Padre G. B. Manzella: passo, passo con Padre Manzella nel 1935 Dinamismo apostolico di un ottantenne di Pietro Pigozzi cm.
Erminio Antonello e Roberto Lovera, La carità in azione. Epistolario di Padre Giovanni Battista Manzella, CLV Edizioni Vincenzane, Roma 2014, pp. 780 €. 20,00
E’ stato pubblicato un nuovo libro su Padre Manzella; anzi, sarebbe meglio dire un “libro di Padre Manzella” postumo di ben 76 anni! Si tratta del suo epistolario, curato dai Padri Erminio Antonello e Roberto Lovera. Rompendo gli indugi di un lungo riserbo, forse eccessivamente ossequioso della Causa di Beatificazione del Servo di Dio, oggi avvertiamo l’esigenza di far conoscere quel mondo spirituale manzelliano fissato nella sua abbondante corrispondenza epistolare, e riascoltare la sua parola viva, semplice e disadorna, ma sempre straordinariamente ricca di fede. Attraverso i suoi scritti possiamo incontrarlo tuttora vivo e palpitante nella vivacità di quella comunicazione che sapeva intessere con tante categorie di persone: i suoi familiari, le figlie e i figli spirituali a diverso titolo, i numerosi collaboratori nell’apostolato missionario e caritativo; persone ormai tramontate, che però ci testimoniano tutta l’estensione del mondo manzelliano. Una lettera al nipote Paolo Tante lettere ci fanno rivivere da vicino anche il suo apostolato straordinario tra le popolazioni della Sardegna. Una di queste, senza data e indirizzata al nipote Paolo, è particolarmente significativa del suo dinamismo apostolico ancora a ottant’anni compiuti. Dal contenuto veniamo a conoscere che fu scritta tra aprile e giugno del 1935. Paolo era figlio di Luigi, fratello maggiore del servo di Dio, e quindi fratello di Sr Linda e di Sr Annetta, con le quali Padre Manzella ebbe corrispondenza fino al suo ultimo anno di vita. Dalla moglie Edvige ebbe cinque figli: tra cui Laura: quest’ultima sarebbe diventata proprio suora manzelliana a Sassari nei primi anni del 1950. Nel 1935 Paolo subì l’amputazione di una gamba e Padre Manzella si premurò di scrivergli per sostenerlo e consolarlo. Scritta “dalla casetta di Castelsardo contemplando le ampiezze del mare”, si presentava al nipote come oberato sempre di lavoro: “Non so più in che mondo sia per il tanto lavoro, … venni qui alcuni giorni tanto per scrivere qualche lettera senza essere disturbato”. La casetta di Castelsardo-Lu Bagnu, inaugurata appena l’anno precedente, era diventata il suo eremo di tranquillità, dove ogni tanto si rifugiava, lontano dal frastuono apostolico di Sassari. “Sapevo già dell’amputazione della gamba, ma non sapevo nulla del seguito che ancora senti dolori alle gambe; è proprio così. Quanto verrei volentieri a vederti, spero venire quest’anno…”. Questo riferimento a una possibile visita in famiglia ci fa capire che l’estate non è ancora cominciata. Però aggiunge un suo timore: “Cosa vuoi?! nelle vacanze quando gli altri vanno in giro, io ho da predicare ai preti e perciò difficilmente mi avanza tempo. Pregherò per la tua guarigione perfetta, benché hai dovuto fare il sacrificio della gamba”. Ma anche altri elementi fanno pensare a un periodo prima dell’estate. A Giùncana, Santa Maria Coghinas e Codaruina Descrivendo la sua salute sufficientemente buona, affermava: “Io sto bene benché un po’ vecchio, ho soltanto ottant’anni compiuti; e qualche volta sento il peso della stanchezza che non sentiva quand’era più giovane. Faccio però ancor tutto come quando avevo trent’anni. Dio sia lodato. Tutti sono meravigliati come nonostante l’età faccio ancora tante fatiche”. Ed eccolo ripercorrere le sue fatiche apostoliche appena concluse: “Come otto giorni fa, dopo un lungo viaggio in automobile feci ancora due ore a cavallo per salire sopra un monte a predicare ai pastori, appena giunto, era già notte, chiamai a rassegna i pastori, feci loro una predica, visitai malati; cenato a mezzanotte mi coricavo…”
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