Categoria : letteratura sarda

“Considerazioni sul testamento di Donna Gerolama Tedde in Delitala” di Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro

Il testamento di donna Gerolama (Nulvi 28.8.1684- Chiaramonti  11.12.1716)  (sposata a Nulvi il 20.4.1699 con Giovanni Battista Delitala Delitala di origine chiaramontese e figlio di don  Salvatore Battista Delitala di Chiaramonti sposato con Maddalena Delitala Cubeddu di Nulvi, non abbiamo la data di morte tuttavia figura vivo come testimone di nozze nel 1709) come tutti i testamenti del tempo inizia con la datazione in latino e del luogo in cui viene compilato.
E’ interessante che sia stato redatto in sardo. Il testo è naturalmente con delle premesse religiose afferenti alla divinità.

Secondo gli studiosi della nuova storia, 1929, si tratta di morte apparecchiata. A quei tempi come oggi si moriva anche di morte violenta e improvvisa. Oggi le varie modalità s’incrociano e non si deve dire mai all’ammalato che sta per andarsene anche se lui se ne accorge.

Le riflessioni sono anch’esse profondamente cristiane:
“ Pro cantu totu sos nasquidos in custa valle de lagrimas sun per natura ispostos a sa morte corporale et a cudda nexuna pessone iscapare podet. Segundu semus avisados per su Sagradu Evangeliu qui narat vigilate et orate quia nescitis diem neque oram: vegliate e pregate perché non conoscete né l’ora né   il giorno della morte”.
“Pro tantu sa immensa misericordia de Señore Nostru sempre invoquende heo sa Nobile Donna Giromina Delitala Tedde de sa presente Villa agatendemi  comente mi agato, in su letu de domo et habitassione mia, prostrada de infirmidade corporale de sa cale timo  [de] morrer cun sana imperò memoria et integra loquéla mia”
Pertanto considerando la misericordia di Nostro Signore, io nobile Donna Gerolama Delitala Tedde,[essendo stata sposata antepone al cognome di famiglia Tedde, il cognome del defunto marito Giovanni Battista Delitala].
“Essendo allettata e gravemente ammalata” cita la consueta formula notarile per la validità del testamento: “con lucida memoria e chiara favella” faccio il presente testamento servendomi del notaio pubblico [Giovanni Antonio Pintus di Martis]

“Primamente incumando s’anima mia a su Benignissimu Criadore de sos Quelos qui isse no la tenet incomendada la querciat recier in sa Santa Gloria”.

Raccomanda in primo luogo la sua anima da Lui creata e affidata a lei.

Passa quindi alla prima disposizione: “Eligiende sepoltura eclesiastica a su corpus meu faedora de su presente [1.] si depiat ponner in depositu in su baule in sa eclesia de su Cumbentu de nostra Señora de su Carminu [2.]et quergio qui su cadaver meu siat rivestidu cun su abitu de sos Reverendos Padres de su Garminu [3.] qui su cadaver meu si depiat tenner in depositu finas a faguer sa capella de su Gloriosu Santu Antoni de Padua qui abaxiu depo testare [4.] et facta dicta capella quergio qui su cadaver meu siat interradu in dicta capella gasi est sa voluntade mia.
“Scegliendo la sepoltura ecclesiastica dovuta[faedora] al mio corpo, primo, voglio essere sepolta nella Chiesa del Carmelo,secondo,  voglio che la mia salma sia rivestita con l’abito del [terzo ordine] del Carmelo; terzo, che la mia bara venga tenuta nel deposito[camera mortuaria] fino alla costruzione della cappella, quarto,  costruita detta cappella vi voglio essere sepolta”.

Fatta questa premessa iniziano i  31 capitoli col termine latino item, che vuol dire parimenti o similmente che noi non inseriamo.

“Voglio fermamente che dopo la mia morte si costruisca [nella chiesa del Carmelo] la cappella di Sant’Antonio di Padova col valore dei suini che  pascola Domenico Damianu e se occorressero più soldi si prendano dagli altri miei beni.
“nomino a su Padre Majore et Priore rev. Pedru Ligeri pro chi issu tengiat dictu coydadu de faguer  dicta capella cun sa brevidade possibile qui gasi est sa voluntade mia”. Si tratta del priore del Carmelo che dovrà far costruire con sollecitudine la cappella.

Parimenti voglio che si reciti dai Padri del Convento una messa quotidiana piana coi soldi dei censi che mi sono dovuti in questo paese e se non bastassero quelli che mi pagano nel paese di Nulvi. Qualora non fossero sufficienti i censi di Chiaramonti e di Nulvi si attinga dagli altri miei beni. [censi, diremmo oggi, sono gli affitti annuali sui terreni dati in locazione.]

“Ittem quergio qui dae sos benes mios si let ses achas et sa de pius quera minuda finis a jomper a sa suma de sette iscudos quales quergio qui servan a su obitu, tre sette et trinta a su annale quergio qui si let ateras bator achas cun su christallu aplicada totu a honore et gloria de Deus et in sufragiu de s’anima mia.
“Parimenti voglio che dai miei beni si acquistino sei candelabri e la cera fino a raggiungere la somma di sette scudi perché servano per la Messa del giorno della mia morte,  del terzo giorno, del settimo, del trigesimo e all’anniversario voglio che si comprino altri quattro candelabri di cristallo e la Messa sia detta in onore di Dio e a suffragio della mia anima”.
Ordina che dai suoi soldi si prendano ottocento scudi e si diano per celebrare Messe recitate ai preti regolari, [ i carmelitani], e  ai secolari di Chiaramonti [quelli della parrocchia].

Inizia poi a passare dai lasciti per la sua anima ai lasciti per le persone.

Lascia alla figlia di Donna Baingia Lado Delitala, una sua nipote, chiamata Gerolama Delitala, centocinquanta scudi, [una somma discreta] per l’affetto che le porta [forse era una nipote devota che le stava accanto].

Similmente lascia a Donna Gerolama Tedde, figlia del nobile don Francesco Tedde, cento scudi per l’affetto che le porta [pro su cariñu chi li tengio]

Lascia alla sorella Lucia, di 13 anni più piccola di lei,  convivente con lei, sedici rasieri di grano, giacenti in un granaio, di Nulvi per disporne a suo arbitrio.

Lascia al fratello don Tommaso Tedde il vestito  che ha ereditato dal defunto padre. [Aveva 32 anni e il padre e il marito erano già morti].
Lascia alle sorelle Angela, Caterina, Mariangela  una gonna ciascuno,due di raso verde e una di raso rosso, tra le quali tuttavia deve scegliere per prima donna Angela, alle altre due sorelle, [Caterina e Mariangela]le altre due, quelle rimanenti  le lascia a Donna Lucia.

Seguono i lasciti per alcune chiese urbane e rurali di Chiaramonti.

Lascia ai due oratori urbani,[quelli appartenenti alle confraternite] quello del Rosario e della Santa Croce, quattro scudi ciascuno per la gloria di Dio e in suffragio della sua anima.

 Ordina che dei censi dovutile se ne prenda uno per la festa della chiesa rurale di San Michele Arcangelo [Santu Miali], qualora non bastasse, si attinga dai soldi che conserva in casa e questa festa si faccia per sempre.
Lascia all’opera del glorioso san Giuliano sei scudi per la gloria di Dio e in suffragio della sua anima.

Ordina che dai suoi beni si faccia ogni anno la festa del glorioso Sant’Antonio di Padova del convento del Carmelo e per questa festa si debbano accendere cinquanta candele più due candelabri e questo lo si faccia dal fondo di specificazione  che è quello che si ottiene dai censi dei suoi beni.

 Ordina perentoriamente che  tutte le obbligazioni [dei censi] che si dovevano ricevere dai debitori ai tempi del nobile Giovanni Battista Delitala, suo marito, li si faccia giurare, e a quelli che le hanno rubato il gregge gli si chieda nient’altro se non il valore del gregge.
Lascia al sacerdote Antonio Cossu i terreni coltivati  di Giuanne Zegu, di Giovanni Carta, de sas Serras. Cento scudi in denaro, due paia di buoi, insieme ai cavalli; in casa ha i soldi da cui si può ricavare il vestiario cioè la cappa e la talare.

Lascia al servo Gavino Satta, che viveva in casa, quattro scudi.

 Lascia i soldi che ha messo da parte per i fratelli Pascale perché vengano pagati per un anno e mezzo considerando il tempo del servizio e non oltre.

Lascia a Tonina Merendone uno dei materassi usati che ha in casa e due scudi per il tempo del suo servizio.
Lascia alla serva Anastasia, sebbene non abbia completato il suo servizio in base al contratto, un materasso usato, un paio di lenzuola rosse e una coperta sarda.

 Lascia  a Maria Pira due scudi.
Lascia a Francesca Gallu  tre scudi.

 Lascia a Caterina Pisanu dieci scudi.

 Lascia a Sebastiano De Ledda un paio di buoi novelli da assicurare con polizza e un paio di buoi.

 A Giovanni  Tommaso Tedde lascia un paio di vitelli.

 Lascia al nobile Giovanni Tedde suo fratello [minore] il servizio d’argento con tutte le chicchere d’argento.

 Lascia a Donna  Lucia Tedde la rimanenza dell’argenteria che ha in casa, i due letti da campo, così come si trovano uno col baldacchino e l’altro senza.
Lascia al fratello Giovanni Tedde cinquecento scudi dai suoi beni  e i rimanenti se li dividano in parti uguali i fratelli e le sorelle che sono Tomaso, Lucia, Giovanni, Angela, Caterina e Mariangela.

 Lascia alla nobile Donna Lucia, sua sorella, che è residente in questo paese di Chiaramonti, il palazzo che attualmente abita con tutti i possedimenti che ha in questo paese; la biancheria, innanzi tutto due baldacchini ricamati due balloni di tela fine e uno di tela grezza, la rimanente biancheria se la dividano le altre sorelle.

Lascia a Giuseppe, figlio del  fratello Tomaso Tedde, il gregge di pecore che pascola Giovanni Antonio Cabanna e la mandria di  cavalli che governa Lorenzo Nieddu.

 Similmente lascia alla nobile Donna Lucia Tedde la mandria delle vacche e il gregge delle pecore che governano i fratelli Cuadu.
Lascia la maggior parte del bestiame al fratello Giovanni.
Lascia al reverendo Antonio Cossu le capre che pascola Pietro Grandu.
Lascia la parte dei beni ereditati dal defunto padre [Andrea Tedde] a Nulvi, ai fratelli Tomaso, Angela, Caterina e Mariangela tranne i censi che ha destinato  per la costruzione della cappella di Sant’Antonio.

 Ordina che i censi che si ricavano dalla pensione servano ogni anno per acquistare una lampada di cera per i defunti e non bastando i censi che ha lasciato per la Messa di sant’Antonio di Padova che prelevino dalla vendita dei buoi e col ricavato, mettendolo ad interesse,  si acquisti la lampada e la cera in perpetuo. Lascia a Francesca Budrone due scudi.

 Lascia a Donna  Lucia Tedde sua sorella col palazzo tutte le pertinenze così come si trovano e tutto ciò che possiede nel paese  [di Chiaramonti] allo stato stato attuale.

Lascia e raccomanda caldamente ai curatori della sua anima e agli esecutori testamentari, al fratello don Giovanni Tedde del  paese di Nulvi, perché s’impegnino a dare subito dopo la sua morte ottocento scudi che ha lasciato perché vengano  celebrate le Messe da parte dei reverendi sacerdoti di questo paese e dei conventi di Nulvi e di Sassari.
Segue il formulario notarile consueto che si conclude dicendo che lei non firma l’atto   per non saperlo fare ma al suo posto firmano i sottoscritti testimoni:
Reverendo Giovanni Budroni, Nicola Sechi,Reverendo Tomaso Pirinu, Reverendo Matteo Are, Antonio Sale, Cristoforo Sale, Giovanni Maria Manchia, e il notaio pubblico Giovanni Antonio Pintus di Martis.

Dopo queste firme la nobildonna ripete quanto già detto in merito alla sorella Lucia.

“ In sos de pius benes mios instituo herede mia universale sa Nobile Doña Luguia Tedde, sorre mia, pro cuydadu qui fetat sas liberas voluntades suas pro esser custa sa voluntade mia et ultimu testamentu meu a sa quale incumendo si garrighet de sas solennidades pro sas funzione a mie faedora pro qui issa fetat su qui in issa cunfido, qui gasi est sa ultima voluntade mia”. Pintus Notaro.
“Nella maggior parte dei miei beni costituisco mia erede universale la nobile Donna Lucia Tedde, mia sorella, perché ne disponga presto secondo il suo arbitrio essendo questa la mia ultima volontà e ultimo mio testamento, alla stessa raccomando che si occupi delle esequie con le funzioni a me dovute perché faccia tutto perché in essa ho fiducia, questa è infatti la mia ultima volontà.”

Seguono le firme dei testimoni già citati prima.

Undici dicembre millesettecentosedici Chiaramonti.

Dalla lettura del testamento, giacente presso l’archivio della Biblioteca dell’Università degli Studi di Sassari, meglio detta Biblioteca dei Beni Culturali, dove sono confluiti tutti i documenti dei soppressi conventi e delle confraternite della provincia di Sassari, a suo tempo regestati da Antonella Panzino e pubblicati dalla rivista n. 6 Coracensis, di Uri.
Inutile dire che sono tanti i documenti: atti notarili di ogni genere e specie riguardanti in primo luogo il Convento dei Carmelitani di Chiaramonti. Ci vorranno studiosi di buona volontà, speriamo negli anni futuri, per scannerizzarli, trascriverli e contestualizzarli storicamente.
A noi interessavano quelli pertinenti  Donna Lucia, la cui ricchezza deriva in primo luogo dalla sorella maggiore e successivamente dalla sua capacità e da quella dei suoi collaboratori, per cui ne viene fuori una figura di donna affarista, che seppe tutelare e ampliare i suoi beni non solo nel territorio di Chiaramonti dove aveva la maggior parte dei suoi terreni, dei suoi immobili urbani e rurali, ma anche in vari luoghi e centri dell’Anglona e a Sassari.

Certo è però che la sorella maggiore ha scelto lei come erede universale rispetto ai fratelli e alle sorelle a cui lascia una porzione dei suoi beni e del suo corredo. Non trascura i sacerdoti, le nipoti di Nulvi e le persone al suo servizio sia nel suo palazzo sia fuori. E’ interessante riportare di seguito l’elenco di tutte le persone nominate nel testamento di Donna Gerolama i cui cognomi continuano a sussistere in Chiaramonti, eccetto qualcuno. [1]
Sacerdoti

Are Matteo
Budroni Giovanni
Cossu Antonio
Liggeri  Pietro carmelitano
Pirinu Tomaso

Domestici e pastori

Anastasia [Senza cognome] serva
Cabanna Giovanni Antonio, pecoraio
Budrone Francesca, serva
Cuadu Fratelli, pecorai
Damianu Dominigu,porcaro
Gallu Francesca, senza qualifica
Grandu Pietro, capraro
De Ledda Sebastiano [forse fattore]
Merendone Antonina,  ex serva
Nieddu Lorenzo, pecoraio
Pascale Fratelli, pecorai
Pintus Caterina, senza qualifica
Satta Gavino, servo

 Testimoni e notaio

Are Matteo,  sacerdote
Budroni Giovanni, sacerdote
Manchia Giovanni Maria, laico
Pintus Giovanni Antonio di Martis, notaio
Pirinu Tomaso, sacerdote
Sale Antonio, laico,
Sale Cristoforo, laico
Sechi Nicola, laico

Nomi della Genealogia dei Tedde Delitala
[sono esclusi due infanti morti]

Tedde Andrea nob. 1693
Delitala-Tedde Marietta cugina e moglie
Tedde-Delitala Tommaso Giovanni Maria I figlio
Tedde  Delitala Maria Gerolama
Tedde Delitala Don Gavino Maria
Tedde Delitala donna Angela in Delitala Cubeddu
Tedde Delitala donna Mariangela in Satta Sini Giovani Maria vedovo di Ozieri
Tedde Delitala donna Caterina nubile
Tedde Delitala Lucia nubile
Tedde Delitala Giovanni sposa Caterina Solinas Delitala
Nipoti di Donna Gerolama  eredi parziali

Delitala Gerolama figlia di donna Baingia Lado di Ozieri
Tedde Gerolama figlia di Don Francesco Tedde
Tedde Delitala Giuseppe figlio di Tommaso Giovanni Maria [2]
______________

[1] Buss S.5 ms 1032-78
[2] Genealogia dei Tedde scheda personale di Gianni Vulpes Ittiri.

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