Categoria : storia

“Nulvi” di Vittorio Angius in “Dizionario del Casalis”

 

I candelieri di Nulvi

NULVI, borgo della Sardegna, nella provincia e pre- fettura di Sassari, capo-luogo di mandamento e del principato di Anglona, e antico dipartimento del Logudoro.

Il suo nome antico Nugulbi riscontrasi in molti documenti del medio evo; la sua antichità è di molto superiore a quanto suppongono alcuni che lo voglion colonia d’Orria e di Chiaramonte.

La sua situazione geografica è nella latitudine 40°46′ e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari di 0°22′.

Il territorio nulvese è assai esteso, forse non minore nell’area di miglia quadrate 30; il paese ben situato in rispetto delle più parti del suo agro alla comodità degli agricoltori: un tratto però del medesimo si avanza sino ai territori dell’antica Bisarcio o Castra, dove si sparse molto sangue e da’ nulvesi che volevano difendere i loro diritti, e dagli ozieresi che volevano farsene padroni.

Una gran parte di questa superficie è montuosa; non pertanto la cultura è facile anche sulle pendici di colli. L’eminenze principali sono quella che dicono monte Almo, sulla cui sommità è posta la cappella dedicata alla B. Vergine nella sua natività; quindi il monte Scopa dal cui vertice lo sguardo stendesi a grande distanza e comprende bellissime scene, di montagne, di valli, di fiumi, e quella del mar torritano, dell’Asinara e della Corsica; e dopo questo il monte di s. Lorenzo, dove è il serbatojo delle fonti, di cui servesi il Comune; ed il monte Ventoso verso greco di considerevole elevazione.

Non si scarseggia di acque, e in ogni parte vedonsi delle sorgenti, che persistono vive anche sotto i grandi calori nel tempo della siccità. Solo presso al paese le fonti sono poche e poco abbondanti, e diventò povera la principale, da cui bevevano tutti, dal tempo che si tentò di migliorarla e di raccoglier tuta l’effluenza. Forse ne’ lavori si è otturata qualche fauce, e quindi avvenne che la spesa fatta a buon fine per la poco intelligenza di chi ordinò i lavori siasi riconosciuta di grave danno. Ora le famiglie devon mandare in diverse parti per provvedersi. Le altre fonti più notevoli sono le appellate Spada, Carchinada, Funtana Gua e Funtana de litu, dalla quale derivano acque di gran leggerezza e in molta copia. Da queste ed altre fonti formansi vari ruscelli.

Popolazione. Tra’ paesi vicini distinguesi la terra di Nulvi per migliori costruzioni, e per la più parte dele vie selciate: solamente è a desiderare che il sentiero, per cui entrasi da Sassari, sia più curato e men fangoso nell’inverno.

Nel 1840 erano in Nulvi, maggiori maschi 590, femmine 680, minori d’anni 20 maschi 890, femmine 879, totale anime 3239 in famiglie 725, nelle quali nascono annualmente 110, muojono 60, e si fanno 20 matrimoni.

Le malattie più frequenti sono, le infiammazioni nell’inverno e la primavera, le periodiche, e soventi le perniciose, le gastrico-nervose nell’estate e l’autunno. Patiscono molti il reumatismo, e vuolsi cagione di questo la troppa umidità, alla quale si attribuisce pure che gli abitanti in là de’ 30 o 35 anni diventino calvi.

Le principali professioni l’agricoltura e la pastoriia sono esercitate, la prima da individui circa 1200, la seconda da 400.

I mestieri di falegname, ferraro, muratore e scarparo avranno circa 110 persone, le quali lavorano non solo per i nulvesi, ma ancora per altri del Principato d’Anglona. In paragone con gli artigiani degli altri paesi questi di Nulvi sono molto meno rozzi.

Clima. Nell’inverno il freddo è assai sentito, e perché è insieme umido pare che penetri nelle ossa; nell’estate il calore è di rado molesto. Dominano più degli altri i venti dalla parte settentrionale, e talvolta spiegano tanta forza da rovesciar l’uomo; le tempeste causano frequenti danni, e parimente le pioggie troppo abbondanti e le nebbie. I seminati patiscono da queste, e ne hanno pur nocumento le uve e le frutta che non possono bene svilupparsi a maturità ed acquistano un sapore disgustoso; il gelo fa da altra parte gravi guasti. Nevica due o tre volte all’anno, ma in pochi giorni la terra resta tutta discoperta.

Uccelli. Quasi tutti i volatili conosciuti nell’isola sono nel territorio di Nulvi; ma in poco numero quelli di rapina. Le quaglie, le pernici e i merli, occorrono assai frequenti.

Selvaggiume. Il cacciatore qui non trova né mufloni, né cervi, né daini, ma soli cinghiali, lepri e volpi. Le caccie non sono rare.

Non mancano altre arti, ma in esse sono occupati pochissimi.

Noteremo dopo questi a compire la parte perso- nale, famiglie nobili 13, che avranno maschi 26, femmine 31, impiegati civili attivi 4, militari 6, preti 20, frati 25, procuratori 4, notai 10, medici 2, chirurghi 2, flebotomi 2, farmacisti 4, negozianti 10.

Si possono annoverare 540 famiglie possidenti.

La scuola primaria può avere 35 fanciulli; per progredire poi nella grammatica latina, alla quale i più si volgono, non mancano maestri fra’ molti che ritornarono dal ginnasio o dalla università di Sassari a non far niente nel paese, se non debbano attendere ai loro beni.

Vige qui, come in altre parti, l’antico pregiudizio, che i letterati, cioè quelli soventi che appena san leggere e scrivere, non possono senza degradarsi adoperare le loro mani in nessun arte meccanica e trattar la zappa. Sono questi oziosi il gran flagello dei paesi; essi vanno d’una in altra parte a vedere, a udire, a suggerire, a riferire, a far sottomani; onde poi nasce discordia fra gli amici, turbamento nelle famiglie, pericolo ai calunniati e molestia al governo.

Le donne non fanno molta fatica; i telai sono pochi, e le tele e i panni men del bisogno delle famiglie. La pubblica beneficenza poco considerevole finora nelle più parti della Sardegna qui è ancora iniziale, ed è però giusto che si nomini D. Marietta Delitala, e D. Paolo Puliga, che legarono una tenue somma (l. n. 100) per le fanciulle da marito. Si fan le sorti nella solennità del cuor di Gesù, e poi nella festa della Vergine assunta. Le prime devono nominare una che sia per maritarsi; le seconde non hanno questa condizione.

In Nulvi è stabilita una stazione di cavalleggieri, e un certo numero di soldati del corpo-franco comandati da un uffiziale; forza che in certi tempi sentesi minor dell’uopo, principalmente quando i vicini sedinesi si adunano in grosse squadriglie.

La milizia dell’Anglona (una compagnia di battaglione) ha il capitano in Martis, il tenente in Chiaramonte, l’alfiere in Nulvi. Il contingente nulvese è d’uomini 45.

Poche notevoli differenze sono nel vestire dei nulvesi dalla foggia dei paesi vicini.

Nel duolo gli uomini portano il giubbone nero, lascian incolta la barba, e vanno incappucciati anche d’estate; le donne poi sopra il fazzoletto nero con cui han coperto il capo pongono un grembiale o bianco o giallo, secondo il grado di parentela.

Usano ancora le vesti di duolo le mogli e le figlie di coloro che sono soffrendo una grave sentenza, p. e. di lavori forzati, e nol depongono prima che essi siano restituiti in libertà. Per la morte dei mariti o d’altri parenti assai stretti protraggono assai il duolo; il compianto è più nei lamenti e nelle strida, che nelle lagrime e nei sospiri; e quando disgraziatamente portasi in casa alcuno ucciso, esse vanno scarmigliate e ululanti dietro la bara.

La principale delle ricreazioni è la danza, e sono frequenti li scambievoli conviti.

I nulvesi sono persone di spirito e di ingegno, e di una particolare idoneità alle cose cui s’applicano; cortesi, buoni amici, e nemici da temere. Essi pure smaniano per la vendetta, e quando si accendono fazioni è difficile ridurli alla pace se il numero degli uccisi non sia eguale da una ed altra parte. Nel rimanente sono nel generale laboriosissimi e buoni economi, ma restii al progresso, né si lascian facilmente dimovere dalle consuetudini e pratiche dei loro maggiori. I ladronecci una volta assai frequenti scemano, e sarà riconosciuta la falsità della opinione dominante in quei miserabili viventi dalle rapine, che accrescevan co’ furti la loro fortuna, i quali pensavano di aver adempito al loro dovere facendo invece della restituzione delle limosine per messe, o in punto di morte de’ legati pii.

Nel tempo che i popoli sardi delle provincie settentrionali si agitavano contro i baroni, i nulvesi rimasero tranquilli. D. Gio. Maria Angioi deliberato di assalir la capitale invano cercò conciliarseli. Essi non risposero alla chiamata, mentre al comando del legittimo governo mossero pronti per travagliare al ristabilimento dell’ordine, come fecero in Ossi e Tissi comprimendone la sedizione.

Agricoltura. Questa è assai estesa e si può dire praticata con intelligenza. Nelle valli, nelle pendici, sul dorso delle colline, dove con l’aratro, dove con la zappa, il nulvese lavora e domanda i suoi frutti alla terra, la quale è solita rispondergli con benignità.

I numeri ordinarii della seminagione sono i se- guenti: starelli di grano 6000, d’orzo 3000, di fave e legumi 800; quelli della fruttificazione sono il 10 per il frumento, il 15 per l’orzo, il 5 pei legumi.

Di lino se ne raccoglie per circa 800 libbre; di canape 200; dal granone seminato in n. di 35 starelli se ne raccoglie circa 400. Alla coltura di tanti starelli di terreno sono adoperati non meno di 650 buoi. Bisogna però notare che una parte è operata colla vanga nei così detti narboni.

Le vigne occupano un’area notevole ed il loro frutto è di riguardo. La vendemmia suol dare circa 32 cariche di mosto, del quale un quarto si brucia per acquavite, e in massima parte si cuoce, già che costumano mescolare il cotto al mosto perché non inacidisca. Egli è vero che generalmente i grappoli non maturano bene; ma questo è perché i luoghi sono male scelti. E restando le cose nello stato che sono se i nulvesi conoscessero migliori metodi avrebbero migliori prodotti.

D’alberi fruttiferi ve n’ha grandissimo numero, e sebbene poco o nulla curati, danno frutti di ottimo gusto. Le specie però sono poche, e gli ulivi che vi prospererebbero a meraviglia, non sono forse in tutto il territorio più di cento. Forse vorranno tentare la coltura de’ gelsi, se v’ha chi li persuada e ne dia l’esempio.

Pochi tratti di terreno sono coltivati a piante or- tensi, e queste ridotte alle sole specie, citriuoli, meloni, cavoli e rape. Per le altre mandano a Sassari.

Pastorizia. Sono nel nulvese molti pascoli, e però vi si nutre gran quantità di bestiame ne’ vari prati, nelle tanche, ne’ salti, e nella selva ghiandifera.

Nel bestiame domito sono i buoi già sunnumerati per il servigio dell’agricoltura e alcune vacche; quindi i cavalli di stalla per sella o trasporto non meno di 500, porci 300, giumenti 300.

Nel bestiame rude sono vacche 350, capre 2000, pecore 12,000, cavalle 250, porci 500.

Solo il frutto delle pecore è considerevole, sebbene tanta parte se ne tolga da’ pastori, che hanno ne’ latticini più che mezzo il nutrimento. I formaggi sono di mediocre bontà eccetto quello che fassi per prima qualità.

Il bestiame soggiace a varie malattie, le quali talvolta infuriano in mortale epizoozia, senza che si abbia né in questo né in altre parti del dipartimeato una persona perita, che indichi o faccia un rimedio. Il carbonchio detto da’ pastori sa morte mala, su battimu simile al- l’asma convulsivo, e la tosse, sono in certi anni causa di gran morìa per le pecore e capre, non andando esenti dal primo malore le vacche e le cavalle. Il bevere delle acque stagnanti e mangiar l’erba rugiadosa produce principalmente nelle pecore la malattia, che dicono volgarmente s’abbadura o male de’ su centore, per cui muojono in consunzione: la tigna attacca spesso le ca- pre in maniera di contagio, e quando l’annata è sterile viene a’ porci ed alle pecore il morbo pedicolare. Fin- ché la pastorizia non si riformi e il pastore sappia come curare le varie specie, il bestiame sarà una proprietà di gran pericolo. Quanti perdono a centinaja i capi sen- z’altro frutto che della pelle e del cuojo?

Commercio. Il principal ramo sono i cereali, una cui parte si vende nella piazza di Sassari, l’altra nel Montacuto e Gallura, e di rado in Castelsardo. Il lucro sarebbe maggiore se il vettureggiamento si potesse fare su’ carri, e non come si fa ancora sul dorso de’ cavalli. Quindi è desideratissimo, che si tracci e compia la strada progettata da Sassari per l’Anglona in Gallura così come era in migliori tempi, per quello che vediamo nell’Itinerario di Antonino.

Le vie, che ora si battono, possono spaventare nell’inverno i più coraggiosi viaggiatori; e più delle altre quella che guida a Sassari, nella quale è una precipitosa discesa al fiume, quindi una assai ripida salita; ma questo passo difficilissimo pare nulla quando si giunge nel cammino sotto Osilo, in quel mar di fango sopra un dubbio terreno, e in quella maniera di ponte, su cui si passa, dove è da temere a ogni piè sospinto, che il povero giumento non metta il piede in fallo tra quei sassi informi mal disposti, ed esso si rompa le gambe, il cavaliere si rompa il collo o si affoghi in mezzo a quella cloaca.

Vendesi pure a’ sassaresi pelli, cuoja, ricotta e formaggio.

Tanche. Un quarto della estensione territoriale è chiuso da muri a secco, o da siepi. Dedotta l’area delle vigne, la restante superficie chiusa è divisa in tanche di diversa grandezza, delle quali alcune sono solamente per pascoli e hanno molte quercie con altre specie; altre servono al pascolo e alla seminagione.

Selva. Stendesi questa per tre miglia in lungo, per uno in largo, ed è popolata di soli soveri.

Religione. Il popolo di Nulvi riconosce l’autorità del vescovo d’Ampuria.

La chiesa maggiore intitolata della Vergine Assunta fu nel 1780 ristaurata, e ridotta in miglior forma. È di tre navate, ed adorna di belli altari con alcuni simulacri pregievoli, tra’ quali quello della titolare rappresentante la Madonna nel suo letto di morte, non nel- l’aspetto dell’età in cui morì, ma in quello in cui si abbellì nel momento, che Iddio infondea un’altra volta il beato spirito per ravvivare, e glorificare il corpo, sembianza di eterna giovinezza, e di veneranda bellezza, così come in tutta la Sardegna è antico costume di rappresentare l’Assunta, e credesi per imprimere me- glio nelle menti l’idea che la B. madre di Dio morì come il suo figlio, verità che a molti devoti della medesima in non so qual tempo pareva assai dura.

Nella vigilia di quella solennità si portano per le più popolose vie in processione per la terra, così come nello stesso giorno si fa in Sassari ed in altre parti, tre candellieri, che diconsi parimenti memoria del voto di tre enormi cerei alla V. Assunta, che il comune fece sotto il flagello d’una pestilenza forse contemporanea- mente al voto del municipio di Sassari per simil ragione. I candellieri che con gran festa consacrano alla Vergine e dispongono prossimi al suo cataletto sono di diversa forma, che gli usati in altri comuni. Dalla metà in su sono lavorati con molt’arte, variamente colorati, adorni di molte piccole effigie rappresentanti diversi misteri della scrittura, e le memorie di santi protettori dei gremii. Dopo l’ottava se li dividon fra loro gli operai de’ tre corpi d’arte.

Giacché sono su questo soggetto continuerò. Quando questi candellieri votivi sono stati portati nella chiesa compariscono dodici della confraternita di s. Croce, vestiti alla foggia degli apostoli e dall’aula de’ canonici portano in chiesa in modo pomposo la B. V. nel suo cataletto. La quale poiché i sacerdoti hanno onorato co’ loro cantici e i popolani venerata, questi escono da chiesa e cominciano la danza festiva che si continua per alcune ore della notte alla melodia delle voci.

Nell’anno sunnotato questa parrocchia fu eretta in collegiata per le generose largizioni di D. Marietta Delitala. Componesi il capitolo di nove canonici e d’un decano con sei beneficiati. I fondi capitolari non sono meno di l. n. 500,000 senza comprendervi i beni proprii delle chiese e le dotazioni di varie cappelle.

Sono in questo comune istituiti due conventi di Francescani, uno de’ cappuccini (s. Tecla), l’altro de’ minori dell’osservanza (san Bonaventura) presso due chiese all’estremità dell’abitato. Quello de’ cappuccini fu già uffiziato da’ benedettini, come consta dalle antiche memorie. Concorresi in gran folla a s. Tecla quando nel 25 ottobre, natalizio di s. Gavino, si espone un reliquiario, dove credesi sia del vero sangue del martire, portatovi da D. Giovanni Obispo, arcivescovo Turritano, come da iscrizione che vedesi nel luogo, dove è conservata.

Le altre chiese minori sono nel popolato gli oratori di s. Filippo Neri, di s. Croce, in cui è ragguardevole il simulacro del Crocifisso, e quello del Rosario, in cui è osservabile il quadro di s. Catterina.

Nella campagna sono molte chiese rurali, di cui alcune cadute o cadenti, che avevano titolare s. Giuliano, s. Elena, s. Barbara, ed altre. Sussistono ancora le cappelle, una dello Spirito Santo riedificata nel 1830, e quelle che sono nominate da s. Lussorio, da s. Antonio abate, dal santo Salvatore, da s. Giovanni, s. Brancazio e s. Bacchisio.

Popolazioni antiche. In alcuni siti di questo territorio sono chiare le vestigie di antiche abitazioni, nella valle di Anglona quella d’Orria manna e d’Orria piccinna, e nella parte montuosa in sulla via a Sorso quella di Villafranca Eris, in territorio disputato tra i nulvesi e gli osilesi.

Nuraghi. Nel territorio di Nulvi è grandissimo numero di siffatte costruzioni, e se ne può nominare non meno di 71.

Nella regione meridionale: 1. Su nur. de Padronu per metà disfatto; 2. n. de monte Iscova quasi intero; 3. n. de Ara; 4. n. Bardosu; 5. n. de funtana Argentu; 6. nuraghe rubiu; 7. de’ su Isterridorju; 8. n. S’Ispidar- ju; 9. n. Saba; 10-11. due nel colle di Orria; 12. n. Titele; 13. su Chirispada presso s. Giusta, chiesa campestre in quello di Chiaramonte.

Nella region di levante: 14. n. de’ su monte de’ sas moltes, presso il quale scorre il fiume di Martis; 15. n. Balonzanos; 16. n. de’ s. Arvara; 17. n. Irru; 18. n. Su viddi alvu; 19. n. de’ pedra serrada; 20. n. de’ monte Olidone.

Nella region di greco: 21. nur. pedrosu; 22. su terri rubi; 23. Colondras; 24. Spada; 25. Olentari; 26. su riu de’ su salighe; 27. n. de’ monte de’ mesu; 28. Nura- ghe Orcu, quasi intero; 29. n. Gulzi poco men che in- tero; 30. Sa mura bianca; 31. S’Ena-manna; 32. Car- chinada; 33. Concaniedda; 34. nur. s. Lussurju.

Nella region boreale: 35. nur. S’Argentera; 36. Su Cobeniada; 37. Su Ludosu; 38. Ladina; 39. Muros; 40. nur. de’ s’ena longa; 41. nur. de Don Giovannantoni; 42. nur. Sa Marchesa; 43. S’Elighe ventosu; 44. Monte Iscarpa; 45. Monte Elva; 46. un altro prossimo dello stesso nome; 47. Iscala de Cacu; 48. un altro denomi- nato Ladina; 49. Pianu Ederas; 50. Seddas de Noasi; 51. nur. de Antonurru; 52. Su mattisuja; 53. Ena For- mica; 54. Paca sera; 55. Funtana Loda; 56. Piantasi; 57. Su boinarju; 58. Nurache Alvu; 59. Giuanna Lias; 60. S’ena de s’Aghedu; 61. S’adde de sa chessa; 62. nur. Buvu intro; 63. un altro detto Sa Marchesa; 64. Sa Pi- tosa; 65. nur. Ruspina; 66. un altro prossimo; 67. Su Fraìle; 68. nur. Columbos; 69. nuraghe de fora.

Nella region maestrale: 70. su monte de’ su furru; 71. Su Cabrione; 72. Figu-pinta; 73. Su carchinarju.

Noterò nel nuraghe Orcu (n. 28) essersi trovati alcuni idoletti di bronzo, spilloni di ottone, e varie file (corone) di ambra. In distanza di 40 passi ordinari si scoprirono alcuni sepolcri, dove pretendesi essersi trovate ossa maggiori della ordinaria misura.

Quello che appellasi dess’Argentera (n. 35) ha delle particolarità che meritano l’attenzione degli studiosi dell’archeologia sarda.

Il nuraghe di Monteiscarpa ha prossimi altri de’ così detti sepolcri.

Quello di Montalvu o Montalbo, tuttoché a metà distrutto, può dirsi il primo de’ nuraghi del Nulvese, costrutto interamente a pietre calcaree. La figura del medesimo è quadrata, ma forse l’inscritto cono è cancellato dalle rovine. La sua camera ha circa 6 metri di diametro e comunica con varie camerette, qua- si nicchioni.

Presso al nuraghe su monte dessu furru trovasi una notevole costruzione del genere di quelle, che sono appellate da’ sardi sepolture di giganti. Essa è cono-ciuta sotto il nome di Sepultura dessu paladinu.

È poi da notare che quasi tutti i nuraghi che abbiamo indicati nella regione boreale sono prossimi gli uni agli altri dagli 80 a’ 100 passi, e alcuni più ancora.

Bibliografia
Nulvi   Goffredo Casalis ” Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. ik Re di Sardegna”G. Maspero librajo, Torino, 1856 p.

Vittorio Angius, ARCHIVIO FOTOGRAFICO SARDO

 

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