” Don Giovanni Maria Dettori” di Pietro Meloni

Pubblichiamo sia pure con ritardo un profilo biografico di colui che per noi era Don Dettori parroco di Chiaramonti per tanti anni  e tre anni prima della sua dipartita trasferito a Ploaghe come Rettore di quella gloriosa parrocchia di San Pietro e Paolo di cui fu  rettore dal 1827 al 1868 il chiaramontese Salvatore Cossu che oltre a sa Dottrinedda Sarda di Gavino Cossiga ha provveduto a pubblicare Su Manuale de su bona christianu, su Catechismu sardu e Sos sermones preigados a sos piaghesos.
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Prima che finisca l’anno 2020 mi sembra doveroso ricordare il 100° anniversario della nascita dei sacerdoti diocesani nati proprio un secolo fa: Don Dettori e Don Muresu.

Don Giovanni Maria Dettori, sacerdote zelante e gioioso, valente poeta in lingua logudorese e italiana, era nato a Siligo il 3 giugno 1920 in una famiglia umile e credente, da Efisio e Gavina Maiale, che fin da quando era piccolo lo accompagnavano alla chiesa parrocchiale di Santa Vittoria. Era felice di fare il chierichetto e volentieri rimaneva in ginocchio a pregare. Frequentava le Scuole Elementari nel paese, assetato di conoscenza e di amicizia. Per la Scuola Media andò al Seminario Arcivescovile di Sassari, nei primi anni Trenta, quando era Rettore Padre Vincenzo Mollo e Direttore Spirituale Padre Manzella. Per gli studi superiori e teologici passò al Pontificio Seminario Regionale di Cuglieri negli anni della guerra e … della fame. Diligente negli studi, ottenne la Licenza in Sacra Teologia alla Facoltà Teologica del Sacro Cuore.

Fu ordinato sacerdote dall’Arcivescovo Mons. Arcangelo Mazzotti il 29 giugno 1943 nella chiesa parrocchiale di Sant’Anastasia a Tissi, dove aveva partecipato agli Esercizi Spirituali in preparazione all’ordinazione sacerdotale, poiché la città di Sassari viveva in quel tempo nell’incubo dei bombardamenti della guerra. Un mese prima Sassari era stata bombardata dagli americani e l’arcivescovo aveva fatto il voto alla Vergine delle Grazie per scongiurare nuovi bombardamenti. Il 29 giugno insieme a Don Dettori furono ordinati altri quattro sacerdoti: Don Giovanni Maria Campus di Giave, Don Benedetto Morittu di Bonorva, Don Francesco Piredda di Sorso, Don Giovanni Garau di Ploaghe.

Don Giommaria fu subito inviato come vice parroco alla Parrocchia di Santa Caterina a Mores, dove rimase nel servizio pastorale per otto anni, fino al 1951, attirando alla Chiesa la popolazione e soprattutto la gioventù. Tutti dicevano che era un piacere vederlo tra i ragazzi e tra i giovani, riuscendo a trascinarli con il suo entusiasmo e avvicinandoli all’amico Gesù.

Il 1° ottobre 1951 fu nominato Parroco della Parrocchia di San Matteo a Chiaramonti, successore del mite sacerdote Don Pietro Dedola, parroco dal 1931 al 1951. Esercitò il suo servizio pastorale per trentadue anni a Chiaramonti fino al 1983, divenendo sempre più “chiaramontese” nello spirito. Nella parrocchia appariva come un buon pastore, accogliente a tutto il popolo, con una speciale predilezione verso i bambini e i giovani. L’Azione Cattolica era fiorente, ed io ricordo la grande partecipazione alle assemblee quando con i dirigenti diocesani facevamo visita all’associazione di Chiaramonti. La Confraternita di Santa Croce,sempre incoraggiata dal parroco, preparava con cura i riti della Settimana Santa per S’iscravamentu del Venerdì Santo e S’incontru con Gesù Risorto della Domenica di Pasqua. Preziosa per la formazione dei bambini era la collaborazione delle “Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso”, fondate dal Padre Salvatore Vico e successivamente delle “Suore del Getsemani”, fondate dal Padre Giovanni Battista Manzella, che curavano l’Asilo Infantile.

 

Don “Mimmia” era un sacerdote di “animo buono, sempre disposto alla comprensione degli altri, a scusare tutte le debolezze, mai incline alla condanna”, scrisse Don Tonino Musina su Libertà, ricordandolo nei tempo della morte (20 giugno 1986). Fu insegnante di Religione nelle scuole. Pubblicava articoli riguardanti la poesia e la storia sarda sulla Nuova Sardegna e su Libertà. Pose mano anche al rinnovamento della chiesa parrocchiale di San Matteo, sorta nel 1888 quando non era più utilizzabile l’antica chiesa del Castello dei Doria.. Custodiva in perfetto ordine le chiese del paese e del circondario, nelle quali le celebrazioni delle feste vedevano una larghissima partecipazione del popolo. Chiamò la popolazione ad innalzare nel rione di Codinas l’artistica statua di Maria Vergine. Fu anche nominato monsignore nella Chiesa Diocesana.

Il paese attraversava una fase di graduale raffreddamento della fede, soprattutto tra gli uomini, con i quali non era facile affrontare il dialogo, e spesso vedeva allontanarsi dalla Chiesa dei giovani che erano stati suoi “aspiranti” nell’Azione Cattolica. Sul clima di quel periodo il prof. Angelino Tedde dice che Don Dettori visse “il dramma della rottura tra fede e politica” (Accademia Sarda).

La caratteristica speciale di Don Giovanni Maria, ottimo musicista e suonatore del pianoforte e dell’armonium, era il fatto che univa la sua vocazione religiosa alla vocazione poetica, sull’esempio del poeta estemporaneo suo compaesano Gavino Contini. Valorizzava il canto dei “gosos” e ne creava di nuovi con vera arte poetica. Ottenne diversi premi di poesia tra il 1960 e il 1980, al Premio Città di Ozieri e all’Accademia dei Cinquecento. E collaborava alla rivista di poesie “S’Ischiglia”, fondata e diretta dal suo amico Angelo Dettori di Bonorva, stringendo amicizie con tutti i poeti legati alla rivista. Le sue poesie, talvolta pubblicate su Libertà, sono un notevole patrimonio ancora da esplorare. Una profonda amicizia strinse con il poeta- pastore chiaramontese Bainzu Truddaiu.

Per tutta la vita ha ricercato le poesie sulla Madonna in lingua sarda e tutte le poesie del suo compaesano di Siligo Gavinu Contene. Assisteva volentieri alle “gare poetiche”, e ne studiava l’origine e la tradizione con competenza e meticolosità. La “gara poetica” studiata da Don Dettori, scrisse il prof. Enzo Espa su “Libertà” il 10 giugno 1983, “questo eccezionale fatto della nostra cultura, fino ad oggi ha avuto scarsa letteratura scritta … perché quella sarda è rimasta, tutto sommato, una cultura orale … il sardo, quando registra su nastro una gara poetica estiva, non sente mai il bisogno di trascriverla. La impara a memoria”.

Don Dettori fu trasferito da Chiaramonti a Ploaghe nel 1986, tra il rimpianto di “tanti chiaramontesi che aveva accompagnato dal fonte battesimale al giuramento matrimoniale e alla tomba” (A. Tedde, Accademia Sarda). E insieme alle sue lacrime nel salutare un paese dove per trentadue anni era stato padre e pastore, manifestò la sua nostalgia con struggenti versi poetici:

“A Zaramonte”. “Partire est unu morrer” nos hat nadu \ s’antiga oghe ‘e sa Sabidoria. \E tràmula e tristura ‘e vena mia\ est fiorende in su coro agitadu. \Ti lasso, Zaramonte, ch’indoradu \m’has, giovineddu ancora,, de majia:\ lasso sos annos de dulche alegrìa \e de ferìdas chi m’han imbezzadu.\ Ma l’hapo iscrittu a literas de oro \su Nomen tou, e sas amadas caras,\ ch’in solidade m’han fattu corona. \Miralas, ca t’abberzo, oe, su coro,\ las ricamo cun cantigos de laras: \ses sa idda pius bella de s’Anglona.

Gli ultimi anni della sua vita li trascorse a Ploaghe, come Parroco della parrocchia di San Pietro Apostolo, segnato da varie infermità, ma desideroso di immergersi con entusiasmo nel nuovo campo pastorale. Dopo tre anni la sua salute venne a mancare. Aveva pubblicato da poco le poesie di Gavino Contini e aveva preparato insieme ai Servi di Maria, della nuova Parrocchia Cristo Re, la “Prima Messa” del novello sacerdote ploaghese fra Salvatore Maria Ruiu. Morì il 12 giugno 1986, dopo aver celebrato la Santa Messa nella chiesa di San Pietro, mentre stava per recarsi al Ritiro del Clero nella casa di accoglienza di S’Aspru. L’arcivescovo Mons. Salvatore Isgrò nell’omelia funebre lo ringraziò per il suo esemplare servizio sacerdotale.

Gli amici di Ploaghe Antonello Pilo e Giusy Sechi, animatori della benemerita “Croce Gialla”, che Don Dettori chiamava “pellegrinos de s’Amore”, lo ricordarono su “Libertà” dicendo che la Croce Gialla perdeva “un socio, un collaboratore, un amico … e un benefattore”. “E’ doveroso che tutti conoscano la tua generosità”.

+ Pietro Meloni

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