L’Associazione Culturale “Salotto Letterario”
Sardegna: pagine di memorie, briciole di sogni
Premio letterario Osilo
Premio Selezione “Il libro dell’anno”
intitolato a “Su Casteddu de Osile”
Il Premio si articola in tre sezioni:
- Saggistica – edita tra novembre 2018 e febbraio 2021 .
- Fiaba / Contos / Paristorias, max n.5 cartelle
- Letteratura per l’infanzia
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Le odiavo da ragazzo le olive fuggitive… oltre che fuggitive erano anche insolenti, perché riuscivano ad evitare la cattura più di una volta!
Due sono le possibilità di scampo della drupa al frantoio: la resistenza cocciuta sull’albero oppure il rimbalzo sulla rete come se fosse una palla da tennis.
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Dopo la Messa domenicale, oggi officiata da don Bigasbaby, ma anche di suffragio per i compagni di collegio senza famiglia, Oreste le cui ceneri navigano sul mare della Cina, Eugenio, sepolto a Sassari in un loculo sempre infiorato, ci siamo recati al nostro meraviglioso Camposanto, inaugurato nel 1879. Abbiamo innaffiato i fiori collocati in abbondanza nella tomba di famiglia, non sia che mia suocera Tarsilla si faccia vedere nel sogno per rimproverarci di averne messo pochi, quindi abbiamo innaffiato in altra tomba incompleta i fiori abbondanti collocati per Franca, morta prematuramente a soli 56 anni e un pò d’acqua anche nei fiori di mio zio Giovannandrea (1906-1990) privi del tutto d’acqua e della seconda moglie Maria Antonia Gallu, nota Antonina (1911-1998).
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Cabidulu XX. Su Paradisu.

Manu manu chi pigaimus in altu diventaimus lezzeros e unu entareddu dulche nos attiraiat sempre pius. Su Chelu, isconfinadu e coloradu de rosa, mandaiat unu profumu de eranu fioridu e sas animas prima, che puddones in d’un’arvure de mendula, s’aberiant e si serraiant che fiores. In zirculos semper pius mannos sas animas isijiraiant bestidas in tunicas como biancas che.i.su latte e pustis rosas. Sas caras fint totu giovaniles e totu sutta sos vint’annos, sas concas coronadas cun istellas lughentes e su movimentu issoro produiat una musica misteriosa chi ti trabassaiat su coro.
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Notte di terrore in cimitero
L’apertura furtiva di una bara, in piena notte e al lume di candela, per accertare l’identità della salma di un prode soldato caduto al fronte durante la Grande Guerra
di Carlo Patatu
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Inaugurato nel 1879, in origine il nostro cimitero constava delle sole quattro aree, comunemente definite quadri e delimitate dai viali che s’intersecano nel punto in cui sorge la colonna sormontata da una croce di ferro. Il resto è venuto dopo. Molto dopo.
In quei campi erano interrate le salme, allora racchiuse in casse di solo legno. Le sepolture erano contraddistinte da un tumulo di terra con a capo una croce di legno grezzo recante nome e cognome del defunto, seguito dalle date di nascita e di morte scritte più spesso con la matita copiativa. E che pioggia e umidità facevano sparire nel breve periodo. Meno male che tiu Pedrantòni, il vecchio custode, aveva memoria buona e ricordava nomi e cognomi di quelli che chiamava bonariamente i suoi ospiti.
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Giovanni Corona
Giovanni Corona nacque a Santulussurgiu (OR) il 17 dicembre 1914. Perse il padre tragicamente a 4 anni. Frequentò le scuole elementari e il ginnasio nel suo paese nativo, il corso magistrale a acgliri. Diplomatosi maestro elementare insegnò per tutta la vita nel suo paese. Lesse moltissimo sia i poeti italiani che europei. A parte qualche parentesi per il servizio militare non lasciò mai la Sardegna. Condusse vita molto appartata e non si sposò ne ebbe figli a parte i suo scolari che come ogni buon maestro predilesse e cercò d valorizzare.

Mario Luzi
Pubblicò un solo lavoro durante la sua vita, mentre gli altri furono pubblicati postumi. I suoi versi furono apprezzati dal grande poeta italiano Mario Luzi, suo coetaneo, (1914-2006). Oltre le pubblicazioni postume restano di lui circa 400 scritti inediti e la parte specialistica della sua biblioteca costituita da 400 volumi, lasciata a sua nipote Francesca Manca. I rimanenti libri li ha lasciati alla biblioteca parrocchiale. Morì a Cagliari il 12 dicembre 1987 a 73 anni.
Giovanni Corona di Giovanna Elies
Nei nostri paesi, dove la Storia ha lasciato tracce profonde, indelebili, le micro storie personali vanno ad incrociarsi con quelle del territorio e vi restano aggrappate, come muschi e licheni alle rocce.
Santulussurgiu, un paese, una Storia: Giudicato di Torres fino al 1259; giudicato di Arborea fino al 1410, poi dopo la battaglia di Sanluri è passato sotto le dipendenze di Arborea.
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Essendo nato nel 1937 mi son potuto godere l’illuminazione elettrica fin dalla nascita, visto che quando nacqui a Chiaramonti le turbine la producevano già da 10 anni e quando da piccolo girapaese, mi capitava talvolta di vedere zio Giovanni Patatu entrare in quella cabina che ritenevo micidiale mi chiedevo come potesse fare a regolamentare quell’energia sconosciuta e temibile, mamma mia!. La lampada in s’appusentu mannu si acceendeva all’imbrunire e se ne andava all’alba. La gente diceva che l’illuminazione era a frofré visto che il termine a forfait era di difficile pronuncia. In s’appusentu minore dove c’era il focolare per scaldarci, ma anche per la cottura del cibo. si accendeva il fuoco con la legna che prendevamo dalla nostra stalla dove c’era il forno per il pane e “su mannale” da ingrasso che ci forniva lardo per tutto l’anno per i condimenti.
Io miravo spesso la lampadina mentre ricordavo la canzone che cantava mia madre in sardo e che non era altro che Rosamunda. “Rosamunda, Rosamunda,
Rosamunda sa carrela non ch’at lughe e candela o che felicità!” E’ meritoria e piacevole questa storia della vita materiale del paese ai tempi dell’economia del maiale come la chiamano gli storici della “Nuova storia”. E bravo Carlo, vedi che senza saperlo hai aperto uno squarcio di storia materiale del paese.
(Angelino Tedde)
La luce a Chiaramonti dal 1927 grazie alla Ditta Budroni&R0tt9gni
di Carlo Patatu
E anche a Chiaramonti la luce fu
Una mezza dozzina d’anni dopo la fine della Grande Guerra (1914-18) fecero capolino anche in paese lampadine elettriche, che mandarono in pensione i lumi a olio e le candele steariche
di Carlo Patatu
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Maria Teresa Inzaina
Io lascerò..
Io lascerò
che il tempo
giochi con il mio viso
come bimbo col seno della madre.
Che disegni
i suoi solchi intorno agli occhi
perché più luce di vita
sia nelle pupille.
Che accompagni
i sorrisi
col filo d’ombra della malinconia
ai lati delle labbra
come i tramonti d’ autunno
accesi e intensi
accompagnano
d’ombre lunghe intrecciate
sere struggenti
che più non torneranno.
Che ferisca
il mio corpo
e allenti qua e là
la turgida freschezza
di stagioni che già lontane sento.
Che confonda
di tanto in tanto la mente
sparigliando e rubandomi ricordi
perché sia meno gravoso il passo
senza il fardello di troppi rimpianti.
Sarà il tempo
che passa su me
fedele amico pietoso e gentile.
Le sue mani di vento
mi spingeranno come vela leggera
dove è scritto che il viaggio finisca
al di là di quell’ultima tempesta
con tutte le rughe della vita
ogni ruga
uno sbaglio una gioia
una ferita
ricordo che fa male o che consola
segni preziosi trame delicate
d’una poesia
che dentro mi ha cantato.
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