21 Agosto 2016 - Categoria: memoria e storia

Parte II/ II Quattro figli e 400 poponi e la gelosia di Battista dal passo felpato!

Isola Rossa_nNei primi anni settanta all’Isola Rossa mancava tutto quando il sole andava a gettarsi, grattandosi la pancia, dietro l’Isolotto, da noi spudoratamente violato di notte. Eravamo ingenui ragazzotti, sposatisi prematuramente che, calate le tenebre, in quel buio pesto, non potevamo andarcene a letto dopo esserci rimpinzati di poponi comprati a prezzo stracciato: un carro da buoi, non qualche chiletto, ma quintali di poponi. Unica lampada pubblica, ancora impressa nella mente, era l’insegna dell’Ichnusa  sul bar-birreria- tabacchi e accidenti vari piazzata dal caro indimenticabile zio Martino.
Ogni santa sera, messi a nanna i piccoli, finalmente stanchi dai cento bagnetti e tuffi in  mare, occorreva escogitare qualche passatempo e recitare a soggetto prescelto o improvvisato.
Alle  nostre amicizie si era aggregata anche Giulietta, con due figli (un bimbo e una bimba) e il consorte Battista,  funzionario delle poste  che, a causa della giovane  moglie con sex appeal  e della sua irrefrenabile gelosia si faceva 140 chilometri al giorno partendo la mattina e tornando la sera.  Tutti c’eravamo accorti della prima latente e poi conclamata gelosia. E, grazie al Cielo, avevamo trovato di che vivere.
Il progetto della commedia nacque nella nostra spiaggia, circa un chilometro di lunghezza e a tratti di 200, a tratti di 300 o 400 metri di larghezza, con appena una quarantina di ombrelloni, tanti quante erano le famiglie, lasciati lì chiusi anche la notte. Non c’era ressa sulla spiaggia, a parte qualche vacca digiunante di zio Pidreddu a cui davamo qualcosa da mangiare, per cui a forza di prendere confidenza finivano, talvolta, per lasciarsi andare vicino a qualche bagnante steso al sole. Però tutti sapevamo che le buse non hanno mai ucciso nessuno: si correva in acqua e ci si lavava e disinfettava al tempo stesso.

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20 Agosto 2016 - Categoria: memoria e storia, prosa

Parte II/IQuattro figli e 400 poponi e due casse di Vermentino di Ange de Clermont

PoponiSarebbe bene che prima di leggere questa I puntata della parte seconda vi leggeste le altre puntate dallo stesso titolo su accademia sarda, cercando i link appositi su google.

Son passati 45 (1971-2016) anni dalle prime vacanze all’Isola Rossa, sollecitato dall’amico fraterno Paolo ho scritto già tre o quattro puntate su quell’esperienza. poi, come di consueto, distratto da altri avvenimenti, ho dimenticato di continuare le puntate. Ora riprendo e in primo luogo voglio raccontare della sera in cui con gli amici, dopo aver mangiato almeno cinque grossi poponi sparsi nelle camere della casetta di ziu Dominugu, (oggi parte del ristorante pizzeria di Mario), presa in locazione per tremila lire al giorno, (1971) arrivò uno dei nostri abituali amici, Giuseppe, nipote del medico e mi pare nativo del luogo, ma ben sistemato a Sassari. Eravamo quasi al clou della serata seduti nel gradone e cominciavamo a parlottare un pò alto, arrivò Giuseppe, con due  casse, le aprimmo: Vermentino di Gallura, dieci bottiglie in una e dieci bottiglie nell’altra. Con la pancia ripiena di angurie, la solita greffa formata da Alberto e Gemma, Mariolina e Giuseppe G. , Giuseppe S. con la morosa, Giannino e qualche altra amica della quale quale ricordo i connotati, ma non il nome (la genovese), io e mia moglie con una mia cognata col pargolo dormiente. Ad un certo punto cominciammo a bere con vero gusto il Vermentino, non ci volle molto perché diventassimo alticci e cominciassimo a parlare come se invece dell’una di notte, fosse mezzogiorno.

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Gristolu Cristophe Thibaudeau: un francescano franco-italo-sardo a cura di Ange de Clermont

GrisL’amico e collega d’Università, che ha scelto la Sardegna come vocazione fin dalla sua giovinezza, ma che ha girato il mondo; che è vissuto per anni a Gavoi e ora vive a Siniscola;  che, tra l’altro è un raffinato scrittore e poeta, ma a lui manco questo importa; che  ha rinunciato ai viaggi per assistere la madre anziana e bisognosa di attenzioni; espone qui la sua teoria e pratica francescana.  
Questo testo è tratto dal suo diario di facebook dove sovente compone le sue prose poetiche e i suoi pensieri sparsi che non vuole assolutamente monetizzare, ma regalare gratuitamente a gli amici vicini e lontani.

Temo che sarete molto pochi, troppo pochi, a capirmi. Ma devo dire che nel corso della mia vita non ho mai avuto il gusto di accumulare soldi, di vendere, di affittare (neanche in nero…). Non capisco il gusto di “fare soldi”. Senz’altro sono un incapace. Tanta gente mi considera un essere inutile… non posso negarlo, sono negato per la piccola e grande economia… I soldi non mi hanno mai interessato. Mi piacevano i miei lavori poco retribuiti, ma che mi lasciavano mesi e mesi di tempo libero per errare nelle città, viaggiare, addormentarmi su un libro in biblioteche che parevano cattedrali… Errare nelle chiese, nelle pagode, nelle sinagoghe,nelle  moschee all’ora dell’ apertura quando si passa ancora la scopa e lo straccio… Viaggiare anche da solo nel mondo. Essere e sentirmi libero di mente. Provare a capire il mondo. Fare l’amicizia su tutti i continenti con bellissimi incontri fortuiti. Ammirare la natura sempre. Prendere un treno senza sapere dove sarei andato  a finire (sic!). Nel bene e nel male amo la vita che ho condotta, dove mi portava il vento… Ero libero si, senza moglie, senza figli. I miei  genitori erano ancora validi. Oggi,  mio padre è deceduto tanti anni fa,  e  mia madre ha bisogno di essere aiutata. Ho cambiato la mia vita, mi sono fermato. Per badare a lei la libertà ! Nei  libri, nelle passeggiate sul mare, guardando i gabbiani, i fenicotteri, liberi di volare loro. Confortato dall’amore delle mie cagne, dai gatti che ci vivono attorno… I passerotti e le tortore che vengano a mangiare quasi nella mano e che mi aspettano ogni giorno. I libri si, la poesia, i fumetti, il backgammon quando passa un amico… La cucina ! I cibi che amo sempre preparare, qualche buone bottiglia sarda. No, non ho mai amato “fare soldi”, non so neanche contare bene. Ma sono felice di non amarli, di non contare, di non accumulare… Accumulavo gli oggetti per aiutare la mia memoria storica… Una memoria sempre più labile, ma che funziona ancora davanti a un titolo di libro, un bel libro del palmo della mano che apro tra due messaggi. Facebook come messaggio con un piccolo occhio di Santa Lucia da imbottigliare e gettare in mare ! Scusate se vi ho fatto perdere il vostro tempo… Il tempo è denaro dicono in tanti, Io NO!

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13 Agosto 2016 - Categoria: versi in italiano

Alla Vergine Assunta in Ciel di Ferragosto di Ange de Clermont

imagesGran festa per la Vergine a Ferragosto, a Clermont c’è una discreta partecipazione anche se, per il caldo, non è facile per gli anziani partecipare alla processione della Vergine dormiente.
Questi versi fanno parte della Claramontana Commedia in 10 canti dell’Inferno, pubblicati in questo blog. Li dedico alla Vergine di Efeso (1), dove visse, in una modesta casupola la Vergine Maria per 9 anni, non lontano dalla casa di San Giovanni, al quale Gesù l’aveva affidata prima di morire. Presumibilmente la Vergine, madre di Dio, visse 57 anni, dei quali, dai 3 ai 15  anni nell’educandato del Tempio, dai 15 ai 17 tra Palestina ed Egitto nella forzata emigrazione, dai 17 ai 45 tra Nazareth e la sequela di Gesù. Dopo l’Ascensione al Cielo di Gesù visse a Efeso dove San Giovanni si era ritirato e dove scrisse il Vangelo e l’Apocalisse. La Vergine dopo 9 anni a Efeso si assopì e fu assunta in Cielo in Anima e Corpo. Era nata il 5 agosto secondo le rivelazioni di Maria Valtorta e dei veggenti di Medjugorje. Per il dogma dell’Assunzione la Chiesa, smpre prudente, ha atteso 1950 anni.
L’invito al ringraziamento è di Dante che mi accompagna nell’Inferno.

“Ringrazia sol la Vergine Maria
che mosse i passi per la mia venuta
per ricondurti nella retta via
dopo le sette volte sette e una caduta.” 86

Allor dal core sorse una preghiera
Per la Signora di sol rivestita
Che mai permise che venuto a sera
Non ricevessi tosto la sua aita. 90

-Madre mia dolce dal riso celeste
Che sempre proteggesti questo figlio
Dal dì che giunser le giornate meste
E persi matre e patre in un sol piglio. 94

Tu di me il pianto, cogliesti ogni sera
Degli anni giovanili e degli adulti
Nei tempi amari di grande bufera
Nei giorni che mi diedero gl’insulti. 98

Tu non mi abbandonasti nell’errore
Mi riportasti nel retto sentiero
Ed io sento per te profondo amore
E d’essere tuo figlio i’ son fiero. 102

Mentre il percorso volge della vita
E i miei giorni vengono alla fine
Dammi vigore per questa salita
Addolcisci col riso queste chine. 106

Ai figli e alla donna del mio cuore
Dona luce e vigore nell’andare
Porta presso di lor Nostro Signore
Così che tutti in Ciel li possa amare. 110

Agli amici a tutto il mondo intero
Dona pace e manda via la guerra
Fa che l’umanità da Santo Piero
Possa essere accolta nella serra . 114

Tu Madre, tu Figlia del Creatore
Tu preservata da ogni imperfezione
Donaci fede speranza e amore
E dentro il cuor sincera compunzione.” 118

(1) Alcuni archeologi austriaci, tra il 1898 e il 1899, basandosi sulle visioni della Emmerick tracciarono una mappa topografica, riportando alla luce, a 9 km da Efeso, alcuni resti (mura perimentrali e focolare) di una casa che attribuirono al I secolo d.C. e che identificarono come l’antica abitazione nella quale la Vergine Maria e Giovanni Evangelista avevano vissuto dopo la morte di Gesù.[5] Il sito si chiama oggi Meryem Ana.

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13 Agosto 2016 - Categoria: versos in limba

Su bandidore de Antoninu Maura Ena

220px-AntoninoMuraEnaAntoninu Mura Ena (Bono 1908- Roma 1994)
Custu poete bonesu est istadu preparadu a sos istudios a Lula dae su tiu preideru, a Cagliari est diventadu mastru de iscola, a Roma s’at leadu sa laurea in Pedagogia. At fatu sa segunda gherra mundiale, s’est candidadu a Roma cun su PCI a deputadu, ma l’ant cracadu, pustis at insignadu a s’Universidade de Roma cun sa libera docenza, ma su pius chi contat e chi est intradu in sa RAI, in sa setzione educativa e at giradu mesu mundu, Germania e Ispagna subra totu. Custu liberu est istadu pubblicadu a pustis de sa morte sua ch’est bennida in su 1994 a Roma inue fit cojuadu. Connoschiat bene su grecu, su latinu e ateras limbas modernas e in custu liberu at fatu tradutziones in sardu. In su liberu preparadau dae Nigola Tanda su Sussincu-Romanu, comente lu giamaio deo a s’Universitade de Tatari, de su restu su frade Ausonio Tanda fit iscultore famadu a Roma, s’ateru, Franziscu, fit pittore “famidu” a Tatari e professore de istoria de de Arte a su liceo Azuni. Nigola est bennidu a Tatari, ma est vividu sa pius parte a Roma inue insignaiat italianu in su Liceo Mamiani. Pustis est istadu giamadu a Tatari cando ant abertu su Magistero e sas ateras cosas gia las connoschides “Presidente pro tantos annos de su premiu de Othieri primma de totu”. Como est mortu, reposede in sa lughe de Deu!
Custa poesia chi bos presento est unu bandu de sa fine de sa Gherra Manna e faghet finas pianghere pro sos ultimos versos.

Su Bandidore

Su bandidore chin trumba
Corittu, su poeta bandidore
a sas otto de manzanu
hat ‘ocadu sa trumba armoniosa
e hat ghettatu su bandu
ch’it inita sa gherra gloriosa
e hat cantatu in poesia goi
-Si avvertet sa populassione
chi eri sero est inita sa gherra
in chelu, mare e terra
E in tottue.
Si avvertet sa populassione
chi truppas nostras han picatu a Trento.
e si sun isbarcatas in Trieste.
S’Austriacu a fine e tantu istrughere
zedit sas armas e benit a rughere.
Si avvertet sa populassione
chi currat totu canta a su tedeu
E a sa portessione.
E bos naro chi eris in Zustissa
a s’essida de sa Missa
m’han datu notissa
ch’est mortu Bustianu su ‘izu meu,
Si avvertet sa populassione
chi curren  tottu canta a su tedeu.

Antonino Mura Ena, Recuida, edes, Sassari, ristampa 2014 pp. 334 €.14,00
Introduzione,edizione critica e traduzione a cura di Nicola Tanda p. 279

 

 

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8 Agosto 2016 - Categoria: letteratura sarda

“Babu e fizu a pisca” di Enzo Giordano

enzo_giordanoBainzu; agabende ‘e acontzare sas presas de s’eletricu ‘e sa coghina penseit chi su sapadu pro isse fit bennidu a essere sa die pius fadigosa ‘e sa chida.
Acontza custu, pone a postu cuddu, illinimi sa jotula ‘e s’isportellu ‘e su frigo chi paret una chigula…’, e sighendebila gai fit sa memula ‘e tota die de sa muzere. Donzi sapadu sa coghina, su coro ‘e sa familia e de sa domo, aiat bisonzu ‘e illichidonzos, acontzaduras, tapuladuras e illiniros che-i sos machinarios de una frabica. Ei, su coro ‘e sa domo e de sa familia est sa frabica ‘e sos cussumos a paris cun sos verbos preigados dae su mundu ‘e sa TV.
A nde la truncare si che faleit a camasinu cun s’intentu ‘e s’approntare sa robba pro andaresiche a pisca s’incras dae chito. Cando fit seberende lenzas, cociarinos de lata e muscas fintas, intreit su fizu Andria:
– Ciau ba’! Bido ch’istas bene e chi ti ses approntende a sa pisca, Si non ti dispiaghet, ca forsis cheres restare a sa sola, dia ‘ennere deo puru.

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7 Agosto 2016 - Categoria: memoria e storia, recensioni

“Perfugas e la sua comunità” presentazione di Angelo Ammirati

Mauro Maxia, Perfugas e la sua comunità. Profilo onomastico storico descrittivo, 2, Tafros, Olbia 2016 pp. 446, €. 20

 imagesSarebbe stato più prestigioso se a presentare l’opera fosse stato uno storico di fama nazionale che evidenziasse tutti i meriti che l’opera presenta. Voi cittadini di Perfugas siete fortunati. Dovreste essere orgogliosi di avere un concittadino come il Prof Maxia, che ha saputo proporre la ricetta per combattere l’Alzaimer, malattia che fa perdere la memoria e la personalità. Con le sue opere, ed in particolare con questo secondo volume, Prof. Maxia è riuscito a far rivivere i ricordi più ancestrali della Comunità di Perfugas e renderli conoscibili da tutti. Ha donato nuova vita a storie di singoli individui, di povera gente, ma anche di preti, canonici, nobili più o meno onesti. Storie riportate nei tanti documenti consultati.
mauro-2La funzione del documento è proprio quella di tramandare la memoria di un fatto, di un avvenimento, ai posteri, a futura memoria per coloro che non erano presenti all’accadimento del fatto, prima che il fatto stesso si perda nella notte buia del tempo. Senza memoria non c’é Comunità. Essa si fonda su valori ed esperienze condivise, che hanno segnato la vita e la storia della Comunità nello scorrere dei secoli. In sardo si usa  un’espressione molto bella per esprimere questo concetto il: SU CONNOTTU. Esso rappresenta il conosciuto, i valori, condivisi da tutti i membri della stessa comunità. Se ne accettano le regole che sono alla base dei rapporti sociali e si rispettano. E guai a colui che osa infrangere tali regole. E’ come se facesse un affronto a tutta la comunità e quindi merita l’ostracismo, essere allontanato dalla società. Già nel titolo dell’opera si scorge l’amore che l’autore ha per la sua terra e la sua Comunità. Il territorio e la gente che su esso vive, formano una comunità. La Comunità è una colla che unisce gli abitanti di uno stesso territorio. La Comunità è una mini patria che identifica un popolo. Il territorio e la sua popolazione vivono in simbiosi, il territorio viene modellato in base alle caratteristiche ed ai valori della gente che lo frequenta e lo abita. Anche il territorio è un bene culturale che va rispettato perché conserva le tracce dell’agire dell’uomo. Il merito di Prof. Maxia è stato quello di aver fatto rivivere, riportando alla luce, storie e fatti che hanno caratterizzato l’antropizzazione del territorio, attribuendo ad esso macro e mini toponimi nel corso dei secoli, alcuni dei quali scomparsi da tempo anche dalla memoria dei più anziani del paese, altri invece hanno resistito sino ai giorni nostri con immancabili trasformazioni, che il Prof. Maxia ha saputo ricondurre alle origine.

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6 Agosto 2016 - Categoria: cahiers de doléances

Nella notte urlano le sirene: si dovevano cacciare i piccioni di Mauro Tedde

images-1E all’improvviso, un incessante fragore di sirene da ogni dove, squarciò la notte. Nessuno era stato informato, ma chissà chi aveva deciso di fare una ‘sirenata ai piccioni”. Qualche sera fa a Chiaramonti si è verificato un curioso episodio che ha destato molta curiosità (ma anche qualche iniziale preoccupazione). Di questa ‘impresa” parla un narratore, il prof. Angelino Tedde, che vi ha assistito di persona.

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