Le relazioni svolte durante la giornata di studio sulla B. Giuseppina e la Sardegna tra Otto e Novecento, tenutosi a Sassari presso la facoltà di Scienze dell’Educazione, hanno avuto ognuna un tema che può essere svolto in modo autonomo, concluso e significativo in sé stesso. Mettendole insieme, veniamo a delineare un panorama che è contestuale alla presenza a Sassari della beata Giuseppina Nicoli, suora delle Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli. Giuseppina Nicoli perché? A chi studia le scienze della formazione potrà interessare questa storia:
“Nel 1901 all’XI Congresso Internazionale di Antropologia Criminale tenutosi ad Amsterdam, venne presentato uno studio dei Dottori Efisio Murgia e Mario Carrara con fondamentali contributi fotografici, dal titolo “Les petits criminels de Cagliari”.
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Nell’aula magnadel dipartimento di storia dell’uniss ieri per tutto il giorno si è svolto il convegno programmata davanti a circa duecento tra studentesse e altro pubblico. Il saluto di rito è stato fatto da Attilio Mastino, da Marco Milanese, da mons. Gianfranco Saba, arcivescovo metropolita della diocesi turritana. Tutti cortesi e con una breve presentazione della figura della grande educatrice e formatrice lombarda che svolse la sua attività tra Sassari e Cagliari con risultati fruttuosi per le ragazze di Sassari, per quelle di Cagliari, tra orfane ed educande e per i picciocus de crobi, i ragazzi della cesta, meglio sarebbe dire ragazzi di strada,mignons del carrer o pizzinni pizzoni che seppe elevare a normali ragazzi dando loro le basi perché scegliessero un’attività più dignitosa con una visione cristiana dell’esistenza.
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E sono 45… Non sono mica pochi. Sarà che ho sempre vissuto giorno per giorno con un’accettabile coerenza e senza incredibili programmi e aspettative, ma l’età per me non è mai stata un problema. Alla fine è una convenzione di computo temporale che ti offre periodicamente l’opportunità di fare uno straccio di punto della situazione, prendere una pacca sulla spalla, farsi fare due coccole e sentirsi, se si vuole, al centro di qualcosa che di centro non ne ha. E dici poco... Comunque sia, sono 45. E sono stata ben più vecchia di così. Ho passato compleanni nei quali il tempo passato aveva incrementato ben più il mio senso di invecchiamento che non quello di maturità, come per quelle olive che passano dall’acerbo al rinsecchito in soluzione di continuità e la decisa sensazione che in qualche momento imprecisato ci sia stata una fregatura . Quest’anno invece no. E’ un’età particolare e alla fine per molti aspetti presento la consunzione degli eventi che mi sono passati addosso senza alcun riguardo, ma per altri mi ritrovo a sentirmi appena nata e mi guardo attorno con occhi stupiti e curiosi. E questo misturotto è una goduria perché la parte bambina trova il coraggio di emergere sapendo che ha alle spalle la parte cazzuta di donna vissuta e in perenne tenuta da guerriglia urbana. A metterla così, pare una dissociazione della personalità per cui dovrei cercarmi uno bravo... In realtà, è un modo per dire che le rughe dovute alla preoccupazione, al dolore e al pianto di tutta una vita non sempre clemente hanno ancora voglia di unirsi e fondersi a quelle dei sorrisi e delle risate, dei momenti che aprono il cuore e che fanno stare bene per la persona che si è. Insomma sono 45, siori e siore. Ma sì... me li sento bene, sono proprio della mia misura.
Apprendiamo con rammarico della scomparsa di due esimi cultori della lingua gallurese e logudorese e ci uniamo al cordoglio di tutti i cultori e amanti della lingua sarda e delle sue varianti. Ci auguriamo che esperti cultori dell’una e dell’altra parlata ci diano l’occasione per presentarci con competenza le due belle figure che hanno dato lustro alla nostra isola, favorendo la crescita culturale del nostro idioma e della nostra letteratura.
Mario Scampuddu se n’è andato a 68 anni e Antonio a 81 anno. Peccato! Erano entrambi in condizioni di darci ancora molto viste le speranze di vita di tanti dei nostri campioni di cultura sarda, pensiamo a prof. Espa, scomparso quasi centenario e al grande e prolifico prof. Pittau che ancora oggi continua a sviluppare pensiero sulle cose sarde.
L’anno scorso con la perdita di dr. Pillonca e di prof. Brigaglia abbiamo perso tanto, ora dobbiamo rattristarci per la perdita di questi esimi cultori della nostra lingua.
Vogliamo ricordarli ai nostri lettori con vari contributi di esperti e amatori della nostra letteratura e lingua e con chi desidera dedicare loro un pensiero e un cordoglio. Per tratti essenziali di queste figure rimandiamo al sito di Luigi Ladu, ormai una miniera informatica della nostra cultura sarda.
Il prof. Paolo Maninchedda (vedi il precedente articolo “Sciabolate metaforiche tra studiosi”) porta avanti da quasi un mese una polemica riguardo alla possibile origine e al significato del suo cognome. Oraegli sul suo sito web ha ritenuto di rincarare la dose rivolgendo valutazioni del tutto inappropriate sia al prof. Massimo Pittau sia al prof. Mauro Maxia. Il prof. Pittau, che è il decano dei linguisti sardi, ha ritenuto di replicare con il presente testo alle ultime esternazioni del prof. Maninchedda.
Si è addossato la missione di “Salvatore della Patria” il prof. Paolo Maninchedda in Sardegna, distogliendosi però dal dovere istituzionale di allargare e approfondire la propria disciplina, la Filologia Romanza. Infatti: 1) Egli ha preteso di pubblicare l’edizione critica del Condaghe di S. Michele di Salvennor espungendo il vocabolo ‘patata’ che non ha saputo interpretare, mentre tutti i linguisti e geografi sardi da una settantina d’anni sappiamo che significa “piccolo altipiano”. In realtà questo suo errore rappresenta soltanto uno dei numerosi svarioni in cui è incorso nella sua opera. 2) In tutte le discipline gli scienziati procedono spesso a cambiare opinione su una loro ipotesi iniziale; ed allora perché definire “fantalinguistico” il mio cambiare opinione sul sardo tzikki ‘pane speciale delle feste’? Evidentemente il Maninchedda non conosce il valore esatto del prefisso ‘fanta-‘. 3) Egli insiste nel chiedere perché un appellativo si trasformi prima in ‘soprannome’ e dopo in ‘cognome’, mentre tutti gli specialisti di onomastica sappiamo che nel mondo esistono milioni di appellativi trasformati in ‘soprannomi’ e in ‘cognomi’, anche se nella massima parte dei casi soltanto di pochissimi conosciamo l’occasione e la ragione della imposizione del soprannome. 4) Agisce con disonestà professionale nei miei riguardi quando della mia definizione della etimologia del suo cognome fa riferimento ad una sola sua parte, ma trascura a ragion veduta l’altra che è chiaramente esposta nel mio vocabolario. 5) Agisce ancora con disonestà professionale nei miei riguardi quando invita il prof. Mauro Maxia ad andare a leggersi i vocabolari dello Spano, del Casu e del Puddu, compilati da semplici lessicografi, e non il mio «Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico» (Selargius 2014) compilato da uno specialista. 6) Il prof. Maninchedda inviti il suo servitorello e schiavetto a starsene da parte e assolutamente zitto; altrimenti parlo io.
Massimo Pittau, Professore Emerito dell’Università di Sassari.
Il tuo nome lasciava nell’aria l’eco di una voce che chiamava qualcuno dalla Grotta del Mercante a Bidda Noa. Il tuo riso smagliante e il tuo abito di fustagno, firmato, non passavano in silenzio. La tua memoria tenace andava ripetendo versi su versi di poeti grandi e piccoli. Ti piaceva scherzare con gli amici ai quali davi un fremito di allegria. Ma un giorno davanti al Municipio ti vidi in bacolo. mortificato. Era scomparso il tuo sorriso ed eri preso da un male che non perdona. Dovevo venire a trovarti, ma come al solito non ho trovato il tempo, caro compaesano e coetaneo. Son venuto come tanti altri compaesani a darti l’ultimo addio nella Chiesa del Carmelo. Avrei voluto cantarti “La pace dei santi concedi o Signore”, ma la mia pur bella voce d’un tempo è ormai afona e allora te l’ho cantata col cuore. Ora giaci rinchiuso nel cofano di noce, nell’avello della tua tomba di famiglia, per sempre. La tua anima però vaga tra i pascoli selvaggi di Pentuma dove hai passato gran parte della vita e da là, dalle tanche di asfodelo. prenderà il volo per cercare la Misericordia immensa del Signore. Ti sia benigno l’incontro anche se come tutti avrai modo di purificarti nell’amore struggente di una breve lontananza dai raggi dell’appagante Eden. Torni polvere il tuo corpo, crocifisso dalla malattia, ma la tua anima purificata, chiamata col tuo bel nome, Nicolau, dalla Vergine Maria, salga per godere in eterno, nel Cielo dei santi. A presto, compaesano e coetaneo, a presto, per ridere insieme nella luce e nel canto del Cielo infinito.
Alla consorte, ai figli, ai familiari e ai compaesani il mio cordoglio profondo.