Categoria : letteratura sarda

“Il torcicollo dell’indifferenza” di Maria Cristina Manca

«Ci verrà il torcicollo a furia di guardare dall’altra parte», ha constatato Papa Francesco riferendosi alla nostra indifferenza verso le persone che vivono ai margini della società.
I margini della società sono tanti, sono margini sociali anche le fosse di dolore in cui vengono buttate delle povere ragazze stuprate da branchi di dementi feroci.

Margini della società con stupri di branco. Eppure siamo in Italia non in zone di guerra dove le mostruosità sono all’ordine del giorno (come ad esempio nella martoriata Ucraina in cui soprattutto agli inizi dell’aggressione russa, quindi solo un anno fa, avvenivano, ma forse tuttora avvengono, raccapriccianti violenze sessuali di branco su donne, bambini, uomini; mentre in Italia c’era chi, pure fra i cattolici, elogiava quell’aggressione considerandola utile per la liberazione dal gender e dal degrado morale occidentale. Quindi mostruosità inimmaginabili, degradanti all’ennesima potenza infernale, come antidoto al degrado dell’Occidente? Killer spietati e stupratori seriali per portare moralità nel nostro ferito mondo occidentale?).

Ma riprendiamo il discorso sui terribili fatti accaduti in questi giorni in Italia. E che sembrano addirittura moltiplicarsi, certo in zone italiche altamente disagiate; tuttavia quante altre volte la cronaca giornalistica ci ha raccontato violenze analoghe successe in case sofisticate e tra persone colte?

Come se l’uomo stesse regredendo di millenni, anzi forse questi abomini l’uomo primitivo non li ha mai compiuti.

«Ci verrà il torcicollo a furia di guardare dall’altra parte».

Ma io che cosa posso fare?

Vedere un sopruso impone alla coscienza di intervenire per fermarlo. Tuttavia questo è campo da Forze dell’ordine, giudici, assistenti sociali, psichiatri, criminologi, sociologi, altri professionisti del settore; campo da educatori sopraffini, preti alla Don Bosco, santi capaci di dare la vita per la salvezza di vittime e carnefici (i carnefici possono salvarsi dalla dannazione eterna convertendosi e riprendendo ad essere umani).

Chi commette certi abomini ha in odio le donne; non solo, ha in odio innanzitutto sé stesso, la propria umanità, la propria anima. Questi uomini dovrebbero farsi curare prima di precipitare nell’abisso del crimine; e anche dopo, scontando la pena, hanno comunque la possibilità della cura e della conversione, sempre che smettano, come iniziale passo redentivo, di difendersi parlando di consenso della vittima. Nessuna vittima, mai, è consenziente; giacché pur se in apparenza lo sembrasse, si tratterebbe di consenso di persona incapace di intendere e di volere, non importa quanto momentaneamente incapace.

«Ci verrà il torcicollo a furia di guardare dall’altra parte».

Così mi costringo a non essere indifferente, a considerare quei fatti, nonostante considerarli mi sia  difficilissimo, mi ripugni.

Oltretutto dopo aver guardato tanto orrore e tanto strazio, continuo a chiedermi: che cosa posso fare? Mi sento come la maggior parte delle persone: impotente.

«Ci verrà il torcicollo a furia di guardare dall’altra parte».Ma io che cosa posso fare?
Pregare, certo.
E poi? Scrivere? Sì, devo scrivere, perché tutti abbiamo l’obbligo di aiutare gli altri con le attitudini che ci sono state date.

Sui fatti in questione, da subito mi è tornato in mente un romanzo editato qualche anno fa (copyright ©Casa editrice Abbà), in cui viene descritta una tentata violenza di branco sventata grazie al tempestivo aiuto di chi non volta la testa dall’altra parte.

Ne riporto qui alcune righe:

“Laura accelerò l’andatura. Poco dopo udì un tramestio di passi e di voci che si allontanavano in direzione contraria alla sua nell’androne che aveva appena lasciato. Adesso era davvero sola in un luogo sconosciuto. E in balia di chiunque. «Signore, dammi la tua forza e la tua protezione! Ho paura! Paura per Mary, per me!». Fece altri passi, il corridoio era diventato un cunicolo maleodorante. Nella penombra scorse cassette di birra e sporcizia ovunque. L’urlo le giunse all’improvviso nel cuore, quasi prima che nelle orecchie. I piedi corsero sino al termine del cunicolo, le vene battevano all’impazzata, le mani spalancarono con energia una porta. Era uno sgabuzzino laido, tre ragazzi erano chini su un corpo femminile buttato come un sacco per terra. Quel corpo di ragazza urlava in preda ad un orrore che solo una donna forse può capire, un orrore senza fondo, che ad un tratto assieme all’identità toglie anche la voce, rendendo muta e inebetita la preda, sbarrando i suoi occhi in una fissità senza più vita.

Ma Laura era giunta in tempo, aveva aperto la porta dell’orrore. «Lasciatela! Lasciatelaaaaaaa!». Gli uomini si girarono di scatto con un grugno demente. (…). Fu probabilmente l’elemento sorpresa che paralizzò i violentatori per alcuni istanti, decisivi per la salvezza delle ragazze. E subito dopo arrivò la polizia, chiamata da Laura prima di entrare in discoteca».

Se già è devastante uno stupro singolo, quanto può esserlo uno stupro di branco? (Inoltre chi sono questi branchi? Chi c’è all’interno? Capi-branco, sottoposti, adepti, altre categorie? Meglio non conoscere nel dettaglio quante facce orripilanti ha il demonio).  In più se la violenza viene filmata e finisce sui social diventando stupro psicologico di massa, quante possibilità hanno le vittime di ritrovare un giorno la gioia, la fiducia, la speranza, l’amore?

Sento dire che “se la sono cercata”, perché in tempi precedenti all’aggressione hanno postato foto “narcisistiche” sui social e avuto comportamenti da ragazze “facili” o quantomeno  superficiali.

Ah sì? Sono state frivole, egocentriche, narcisiste? Niente di diverso allora da ciò che oggigiorno la nostra società è. Sono figlie del nostro pensiero incauto, superficiale, egocentrico, narcisistico.

Sono figlie della nostra indifferenza educativa, del nostro abdicare al dovere e alla gioia di lanciare ogni giorno il nostro cuore lì dove l’umanità è alta.

Grazie dell’attenzione.

  1. Cristina Manca

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