“12 motivi per votare No al referendum imposto dalla Costituzione” di Mauro Maxia
Su richiesta di alcuni visitatori pubblicheremo le ragioni del SI o del No al referendum del 4 dicembre prossimo. La redazione non prende posizione volendosi avvalere della segretezza del voto e perché non ha alcuna intenzione di trasformare un blog culturale in un blog politico. Dopo le ragioni del Si ecco quelle del No. Tanto il primo quanto il secondo articolo ad orientare le scelte di voto. Il mondo non cadrà comunque si voti e qualunque siano le scelte che si faranno. Così vanno le democrazie. Anche Trump tra quattro, massimo 8 anni, andrà in archivio. Credo che non bisogna lasciarsi scoraggiare dalle contingenze di breve durata, ma occorre guardare alla storia di lunga durata e meditarvi sopra. (A.T.)
1. Questa riforma che cambia quasi la metà della costituzione va respinta perché, oltre a essere scritta malissimo, peggiora la situazione attuale. Non lo dice uno qualunque ma il presidente emerito della Corte Costituzionale. Per saperne di più basta collegarsi al sito http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/parla-annibale-marini-presidente-emerito-corte-costituzionale-445215.html.
2. Questa riforma è stata votata da un parlamento illegittimo in quanto eletto con una legge elettorale che la Consulta ha dichiarato incostituzionale. Anziché sanare l’anomalia con nuove elezioni, questo parlamento addirittura si permette di cambiare la costituzione. Semplicemente assurdo.
3. Nel modo in cui è formulato il quesito referendario induce gli elettori a votare SI. Infatti riduce i molti cambiamenti della riforma a pochissimi e nebulosi argomenti senza informare gli elettori sugli articoli e sui contenuti che vengono cambiati. Perché questa oscurità?
4. Le presunte “novità” di questa riforma ci riportano indietro di 70 anni eliminando il corretto equilibrio istituzionale tra il potere elettivo (parlamento) e il potere esecutivo (governo). Il potere del governo infatti si rafforza enormemente anche per effetto della eliminazione di molte competenze delle regioni. Questo squilibrio rappresenta una chiara svolta neocentrista che diminuisce gli spazi democratici.
5. Il nuovo senato è composto da soli 100 senatori (non eletti ma nominati) che privano di una adeguata rappresentanza proprio le comunità che dovrebbe rappresentare. L’impossibilità di votare per il senato aggiunta all’eliminazione delle province riduce drasticamente il diritto di voto degli elettori e si traduce in una perdita secca in termini di rappresentatività democratica. Questa riforma poi annulla l’ineleggibilità dei sindaci consentendo di fare il senatore anche ai sindaci delle grandi città che così non riusciranno a fare né il sindaco né il senatore. La Sardegna avrebbe solo 3 senatori e sarebbe rappresentata molto probabilmente dai sindaci di Cagliari e Sassari mentre le zone interne e periferiche resterebbero senza rappresentanti.
6. Il governo sostiene che con l’abolizione del senato elettivo si risparmierà tantissimo. Non è affatto vero perché le forti spese richieste dal funzionamento del senato rimangono immutate. Se si voleva risparmiare seriamente bastava dimezzare il numero dei senatori e dei deputati. Del resto la democrazia ha dei costi necessari. Non c’è dubbio che nei regimi autoritari si spenda molto meno. E a proposito di risparmi, nei primi 29 mesi del governo Renzi il debito pubblico è aumentato di ben 145 miliardi. Un dato che parla da solo…