa economicamente ed affetti­vamente, si adegua con difficoltà ai nuovi modelli emergenti.

• Meleddu M. (1982). Autorità familiare, identificazione paterna e antisocialità minorile, in Annali della Facoltà di Magistero, quad. n. 14, Facoltà di Magistero, Cagliari.

La rigidità, l’autoritarismo, forme educative patriarcali, ma anche l’assenza di identificazione paterna sembra determinare con più frequenza l’atteggiamento di ribellione del minore e la sua condotta antisociale.

• Meleddu M. (1980). Motivazione al lavoro e autorità parentale nella famiglia sarda. Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, 11, 104-115.

Modelli di consumismo e nuove occasioni professionali determinano contrasti tra i componenti. Figli di famiglie a conduzione patriarcale in una cultura agropastorale, incaricati sin da piccoli al sostegno dell’azienda familiare, sembrano manifestare maggiormente sintomatici atteggiamenti antisociali.

• Nuvoli G. (1983). Immagini della famiglia. La percezione dei ruoli parentali nei bambini della Nurra in Sardegna. Sassari: Diesse.

L’analisi teorica dei modelli psicosociali di lettura della famiglia e dei ruoli paterno e materno intende verificare la teoria di Parsons nella percezione di tali ruoli in ottica infantile, ed in particolare nelle aree funzionali e decisionali. Il lavoro conferma il superamento della teoria parsoniana per la visione simmetrica e complementare dei ruoli di padre e di madre. Quest’ultima appare maggiormente impegnata nelle attività lavorative extrafamiliari del doppio lavoro, anche con il supporto del coniuge.

• Nuvoli G. (1985). Percezione della dinamica familiare e classe socio economica. Una ricerca sui ruoli parentali nella Sardegna Centro-settentrionale. Quaderni Bolotanesi, 11, 101-119.

La ricerca a carattere sperimentale è impostata secondo un’ottica psico­sociale prendendo spunto dalle teorie di Parsons e dalle analisi di McKinley. L’obbiettivo del lavoro è quello di verificare la differenziazione nell’assun­zione del ruolo parentale in funzione dello status socioeconomico. L’ipotesi è che status e settori di attività lavorativa paterna inducano nei figli differenti modalità relazionali che si possano riscontrare nelle differenziazioni delle aree funzionali e decisionali. Emerge un ambiente familiare sardo ricco di modelli e tipologie familiari, in cui lo status socioeconomico influisce sui modelli rela­zionali e sulle modalità di gestione affettiva della famiglia.

• Nuvoli G. (1988). Famiglia, droga e comunità terapeutiche, In: Nuvoli G. (a cura), Oasi nella droga, Sassari: Diesse.

La matrice educativa e relazionale familiare sarda, spesso impreparata di fronte all’impatto con modelli e stili di vita emergenti, costituisce in questi anni, in tema di tossico­dipendenza, l’elemento centrale non solo delle analisi psico­logiche ma dell’intervento terapeutico. Accanto agli esempi che descrivono le “fasi” del vissuto familiare di fronte al “sintomo tossico­dipendente” si trova lo spunto per offrire una panoramica teorico-metodologica su una realtà operativa pubblica e privata che più richiede il coinvolgimento della famiglia nel percorso riabilitativo dell’individuo tossicodipendente.

• Nuvoli G. (1989). I ruoli familiari visti dal bambino. Patriarcato e matriar­cato nella famiglia attuale della Sardegna centro setten­trionale. In Cecaro (a cura) Donne e Società in Sardegna; eredità e mutamento, (pp. 35-51), Sassari: Iniziative Culturali.

Sulla base della teoria di Parsons, mediante l’utilizzo di un questionario di Campo, distribuito su un campione di bambini in età scolare, rappresentativo della popolazione della Sardegna Centro-Settentrionale, si ipotizza il riscontro di una sostanziale uguaglianza dei due coniugi nella gestione familiare. Emerge una dinamica di ruoli della coppia sarda definita patri-matriarcale. Al di là della teoria parsoniana su cui si muovono diverse osservazioni teorico-metodologiche emerge una famiglia sarda dove il patriarcato del padre che esercita un dominio assoluto su moglie e figli e il matriarcato della madre che accentra su di sé la gestione della casa e dei rapporti sociali, coesistono funzionalmente.

• Nuvoli G., Ruju Garau F. (1980). Spazi di gioco nell’ambito familiare e scolastico. In: Atti XVIII Congresso degli Psicologi italiani, SIPs, Roma

Lo scopo della ricerca è quello di rilevare la misura dello spazio psicologico percepito dal bambino e da quello fisico utilizzabile, ovvero quello riservato dalla famiglia e dalla scuola. L’ipotesi è che sia la famiglia come la scuola sottovalutino l’importanza del gioco infantile e dello spazio da dedicare ad esso. Mediante l’utilizzo di un test proiettivo indirizzato ai bambini e di un questionario agli adulti genitori emerge come in ambito familiare il gioco assuma più funzioni di rinforzo positivo definito “ricattatorio” al fine di ottenere i comportamenti desiderati che non invece la giusta funzione di sviluppo della creatività e interazione. Il campione fa riferimento ad una popolazione di soggetti residenti in un quartiere urbano di recente costruzione della zona di Olbia. Nelle conclusioni si evince come i criteri adottati dalla costruzione edilizia siano poveri di spazi per l’infanzia.

• Picciau I. (1985). Modalità di sostegno psicologico alla famiglia del portatore di handicap. In: Marini F., Nuvoli G. La Psicologia in Sardegna, (pp. 143-164). Sassari: Diesse.

Nello studio si descrive la gestione dei servizio socio-sanitario di base nella A.S.L. di Cagliari. Si presentano le difficoltà gestionali legate alle carenze di ordine sanitario nello stesso territorio cagliaritano. Il lavoro si pone come contributo agli operatori del servizio pubblico nel momento in cui si delineano obbiettivi e ruoli del gruppo di lavoro chiamato ad intervenire e operare sulla famiglia del portatore di handicap.

• Pisu O. (1985). Educazione sessuale. Un’esperienza di collaborazione tra consultorio familiare e scuola, In: Marini F., Nuvoli G. La Psicologia in Sardegna, (pp. 207-222). Sassari: Diesse.

Il lavoro rappresenta un contributo empirico per l’operatore del Consultorio Familiare in Sardegna. Accade spesso che il ruolo psicopedagogico del servizio pubblico si scontri col pregiudizio e la resistenza di quelle culture familiari presenti all’interno dell’Isola, queste ancora fortemente influenzate da modelli educativi tradizionali tipici di società agropastorali, che guardano con diffidenza e spesso opposizione gli interventi dell’équipe sanitaria.

• Tedde M. (1991). Fidanzati e Coniugati. Analisi psicologica su un campione di coppie della Sardegna centro-setten­trionale. Sassari.Diesse,

L’ipotesi centrale del lavoro è quella di poter rilevare, mediante l’utiliz­zo di apposito strumento rappresentato dal Prepare Henrich, questionario adattato all’Italia nel 1990, alcune aree di relazione nella vita di coppie fidanzate o sposate al fine di individuare in quali ambiti relazionali, alla luce del modello evolutivo, andrebbe ad inserirsi un’azione formativa permanente supportata da programmi di arricchimento a carattere psico­pedagogico e preventivo per coppie “normali” di fidanzati e di sposati. La ricerca rappresenta uno studio articolato sulle dinamiche relazionali della coppia sarda; emergono, in parti­colare, difficoltà comunicative, spesso legate a incongruenze di ruolo dei partners. I modelli di vita appresi dalle famiglie di origine sono in contrasto con quelli emergenti dalle società industrializzate come l’apertura della donna al mondo del lavoro e dell’uomo più coinvolto nel sostegno affettivo ed educativo della prole. Appare quindi un’immagine della famiglia sarda contraddittoria, combattuta tra modelli familiari agropastorali e quindi tradizionali, e quelli cosiddetti progressivi, propri di una società industriale.

Ai fini della ricerca è stata condotta un’analisi sistematica delle tesi di laurea per verificare, anche se in maniera relativa, l’interesse degli studiosi accademici, dislocati nelle Università di Cagliari e di Sassari.

L’indagine ha portato alla luce 35 tesi di laurea di tematica psicologica condotte nel decennio preso in esame.

Di queste sono state ritenute valide solo alcune prodotte da laureandi dell’Università di Sassari, più attenta nel decennio alle indagini in ambito familiare. Il rigore metodologico seguito e la specificità dei contenuti a carattere psicologico riguardanti il territorio e la famiglia sarda, hanno determinato la lettura e una schedatura sistematica.

Dalle tesi evidenziate e indicative del pensiero e delle tendenze di ricerca seguite dai relatori vengono riportati brevi abstract specificando l’autore il titolo e l’anno accademico.

• Selis M. G. Il bambino e la famiglia, dinamica relazionale delle figure parentali viste dal bambino (A.A. 1981/82).

Si procede alla verifica dell’azione delle figure parentali e come siano percepite dai figli. Vengono individuate diverse risposte affettive, percepite dal bambino in famiglie dove la madre svolge accanto alla mansione di casalinga quella lavorativa. Nelle conclusioni si osserva come entrambe presen­tino vantaggi e svantaggi nel momento della autonomizzazione e socializzazione del figlio.

• Caucci G.E.M. Aspetti psicologici della maternità. La gravidanza e il parto (A.A. 1982/83).

L’obbiettivo e quello di evidenziare i fattori che causano la “oppressione” della donna nella gravidanza. Vengono esposte alcune recenti tecniche (training autogeno, autoipnosi) utili alla donna nel periodo della gravidanza, in funzione del parto. Nelle conclusioni vi è una accesa polemica sui servizi sanitari in Sardegna e sul trattamento delle gestanti a livello psicologico.

• Muresu G. Influenze parentali nelle prime fasi dell’età evolutiva (A.A. 1982/83).

L’obbiettivo della ricerca è quello di individuare quali fattori favoriscono ed ostacolano lo sviluppo psicofisico del fanciullo da zero ai tre anni di vita. Le modalità di accettazione genitoriali sul bambino, nella prima fase di crescita, caratterizzano quello che sarà il proprio sviluppo psico-affettivo. Alla luce di problematiche insite nel rapporto genitore bambino vengono esposti esempi relazionali che possono caratterizzare lo squilibrio.

• Frassu M.I. Le figure dell’adulto e le loro influenze nello sviluppo psicosociale in età prescolare (A.A. 1982/83).

Favorire lo sviluppo psicosociale del bambino con soluzioni educative rivolte ai genitori e alla scuola. La ricerca espone i compiti educativi e di natura psicologica nella reciproca inte­razione tra il bambino e il genitore; l’azione della scuola quale supporto allo sviluppo psicosociale del bambino.

• Carboni G. Influenza della famiglia sui rapporti tra adulti-bambini (A.A. 1982/83).

Il proposito è quello di individuare le modalità con cui il bambino percepisce le rela­zioni interpersonali all’interno del nucleo familiare. Vengono focalizzate alcune valenze determinanti il processo di identi­ficazione del bambino sui genitori e le influenze di questi sulla socializzazione. Vengono presentati alcuni casi di inadeguatezza familiare e sociale.

• Fois G. A. L’influenza dell’ambiente familiare nello sviluppo dell’individuo. Patologia e terapia della famiglia (A.A. 1982/83).

L’ipotesi è che le dinamiche interpersonali che si stabiliscono all’interno della famiglia determinino il comportamento dell’individuo. La famiglia viene considerata come principale strumento di mediazione tra la società e l’individuo in via di sviluppo. La ricerca analizza l’importanza del ruolo paterno e materno nello sviluppo psicoemotivo dei figli.

• Paolini C.A. La figura materna nell’evoluzione psichica infantile (A.A. 1983/84).

L’obbiettivo della ricerca sta nella individuazione delle modalità relazionali della fase di attaccamento e conseguenze nello sviluppo del bambino.

I risultati rivelano come la figura materna accanto a quella paterna abbia un ruolo determinante nello sviluppo psichico infantile. Vengono paragonate alcune ricerche sull’attaccamento condotte in Sardegna dove le modalità relazionali e propria­mente occidentali si accostano a culture orientali.

• Merella A.M. La figura paterna nella relazione con il figlio (A.A. 1983/84).

La ricerca, condotta in Sardegna, si propone di individuare funzioni, responsabilità, prerogative del ruolo paterno. Si cerca di offrire un quadro che rivaluta la figura del padre attraverso approcci psicologici diversi, il suo ruolo appare determinante soprattutto nella prima fase di crescita.

• Pes L.L. Famiglia e psicoterapia familiare (A.A. 1983/84).

La ricerca è tesa a proporre e valutare l’importanza della terapia relazionale familiare. Nel processo di adattamento che la famiglia pone in atto, alla luce del contesto sociale e culturale attraversato, viene considerata l’importanza dell’ap­proccio terapeutico relazionale e dell’ottica sistemica con la quale si può procedere ad una lettura più ampia delle modalità di relazione funzionali o meno dei membri della famiglia.

• Giordo F. La percezione dei ruoli familiari. Analisi delle trasformazioni in due centri del Nord Sardegna (A.A. 1983/84).

Individuare le trasformazioni nella percezione dei ruoli familiari in due diverse zone del territorio è l’obbiettivo della ricerca. Si evince che attraverso la percezione dei ruoli genitoriali nei bambini si possono osservare i cambiamenti relazionali che gradualmente, per effetto delle trasformazioni socioculturali in atto, determinano cambiamenti di relazione e una mutuale interscambiabilità di ruoli tra marito e la moglie. Ottica, questa, che va oltre la rigidità degli schemi suggeriti dalla teoria funzionale di Parsons.

• Pireddu G. Immagini della figura paterna nella percezione infantile (A.A.1984/85).

L’obbiettivo è quello di delineare la figura paterna attraverso la percezione del bambino. Si evidenzia una figura paterna, quella sarda, in crisi di ruoli e funzioni, così come appare dal vissuto del bambino, questa “aspecificità” sembra comportare una mancanza di autorità decisionale. Le conclusioni appaiono ampie e ben articolate.

• Pilichi T. La prevenzione dei disturbi relazionali della coppia (A.A. 1988/89).

Ci si propone di individuare attraverso l’uso di un questionario aree di relazione in cui porre in essere strumenti adeguati di prevenzione delle patologie della coppia. Si osserva come per i giovani fidanzati un notevole atteggiamento idealistico investa le “teorie” sul vivere da sposati. Per gli sposati si denota una certa insicurezza per la gestione dei ruoli. Si sottolinea come il cambiamento di ruoli e funzioni della donna abbia avuto ripercussioni nel rapporto di coppia e familiare. Nelle conclusioni si presentano alcuni modelli teorici di prevenzione familiare.

• Pischedda M. G. Presupposti nei rapporti prematri­moniali e coniugali e metodi di prevenzione delle patologie della coppia (AA. 1990/91).

L’obbiettivo è quello di individuare aree relazionali della coppia di fidanzati e di sposati su cui sarebbe opportuno inserire un discorso preventivo. Emerge come l’area comunicativa, e le modalità di comunicazione, costitui­scano il terreno prioritario su cui un intervento preventivo a carattere psicopedagogico andrebbe ad inserirsi. L’ottica sistemica e il modello evolutivo evidenziano le difficoltà della coppia a superare gli “stadi evolutivi” che determinano la crescita della coppia e della famiglia.

Aspetti diacronici e statistici della famiglia in Sardegna

Prima di presentare i risultati e l’analisi quantitativa condotta attraverso l’utilizzo del questionario anglosassone somministrato ad un campione di 160 coppie residenti nei centri della Sardegna centro-settentrionale ci sembra opportuno riportare alcuni aspetti quantitativi riguardanti il contesto socioculturale in cui le famiglie del campione vivono e operano.

Le immagini enucleate negli anni Settanta ed Ottanta che emergono da svariate ricerche sociologiche, antropologiche, storico-giuridiche,[41] vedono modelli familiari così caratterizzati: la famiglia “divisa per quasi sei mesi all’anno del pastore transumante delle zone interne di montagna; quella “unita”, e spesso patriarcale, del pastore stanziale; quella “coesa” dell’artigiano e del contadino dei centri rurali; quella nucleare “isolata” dei centri urbani.

Tali modelli furono scarsamente influenzati dalla rivoluzione francese, nonché da quella rivoluzione riformistica e culturale innescata dalla concessione dello Statuto Albertino allorché, abolito il feudalesimo e concesse le libertà costituzionali, la Sardegna entrò in toto nella sfera giuridica e socioculturale italiana.

L’epoca dell’ammodernamento e quella giolittiana (1861-1911), ma soprattutto la forzata partenza per la guerra (1915-1918) di circa centomila uomini verso il Nord-Italia, mise i sardi di fronte ad una realtà economica e sociale ben più avanzata della loro, favorendo col rientro dalla guerra, una rivale battaglia rivendicazionistica che li portò alla costituzione del Partito Sardo d’Azione, alla conquista amministrativa dei comuni e ad una grande volontà di cambiamento. Una regione contemporanea, quindi, attardatasi nell’epoca moderna, non sconvolta dalla rivoluzione francese (così come del resto fu per le popolazioni americane e sudafricane, conservative), fortemente inculturata cristianamente con un controllo e una pressione sociale molto forte sulla vita dei singoli e delle famiglie sia della vita pubblica sia di quella privata. Con la prima guerra mondiale subì un vero e proprio choc socioculturale, accentuato in seguito nel ventennio fascista grazie all’imposta socializzazione ginnica e “liturgica” delle adunate sabatiche con l’abbandono per uomini e donne dei pesanti tradizionali vestiti che in un certo senso imbrigliavano i movimenti del corpo e garantivano la preesistente separazione dei sessi. Nell’ambito delle famiglie lo stato educatore “forgiatore” ed “etico” dettava una nuova cultura: quella della famiglia per la patria; delle madri generatrici di figli per la patria; della stessa gioventù modellata dalla patria.

Nell’ambito del preesistente familismo sardo il fascismo gettò le premesse di quella rivoluzione culturale che avverrà per alcuni importanti fattori tra i quali: l’effetto della nuova forzata emigrazione di oltre centomila sardi per la guerra -la seconda guerra mondiale-; l’avviamento del processo di industrializzazione e del turismo (1955); la scolarizzazione generalizzata (1962); l’aumento di mobilità con forti flussi emigratori per il Nord-Italia e per il Nord-Europa; le sue peculiari caratteristiche geografiche di isola con scarso numero di abitanti (1.397.000 nel ‘61; 1.455.000 nel ‘71; 1.575.358 nell’81; 1.648.284 nel ‘91; 1.661.429 nel ‘97).

Nel 2000 peraltro dispersi per oltre il 48% in un arcipelago di 372 comuni, spesso di ridotta popolazione, e per il rimanente 60% ai due estremi, e per il rimanente 60% ai due estremi dell’isola in zone che giustamente possono dirsi urbane. Questi momenti di radicale cambiamento di percorsi quotidiani di vita, uniti alle stagionali invasioni di “continentali” e di stranieri spesso lontani dagli stili di vita delle famiglie sarde hanno sicuramente inciso in ambito culturale innescando cambiamenti che per quanto abbiano “gestazioni” di lunga durata tuttavia lentamente avvengono e cominciano ad avvertirsi i sintomi. Oggi, nonostante la drastica riduzione dell’industria petrolchimica, la terziarizzazione avanzata notevolmente, la gestione di un’esistenza isolata ormai un mito, i nuclei familiari si sono drasticamente ridotti, i pastori transumanti e stanziali si sono trasformati in allevatori con le residenze nei centri urbani di varia dimensione.

In un territorio di 24 mila kmq. (poco meno della Sicilia e quanto la Lombardia, dove però vivono svariati milioni di abitanti) vivono un milione seicensosessantunomila abitanti per cui si ha una densità media di 69 ab. per kmq[42].

In base ai dati demografici ISTAT del ‘97 la popolazione residente in Sardegna è risultata pari a 1.661.248, mentre dal censimento del ‘91 si rilevava pari a 1.648.248 unità, quindi nel settennio considerato si registrato un incremento pari a 13.000 unità con un’evidente dinamica involutiva. L’attenuarsi del ritmo di incremento della popolazione in Sardegna si inserisce, pur con sue proprie caratteristiche anche negli altri comparti territoriali, Centro, Nord, e Mezzogiorno.

L’analisi del tasso generico di fecondità, numero dei nati vivi per 1000 donne in età feconda mostra come si sia passati nell’Isola dal 40,6 dell’’87 al 30,6 del ‘96, per l’Italia dal 38,8 al 23,8 quindi con una minore accelerazione per l’Isola. Ciò significa che rispetto al dato nazionale benché si tenda anche in Sardegna, come in tutta l’Italia ad avere meno figli, questo processo risulta più lento della media nazionale.

Per quanto riguarda poi il tasso di fecondità delle donne sarde si osserva che il primo figlio risulta sui 30,6 anni, quello nazionale sui 28,8 il che significa che svariati indicatori riferibili agli studi, al lavoro e alla situazione economica tendono a ritardare il matrimonio e conseguentemente la nascita del primo figlio.

Indicatori di fecondità
Figli naturali Età media al primo figlio Aborti sui nati vivi (%) Quoziente Aborti spontanei
Sardegna 9,2 30,6 17,6 5,5 11,8
Italia 8,1 28,8 23,4 9,0 11,7

L’attuale popolazione della Sardegna vive in 378 comuni molti dei quali non superano i mille abitanti. Le città più popolate figurano nell’ordine Cagliari (450.000 ab.), Sassari (120.000 ab.), Quartu Sant’Elena (60.000 ab.), Olbia (42.000 ab.), quasi il 70% della popolazione vive nei grandi e medi centri urbani.

Nel settennio considerato il numero delle famiglie è passato da 429.541 del ‘91 a 569.533 con un numero medio di componenti per famiglia passato da 3,6 a 2,9 avvicinandosi al 2,6 dell’indice nazionale.

Numero di famiglie 1997

Famiglie Numero medio di

componenti per famiglia

Sardegna 569.533 2,9
Italia 21.642.350 2,6

D’altra parte anche il numero medio dei figli per donna tra il 1980 e il 1995 è passato da 1,99 a 1,06; quello nazionale da 1,68 a 1,19 con una diminuzione decimale rispetto allo stesso indice nazionale. Il che significa come la donna sarda sempre più impegnata negli studi prima e nella doppia carriera poi tenda a diminuire notevolmente il numero dei figli.

Numero di figli per donna (medie)

1980 1985 1990 1995
Sardegna 1,99 1,50 1,41 1,06
Italia 1,68 1,42 1,36 1,19

La percentuale degli aborti sui nati vivi del ‘96 con il 17,6% presenta un quoziente del 5,5% mentre il dato nazionale rispettivamente il 23,4% e il 9%. Tutto ciò dovrebbe significare la diminuita abortività delle donne sarde rispetto al dato nazionale.

Indicatori demografici 1997
Nati vivi Morti Saldo naturale Quoziente di natalità Quoziente di mortalità
Sardegna 13.837 13.707 130 8,3 8,2
Italia 540.048 564.679 – 24.631 9,3 9,8

In questa rapida panoramica demografica può essere inserito come ulteriore punto di approfondimento lo studio e l’analisi riguardanti l’istituto matrimoniale civile e religioso come primo momento di aggregazione sia per le rilevazioni censuarie sia per l’importanza che esso riveste sul piano sociale.

Per l’anno 1997 i matrimoni celebrati in Sardegna risultano 7.518 con il 26,4% di quelli civili, un quoziente di nuzialità del 4,5% mentre i dati nazionali danno 273.111 matrimoni, il 20,8% di quelli civili e un quoziente di nuzialità del 4,7% Ciò significa che i sardi tendono a sposarsi in percentuale sempre maggiore col rito civile mentre il quoziente di nuzialità tende a uniformarsi a quello nazionale. In crescita anche le separazioni 1.194 unità, quoziente 0,7, quello nazionale 1,0. Il dato tuttavia può essere relativamente valido in quanto potrebbe anche darsi che il numero ridotto dei divorzi sia legato alle lunghe procedure delle separazioni legali e conseguente ritardo dei divorzi.

Indicatori demografici 1997

indici di vecchiaia indici di totale dipendenza indici di femminilizzazione
1991 1997 1991 1997 1991 1997
Sardegna 64,8 94,6 43,8 42,5 50,5 50,7
Italia 90,7 119,4 46,9 51,4 51,4 51,4


[1] Liddle H. A. (1988). Family psycology: An emerging (and emerged) discipline. Journal of family Psychology, 2, 149-167; Liddle H. A. (1992). Family psycology: Progress prospects of a maturing discipline. Journal of family Psychology, 5, 249-263.

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[5] Scabini E. (1983). Psicologia della famiglia… cit.

[6] Scabini E. (1983). Psicologia della famiglia… cit.

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[14] Per un approfondimento scientifico vedasi: Dell’Antonio A.M. (1980). Cambiare genitori. Le problematiche psicologiche dell’adozione. Feltrinelli, Milano; Dell’Antonio A.M. (1980). Abbandono e adozione. Psicologia contemporanea. 38, 7-9; Dell’Antonio A.M., Molina P. (1980), Atteggiamenti ed aspettative di coniugi che desiderano adottare un bambino. Neuropsichiatria Infantile, 222-223. 3-6; Dell’Antonio A.M. (1983). Il bambino conteso: il disagio infantile nella conflittualità di genitori separati. Giuffrè, Milano; Dell’Antonio A.M. (1985). Quando i genitori si dividono. Psicologia contemporanea. 67, 16-23.

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[19] Un’ampia panoramica di studi in: Scabini E., Donati P., (1992) (a cura), Famiglie in difficoltà tra rischio e risorse. Studi interdisciplinari sulla famiglia, 11.

[20] Scabini E., Donati P. (1993). (a cura), Identità Adulte e relazioni familiari. Studi interdisciplinari sulla famiglia, n. 10. Milano: Vita e Pensiero; Scabini E., Donati P. (1989). (a cura di) Vivere da adulti con i genitori anziani. Studi interdisciplinari sulla famiglia, n. 8. Milano: Vita e Pensiero

[21] Scabini E., Donati P. (1993). (a cura), La famiglia in una società multietnica. Studi interdisciplinari sulla famiglia, n. 12. Milano: Vita e Pensiero

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[28] Andolfi M. (1999). La crisi della coppia. Una prospettiva sistemico-relazionale. Milano: Raffaello Cortina.

[29] Cigoli V., Gulotta G.e Santi G., (1997). Separazione, divorzio e affidamento dei figli. Milano: Giuffrè; Cigoli V. (1998). Psicologia della separazione e del divorzio. Bologna: Il Mulino; Scabini E., Iafrate R., (1997). Uomo e donna di fronte al percorso matrimoniale, alla separazione e al divorzio: aspetti psicologici e sociali. In: Donati P. (a cura), Uomo e donna in famiglia, (pp. 199-238). Quinto Rapporto CISF sulla Famiglia in Italia. Milano: Ed. S. Paolo.

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[36] Galli N. (1986). Educazione di coniugi alla famiglia. Milano: Vita e Pensiero.

[37] Andolfi M., Angelo C., Menghi P., Nicolò Corigliano A. M. (1982). La famiglia rigida. Milano: Feltrinelli.

[38] Cusinato M. (1984). Personalità e famiglia… cit; Cusinato M., Tessarolo M. (1993). (a cura), Ruoli e vissuti familiari. Firenze: Giunti.

[39] Fancellu Pigliaru R. (1983). (a cura), Il Consultorio familiare in Sardegna. Sassari: Iniziative Culturali.

[40] Bucarelli A., Carpiniello B., Pintor G. P. (1980). Dalla violenza sul minore alla violenza del minore, Le radici familiari e culturali della violenza minorile in Sardegna: analisi di un caso. Quaderni sardi di storia, 1.

[41] Nuvoli G., Tedde A. (1983). Immagini della famiglia. Sassari: Diesse.

[42] ISTAT, 1997.

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