Categoria : memoria e storia

“Le strade della vita” di Giovanna Elies

Via Roma, Sa ya Manna (nel lessico fonetico: S’aya Manna), una strada, un brandello di Storia.

“Era ancora in corso la costruzione della strada di Carlo Felice, quando gli abitanti di Osilo manifestarono la volontà di ottenere una comunicazione carrozzabile con la nuova arteria. Il loro intendimento fu particolarmente apprezzato dal maggiore Carbonazzi, direttore delle opere stradali nel Regno di Sardegna”.

Lo stesso Carbonazzi scrisse in una sua memoria del 1827: “Nulla è difficile a colui che vuole fortemente. Gli attivi ed intelligenti, dotati di uno spirito intraprendente e di naturale perspicacia, non tardarono a discernere il loro vero interesse (…) Le liberali offerte di un ceto di persone assicurarono il più felice e pronto  risultamento”:

Questa via Roma, questa Ya Manna, ce la siamo proprio voluta, pagata e costruita, per restare al centro del mondo, per fare della nostra Rocca ancora una volta un centro di grande interesse: l’ombelico del mondo, l’organigramma che  passando per gli Orizzonti torni verso sé stesso, per perpetuare e non dimenticare.

Sì, ce la siamo proprio voluta questa fetta di strada, scavata  nella nostra trachite fonolitica, nella Yuvagaralite, nel basalto ricco di muschi e licheni, culla di Zeoliti (il nostro quarzo, il più bello ed apprezzato in Europa), mentre in lontananza i costoni di calcare grossolano bianco stavano a guardare e vegliare sui sogni di un paese, più che paese, culla di tante storie, di tanti avvicendamenti, civili e religiosi, da lasciare  insolitamente colpiti.

(…) Al 27 marzo del 1827, la spesa totale della strada risultò di 10.000 lire sarde. Oltre al ricavato di una pubblica sottoscrizione, la spesa era stata coperta dall’eccellente prodotto del Monte Granatico, intorno ai 700 rasieri e da qualche contributo governativo, parteciparono alla cordata don Gaetano Pes di San Vittorio, don Gerolamo Berlinguer ed un reverendo decano di Sassari (non si conosce il nome). Fra gli osilesi, vi parteciparono: il teologo Manunta, l’Arciprete Casabianca, il Canonico Manca, il penitenziere Cabras, il maestro di scuola normale Gaspa, il beneficiato Lay, i negozianti Pulinas e Pittalis, i medici Manca e Satta, Donna Nicolosa Deliperi, Martina Pianu, Francesca Marongiu. Non mancarono le contribuzioni da Sassari.

Tanti per Osilo, amato e considerato, forse come non mai. Sogni di una volta!

Nasce così via Roma, il resto lo farà tia Laddaredda, al secolo Nicolosa Fadda, sicuramente illetterata ma sveglia, in avanti con i tempi, seppe guardare lontano e vide giusto, riuscendo ad entrare nella leggenda: quel miscuglio di mezze verità e sogni che Osilo non dimentica.

Nel suo  bar di “tia Nigolosa” fece  concentrare tutta la bella gente di Osilo e non solo, come anche tutte le grandi tradizioni di Osilo. I frequentatori del bar, oltre ad essere interessanti intellettuali erano ligi alla tradizione: mostravano un totale rispetto verso l’amicizia e anzi, proprio durante la festa di san Giovanni, se pur non assidui frequentatori della chiesetta campestre, stipulavano fra loro un solenne patto di amicizia, “sa comparìa”, che non verrà mai disatteso da nessuna delle parti. Oggi questo solenne patto lo abbiamo scaraventato giù dalla Rocca e non sapremmo dire in quale, oscura per noi, direzione sia andato a posarsi o schiantarsi. “Mala tempora currunt” dicevano i latini e, forse, non avevano tutti i torti. Tuttavia, riprendendo il discorso de Sa Ya Manna e del bar, location irripetibile, fucina di talenti e persone di rispetto “de fache,” ci è gradito ricordare: Rina Fonsa e Bruno De Luca, Raimondo Canalis e Maria Manca Gaspa, Sorelle Canalis, in particolare Maurizia, Maria Cabras, Nino Canalis, dott. Virdis grande, dott Virdis piccolo (sempre elegantissimo, d’estate in completo bianco, non bello ma fascinoso, pronto al dialogo, poco propenso allo scontro), Mario Sanna (figlio della maestra Tani) ed Antonio Bassu (rispettivamente direttore e collaboratore de Il Pernacchio, rivista satirica made in Osilo), il futuro Giudice Antonicco Manca, zio Matteo Cambilargiu e Francesco Elies, Francesco Fadda fratello di Mons Fadda titolare della chiesa di san Sebastiano, Paolo Pinna e Gavinuccio Lai, Francesco Pinna e Domenica Strino, Antonio Chessa Sole, “su mastru Solina” al secolo Antonio Solinas, Giovanni Marongiu (che poi sposerà Giovanna, sorella de su mastru Solina), Sebastiano Ruzza, i fratelli Strino in particolare Francesco in quanto compare a tutti gli effetti del Gen. Manca, Antonio Mura e Antonico Liperi, zio Baingio Fedeli (compare de fogarone di Matteo Cambilargiu e Francesco Elies), Antonio Piras Pinna e, come dimenticare Gianni Migheli, jolly d’eccezione della vita sociale osilese insieme al compare avv. Antonicco Liperi. Oggi si chiamerebbe “caffè letterario”, secondo la nuova moda, che nuova non è. Ovviamente senza contare gli artisti ed i letterati che da Sassari venivano ad Osilo, non solo per respirare aria buona e fresca ma soprattutto per gustare un caffè e incontrarsi con la bella gente del bar di zia Nicolosa. E’ un vero peccato che nessuno ad Osilo abbia colto l’opportunità di dar vita ad una struttura che non sia solo nazional-popolare ma anche di approfondimento culturale e sociale. Zia Nicolosa e il suo bar, ormai legato alle nebbie del tempo, dimenticato no. Bar che allora fece tremare i polsi alla famosa “Gabbia” caffè letterario per eccellenza del Corso di Sassari. Ovviamente, quanto scritto, non è preistoria, si tratta della prima parte della seconda metà del Novecento; periodo, post bellum, che avrebbe dovuto essere faticoso dopo la fine della seconda sciagurata e inutile Guerra e che invece per Osilo fu in trionfo di cultura, benevolenza, solidarietà, perbenismo, rispetto dell’etica e della tradizione.

Come nota di colore: tia Nigolosa fu la prima ad accogliere le istanze della panificazione sassarese vendendo “su pane sciocco”, ossia i panini. Anche questa apertura verso il pane di Sassari dimostra molta lungimiranza e intelligenza, in quanto l’operazione venne condotta senza alcun tipo di demonizzazione per il già famoso pane di Osilo.

Per noi, giovani studenti, nati sul finire della Seconda Guerra Mondiale, quel bar e i suoi frequentatori rappresentavano “il sogno”, un sogno di società in cui equilibri, destrezza, complicità, intelligenza, potessero sopravvivere senza sopraffazioni di sorta. Camminando in sentieri paralleli ma unici pensavamo di poter imitare e perpetuare le gesta uniche e irripetibili di alcuni dei frequentatori, straordinariamente gradevoli nell’aspetto ma anche nelle intraprendenze. Non si poteva pensare che arrivati ormai alla maturità, bar e personaggi avrebbero intrapreso altre strade, lontane da quelle immaginate da noi. Legami e slegami affettivi come professioni e cariche importanti, nel campo politico e lavorativo, si abbatterono come una scure su quel prestigioso bar, mandando a catafascio quasi tutte le nostre aspettative. Eravamo giovani, sicuri che il Tempo si sarebbe fermato per noi. Così non è stato, il nuovo incalzava, l’americanismo dominante anche, il ’68, fonte di tanti guai, diede il colpo di grazia a tutti i sogni giovanili. Rimpiangere non serve ma, forse, un po’ di maturo discernimento, soprattutto da parte dei governanti, avrebbe reso meno infelice la corsa verso  le “amerigganate” incalzanti, verso sistemi  di vita camuffati dal vessillo di libertà, ma che  aprirono una falla incolmabile verso un liberalismo sfrenato, forse dannoso. L’antica e gloriosa Tocca di Osilo non venne risparmiata dal nuovo che avanza e distrugge, senza fermarsi a capire che non esiste futuro senza passato.

In ogni caso, l’aver vissuto quegli anni di grandezza, l’aver conosciuto tante persone di spessore è stato veramente un piacere, grazie Osilo: un paese for ever.

Giovanna Elies

– Testo consultato: La Sardegna attraverso i secoli di Arnaldo Satta-Branca

 

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