“Alla ricerca di un futuro” di Paolo Pombeni in “Mente politica”

Sarà che è tipico del periodo avvicinandosi il giro di boa di San Silvestro, ma anche per la politica italiana il problema è interrogarsi sul futuro: su quello immediato (cadrà o no il governo Conte? E che succederà dopo?) e su quello almeno a medio termine (come rimetteremo in piedi il Paese una volta che si riuscisse a lasciarsi alle spalle la pandemia?).

Sulla prima questione la nebbia è notevole, sulla seconda totale. E poiché le due questioni sono strettamente connesse, la preoccupazione, per non dire l’angoscia per il futuro è crescente e non basta questa volta il solito ottimismo di maniera di ogni periodo fra Natale e Capodanno. Per affrontare il futuro con qualche serenità occorrerebbe avere qualche segnale di speranza e non ce ne sono molti. Soprattutto manca il potersi riferire ad una classe politica capace di mostrare consapevolezza che c’è sul tavolo il futuro di tutti e non il suo.

Quello che sta succedendo sulla legge di bilancio è istruttivo. C’è un festival di richieste di bonus e mancette senza senso né significato: si va dal finanziare corsi di jazz nei licei al sostenere l’impianto di rubinetti che fanno risparmiare l’acqua e via con roba simile. Non che in sé queste siano cose scandalose: lo è pensare di impiegare soldi pubblici a debito in questa fase per interventi così settoriali. Si dirà che è il solito spettacolo, perché è costume che i vari deputati si esibiscano con le loro piccole lobby di riferimento a provare ad infilare nella legge qualcosa a loro favore, mentre poi alla fine tutto viene cancellato. Ci si può passare sopra in tempi normali, non in una fase di emergenza ed è grave che i partiti non si curino più di mettere ordine nei loro gruppi per impedire queste gazzarre spenderecce. Almeno per evitare ulteriore discredito presso la pubblica opinione (e magari se i giornali mettessero l’elenco dei proponenti dietro ognuno di queste proposte poco decenti aiuterebbe …).

Naturalmente stiamo parlando di un fenomeno a livello quasi di folklore politico. E’ assai più preoccupante che a fronte del problema enorme di mostrare che il paese è all’altezza di investire bene i 209 miliardi attesi dall’Europa si assista ad una battaglia fra le forze politiche per tirare a campare. Nessuno è esente da questo rilievo. Può essere quasi patetico nel caso di Conte, dei Cinque Stelle, di Renzi, ma dal rilievo non è esente il PD e neppure l’opposizione. Quest’ultima sta facendo di tutto per tenere in piedi il governicchio attuale, convinta di avere così più vantaggi che se si stabilizzasse la situazione con un esecutivo in grado di guidare seriamente il Paese fuori dal trauma della pandemia.

Quello che stupisce un osservatore che non si vuole impelagare in nessuno dei fan club che circolano per i talk show e assimilati è che di come affrontare un futuro che sarà molto complesso ci si occupa molto poco nella latitanza generalizzata di un dibattito sui nodi del paese. Per dibattito non si intende la lista della spesa di quel che non funziona: quella si trova in numerose versioni presso ogni partito, associazione o opinionista. Vogliamo riferirci a piani precisi per venire a capo almeno di qualcuno dei nodi con cui dobbiamo confrontarci. Il primo è la ricostruzione dello spirito pubblico, in generale certo, ma in particolare in tutti coloro che sono investiti di funzioni pubbliche. Non c’è riforma che possa funzionare se si scontra contro la resistenza passiva dei settori che investe. Ci vuole un generalizzato spirito di sacrificio (pur senza richiedere eroismi inutili), una disponibilità di tutti a sentirsi responsabili del funzionamento del sistema per riuscire a cambiare direzione al decadimento del Paese. Se continuiamo con i comportamenti in cui ciascuno difende i privilegi propri e della sua corporazione non c’è riforma e resilienza che tenga.

L’esempio però deve venire dall’alto. Non si può andare avanti con questo blocco delle decisioni perché per tenere tutto fermo ad alcuni fa comodo sventolare la minaccia delle elezioni anticipate e ad altri di prospettare crisi di governo che portino a soluzioni miracolistiche. Qui c’è bisogno di cambiare, ma per farlo occorre avere una qualche idea precisa sul futuro verso cui vogliamo marciare. Non c’è in questo momento uno straccio di sede in cui si lavori a costruire consenso attorno allo scioglimento di alcuni nodi. Paradossalmente abbiamo molte analisi, alcune anche pregevoli, sui nostri ritardi e problemi, ma quando si tratta di mettere insieme un consenso, ciascuno pretende che passi la “sua” soluzione, e proprio come l’ha pensata lui, altrimenti non se ne fa nulla.

Dove porti questo modo folle di affrontare i problemi l’abbiamo già sperimentato. Per non citare che due grandi esempi nel campo più strettamente politico ricordiamo come non si è riusciti a cavare un ragno dal buco sulla riforma costituzionale di cui c’è bisogno e su una legge elettorale che possa funzionare. Ogni volta si è arenato tutto perché l’unica coalizione possibile era solo quella fra tutti coloro che non volevano una riforma in discussione nella speranza che così potesse passare poi la propria. E non se ne è poi fatto nulla.

L’auspicio che ci permettiamo di esprimere per il 2021 è che qualcosa rompa il maleficio di questo incantesimo che pesa sulla storia politica italiana. Qualche volta in passato è successo. Sperando contro ogni speranza vorremmo accadesse di nuovo.

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