Introduzione
Sassari, come molte città italiane ed europee, presentava agli inizi dell’età giolittiana una forte situazione di povertà e di degrado materiale e morale nell’area del disagio minorile.
Folte schiere di ragazzi abbandonati, di entrambi i sessi, scalzi, appena ricoperti di cenci, denutriti, si aggiravano nel centro storico della città le cui mura erano state abbattute definitivamente solo da qualche decennio.
All’accoglienza di molti bimbi, pensava il cav. Carlo Rugiu, seguace di F. Ozanam, nel suo Ospizio dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo de Paoli, più comunemente noto come “ l’Ospizio dei Cappuccini”.
All’accoglienza delle bimbe orfane, pensava già dal 1832 l’Orfanotrofio delle Figlie di Maria, tuttavia, le due “ agenzie “ di raccolta dell’infanzia non erano sufficienti a rispondere ai bisogni della città, per cui la Figlia della Carità, suor Agostina Raitieri, che come “ suora dei poveri “ percorreva in lungo e in largo la città insieme alle Dame della Carità pensava di porvi rimedio.
Un giorno segnalò, sia alle Dame che alle consorelle, il caso di due “ bimbe pericolanti “ da ritirare dalla strada prima che fosse troppo tardi per i rischi morali e materiali ai quali avrebbero potuto andare incontro.
Si mossero immediatamente Suor Ragatzo, superiora dell’Ospizio Cappuccini, il cav. Carlo Rugiu, presidente della stessa istituzione e naturalmente i “Signori della casa Missione”, (così, francesemente, venivano chiamati i Preti della Missione), a turno direttori delle Dame della Carità, per ricoverare le due bimbe in un provvisorio locale dello stesso colle dei Cappuccini.
Si era nel 1903, da quell’anno, tutte le presidenti delle Dame della città, da donna Raimonda Usai a donna Momina Dettori Manno, operarono per dare a queste prime assistite e ad altre numerosissime, per oltre settant’anni, un “ Rifugio “ che le accogliesse, le nutrisse, le curasse e desse loro un’educazione morale e religiosa, scolastica e di avviamento al lavoro non inferiore a quella che potevano avere le bambine di normali famiglie. Sia pure con tutti i limiti del caritatismo vicenziano di fine Ottocento e primi Novecento, contrassegnato dalla precarietà della struttura di accoglienza e dalla mancanza di una iniziale programmazione educativa, con operatrici, spesso preparate sommariamente, la struttura assistenziale decollò rispondendo ai bisogni della città e della provincia nel settore dell’infanzia.
Le Figlie della Carità che si alternarono al Rifugio, furono oltre settanta; le bimbe delle quali è stato possibile rintracciare le generalità e che soggiornarono nell’istituto dal 1903 al 1936 furono circa 414, ma si calcola che nel corso di quasi settant’anni furono non meno di mille le bimbe, che nel “ Rifugio “ trascorsero un periodo più o meno lungo e che ricevendo cure ed educazione dalle suore e dalle Dame, fecero dell’Opera, un’istituzione al servizio delle “bimbe abbandonate “, per Sassari, la sua provincia, l’intera Sardegna e talvolta per l’estero.
Eretta in ente morale nel 1920, dotata di un consiglio di amministrazione costituito dalle più aristocratiche signore della città, presieduto da donne attive ed energiche, gestita da generose Figlie della Carità, ben vista e finanziata da privati e talvolta sovvenzionata da vari enti pubblici, la struttura sia pure con le varie trasformazioni dovute ai mutamenti storici, si avvia nei prossimi anni a celebrare un secolo di attività al servizio delle bimbe e delle giovinette degli strati più disagiati della società di Sassari e della sua provincia.
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