12 Maggio 2014 - Categoria: versos in limba

Qoélet boltadu dae s’Italianu in Sardu dae Maria Sale capp. 4 e 5

Maria Sale cuitat lezera e galana a boltare dae s’italianu a su sardu logudoresu custu liberu de sa Bibbia de 12 cabitulos. A leggere Qoélet in limba sarda est de aberu unu grande gosu e tzertos cuntzetos parent naschidos in sardu:Sos bisos benint da-e sos pensamentos, /e-i su discussu ‘e tontu da-e sa  ciarra.” Bellu puru custu chi paret unu diciuMezus piseddu poveru ma abistu, /che une re chi siat betzu e macu”. Maria Sale poi connoschet meda sa limba e guasi guasi bi leat gustu a bi giogare.(A.d.s.N.)

Qoèlet – Capitolo 4  pastedGraphic.pdf

La società

Maria Sale

Maria Sale

[1]Ho poi considerato tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole. Ecco il pianto degli oppressi che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori sta la violenza, mentre per essi non c’è chi li consoli. [2]Allora ho proclamato più felici i morti, ormai trapassati, dei viventi che sono ancora in vita; [3]ma ancor più felice degli uni e degli altri chi ancora non è e non ha visto le azioni malvage che si commettono sotto il sole.

[4]Ho osservato anche che ogni fatica e tutta l’abilità messe in un lavoro non sono che invidia dell’uno con l’altro. Anche questo è vanità e un inseguire il vento.

[5]Lo stolto incrocia le braccia
e divora la sua carne.
[6]Meglio una manciata con riposo
che due manciate con fatica.

[7]Inoltre ho considerato un’altra vanità sotto il sole: [8]uno è solo, senza eredi, non ha un figlio, non un fratello. Eppure non smette mai di faticare, né il suo occhio è sazio di ricchezza: «Per chi mi affatico e mi privo dei beni?». Anche questo è vanità e un cattivo affannarsi.

[9]Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. [10]Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. [11]Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? [12]Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto.

[13]Meglio un ragazzo povero ma accorto,
che un re vecchio e stolto
che non sa ascoltare i consigli.

[14]Il ragazzo infatti può uscir di prigione ed esser proclamato re, anche se, mentre quegli regnava, è nato povero. [15]Ho visto tutti i viventi che si muovono sotto il sole, stare con quel ragazzo, il secondo, cioè l’usurpatore.[16]Era una folla immensa quella di cui egli era alla testa. Ma coloro che verranno dopo non avranno da rallegrarsi di lui. Anche questo è vanità e un inseguire il vento.

[17]Bada ai tuoi passi, quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinarsi per ascoltare vale più del sacrificio offerto dagli stolti che non comprendono neppure di far male.

Qoèlet – Capitolo 5  pastedGraphic_1.pdf

[1]Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò le tue parole siano parche, poichè

[2]Dalle molte preoccupazioni vengono i sogni
e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto.

[3]Quando hai fatto un voto a Dio, non indugiare a soddisfarlo, perché egli non ama gli stolti: adempi quello che hai promesso. [4]E’ meglio non far voti, che farli e poi non mantenerli. [5]Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e non dire davanti al messaggero che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga il lavoro delle tue mani. [6]Poiché dai molti sogni provengono molte delusioni e molte parole. Abbi dunque il timor di Dio.

[7]Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un’autorità veglia un’altra superiore e sopra di loro un’altra ancora più alta: [8]l’interesse del paese in ogni cosa è un re che si occupa dei campi.

Qoélet cabidulu 4

Sa sotziedade

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9 Maggio 2014 - Categoria: cristianesimo, eventi straordinari, memoria e storia

“Nostra Sennora de su Regnu” di Ardara, rievocazione poetica di Stefano Tedde

ArdaraI fiori lilla dei siliquastri ai lati del viale si confondono con i colori sgargianti delle bandiere in processione, addossate forse le une alle altre, mentre procedono quasi zoppicando al suono di trombe e grancassa. È la banda musicale, che –da quando sono nato- vedo ogni anno dare solennità alla festa della Vergine. E i suoni secchi e martellanti delle mannaie dei venditori di torrone sembrano quasi dare il tempo cadenzato ai festeggiamenti. Oh, festa di maggio, quanto ti aspettavano gli ardaresi, quando, tutti contadini, cavalcavano nell’Ottocento puddedros e caddos e scendevano nelle corse e nei palii lungo la strada che passava davanti alla basilica. Già chi sezis esalta subra ogni gerarchia…

Assistidenos Maria de su Regnu Intitulada!
E i bambini, tra i più poveri, andavano in giro per gli antichi sentieri rurali e raggiungevano i grandi caseggiati dei prinzipales per chiedere latte e yogurt “pro Nostra Sennora”. Dai racconti che mi fecero emergono le figure di “carriolanti” e pellegrini che trascorrevano i tre giorni della festa a Coroneddis, appena oltre l’abitato, e giunti da tanti paesi (vicini e lontani), onoravano con la loro fede semplice e profonda la Madonna di Ardara.
Custa idda trionfante siat de sos inimigos…
Suspendide sos castigos chi at meritadu bastante!
10247277_714006928645016_2144820009111182348_nCome ti aspettavano gli storpi e gli accattoni, assisi sul sagrato, pronti ad allungare la mano a chiedere un soldo in cambio di qualche santo stampato o di una candela. Come ti aspettavo io da bambino, quando i primi ambulanti montavano le tende dei giocattoli o gli hombres del comitato tendevano tra una casa e l’altra i fili delle bandierine di carta, fazzoletti di ogni colore pronti a dare allegria al primo graffiare del vento. E il profumo delle noccioline americane, del torrone, dei mostaccioli rinsecchiti, della vernice fresca data ad ogni casa prima di quei fatidici tre giorni; pèperu, festa manna e festighedda. Le giostre poi, chi le potrà mai dimenticare? L’emozione di alzarsi in volo, la musica assordante, la frenesia infantile, le luci che baluginavano nello splendore della campagna sarda, verde e in fiore come una sposa pronta per le nozze. Poi si ritornava alla quotidianità, alla scuola, alle poesie ancora da mandare giù a memoria (nessuno osava studiare in quei tre giorni), e nelle strade, cariche di rifiuti, rimanevano solo quelle mitiche figure di “imbreagones”, avvinazzati cronici, infelici come prima che cominciasse la festa, o forse morti per la troppa felicità delle bevute. E ancora per poco il verde avrebbe accompagnato i giorni, pronto al viraggio cromatico che preannuncia l’estate…
Assistidenos Maria de su Regnu intitulada!

Stefano A. Tedde.

(nella foto b/n: La festa di Ardara nel 1951. “Sa bessida de sa missa bida dae

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5 Maggio 2014 - Categoria: versi in gallurese, versi in italiano

“Più d’uno scroscio d’acqua a Primavera” “Più d’una fatta d’ea in primmaera” di Maria Teresa Inzaina

A mio figlio

Maria Teresa Inzaina

Maria Teresa Inzaina

Nulla
dura alla tua età
più d’uno scroscio d’acqua
a primavera.
Ti portano
passi leggeri senz’affanno
e sul viso ti ride
l’allegria schietta e accesa
di melagrana rossa
quando s’apre.
Cammina sempre così:
non ti spaventi il tuono
che scoppia all’improvviso
e ne trema la terra.
E il lampo
è uno squarcio nel cielo
che la luce ti svela
dell’infinito solo appena più in là.
Cerca
ricchezze
che i ladri non possano rubarti.
Cerca
una mano
da stringere lungo il cammino
un seno
per cuscino ai tuoi sogni
e un canto
che ti abbassi le ciglia
quando stanco ti fermi.
Cerca…..
E se non troverai
quello che adesso
ti fa brillare gli occhi
non rattristarti:
anche nei sogni andati in pezzi
sopra i muri svelati dal giorno
nelle ferite che bruciano
nell’anima che duole
avrai trovato
fino all’ultimo istante
la vita.

In Gallurese

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1 Maggio 2014 - Categoria: eventi straordinari

Ricordando Jacques Le Goff : la sua lettura delle università europee

Jacques Le Goff

Jacques Le Goff

Nel trigesimo della scomparsa di Jacques le Goff (2 maggio 2014), grazie a Gian Paolo Brizzi, pubblichiamo questa introduzione di Le Goff alla grande opera della Storia delle Università europee a cura di Gian Paolo Brizzi e di Jacques Verger, per ricordare ai visitatori di Accademia Sarda le idee del grande storico sull’Europa e sulle università europee.

Ringraziamo prof. Brizzi per l’opportunità che ci ha dato.

I capoversi sono della nostra redazione per rendere più agevole la lettura del contributo del grande storico francese.

Nascita dell’Europa

L'EuropaL’Europa che si sta costruendo cerca le sue radici nel passato e spesso torna al Medioevo. Qualunque sia l’importanza della sua eredità storica è infatti nel Medioevo che l’Europa è nata economicamente, politicamente e culturalmente. Nel Medioevo sono apparse le istituzioni, le figure e i sistemi di valori che ancora oggi sono le basi della società europea. Conoscere meglio queste radici è un imperativo per gli europei di oggi e di domani ed è tanto più vero nel campo del sapere e della cultura. Se è bene infatti che la nuova Europa abbia cominciato ad esistere come Europa economica – la qual cosa assicura fondamenta materiali solide – è tuttavia necessario che l’edificio politico che si sta costruendo abbia un altro pilastro in grado di equilibrare gli interessi economici con attività culturali, tra le quali l’insegnamento occupa un posto privilegiato. La formazione scientifica e intellettuale, infatti, sin dal Medioevo modella le società. Questo è oggi – e lo sarà domani – più vero che mai. Un’istituzione ha oggi un ruolo essenziale in questa formazione: l’università. Esiste infatti un’Europa dell’insegnamento superiore, composta da tutte le università dei diversi stati europei, nate da una stessa matrice, l’università medievale, che aspirano a diventare, all’interno di una rete dove si moltiplicano i contatti e gli scambi, uno dei luoghi essenziali, uno dei grandi centri della nuova Europa. A questo proposito sono stati predisposti dei progetti eccellenti come il progetto Erasmus, ai quali sarebbe bene devolvere più mezzi e che dovrebbero suscitare l’adesione appassionata delle università dei diversi paesi europei.

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30 Aprile 2014 - Categoria: lingua/limba, versos in limba

“La morte” “Sa morte” Qoélet de Maria Sale, poetessa de Tzaramonte Cap. III

Qoèlet – Capitolo 3

La morte

[1]Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.

Maria Sale

Maria Sale

[2]C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
[3]Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
[4]Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
[5]Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
[6]Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
[7]Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
[8]Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

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19 Aprile 2014 - Categoria: eventi straordinari

Como enit Pasca de Nostru Segnore e in totu sas biddas de Sardigna faghent sa Sagrada Rapresentatzione de Anghelu de sa Niéra

GesùSas sacras rappresentatziones sunt torrende in sas biddas de Sardigna. Chenabura manzanu chirca muda in sas chejas. Sa Vergine Maria cheret bider su fizu ch’ant mortu sos ebreos umpare cun sos soldados de Roma. Primmu de totu l’ant leadu dae su Monte de s’Oliariu, l’ant ligadu a fune e fatu caminare pro fortza: ognunu fit liberi de lu leare a falada de pes a daesegus de sos benujos, a ciaffos in cara, a colpos in pala istostendelu da una parte e dae s’atera. Che l’ant gitu a fortza dae Anna, dae Pontzio Pilatu, dae Erode e sempre calcunu lu leaida a ciaffos e a faladas de pes. Santa Brigida at apidu s’isvalamentu dai Gesu Cristos : at retzidu 5480 colpos, tantu de ochire un omine. Issu, s’iscuru, ischende chi gai deviat servare sos omines at lassadu faghere.

MariaFit un omine atleticu e perfetu e at resistidu si no aberu meu l’aiant mortu primmu de l’apicare a sa rughe. Cando l’ant scravadu duos omines mannos cantu de un orriu si su setzidos subra su petus e pro pagu non l’ispacant su dossu. L’ant tiradu e tostadu a destra e a manca e l’ant isjiriadu sos bratzos. Poveru Gesu Cristu meu! Sa passione sua n’at salvadu meda de omines e feminas, ma meda ant andare su matessi a s’Inferru pro s’eternidade. Non nd’ant cherfidu iscrhire de sa passione e morte de Cristos e si sunt dados anima e corpus a su dimoniu. Ant odiadu Deus e sos omines a bortas non nd’ant cherfidu s’intesa e tando chie si cheret irrocare s’irrochede, peus pro issu, finas a sa morte s’ant leadu s’anima a giogu, nd’ant fatu de ogni manera chena perunu pentimentu pro Cristos in sa rughe, intamen ant odiadu puru sa rughe chena sa cale non b’est servamentu. Non ant pensadu a su dolore de s’Addolorada, sa Mama dulche de totu sos omines:Issa puru s’iscura at proadu unu dolore mannu a bider su fizu bisestradu primmu e poi postu in rughe e mortu. Cantu sunt istados profundos sos atitidos de Nostra Signora. Chie non diat pianghere a bidere unu fizu iscutu, fragelladu, leadu a ciaffos, ispintu cun sa rughe in coddu gai pesante chi l’at abasciadu sa pala ue pesaiat sa rughe. Poi l’at bidu cando l’ant scravadu a sa rughe sas manos e i sos pes. Dapoi de tres ors dae su mesudie Cristos est mortu. Cando est ispirest benndu unu terremotu e tando meda tznebte s’est abista chi Issu fit de aberu Fizu de Deus. Atera tzente ch’est falada diretamente a s’Inferru. Ohi Ohi Gesu Cristu meu, servami ca so pecadore e serva sos parentes mios, sos amigos mios,sos biddanos mios e si podes pius tzente si podet in totu su mundu. Deo chirco de mi penetire de sos pecados  e de amare Deus e totu s’atera tzente comente tue cumandas. Como isetamus a cras cando a su sonu de sas campanas Gesus dae morte torrat a biu. Nois puru fimus mortos e cun sa torrada in vida de Geus Cristos amus a torrade viver puru nois!

Sas photographias sunt de sa Chida Santa de Nulvi e su fotografu est Mauru Tedde

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12 Aprile 2014 - Categoria: discipline scientifiche, memoria e storia

L’Antimonio in Sardegna e la Fonderia di Villasalto di Paolo Amat di San Filippo

 

Paolo Amat di San Filippo

Paolo Amat di San Filippo

Le prime notizie sulla presenza di minerali d’antimonio, nell’Isola, risalgono al 1764 in pieno periodo boginiano. In un suo dispaccio di questa data, il viceré segnalava infatti, al Ministro per gli Affari di Sardegna, l’individuazione di quattro “miniere” che, a giudicare dai campioni forniti, parevano abbondanti[1] . Il primo filone di cui venne chiesta, nel 1766, la concessione di sfruttamento, da parte di una società della quale facevano parte don Ferdinando Nin y Lima conte del Castillo, don Giovanni Battista Alesani, e i francesi residenti a Cagliari Giovanni Antonio Nittard, Giovanni Baille e Giuseppe Callamand, fu quello di Ballao[2]. Questo filone fu menzionato, nel 1791, dall’ufficiale savoiardo Pietro Belly, responsabile, in quel periodo, delle miniere dell’Isola[3], nel 1802 da Domenico Alberto Azuni, che riportò pedissequamente la relazione del Belly, nel secondo volume della sua Histoire Geographique, Politique, et Naturelle de la Sardaigne*[4], e nel 1806, dal danese Eduardo Romeo conte di Vargas, nella sua Dissertazione sulle Miniere della Sardegna[5] . Le concessioni di Corti de Rosas a Ballao, di Monti Meana a San Basilio, e di Su Suergiu e Mortalai a Villasalto, datano dal 1870[6], però la produzione su scala industriale iniziò solamente nel 1881.

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7 Aprile 2014 - Categoria: eventi straordinari

Jack Frusciante, camminatore, fantascrittore precoce, per rendere felici mamma e papà, dopo 7300 giorni dall’iscrizione, ha conseguito la laurea accompagnato dalla giovanissima prole di Ange de Clermont

200314_laurea_brizziEnrico, anzi dott. Enrico finalmente, (comare mia, sua madre, per poco non ne fa una malattia), per far felici i bravissimi genitori, (enfants prodiges entrambi), ha terminato la sua ventennale fatica di studi universitari. Che cosa volete, nel frattempo ha scritto 8 romanzi e altri libercoli, ha suonato in varie piazze italiane (ha pure una band di matti e lui  stesso non è del tutto a posto di testa), fa il camminatore di professione (con una mamma che si fa almeno cento chilometri in montagna all’anno), ha percorso la via francigena, la Roma Jerusalem (il tratto di mare l’ha percorso a cavallo ad un delfino che fa il servizio giornaliere Brindisi-Acri,  la via italiana (dalle alpi alle calabrie), da Rimini ad Ancona (due tappe del suo cuore forsennato), ha messo al mondo quattro bimbe, ( si tratta di un proletario), la Roma-Jerusalem; ha scritto al tempo di Vasco Rossi, al tempo di Berlusconi, ora sta preparando al tempo di Renzi, insomma dai 19 anni questo  fresco dottore ne ha combinato di cotte e di crude, finalmente ne ha fatta una buona: si è laureato e quindi adesso è disoccupato. Chi se lo carica a 40 anni un esperto in comunicazione? In Italia, poi, è uno spasso. A lui piace camminare, camminare: non va a letto se non ha percorso l’intera riviera riminese spiaggia spiaggia. Prima viveva sulle colline del Bolognose e alle 23, prima di recarsi a letto, doveva salire la cima e poi risalire tre volte la collina dove era ubicata la casa. Forse, se troverà un lavoro, si comprerà una casa-tunnel di cento chilometri, per ricrearsi prima di andare a letto. Ci troviamo di fronte ad un cervello dinamico, a dei piedi trenitalia, ad un cuore che si cuoce ad ogni primavera! Si è recato alla discussione della tesi con iuna pagliett dei Caribi, e ha regalato le pagliette napoletane ai proffi che lo hanno fatto discutere. Visto che non la finiva più di parlare hanno fatto suonare la sirena. A malapena, trattenuto dalle tre figliole. (una era assente perché assonnata), ha ascoltato il voto di laurea: 110/110, non gli hanno dato la lode perché si è laureato in tempi strettissimi, dopo vent’anni, esattamente 7300 giorni dall’iscrizione e poi perché ha già uno scaffale di libri scritti e non so quanti DVD.

Lo zumbaL’Italia è fatta di questi genietti di cervello precoci, di piede e di cuore. Se prima senza laurea pare abbia fatto qualche spicciolo, ora con la laurea è disoccupato. Poveraccio, l’ha fatto per accontentare la mamma e il babbo che erano preoccupatissimi, vent’anni di ansia quel birbante ha fatto passare a questi genitori ancora giovanissimi (mia comare non conta gli anni, frequenta almeno tre palestre la settimana, balla lo zumba, un misto ballo e ginnastica), mio compare se ne infischia, col suo Copernichino tasta manoscritti per stabilirne automaticamente  l’età degli acari da cui ricava con una contabilità complicatissima l’età dei manoscritti. Non è andato alla laurea di questo cowboy, ma è partito in missione scientifica in Messico, la madre dalla gioia, tenendo il cellulare all’orecchio, è partita da Bo’ a piedi ed è diretta a Sant’Jago di Compostela, per  sciogliere il voto, per  grazia ricevuta. Questo povero dottore in Scienze della Comuncazione, appena laureato è fermo a casa in attesa che qualcuno gli offra un posto di lavoro anche sottosviluppato, purchè lavori. Adesso lo segnalerò a Renzi chissà che gli offra un posticino di sottosegretario, d’altra parte si tratta di un compaesano, i Brizzi, infatti, sono originari della Toscana. Caro Renzi, lascia parlare lui, almeno non farà il cacciapalle come da tempo stai facendo tu. Enrico sa parlare, leggere scrivere (far di conto) e suonare. Mettilo alle Comuncazioni almeno potrà trasmettere i tuoi ruggiti toscaneggianti con la sua band!

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