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Pinerolo li 24 febbraio 2024
Periodo militare: essendo del III° trimestre del 1938 fui arruolato nel 1960. frequentavo il Car ad Imperia per poi essere assegnato alla Scuola di Guerra a Civitavecchia, ove trascorsi ben 18 mesi, in qualità di soldato semplice addetto all’auto drappello svolgendo servizio in officina, e recandomi al lido la Mattonara nel periodo estivo, dove parte facevo il bagno con i famigliari dei militari del corso Ufficiali. In pratica il servizio era di semplice applicazione, ma di corretta fiducia nei confronti dei componenti, a dirittura al mio termine di leva, mi imploravano di poter continuare il servizio! Io preferivo rientrare a riprendere il mio posto di lavoro a Torino.
«Mostrate la ragione della speranza che è in voi» (cfr. 1Pt 3,15).
È una questione di gratitudine, anche quando quella speranza sembra di non averla più.
Ma la si è avuta.
Ed è impossibile non essergliene grati.
Diventa irrilevante persino l’averla persa.
Un giorno la si è avuta. Perciò la si può raccontare come un memoriale, sempre pronti, per gratitudine, «a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza (cristiana) che è in noi» o che un giorno in noi è stata, lasciandoci un indelebile profumo nel cuore.
La speranza è un dono dolce del Signore, ci fa desiderare l’umiltà e la mitezza, dona limpidezza allo sguardo, forza amorosa al cuore.
Neppure la dolorosa delusione, soprattutto su sé stessi, che sopravviene quando la si perde, può cancellare la gratitudine verso questa grazia celeste assaporata un giorno.
Solo la tiepidezza può annientarla: è un veleno spirituale che spegne ogni entusiasmo, la tiepidezza; impedisce la conversione, ostacola la fede, blocca la carità, cancella la gratitudine, interrompe la speranza.
Eppure «niente è impossibile a Dio», proclama la Sacra Scrittura.
Leggi tuttoE’ scomparso, purtroppo, Salvatore Patatu, noto Tore a quattro mesi dal compimento degli 83 anni, era nato infatti il 3 maggio 1941 in Chiaramonti, quarto figlio di una famiglia numerosa di ben sei figli di cui due maschi e quattro donne. Belli e simpatici i ragazzi, ma anche le ragazze, belle simpatiche e senza offesa a nessuno dei maschi, tutte meravigliose affabulatrici. La famiglia era di origine chiaramontese da parte di padre, ploaghese da parte della madre. Da Ploaghe hanno ereditato, a mio parere, l’affabulazione, da Chiaramonti le altre buone doti di spose e madri di famiglia. I maschi hanno avuto la fortuna di studiare per cui entrambi hanno conseguito la laurea, Carlo in Pedagogia tra Cagliari e Sassari e Tore in Lingua e letteratura Francese tra i toscanacci dell’Università di Pisa dove sicuramente si trovo’ a suo agio tra gli scanzonati toscani. Ognuno di questi due seguì la carriera docente, a cui Carlo aggiunse anche quella di dirigente, Tore, conquistato dai racconti dei vecchi chiaramontesi, si lascio’ attrarre dalla narrazione in lingua sarda in un momento in cui questa, a causa dello scarso interesse dei politici sardi, andava quasi scomparendo.Il medesimo in un momento in cui si andavano scoprendo i recenti e gli antichi poeti sardi, volle dedicarsi alla scrittura letteraria in lingua sarda e possiamo dire che suo gran merito è stato quello di prediligere sia l’insegnamento sia la composizione in sardo sermone o se vogliamo essere precisi in Limba sarda logudorese. A parte la conoscenza fin da bambino in Carrela de s’avvocadu e in Carrela de sos putos, approfondii la conoscenza di Tore nel 1980, quando ebbe a pubblicare Contos de s’Antigu Casteddu con una mia prefazione. Dilettandomi anch’io a fare versi in Italiano, inventai varie case editrici, e utilizzando una di queste Editrice DIESSE, feci la domanda alla Regione e riuscii ad ottenere dopo un anno la somma di un milione e mezzo. Chiamai Tore e gli consegnai l’assegno che ritiro’ con grande soddisfazione e certamente stimolato a portare avanti i suoi interessi letterari e linguistici.Con la pubblicazione dei racconti Contos de s’antigu casteddu (1980), può considerarsi tra i primi scrittori contemporanei in prosa sarda. Fin dall’infanzia era rimasto affascinato da contos et dicios antigos in limba; ascoltava con molto interesse e attenzione, facendone tesoro, ogni sorta di racconto che i suoi compaesani si dilettavano a esporre di volta in volta.
Leggi tuttoLuogo | Andamento | Visite | % |
---|---|---|---|
Alcorisa | 6 | 25,00 | |
Non disponibile | 4 | 16,67 | |
Barcelona | 4 | 16,67 | |
Manacor | 4 | 16,67 | |
San Cristóbal de La Laguna | 2 | 8,33 | |
Madrid | 2 | 8,33 | |
Badalona | 1 | 4,17 | |
Non disponibile (Catalonia)
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La capinera è un uccello parzialmente migratore:
La capinera, ogni anno faceva il nido nel corridoio di entrata ai box auto, sistemandolo sopra la scatola di derivazione del cancello, lato sinistro sotto lo stabile condominiale.
Un giorno trovandomi sul terrazzo dalla parte di cucina, sotto il prato vedevo i piccoli di capinera che si dilettavano a volare. Mentre notai un merlo che infastidiva i piccoli, la madre dei piccoli interveniva prontamente per allontanare l’intruso. Vidi la capinera che si gonfiava con tutte le sue piume diventando grande come un pallone, più di quello che era in sua natura, riuscendo a scacciare con aria minacciosa il volatile del merlo aggressore. A quel punto il merlo abbandonava lo scontro rifugiandosi nella vicina siepe, di dove era uscito, intenta a molestare i piccoli indifesi.
Mi sono chiesto, come ha fatto a spaventare il merlo, essendo dieci volte più grande, della capinera! È un mistero che un così piccolo fringuello inganni un massiccio rivale.
La capinera ogni tanto viene a trovarmi in amichevole sua disponibilità, posandosi sui fili dello stendi biancheria, per farsi vedere che è presente, sarà perché alcune volte mentre covava nel suo nido, la spiavo a distanza, con una scala ad apertura a forbice, la notavo tutta immobile, e con i suoi occhietti mi osservava, alcune volte con la macchina fotografica la ripresi, per poi farla vedere a mio nipote Gabriele, che mi chiese alcune volte di vederla nel suo nido, con la medesima scala.
Questa mia osservazione penso che sia di buon auspicio, per tutti coloro che osservano con piacere il comportamento difensivo dei piccoli uccelli, che vivono nella nostro ambiente comune. La capinera è un uccello parzialmente migratore: alcune popolazioni nidificano in Europa settentrionale e orientale, e svernano in Africa a sud del Sahara, altre nidificano in Europa meridionale, Europa occidentale e nel Maghreb e sono stanziali o migrano a corto raggio, svernano i Africa a nord della popolazione mondiale è stimata intorno al centinaio di milioni di individui.
Che cosa mangia la Capinera?
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Ero furioso
nel santo martirio
vibrante d’attesa
aggrappato alla salsedine
dei tuoi fianchi
su questa sabbia
che aspira
l’armonia del mare.
Ah, l’onda!
Quanti sospiri
bruciano i giorni
infami,
l’insolente malinconia
che fa di noi
stelle sperdute,
alfa e omega d’un sogno
araldo d’amore.