18 Novembre 2013 - Categoria: cultura

R. BRIZZI, G. GOODLIFFE (a cura di) La Francia di Hollande

 

Collana “Ricerche e studi dell’Istituto Carlo Cattaneo”

pp. 240, € 22,00
978-88-15-24740-7
anno di pubblicazione 2013

in libreria dal 24/10/2013

Copertina 24740


Trent’anni dopo Mitterrand, nel 2012 la sinistra francese si è riappropriata di Place de la Bastille per festeggiare la vittoria di François Hollande, secondo presidente socialista nella storia della Quinta Repubblica. Poche settimane dopo i socialisti hanno conquistato anche la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale. La promessa di voltare pagina rispetto alla turbolenta e divisiva presidenza Sarkozy ha suscitato grandi speranze, in Francia e in Europa. Ma, archiviata la «luna di miele», Hollande affronta oggi un vertiginoso calo di popolarità: un’opinione pubblica scettica e smarrita si chiede se il presidente e il governo siano effettivamente in grado di guidare il paese nell’attuale contesto di crisi europea e internazionale.

Riccardo Brizzi insegna Storia contemporanea nell’Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo «Storia politica della Francia repubblicana, 1870-2010» (con M. Marchi, Le Monnier, 2011) e «L’uomo dello schermo. De Gaulle e i media» (Il Mulino, 2010). Gabriel Goodliffe insegna Relazioni internazionali nell’Instituto tecnológico autónomo de México. È autore di «The Resurgence of the Radical Right in France» (Cambridge University Press, 2012).

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15 Novembre 2013 - Categoria: lingua/limba, narrativa

“L’ultimu carrulanti” di Maria Teresa Inzaina

 

Maria Teresa Inzaina

Maria Teresa Inzaina

Da un bona mez’ora, Tummeantoni era felmu cu lu carrulu illa jaca, inchiettu e spazinziatu.

Pà no paldì tempu, aìa ghjà attaccatu l’aratu a lu ghjuali; litranghi cultu comm’era e cu l’impigni di trabaddhu presi pà la ciurrata, era ghjà divintendi nervosu e parìa chi ancora li boi s’erani muschendi, felmi in chissu strintogghju addananzi a l’intrata di la ‘igna d’Austinu chi, però, ancora no si ‘idìa. Era passatu, scatriendi farraglia e trinichendi l’aria, lu trenu di Palau; erani passati Franciscu e Pitrinu, c’aìani la ‘igna chì accultu, ma Austinu no arriàa. A iscutti, buddhicinendi e sbuffulendi, si spustàa a undi si idìa l’ultimu ghjettu di la falata, abbaitendi siddhu spuntàa ma nuddha….E chi diaulu l’era suzzessu proppiu chissa dì?

Ghjà l’erani alzendi a bucca iri e ghjastimmi, di chissi pisuti chi dicia iddhu e l’isciani naturali comme l’alenu, candu lu patronu di la ‘igna, a mala’ia, era arriendi cilchendi d’alligrà lu passu, ma si ‘idìa chi, maccari illa fua di la falatogghja, no aìa tantu briu.

“ Aiò, ! Ti ‘oi dà una muìta! E’ da calche fria chi t’aspettu…Mancu mali chi disti sta chicci da la primma fatta di luci…Chi molti mala t’ha presu proppiu stamani? Agghju un’alta ‘igna di laurà, da chi compru unde te, e mi ‘oddhu sbrigà in ciurrata.  Ancora tu sei divintendi signoru chi tinni pesi attaldu?”

Austinu si sintia in culpa, forsi aìa paldutu tempu ciavanendi cun Maltinu, c’aìa intuppatu illu Caponi e, in caminu, s’era un pocu incantatu infattu a calche pinsamentu, allintendi lu passu dugna tantu, chi lu fiatu no era più chissu d’una ‘olta. Però aìa rasgjoni Tummeantoni: era in ritaldu e si dìa scusà.

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13 Novembre 2013 - Categoria: eventi culturali

La esposa prohibida ” Casate y soy sumisa” di Costanza Miriano

  per Il Foglio

UnknownLunedì mattina presto vengo svegliata da una telefonata. Appesa al nespolo del giardino – in casa mia non c’è campo – cerco di elaborare pensieri compiuti. Una giornalista molto agitata mi chiede in spagnolo di spiegarle cosa sia la sottomissione, possibilmente in meno di due minuti. Mentre cerco di capire chi sono (sono quella che ha scritto Sposati e sii sottomessa, ma soprattutto sono una in sottoveste appesa a un albero), provo a fare una recensione del mio libro in centoventi secondi. So che è uscito in Spagna, ma non ho altre notizie in merito. Dopo quella, un’altra telefonata, e un’altra e un’altra. Una decina tra tv, radio, agenzie, siti.

Pur essendo l’alba (per me tutto il tempo che precede il mezzogiorno) comincio a capire che in Spagna sta succedendo qualcosa. Nessuno dei colleghi ha letto il libro, ammettono (sono anche io una giornalista e parlare di cose che non so, o so poco, è il mio mestiere). Mi sgolo a cercare di spiegare che la sottomissione, la parola è di San Paolo, non c’entra niente con la violenza, che quella è roba per magistrati, psichiatri. Cerco di spiegare che l’uomo e la donna sono due povertà che si incontrano, e che non serve gridare i propri diritti, ma solo accogliersi reciprocamente. Dico, con Rilke, che siamo due fragili e limitate capacità di amare ma con un infinito bisogno di amore che rimanda in fondo al desiderio di Dio, il vero sposo (curiosamente a questo punto i colleghi appaiono disinteressati, forse dormono, non c’è il sangue). Dico che il problema della donna è il desiderio del controllo, quello dell’uomo l’egoismo, e che essere sottomesse significa smettere di controllare e permettere agli altri di essere, senza volerli formattare (a questo punto è caduta la linea, sempre).

Poco dopo pattino sul Lungotevere sul guano lasciato dagli stormi cercando di non cadere mentre ascolto domande in una lingua che non maneggio, e rispondo in inglese o italiano. Tutto quello che so di spagnolo sono le parole delle canzoni di Violetta. Aggiungo qualche s alla fine delle parole e finalmente, alla dodicesima giornalista che chiama, chiedo di spiegarmi la ragione di tanto interesse nei miei confronti. “Il problema non è il libro che hai scritto” – ammette  – “Il problema è che la casa editrice che lo ha tradotto è dell’Arcivescovado di Granada, del vescovo che ha detto che si possono violentare le donne che hanno abortito”. Rimango interdetta. Ho conosciuto il traduttore del libro, l’ottimo padre Mariano Catarecha , e tendo ad escludere che il “mio” editore abbia detto questo (infatti parlava della enorme violenza sul corpo della donna che è l’aborto, e il lasciare la donna sola a portarne le conseguenze).

Sul finire della turbolenta giornata, mentre combatto a mani nude la vera battaglia, il cambio di stagione dei figli, butto un occhio sull’iPad, nella speranza che una mail urgentissima mi costringa ad abbandonare l’odiato lavoro, magari, che so, per andare a ritirare un Nobel  o anche le analisi del sangue, al limite.

Qualcosa che mi distrae, effettivamente, c’è, ma non un Nobel al momento. Apprendo che in Parlamento il PP, il PSOE e la Izquierda Unida chiedono che il mio libro venga ritirato dalla vendita, e la Izquierda sta raccogliendo firme per fare la stessa richiesta anche alla Fiscalia, che, secondo il traduttore di Google, è la Procura. Forse era meglio il cambio di stagione. Comunque, pare che la mia frase “l’uomo deve incarnare la guida, la regola, l’autorevolezza. La donna deve uscire dalla logica dell’emancipazione e abbracciare con gioia il ruolo dell’accoglienza e del servizio” sia stata intesa come istigazione alla violenza sulle donne. Quindi il problema non è solo l’arcivescovo, ma alla fine la dittatura dell’ideologia di genere, che siccome è falsa va imposta con la forza. A ben vedere, gratta gratta, siamo sempre lì: l’uomo contemporaneo, sa lui cosa è bene o male,  e rifiuta che un Padre glielo insegni. Per questo tutto ciò che rimanda all’ascolto di un’altra voce che non sia quella che viene da dentro – questo è la fede – va cacciato, con qualsiasi mezzo.

Il mio sarebbe il primo libro censurato in Spagna dopo la fine del regime di Franco. Mi dispiacerebbe perché parla a donne indurite e uomini egoisti, si potrebbe provare a dargli un’occhiata. La maggior parte della gente si è fatta un sacco di risate (in molte librerie sta nel settore umorismo). Oppure si può sempre non comprarlo.

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9 Novembre 2013 - Categoria: versi in italiano

“Via Redipuglia” di Maria Teresa Inzaina

Olbia:via Redipuglia

Olbia:via Redipuglia

Mattino di splendido tepore
Via Redipuglia
mattino di splendido tepore:
Buon giorno professore
da tempo non la vedo, come sta?-
-Non  bene ultimamente
ma ora mi riprendo
anche se lentamente..
Piuttosto lei.. la vedo con piacere.
In giro al sole?  Le sue poesie.. –
E gentili parole..calde come quel sole.
Non l’ho rivisto più da allora.
Ma ieri che passavo qualche ora
bighellonando a caso tra i pensieri
un flash l’ha riportato d’improvviso
nitido alla mia mente
quasi un presagio un avviso
se credi che nulla accada casualmente.
E oggi lo ritrovo tra le righe più nere
del quotidiano  solito
dove  scorrono  inverni e primavere
sorrisi  affiorano  smarriti
fototessere scatti rubati
il riserbo di una vita violato
un ritaglio di festa per l’addio ritrovato.
-Io la ricorderò ora ch’è andato via
che passeggiava sul lungomare al sole
in quel tiepido giorno  d’ottobre.
E sentirò quando sinuose alle brezze
oscillano le palme e ai maceri pontili
guizza la luce tra le vecchie barche
sostano  assorti  immobili  gabbiani
quel sommesso  brusìo  di passo quieto
come di  vela   che improvvisa si tende
sospinta a largo dalla malinconia
verso la rotta che non ha ritorno.
Ma ti lascia a conforto una poesia.

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8 Novembre 2013 - Categoria: discipline scientifiche

“I veleni di Furtei (Ca)” di Paolo Amat di San Filippo

I veleni di Furtei

Panorama di Furtei (CA)

Panorama di Furtei (CA)

In questi giorni sia sulla Stampa di Torino, che sull’Unione Sarda di Cagliari sono apparsi alcuni articoli dal tono terroristico-ambientale sui fanghi e i reflui della ex Sardinian Gold di Furtei.

Tutti ricordiamo la foto di un lingotto “d’Oro”, in realtà di “Elektron” (una lega Cu/Ag), esibito, come si fa a Napoli con l’ampolla del sangue di San Gennaro, da due alti “papaveri” della politica regionale.

Il prezzo internazionale dell’oro è controllato da potentissime holding che non appena abbiano notizia che in un qualche sito della terra c’è la possibilità di poter estrarre dell’oro, si precipitano con ogni mezzo, lecito od illecito per controllarne l’estrazione, e tenerne così alto il prezzo a loro piacimento.

In Sardegna, valenti ricercatori dell’Università ne avevano individuato la presenza in alcune rocce dell’Isola, sotto forma di arseniuri, seleniuri ed altri sali complessi.

I tenori erano bassi, ma davanti all’idea che la Sardegna fosse un nuovo Eldorado, non si andò molto per il sottile quando una, prima poco nota, impresa internazionale chiese alla Regione Sarda la concessione per la ricerca e l’estrazione del prezioso metallo.

Nella frenesia del momento non furono fatte approfondite indagini sulla solidità della Compagnia, e la Regione finanziò, con una sua partecipata, l’intrapresa.

La lavorazione ebbe inizio; nel territorio di Furtei furono sbancati milioni e milioni di metri cubi di roccia ricavando, da 2-3 tonnellate di roccia, pochi grammi d’oro, argento, e rame.

Il primo onere fu l’enorme consumo di energia per cavare e macinare il materiale di cava, il secondo e più pesante fu il trattamento di cianurazione ed il recupero del metallo prezioso.

L’oro , è noto che, a meno che non sia presente allo stato puro in pepite o in pagliuzze, se è presente in forma complessa, può venir estratto per amalgamazione con mercurio, oppure per cianurazione. Ovviamente il processo di amalgamazione, oltre che molto costoso per il prezzo del mercurio, è sconsigliato per il possibile idrargirismo degli addetti e per i danni ambientali.

Meno costoso è il processo di cianurazione, infatti l’oro viene complessato dal cianuro formando dei cianoaurati, solubili, dai quali è molto più semplice ricavare il metallo giallo.

Come è noto i sali più noti dell’Acido Cianidrico (HCN) sono il Cianuro Sodico NaCN e quello Potassico KCN; meno noti sono i sali complessi con svariati metalli, fra i quali sono più noti il Ferrocianuro“K4 [ Fe (CN)6 ]3 . 3H2O”, ed il Ferricianuro potassici “K3[Fe(CN)6] .

Il Cianuro è ampiamente utilizzato nella doratura o nell’argentatura galvanica di manufatti di ottone, per elevarne il pregio.

L’Acido Cianidrico è il famoso Ziklon B (Acido Cianidrico liquefatto per compressione, adsorbito su supporto inerte quale Kieselgur o Farina fossile). Questo composto era stato brevettato per la disinfestazione di manufatti di legno o tessuti d’importazione da paesi del lontano oriente trasportati via mare. Vista l’efficacia, i tedeschi lo utilizzarono nei loro vari lager, per assassinare milioni di Ebrei per realizzare la “End Lösung, Soluzione finale”.

Negli Stati Uniti, dove era in funzione la “Camera a Gas” al condannato a morte veniva fatto inalare dell’Acido Cianidrico, ottenuto facendo cadere delle pastiglie di KCN in una vaschetta d’Acido Solforico posta sotto la sedia alla quale era legato il condannato.

L’HCN è un gas incolore con un leggero odore di mandorle amare, è un acido molto debole, che viene liberato dai suoi sali persino dall’acido carbonico che è considerato un acido debolissimo,  componente fondamentale delle bevande gassate quali il  Seltz, le gazzose, le aranciate e simili.

Al limite, alitando su una soluzione acquosa di Cianuro (Sodico o Potassico che sia) si può correre il rischio di venire uccisi dai vapori di Acido Cianidrico che si svolgono per reazione con l’anidride carbonica del nostro alito.

A fronte di un enorme scoop giornalistico che portò fama momentanea ai politici che sostennero l’intrapresa, di un po’ di stipendi ai dirigenti, impiegati e maestranze della Sardinian Gold, dopo il fallimento dell’intrapresa, rimase il territorio sconvolto sia dagli scavi che dall’enorme quantità degli sterili prodotti, dei quali non era stato realizzato il ripascimento e la successiva copertura vegetale che pur erano stati imposta ed accettati in fase della stipula del contratto di concessione.

Altro problema insoluto, ma questo è comune a tutte le attività minero-metallurgiche realizzate nel corso del tempo in vari luoghi dell’Isola, è quello dei fanghi di cianurazione, stoccati in lagoni.

Di questi viene parlato negli articoli apparsi sulla stampa nazionale in termini apocalittici.

Facciamo alcune considerazioni sulla possibile loro composizione chimica.

Ioni ferro, sia allo stato bivalente “ferrosi” che trivalente “ferrici”, in presenza presenza di ioni cianuro formano i corrispondenti complessi stabili di colore blu intenso: Ferrocianuro ferrico “Fe4[Fe(CN)6], impiegato come pigmento, denominato Blu di Turnbull o anche Blu di Parigi, e Ferricianuro ferroso KFe[Fe(CN)6] anch’esso usato come pigmento blu, denominato Blu di Berlino o anche Blu di Prussia.

Il Ferricianuro ferroso è usato in farmacia come antidoto in caso di avvelenamento da Tallio e da Cesio radioattivo: Dopo la sua somministrazione, non viene assorbito dall’organismo eviene totalmente eliminato con le feci. La sua forma farmaceutica è una confezione contenente 30 capsule rigide. La sua posologia  per adulti è di 250 milligrammi/giorno per chilo del paziente, in 4 dosi.La somministrazione orale deve essere continuata fino a totale scomparsa, del Tallio, nelle feci e nelle urine. Non si conoscono controindicazioni. Viene usato anche come chelante nel trattamento degli avvelenamenti da metalli pesanti. La sua non tossicità è dovuta al forte legame tra gli ioni cianuro e gli ioni sia ferrosi che ferrici. I ferro e i ferricianuri sono, infatti, o molto stabili; vengono decomposti, liberando HCN gassoso, solo in presenza di acidi forti (HCl e H2SO4) concentrati.

Nei fanghi di Furtei la colorazione blu denunziata su “La Stampa” da Nicola Pinna nel numero di Lunedì 4 Novembre, alla pagina 6 con il suo articolo dal titolo: “Contaminato dal cianuro il lago che nascondeva l’oro” come: “…il mostro è tutto blu e fa molta paura…”è dovuta alla presenza appunto del Ferrocianuro ferrico e del Ferricianuro ferroso, composti del tutto innocui.

La colorazione rossa evidente in alcuni punti dei lagoni, dal canto suo è dovuta alla degradazione, della pirite (FeS2) proveniente dalle rocce di partenza e contenuta nel fango, sotto l’azione degli agenti atmosferici, degradazione ossidativa che trasforma la Pirite in solfato ferrico Fe2(SO4)3, il quale, a sua volta si idrolizza a Fe(OH)3 e H2SO4. L’idrossido ferrico si disidrata a Ematite Fe2O3 formando del fango rosso (vedansi: a Iglesias la discarica dei fanghi della deferrizzazione delle soluzioni di solfato di zinco da sottoporre all’elettrolisi: a Funtana raminosa le Piriti derivanti dalla flottazione selettiva dei minerali solfurati di quella miniera

La Pirite ormai è un materiale senza più valore, per cui in molte miniere viene abbancata a discarica. E ciò da quando l’Acido Solforico viene preparato direttamente dallo Zolfo, in particolare se proveniente dalla Saras di Sarroch dove risulta un capomorto della desolforazione idrogenante dei prodotti petroliferi.

L’ignoranza associata alla malafede può trarre in inganno molti e creare terrorismo ecologico, che spesso è il tema preferito di sedicenti ecologi.

Se la presenza dei temuti “Cianuri” è così pericolosa, basterebbe ossidarli a “Cianati” con un semplice trattamento con Ipoclorito sodico (la comunissima Varechina), e una volta essiccati i fanghi per esposizione ai raggi solari, aspettare cento o duecento anni fino a quando la Scienza e la Tecnologia non abbiano trovato metodi e tecniche più economiche per recuperarne i metalli contenuti.

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6 Novembre 2013 - Categoria: memoria e storia

“Petru Giovacchini e il sogno sfumato” di Mauro Maxia

Mauro Maxia

Mauro Maxia

Ringrazio Paolo Brizzi per avermi fatto avere il documento, Antonio Maria Murgia da Pinerolo per aver trascritto su file il dattiloscritto e Mauro Mauro Maxia per averlo contestualizzato. (A.T.)

L’amico Angelino Tedde mi chiede un’opinione riguardo al dattiloscritto inedito intitolato “Usi e costumi di Corsica” e avente per sottotitolo “La festa nuziale”. Lo accontento volentieri anche perché l’oggetto del dattiloscritto riguarda una particolare tradizione attestata fino al secolo scorso in Corsica, isola della quale mi interesso da molti anni in relazione alle sue varietà linguistiche.

Lo scritto in questione costituisce una assai breve descrizione di alcune tradizioni relative agli usi nuziali presso le comunità dei villaggi corsi, probabilmente della stessa zona di cui il relativo autore era originario.

Il dattiloscritto occupa poco più di una pagina e mezzo ed è firmato da Petru Giovacchini, che tra parentesi si autodefinisce “corso” e, ancora tra parentesi, riporta la dicitura “IV° Grp.Art. 149/12”. Conviene partire proprio da questa enigmatica sigla per andare a inquadrare la persona cui si deve il breve scritto. Egli, di fatto, dice che fa parte del IV Gruppo di Artiglieria dell’esercito italiano durante il ventennio fascista e che tale gruppo aveva in dotazione gli obici da 149/12. Dunque, al momento in cui scrisse le sue scarne note sugli usi nuziali corsi, Giovacchini doveva essere inquadrato militarmente in uno specifico gruppo del corpo di artiglieria.

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6 Novembre 2013 - Categoria: versi in italiano

“D’ombra e di silenzio” di Maria Teresa Inzaina

InzainaIn questo giorno….dei ricordi, parafrasando Ungaretti:
” Ma nel mio cuore nessuno di voi manca”
E questa invece è mia, per i miei genitori !
“D’ombra e di silenzio..”
…..Ma a voi
torneranno ancora
i miei passi.
Mi aspetterete
col sorriso appena schiuso
che più nessun dolore
farà impallidire.
Verrò a cercare conforto
e con l’anima tesa
a trapassare la pietra
che vi cela
nel mistero della vita
oltre il tempo
vi dirò
parole senza voce
sperando che l’amore
possa guidarle
al vostro letto
d’ombra e di silenzio.
1

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1 Novembre 2013 - Categoria: memoria e storia

I monelli di via Garibaldi (1940-47) a Chiaramonti di Angelino Tedde

Via Garibaldi

Via Garibaldi

Eravamo un gruppo di nove ragazzini, in Chiaramonti, nel rione de Sa Niera: nei pochi metri quadrati di via Garibaldi 17, il più grandicello era Giuanninu mentre Angelinu, Ico, Faricu quasi coetanei; le ragazze: Margherita, Giannedda, Giuannina, Toiedda e Matteuccia, queste, mie sorelle. Si giocava insieme dalla mattina alla sera, scorrazzando tra la casa Grixoni e quella meno agevole dei fratelli Pisanu: Placida, Ottavio, Giulio, Toeddu. Corsa, bagliaroculos, imbrestia (gioco al sasso piatto) monteluna e le ragazze, a brucio, saltellando ad una gamba dentro i quadrati disegnati con la carbonella.

Spesso si sconfinava nella stradina a larghe scaline che portava in via Cavour, quasi dentro la casa di zia Lucia Tedde e più in là di zia Ziziglia, la più insopportabile insieme a zia Mariantonia, che vigilava da un piano sopraelevato, all’angolo, del vicoletto, che portava alla strada più alta de sa Niera. Non potevamo che stare insieme dal momento che Giuanninu, Ico, Margherita e Giuannedda erano figli di zio Peppeddu Biddau e di zia Leonarda Porcheddu che abitavano il piano sopraelevato al nostro di proprietà di zia Filomena Tedde, emigrata a Perfugas con zio Bachisio Ortu.

Sotto, in quella che era stata la casa prima di mio bisnonno Antonio e poi di mio nonno Matteo, stavamo noi, figli di Angelinu Tedde, senior, e di Serafina Linda Piras.

Nostri dirimpettai erano Giuannina e Faricu, figli di zia Marietta Succu e di zio Giuanne Tolis.

Casa Tedde

Casa Tedde

Quanto era silenzioso mio padre, altrettanto era chiassosa mia madre, di padre nulvese e di madre chiaramontese, educata per sei anni a Luras da cui aveva preso l’abitudine alla cordialità gallurese, spesso fraintesa dalle donne educate in Chiaramonti. Più chiusa zia Marietta e giovialissimo zio Giuanne. Scandaloso, sbracato zio Peppeddu che, suonando la fisarmonica, aspettava il sole dell’avvenire, mentre zia Leonarda Porcheddu sgobbava come una mula dalla mattina alla sera.

Zia Lucia Tedde era affettuosa anche se molestavamo la sorella Domenica alla quale il Signore non aveva voluto dare un minimo di comprendonio insieme al vicino di casa Giuseppe. Da monelli abusavamo della loro loquela confusa e del loro stravagante gesticolare ed agire. Condotta da riprovare severamente anche nei piccoli quando si comportano in modo disumano verso coloro che la natura ha voluto colpire così crudelmente.

La stalla si è fermata al '47

La stalla si è fermata al ’47

Terribile per tutti la ploaghese zia Mariantonia, che penso passasse la giornata osservandoci, per sgridarci appena possibile, imprecando contro le nostre mamme. Sconfinando giù oltre gli scalini, in via Cavour, a destra, incontravamo talvolta assorto zio Giuannandria Tedde-Corda e zio Peppe Tedde-Birraldu, marito di zia Ziziglia, identica a zia Mariantonia alle porte della piazza del retrocaserma dove zio Federico Ruju, proprietario di una macelleria, al massimo ci esortava a fare silenzio e a tornare nella nostra strada in via Garibaldi 17. Nelle serate estive però non potevamo obbedirgli tanta era la passione per catturare i pipistrelli con le canne ricoperte in cima da stracci bianchi. Noi monelli non usavano pietà per questi bistrattati volatili. Altra riprovevole cattiveria.

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