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Istruzioni di Maurizio Serra al reverendo Signor Sacerdote Gianantonio Vargiu, maestro della scuola normale di Bunnanaro.
BUS-SS 1824.
AL REVERENDO SIGNOR SACERDOTE GIANANTONIO VARGIU MAESTRO DELLA SCUOLA NORMALE DI BUNNANARO
Reverendo Signore e mio collega amatissimo,
quantunque io già sapessi per esperienza che ogni anno di ogni regno dell’Augusto Sovrano che ci governa va distinto con nuovi benefizi, che il paterno suo cuore si compiace di spargere sui fortunati suoi Sudditi, non posso tuttavia esprimervi la gioja, da cui venni compreso quando, al comparire del Regio Editto del 24 di giugno dello scorso anno, io ne ravvisai tanti, e sì preziosi insieme accumulati in vantaggio della pubblica istruzione, e singolarmente dell’istruzione elementare che contava sinora fra noi così pochi Stabilimenti. Io non fui tardo a conoscere quali, e quanti vantaggi avrebbe recato alla Sardegna la salutare instituzione delle Scuole normali in quella savissima legge universalmente prescritta, e strettamente inculcata. Il volgo imperito, e la schiera de’ maligni non potrà forse, o non vorrà riconoscere a prima giunta, quale feconda sorgente di beni va per tal guisa ad aprirsi alla Sardegna. Ma un parroco che per dovere del sacro suo ministero è tenuto ad illuminarne il popolo, ed a servirgli di guida principalmente in quello che riguarda la morale e la religione, sarebbe troppo colpevole se non gioisse al pensiero dei miglioramenti che vanno a risultarne, e se non cercasse di cooperare con tutti i suoi mezzi alla prosperità di uno Stabilimento, di cui è per proprio ufficio e per disposizione del Re, il protettore, il sostegno e la guida.
L’accelerare ne’ vivaci nostri fanciulli lo sviluppo delle facoltà intellettuali, il dirigerle al vero scopo al quale debbono tendere unicamente, contribuirà eziando, a migliorando nel cuore ispirando loro per tempo coi sublimi precetti della divina legge, il santo timor di Dio, la via del buon costume, e del dolce amor fraterno che è la divisa dei Cristiani, e verrà a togliersi ai parroci l’ostacolo che presentemente incontrano nella difficoltà di farsi capire da troppo rozzi intelletti, allorché spezzano al popolo il pane spirituale della Divina Parola.
Meditando questi riflessi, non solo non mi fu grave, che addossata mi fosse, come a tutti gli altri parroci, l’ispezione di questa scuola; ma mi affrettai ad aprirla, quantunque mi trovassi sprovveduto di un conveniente locale, e quello, ch’era assai peggio, di un maestro, che la reggesse. Fu d’uopo, imprendessi io stesso ad insegnare ai fanciulli, e volentieri me ne occupai coll’ajuto de’ vice parroci, finché lo zelo vigilantissimo del nostro comun Padre, e Pastore Monsignor Arcivescovo di Sassari fissò i suoi sguardi sulla vostra degna persona, o mio collega amatissimo, e v’indusse a darmi sollievo col destinarvi ad institutore dei nostri cari fanciulli, che vi benediranno a suo tempo, e de’ quali forse, per mercé vostra, alcuni daranno più di lustro a un paese, ove nacque un Carboni[1].
Non vi rincresca pertanto d’aver perduto il vantaggio di qualche vostro interesse, ma tutto caldo di zelo e d’amor di patria consacratevi di buon grado a servirla senza che troppo vili considerazioni tolgano il pregio al vostro sacrifizio. Copiosa è quella mercede che Iddio va preparandovi, egli, che considera per se impiegate le cure, che vi darete per tutti questi fanciulli, e per ciascuno di essi in particolare: Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis.
Ora desiderando ancor io di partecipare in qualche maniera alla ricompensa abbondante, che dovete sicuramente aspettare da chi non lascia senza mercede, neanche un bicchier d’acqua data in nome di un suo discepolo, risolvetti di contribuire ad agevolarvi il buon esercizio del vostro impiego: e letto avendo alcuni libri mandatimi da un degnissimo Ecclesiastico[2], institutore in un tempo de’ seminaristi della Diocesi, e uomo, che arde dal desiderio di procurar tutti i lumi e tutti i vantaggi possibili ai suoi connazionali, impiegai i ritagli del tempo, che fortunatamente lasciommi il mio pastorale Ministero per darvi un breve compendio delle massime più adattate a voi, al luogo, ed alle persone, che dovete instruire, onde formarvi qual vi desidero, e spero che diverrete un maestro veramente degno del gradimento del Governo, della riconoscenza del Pubblico, e della benedizione di Dio.
A giudizio di sommi uomini, l’uffizio, che intraprendete non è quello che il volgo crede, facile e di poca importanza. Se un buon pittore, ed un perito statuario vengono con ragione apprezzati perché sono rari gli ottimi artefici, più alta idea ancora bisogna farsi di un buon maestro di scuola, dice San Gio. Crisostomo: Quid majus quam adolescentulorum fingere mores? Omni certe pictore, omini certe statuario, ceterisque hujusmodi omnibus excellentiorem hunc puto, qui juvenum animos fingere non ignoret.
Un maestro che abbia a cuore d’adempiere al suo dovere in tutta la sua estensione, ed operi secondo gli impulsi della propria coscienza nell’instruire i fanciulli, sarà il riformatore dei costumi di tutto un Pubblico, il benemerito della Chiesa, e dello Stato, anzi l’Angelo tutelare, che addita il dritto sentiero per non sbagliare dal principio la via del Paradiso.
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