“Castello di Chiaramonti (1348-50- sec. XV): ricostruzione ideale” di Angelino Tedde

La crisi non è affatto “pazza” come sostengono i corifei dell’ormai tramontato governo Conte2. E’ semplicemente il frutto di una situazione politica che era evidente da tempo e che non si è voluta affrontare nella convinzione che a congelarla bastasse l’emergenza epidemica. Non si è tenuto conto che quel fattore prima o poi l’avrebbe portata al punto di rottura.
Ho difficoltà a ricordare quando è nata in me la passione per la Politica. Un ruolo importante, forse decisivo, l’hanno avuto i racconti dei miei genitori: le sensazioni, le emozioni, che quelle parole suscitavano in me. Erano i racconti del caminetto.
Leggi tuttoQuesto breve profilo storico lo debbo in parte all’amico chiaramontese Carlo Patatu e a Vincenzo Soddu figlio di Zio Nino, per la genealogia ad Andreina Cascioni e a Giovanni Soro. Li ringrazio tutti con riconoscenza. A.T. |
Zio Nino era nato a Chiaramonti da Giovanni Vincenzo Soddu e da Gavina Fois giusto nel 1920, quando dopo il biennio rosso, il fantasma di Mussolini si faceva strada da socialista rivoluzionario a duce degl’Italiani. Fotografia di Nino Soddu dall’archivio di famiglia.
Visse nel suo palazzo non molto lontano dalla Bicoca e dal dirimpettaio palazzo dei Madau. Il padre, alto credo oltre 1,90, era stato carabiniere scelto presso il Re, quelli che poi divennero i corazzieri. Era uno dei sei fratelli maschi Soddu e dell’unica sorella Maria Chiara, mia nonna materna. La madre era Serafina Massidda, a sua volta figlia di Giovanni e di Maria Domenica Chessa e il padre, il vedovo Giovanni Maria Soddu, figlio di Giuliano e di Clara Campus, sposi nel 1866. Il fratello Ottavio fu impiegato all’Intendenza di Finanza; un altro fratello, Antonio Maria, divenne maestro elementare e poi direttore didattico rurale a Olbia e a Sassari; un altro fratello, Giovanni, si fermò in paese e fece l’agricoltore; un altro, Apollonio, si trasferì a Nuoro come guardia forestale dando vita ai più noti Soddu di Nuoro. L’altro fratello Giovanni Maria Soddu, con i figli ha dato luogo ai fratelli Soddu di Busto Arsizio e finalmente mia nonna Maria Chiara, che si sposò, contro la volontà di tutta la famiglia, col furbo pastore di capre nulvese Michele Piras (1897.1976).
Alfredo Crispo sa trarre dalla sua genealogia personaggi interessanti e storie suggestive. Per me che vado raccogliendo, sempre per la passione della microstoria, qualche personaggio settecentesco di Chiaramonti come Donna Lucia Tedde, sono ricostruzioni storiche che mi affascinano in quest’ultimo scorcio di vita. Scoprire un nonno giramondo, un altro avventuroso pastore di capre e fantasioso, una nonna affabulattrice del vicinato, un’altra tessitrice che aspettava il marito giramondo per concepire coi suoi brevi ritorni in paese ben cinque figli . Quando poi si decide a metter su un’azienda se ne va all’altro mondo in breve tempo. Si vede che la vita sedentaria non faceva per lui. Infine, questa nobildonna amazzone, Donna Lucia Tedde, ricca, capace di usare lo schioppo stando eretta sul cavallo sardo-andaluso contro i componenti di altre fazioni nelle zuffe alla campagna, sono personaggi che mi fanno perdere la testa. Con l’amico Alfredo abbiamo tante cose in comune, ma specialmente la passione per la storia. Pubblico volentieri i suoi racconti che sono certo faranno piacere a molti nostri lettori di tutto il mondo che un centinaio al giorno fanno capolino nel nostro blog a dilettarsi anche di storia (AngelinoTedde).
Le arance della contrada Paradiso di Cesena nel mio immaginario della pubertà, erano le arance vive, si… il loro profumo, la loro fragranza (anche perché mangiate appena raccolte sotto l’albero) permettevano al mio giovane palato di distinguerle da quelle morte dei banchi di frutta; l’affittuario di mia Mamma mi concedeva con generosità di portarne a casa ed io lo immaginavo un generoso, a differenza di Mammà, che gli chiedeva con tanta emozione (percepivo anche timore) se era possibile portare la famigliola in campagna; ero troppo piccolo per conoscere la storia dei braccianti pugliesi, il loro protettore Peppino Di Vittorio era scomparso già da più di un decennio, e gli aveva giustamente lasciato dignità e potere, ed i vecchi proprietari già ringraziavano Iddio se erano ancora nel possesso delle loro terre; scoprirò anni dopo che un’affittuaria di altre nostre terre disse a Mammà: “Donna Lina, nan sit vnenn alla massarì… nan sit chiù l’proprietaar” (è inutile venire in campagna, non siete più proprietari). Fotografia di Alfredo Crispo
Maria Teresa Inzaina, nativa di Calangianus, ma olbiese di adozione, già professoressa di Lettere Moderne, ha sempre coltivato la poesia della sua lingua materna, il Gallurese senza trascurare l’Italiano e il sardo Logudorese. In IIaliano ha scritto anche vari racconti. Ha vinto tanti premi con le pubblicazioni conseguenti. Queste poesia, ispirata dal mare, fa parte di una raccolta dove i temi sono svariati e trattati poeticamente in musicalità e in significati poeticamente ispirati. Sia il gallurese sia la sua traduzione in italiano non perde i sapore poetico. Potrei dir che il luogo privilegiato per la vista del mare non è solo Olbia, ma Agrustos, quest’osservazione tuttavia sarebbe come limitare la sua poesia che appartiene al suo “laboratorio” poetico intimo ed esistenziale. La poesia, benché a volte ispirata da un’immagine o da una visione naturalistica, fa parte sempre di un luogo non luogo che che nasce dall’ispirazione.
Illa séra
paci densa
di folmi sculpiti
trasparenzi di celi
umbri longhi culcati
la prua ‘ultata
illu finitu infinitu
di l’occhj
sultéra
una balca
abbri l’ea
chi
dozzili ninfa
s’offéri.