Del sig, Manzella, (un tempo i Preti della Missione, li si chiamava signori e da non molto, padri) esiste un’ampia bibliografia a partire da quella stilata dal padre Sategna, da altri suoi confratelli, dagli storici della chiesa sarda e da altri storici dell’educazione, compreso lo scrivente, in vari contributi collettanei, come lo schedario degli articoli pubblicati sul bollettino “la Carità” 1924-1937. Qualche anno fa, a cura dei padri Antonello e Lavera è apparse l’epistolario, mentre ora sono stati pubblicati gli articoli che le sue figlie dell’Istituto suore dei Getsemani hanno diligentemente trascritto in digitale e pubblicati a cura di padre Erminio Antonello.
Aspettiamo con pazienza che la Chiesa lo porti sugli altari anche se bisogna dire che i santi non hanno fretta dei ritardi burocratici del Dicastero dei Santi, ora presieduto dal nostro cardinale pattadese Angelo Becciu. Anch’io sentii parlare del santo fin da bambino sebbene la mia famiglia non fosse praticante e anch’io ho fatto in tempo a nascere in gennaio, prima che nel 1937 il 23 ottobre padre Manzella lasciasse questo mondo per l’altro.
Tanto lui quanto un altro grande missionario della Sardegna, Padre Giovanni Battista Maria Vassallo, gesuita, (Dogliani,1661-Cagliari,1775) meritano gli onori degli altari, il Vassallo percorse l’Isola dal 1726 alla sua morte 1775, per quasi 50 anni. Dobbiamo al prof. Fabio Pruneri, docente Uniss, un ampio contributo apparso sugli “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni educative” Giovanni Battista Maria Vassallo e le missioni popolari nella Sardegna sabauda 1726-1775 “Annali di storia dell’educazione”, 19, (2012) pp. 47-66 . accademiasarda.it “recensione”.
- Padre Manzella missionario in Sardegna.
Viviamo in questo mese di ottobre [1996] l’atmosfera missionaria della “nuova evangelizzazione” e torniamo con gioia all’appuntamento annuale della commemorazione del “Signor Manzella” nel giorno 23 ottobre anniversario del suo “dies natalis”. Il nostro Papa Giovanni Paolo II, celebrando undici anni fa la “Giornata Missionaria Mondiale” in Sardegna, il 19 ottobre 1985, nella sua omelia allo stadio della città di Sassari ricordò che nel Seminario Provinciale Turritano, quando nell’anno 1926 nacque il primo germoglio della Giornata Missionaria, tra i Padri Vincenziani “spiccava per zelo apostolico il Padre Giovanni Battista Manzella”.
È stato proprio il nostro Mons. Salvatore Isgrò, nella celebrazione del 23 ottobre 1985, a mettere in risalto le parole che il Papa qualche giorno prima aveva dedicato al Padre Manzella, definendolo nel discorso di Cagliari il 20 ottobre “l’apostolo della Sardegna, che per quasi quarant’anni percorse infaticabilmente”. È significativo che il ricordo del Padre Manzella sia stato unito a quello di suor Maria Gabriella Sagheddu di Dorgali che – disse il Papa – “ebbi l’onore e la gioia di dichiarare beata”, e della Madre Maria Giovanna Dore di Olzai “fondatrice delle Benedettine Mater Unitatis”.
La celebrazione eucaristica annuale in questo Santuario del SS. Sacramento, elevato sulla tomba del Padre Manzella e custodito nella adorazione perpetua dell’Eucaristia dalle sue predilette Suore del Getsemani, è un inno a quella umile santità che la gente di Sardegna vide con i propri occhi e ora coltiva devotamente nella memoria e nella preghiera. Il santuario nato sul sepolcro dell’apostolo della Sardegna riverbera sulla nostra terra quel profumo di santità che attirava i cristiani alle tombe dei martiri e preannunziava la resurrezione: “È una profezia fatta alla Chiesa – possiamo dire con il grande teologo Origene – che la incoraggia a credere nella promessa futura, e alla comunità che attende il tempo della resurrezione grida: Risorgi!” (Sul Cantico3,227). E tutte le persone credenti, nel clima dell’amore sponsale del Cantico dei Cantici, possono cantare a Cristo con l’ardore del vescovo Sant’Ambrogio: “Attiraci a te! Noi correremo verso il profumo delle tue vesti per respirare il profumo della resurrezione” (I misteri29).
Offrire una parola di elevazione e di testimonianza in questa 59ª ricorrenza del transito al cielo del Padre Manzella è impegno assai arduo, sia perché solo un santo dovrebbe parlare di un altro santo, sia perché nell’annuale commemorazione hanno recato la loro testimonianza molti vescovi e sacerdoti e laici che con il Padre Manzella hanno avuto una speciale confidenza e familiarità. È per me però un debito filiale verso il Padre Manzella accogliere il dolce invito delle sue vergini consacrate, e dell’arcivescovo della mia Chiesa di Sassari, a riaccendere qualche raggio dello splendore divino che brillava sul volto umano del nostro apostolo.
Avevo due anni e due mesi quando il Padre Manzella morì, e forse ero presente anch’io tra le braccia di mio padre alla festosa celebrazione della sua morte nella Chiesa Cattedrale di Sassari, nella quale io ero nato alla fede nel Sacramento del Battesimo. Il vescovo Mons. Enea Selis ha scritto che quel giorno “al passaggio della salma la gente applaudiva e gridava: Viva Signor Manzella, viva Santo Manzella”. “Dire ‘viva!‘ ad un morto non è cosa comune … ed applaudire al passaggio di una bara è cosa per lo meno inusitata”, osservava Don Enea (Le Suore del Getsemani, p. 17). Oggi gli applausi in simili occasioni sono meno rari, ma chissà se sgorgano sempre per esaltare la santità.
Nella mia famiglia io respirai fin da bambino il profumo della santità di Padre Manzella. Mio padre Lussorio, che era nato nel 1900 tre mesi prima che il Padre Manzella giungesse in Sardegna, mi raccontava i suoi incontri con il santo missionario, ed anche le sue corse per poter tenere il passo del suo calessino, mentre andava di fretta perché lo attendevano i poveri: “quando l’asinello corre bisogna lasciarlo correre!” gridava dal carretto il missionario. Mia madre Lucia, la cui famiglia aveva ospitato nella casa di Luogosanto il Padre Manzella quando predicava la Novena per la “Festa Manna” di Maria Bambina, era stata incaricata di riordinare il lettino del missionario, ma spesso lo trovava già in ordine perché lui aveva forse dormito sulla sedia. Mia mamma, che poteva avere allora quindici anni, dopo la partenza trovò nella stanza un fazzoletto con le iniziali G. B. M. ricamato a mano e lo custodì diligentemente come una reliquia fino ad oggi.
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