3 Febbraio 2015 - Categoria: eventi straordinari

Il chiaro, concreto, eccellente discorso agl’Italiani del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

Mattarellum I

Sergio Mattarella

 «Signora Presidente della Camera dei Deputati, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Parlamentari e Delegati regionali, rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate. Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice PresidenteValeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto. Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari. A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani.». Inizia così il discorso che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha svolto a Montecitorio subito dopo la formula di rito del giuramento.

«Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato,un ringraziamento particolarmente intenso», ha proseguito rendendo «omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature».

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30 Gennaio 2015 - Categoria: archeologia, storia

“Villaggi postmedievali della Sardegna” di Gianluigi Marras

1. Geridu 1997, Area 3000 durante lo scavoI giorni 12 e 13 dicembre si sono tenute, presso l’Aula Umanistica del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e il Museo Biddas- Museo dei Villaggi Abbandonati della Sardegna (Sorso), le giornate di Studio sul tema “Villaggi Postmedievali della Sardegna. Abbandoni, nuove fondazioni, ripopolamenti”, primo convegno esplicitamente dedicato all’argomento.

Marco Milanese, Direttore del Dipartimento e Ordinario di Archeologia Medievale e Postmedievale, introducendo i lavori con il suo contributo “I villaggi postmedievali della Sardegna tra fonti scritte e fonti archeologiche”. ha posto appunto in evidenza l’importanza dell’incontro per la novità del tema e per la forte sinergia dei due atenei regionali, dimostrato dal numero e dalla qualità degli interventi previsti. Sottolineando inoltre le difficoltà a livello nazionale, sia di ordine accademico che amministrativo e normativo,  dell’archeologia postmedievale ha ricordato come gli unici insegnamenti della materia in Italia abbiano sede a Sassari e Cagliari, che evidentemente continuano il ruolo guida già assunto da Sassari nel 1994 con l’organizzazione del I Convegno nazionale di Archeologia Postmedievale e come sede della rivista “Archeologia Postmedievale”, arrivata ormai al quattordicesimo numero. Entrando nel merito del tema ha elencato alcuni punti che hanno quindi incontrato ampio riscontro nelle relazione successive: la scarsa visibilità degli insediamenti postmedievali abbandonati, la loro tutela, ancora episodica e difficilmente inquadrabile dal punto di vista normativo, e lo sviluppo di una “storia delle persone” da affrontare mediante differenti discipline, portando ad esempio gli studi sul cimitero di Bisarcio (Ozieri- SS), con la possibilità di studi di antropologia fisica, paleo-nutrizione e studio del DNA antico.

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26 Gennaio 2015 - Categoria: eventi culturali

“Marantoni” a Codrongianos” di Mauro Maxia

MarantoniChenàbura 30 de bennarzu in Codrongianos s’at a fàghere una presentada de su romanzu in sardu Marantoni. Sa relata l’at a fàghere su prof. Salvadore Puggioni. Mi nde dia cuntentare meda de bos abbojare sa die.

Ligadu a custa e-mail bos inbio manifestu e cùmbidu. Podides imbènnere custa nova finas in su situ meu http://maxia-mail.doomby.com

Venerdì 30 gennaio a Codrongianos si terrà una presentazione del romanzo in sardo Marantoni. Relatore sarà il prof. Salvatore Puggioni. Mi farebbe molto piacere incontrarvi nell’occasione.

In allegato vi invio la locandina della manifestazione e l’invito. Potete trovare questa notizia anche nel mio sitohttp://maxia-mail.doomby.com

Un saluto.

Mauro Maxia

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25 Gennaio 2015 - Categoria: educazione, istituzioni educative

Il Rifugio Gesù Bambino per le bimbe abbandonate di Sassari (1903-1970) di Angelino Tedde e Lucia Tortu

Introduzione

 orfanelleSassari, come molte città italiane ed europee, presentava agli inizi dell’età giolittiana una forte situazione di povertà e di degrado materiale e morale nell’area del disagio minorile.

Folte schiere di ragazzi abbandonati, di entrambi i sessi, scalzi, appena ricoperti di cenci, denutriti, si aggiravano nel centro storico della città le cui mura erano state abbattute definitivamente solo da qualche decennio.

All’accoglienza di molti bimbi, pensava il cav. Carlo Rugiu, seguace di F. Ozanam, nel suo Ospizio dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo de Paoli, più comunemente noto come “ l’Ospizio dei Cappuccini”.

All’accoglienza delle bimbe orfane, pensava già dal 1832 l’Orfanotrofio delle Figlie di Maria, tuttavia, le due “ agenzie “ di raccolta dell’infanzia non erano sufficienti a rispondere ai bisogni della città, per cui la Figlia della Carità, suor Agostina Raitieri, che come “ suora dei poveri “ percorreva in lungo e in largo la città insieme alle Dame della Carità pensava di porvi rimedio.

Un giorno segnalò, sia alle Dame che alle consorelle, il caso di due “ bimbe pericolanti “ da ritirare dalla strada prima che fosse troppo tardi per i rischi morali e materiali ai quali avrebbero potuto andare incontro.

Si mossero immediatamente Suor Ragatzo, superiora dell’Ospizio Cappuccini, il cav. Carlo Rugiu, presidente della stessa istituzione e naturalmente i “Signori della casa Missione”, (così, francesemente, venivano chiamati i Preti della Missione), a turno direttori delle Dame della Carità, per ricoverare le due bimbe in un provvisorio locale dello stesso colle dei Cappuccini.

Si era nel 1903, da quell’anno, tutte le presidenti delle Dame della città, da donna Raimonda Usai a donna Momina Dettori Manno, operarono per dare a queste prime assistite e ad altre numerosissime, per oltre settant’anni, un “ Rifugio “ che le accogliesse, le nutrisse, le curasse e desse loro un’educazione morale e religiosa, scolastica e di avviamento al lavoro non inferiore a quella che potevano avere le bambine di normali famiglie. Sia pure con tutti i limiti del caritatismo vicenziano di fine Ottocento e primi Novecento, contrassegnato dalla precarietà della struttura di accoglienza e dalla mancanza di una iniziale programmazione educativa, con operatrici, spesso preparate sommariamente, la struttura assistenziale decollò rispondendo ai bisogni della città e della provincia nel settore dell’infanzia.

Le Figlie della Carità che si alternarono al Rifugio, furono oltre settanta; le bimbe delle quali è stato possibile rintracciare le generalità e che soggiornarono nell’istituto dal 1903 al 1936 furono circa 414, ma si calcola che nel corso di quasi settant’anni furono non meno di mille le bimbe, che nel “ Rifugio “ trascorsero un periodo più o meno lungo e che ricevendo cure ed educazione dalle suore e dalle Dame, fecero dell’Opera, un’istituzione al servizio delle “bimbe abbandonate “, per Sassari, la sua provincia, l’intera Sardegna e talvolta per l’estero.

Eretta in ente morale nel 1920, dotata di un consiglio di amministrazione costituito dalle più aristocratiche signore della città, presieduto da donne attive ed energiche, gestita da generose Figlie della Carità, ben vista e finanziata da privati e talvolta sovvenzionata da vari enti pubblici, la struttura sia pure con le varie trasformazioni dovute ai mutamenti storici, si avvia nei prossimi anni a celebrare un secolo di attività al servizio delle bimbe e delle giovinette degli strati più disagiati della società di Sassari e della sua provincia.

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22 Gennaio 2015 - Categoria: c'est la vie, cahiers de doléances

La fede laica e l’intolleranza fanatica verso chiunque non appartenga alla sua schiera di Ange de Clermont

VoltairreFino a dieci anni sono vissuto nel mio borgo agro-pastorale si può dire nella strada come tanti miei coetanei,  i miei genitori non erano religiosi, a parte una grossa immagine appesa al muro che raffigurava San Salvatore da Orta nell’urna. Ricordo solo un giorno in cui dopo Pasqua venne il vicario per benedire la casa e mio padre lo accolse gentilmente permettendogli di benedire la casa e facendosi un segno di croce. Nessuna frequenza della chiesa, nessuna istruzione scolastica né catechistica. Altri ragazzi, invece, frequentavano il vicario e la chiesa e alcuni facevano i chierichetti. Credo che l’unica inculturazione religiosa la ebbi quando, grazie ad una mia zia giovanissima, frequentai l’asilo anche se di quanto appresi lì ricordo soltanto i teatrini che facevano le suore in una scatola-palco in cui si agitavamo i personaggi. La Prima Comunione la feci  nella chiesa dell’allora ospedale civile storico verso i dieci anni senza che né mio padre né mia madre ne sapessero nulla. Altri compagni, non so se più fortunati di me, frequentarono la chiesa e fecero bella mostra di sé come chierichetti. Io rimanevo estasiato quando a Pasqua c’erano le processioni di Gesù Risorto e quando giorni prima, a Gesù morto, suonavo le “mattracas” in giro per il paese che lasciai, quando rimasto orfano, abbandonai il paese. Dovettero pensarci le suore ad insegnarmi a servire la Messa al grande storico della Chiesa monsignor Damiano Filia che veniva in collegio tutte le mattine oppure nelle feste ai Preti della Missione confratelli delle suore Figlie della Carità. La nostra suora, una giovane bergamasca di polso, ci faceva studiare il catechismo e molti brani della Genesi a memoria. In tal modo  e a quell’età mentre vivevo il mio undicesimo anno posso dire di esser diventato cattolico. Nel tempo precedente ero un piccolo laico che badava e prendere meno susse possibili da mia madre per le monellerie che combinavo e a provare nella mia coscienza i primi rimorsi per le parolacce che magari vivendo con i miei compagni sentivo e qualche volta ripetevo.

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13 Gennaio 2015 - Categoria: versos in limba

“Su onu” “Su malu” contrasto in ottave di Maria Sale e di Stefano Demelas

  1.       SU  ‘ONU    (Sale)
Maria Sale

Maria Sale

De seberare  nois   cale fadu,
ocannu  nos han fatu su cumbìdu.
S’agatat  destinu  istabilidu
umpar’a sa fortuna d’esser nadu.
Ma s’omine,  vivende l’hat mudadu,
fatende su ch’in vid’hat preferidu.
E sigomente poto seberare
seber’in bonu, pro mezus campare.

  1.     
  2. SU  MALU  (Demelas)

demelastefanoOcannu puru nos’ han fat’invitu
pro tratare ater’un’arrejonu.
A unu l’han nadu a fagher bonu,
unu malafatzent’e malaitu.
Cun totu custu tenzo su diritu
de haer totu  cosas a s’indonu.
Chi sian bene o male leadas
su bell’est a las tenner indebadas.

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13 Gennaio 2015 - Categoria: eventi straordinari

Un Presidente responsabile e operoso di fronte ad una ciurma parlamentare irresponsabile di Angelino Tedde

NapolitanoNapolitano ai tempi delle mie prime votazioni, fine anni Cinquanta del Novecento, mi era simpatico perché era definito un comunista di destra: in effetti a quei tempi in cui Pajetta dimostrava tutta la sua veemenza manesca e Togliatti si permetteva frasi di una volgarità antidemocratica vergognosa, il nostro Presidente, oggi dimissionario, rivelava una signorilità inusitata. Qualcuno osava chiamarlo il comunista liberale o se volete un liberale comunista. All’epoca ero in seminario e nella beffarda e popolana Sassari, parlo di Via Frigaglia e dintorni, c’era un’antipatia tutta comunista per il clero sassarese, considerato alla stregua dei pope russi, sporco, grasso e avaro. Tutte cose che m’impressionarono a tal punto che quando volli entrare in seminario chiesi di arruolarmi tra i preti della Missione (allora avevo 14 anni). D’altra parte la mia cattolicissima maestra Maria Athene, di origine perfughese, nei quattro anni in cui frequentai dalla I alla VI-V  elementare (queste ultime in un solo anno) mi fece ben capire la mancanza di libertà del Fascismo, ma anche l’incombente pericolo del Comunismo. I comunisti del resto, quelli popolani, non nascondevano le loro intenzioni bellicose d’impiccagione del clero se avessero conseguito la vittoria elettorale. Da seminarista con l’abito talare, dopo la terza media, ci prendevamo, attraversando la città, dai giovinastri e non solo il gracchiante urlo del Cro! Cro! del corvo. Durante i tre anni di Aversa (1955-1959) gli operai che sistemavano le fognature tra Aversa e Trentola Ducenta o sistemavano le strade ci minacciavano sussurrandoci ” si vincimme nui vo’ tagliamo ‘o cuollo”. Per brevità, per non volere i comunisti al potere, di fronte a questo fatti, non ci voleva molto. Eppure Napolitano mi è rimasto sempre simpatico. Uscito dal seminario e, alcuni anni dopo poi fidanzatomi, sono andato a finire in una famiglia di comunisti accaniti, tolta la mia ragazza che, essendo di natura pacifica e molto autonoma, i comunisti non li sopportava, perché erano sembra arrabbiati. Nonostante ciò Napolitano mi è rimasto sempre simpatico e in seguito anche Berlinguer per la sardità, ma anche perché ogni domenica, mi dissero, accompagnava la moglie Letizia alla Santa Messa attendendola pazientemente fuori della Chiesa.

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8 Gennaio 2015 - Categoria: c'est la vie, cahiers de doléances

L’onnipotenza del razionalismo è fallita tra integrazione e rifiuto di essa di Ange de Clermont

mortiI fatti di Parigi ci hanno sconvolti tutti o meglio forse i più, ma non è detto. Uccidere per un’idea, per una religione,  per un’ideologia politica! Partiamo da quest’ultima. Ho avuto la rara fortuna di ricevere l’educazione e la formazione successiva ai dieci anni in un collegio di suore per cinque anni, in un seminario piemontese per un anno, in un seminario diocesano sassarese per 4 anni, in un seminario campano aperto al mondo per altri tre anni. A parte la sardità dei quattro anni sassaresi dei miei compagni, negli altri anni ho dovuto convivere prima con una bella varietà regionale settentrionale e poi con un’altra varietà meridionale. Tutto sommato è stata una bella esperienza anche se i piemontesi ci accusavano di aver scambiato il sapone per formaggio, i meridionali ci ritenevano selvaggi del tutto in quanto isolani. L’ignoranza fa questo ed altro, ma la fede ci accomunava costantemente sebbene l’identità di ciascuno fosse molto forte e i pregiudizi lo stesso. Nell’isola, a nord e a sud eravamo tutti italiani. tuttavia, i sardi restavano sardi, i siciliani siciliani, i campani campani, i piemontesi tali e quali e così si dica dei lombardi e veneti. Le differenze si notavano tra noi e a volte si sottolineavano anche bruscamente.  I valori tuttavia erano condivisi e questo fatto attutiva le differenze o se vogliamo le identità regionali. Ciò premesso, tornando ai fatti di Francia, dobbiamo dire che la superbia radical-razionalista dei vignettisti era sconfinata, infatti, si ritenevano francesi e dire Francia significava dire libertà senza confini, ignorare del tutto la sensibilità degli altri ospiti francesi non macinati dalla grande rivoluzione. Chi viene in Francia si adegui e si adegui anche chi viene in Inghilterra, fatto sta che secondo studiosi seri questi modelli d’integrazione, quello francese e quello inglese sono falliti come dimostrano i luttuosi fatti prima d’Inghilterra e poi di Francia. In Italia si dice scherza con i fanti e lascia stare i santi. Noi cattolici, ad esempio, abbiamo da secoli sposato la tolleranza, per cui lasciamo che laici blasfemi sbeffeggino i nostri valori, i nostri santi, il nostro Dio. Sappiamo bene che la nostra prima vocazione è il martirio e sappiamo anche che dobbiamo lasciare che il mondo ci disprezzi. Certi islamici però sono rispetto a noi indietro di secoli e certe cose non le accettano. Non accettano agevolmente, per esempio,  che si sbeffeggi Maometto e tanto meno Allah. Alla solfa del disprezzo blasfemo, irriverente, satanico non ci sono abituati e passeranno secoli prima che si abituino anche se gli europei sono disposti a dar loro la patente nazionale da più generazioni. Certi islamici non hanno fatto ancora il callo a subire il disprezzo della loro religione che considerano al di sopra di ogni valore, quello della vita compreso. Noi europei mettiamo pure al di sopra di tutto il valore della vita e poi possiamo mettere la dignità, il lavoro, la  libertà e infine la religione. Certi gruppi islamici mettono al di sopra di tutto la religione e poi tutto il resto.

Siamo addolorati e inorriditi alla visione di quegli otto giornalisti chiamati per nome e giustiziati, siamo smarriti di fronte a fatti del genere che però, purtroppo, avvengono e avverranno finché la sensibilità della ragione  non sarà capace di non superare certi limiti di onnipotenza. I romani che stupidi non dovevano essere e che popoli ne governarono parecchi dicevano: est modus in rebus ultra citraque nequit consistere rectum.

Liberissimi tutti i vignettisti del mondo di sbeffeggiare tutto quello che vogliono, ma anche capaci di capire che all’ubriacatura della ragione bisogna porre dei limiti, magari di convenienza. Libero di dire al mio vicino di casa che è un gran cornuto, ma prima di dirglielo debbo pur pensare alle conseguenze.

Che la terra vi sia lieve cari “eroi” del libero pensiero, ma con un pò di attenzione avreste potuto essere ancora tra noi che di voi avevamo stima anche se avete sempre sbeffeggiato il buon Dio ebreo.cristiano, la Vergine Maria nel suo parto verginale e il nostro buon pontefice che ora non può che pregare per voi.

Se  la politica è l’arte del buon governo e del buon vivere, la sensibilità è l’arte di scherzare coi fanti e di lasciar stare i santi. L’onnipotenza sbracata e irriverente della ragione ha già fatto troppi danni e ciò che è peggio è che continuerà a farne. L’arresto e la conseguente condanna dei “fanatici” è atto dovuto come dovuto è il rispetto della vita umana, ma da troppo tempo il mondo va così. Pensiamo a quanti islamici moderati e a quanti non islamici che pure sfileranno nelle piazze di Francia in cuor loro diranno:- Questi vignettisti, la morte se la sono davvero cercata!.-

Noi non siamo d’accordo, ma i fatti parlano chiaro.

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