Categoria : politologia

Europa tedesca aut Germania Post-Euro? Riflessi dalla crisi dell’euro – di Massimo Faggioli

Al termine dell’anno 2010, la fine della crisi dell’Euro è ancora lontana, e l’economia tedesca ne trae vantaggio, a giudicare dai tassi di crescita impressionanti e non paragonabili con nessun paese dell’Occidente euro-atlantico. Ma il dibattito tedesco sul futuro dell’Europa e dell’Euro non recepisce nessun segnale di ottimismo dal positivo andamento dell’economia del più grande paese della Ue. Dopo il bail-out della Grecia e l’aiuto all’Irlanda, la Germania teme la creazione di un modello di salvataggio che pone al governo tedesco non solo un problema di sopravvivenza politica, ma anche costituzionale, data la stretta e incombente vigilanza della Corte di Karlsruhe sulle possibili violazioni ai patti fondativi da parte di questi salvataggi. Il governo CDU/CSU-Liberali patisce una mancanza di leadership del cancelliere Merkel e una crisi di autorità del ministro degli esteri, Westerwelle, non solo all’interno del governo ma anche all’interno del suo stesso partito, la FDP.

1. Quale Germania, quale Euro

La gran parte del dibattito tedesco sui destini dell’Europa si sovrappone, oggi, a quello sul futuro della moneta unica: la questione ha preso il sopravvento sulle altre questioni di carattere costituzionale, geopolitico, strategico. Aperto dalla crisi fiscale e finanziaria della Grecia all’inizio dell’anno, nel corso del 2010 il dibattito sull’Euro ha avuto un impatto particolarmente importante in Germania, il paese che con maggiore riluttanza aveva rinunciato alla moneta nazionale in uno scambio (sottinteso ma evidente) con l’accettazione da parte degli altri paesi dell’Europa della riunificazione tedesca. Due sono le letture di maggior corso nell’opinione pubblica tedesca circa la soluzione della crisi dell’Euro. La prima è rappresentata dalla stampa conservatrice, Die Welt e Frankfurter Allgemeine Zeitung, che sostengono lo sforzo del governo Merkel di sottrarre la Germania ad una disponibilità a giocare la partita dell’Euro senza condizioni, e che si mostrano disposti ad ipotizzare una Germania senza Euro, o con un Euro diverso. Tra novembre e dicembre Die Welt ha pubblicato una serie di editoriali tesi a richiamare al governo tedesco le sue responsabilità “pedagogiche” nei confronti dell’Europa in materia di disciplina fiscale e finanziaria: quello sforzo pedagogico verso gli altri paesi europei è chiaramente fallito e il governo tedesco deve inventare altre soluzioni per non farsi travolgere dall’indisciplina degli altri paesi. La storia dell’Euro veniva non a caso denominata “l’Euro avventura”, per sottolineare i limiti di sopportabilità per la Germania dell’indisciplina degli altri paesi, e per aprire una discussione sull’opportunità di poter escludere i paesi fiscalmente non responsabili dall’Euro (1). In questo senso, Die Welt non lesinava critiche anche al governo tedesco, che solo nelle ultime settimane del 2010 aveva parlato con voci diverse sul tema – e non principalmente con la voce del cancelliere (2). Su una linea di simile rigore, ma portatrice di una maggiore coscienza dei costi di una messa in discussione dell’Euro, anche la Frankfurter Allgemeine Zeitung incitava il governo tedesco a farsi portavoce della linea del rigore in Europa, al fine di creare un’Europa tedesca dal punto di vista della disciplina fiscale e del modello economico (3). La FAZ reagiva anche con fastidio alle accuse di egoismo nazionalistico rivolte contro la Germania e provenienti da vari paesi europei e dagli Stati Uniti: “l’abitudine ad una politica fiscale non rigorosa, come si ha in alcuni paesi dell’Europa del sud, non giustifica la pratica di accusare la disciplina fiscale come un’ossessione tedesca o nordeuropea, o peggio, come la voglia di dominio da parte della Germania” (4). Nei confronti del governo Merkel, anche la FAZ esprimeva la preoccupazione per una linea non coerente tra quanto promesso in patria e i frutti del compromesso europeo, e coglieva l’occasione per tracciare un limite invalicabile – un chiaro no alla proposta di Juncker degli “Euro-bond” (5). Su una linea chiaramente diversa la stampa liberal. La Süddeutsche Zeitung di Monaco ha sposato una linea critica nei confronti del governo tedesco e dei leader europei per la mancanza di coraggio nel salvataggio dell’Irlanda e per la timida azione nei confronti delle banche europee (6). Particolarmente acuta la reazione della SZ contro quanti, in questo periodo, lanciano le ipotesi di uscita dall’Euro della Germania o di una radicale ristrutturazione della moneta unica (7). Da una parte, il quotidiano di Monaco sottolinea il carattere interconnesso dell’economia tedesca e di quella degli altri paesi europei e i costi di un ritiro dell’Euro; dall’altra, si evidenziavano i costi politici di questo fallimento epocale, riconoscendo però che il dibattito sul futuro dell’Euro è appena iniziato. Da questo punto di vista, la SZ è non unica, ma la più dura nell’imputare all’establishment tedesco una mancanza di percezione della gravità politica di una situazione in cui la nostalgia del D-Mark non è più un tabù. In particolare, si metteva in evidenza sulle pagine della SZ il vero problema tedesco con l’Euro, vale a dire il fatto che “Berlino non sa più perché rimanere nell’Europa, dato che per la Germania (al contrario per altri paesi) il beneficio di appartenere alla Ue sembra ormai essere cosa del passato”. Da questo punto di vista, se la Germania non troverà presto una nuova Sehnsucht, un nuovo oggetto del desiderio europeo: la Ue e la “cultura europea” potrebbero diventare presto delle sovrastrutture ideologiche estranee al sentire del popolo tedesco (8). Non ignoto al giornale di Monaco era il problema politico del governo Merkel di cercare un equilibrio tra i doveri e i bisogni europei di Berlino e un’opinione pubblica sempre più restia a vedere nell’impegno europeo un presupposto dell’essere tedeschi (9). Lo stesso ex ministro degli esteri Fischer, sulle pagine di quel giornale, notava come dalla Germania in particolare sia mancato uno sforzo di convincimento dei mercati internazionali sull’intenzione di salvare l’Euro, per il fatto che Merkel non ha ancora trovato il modo di dire ai tedeschi una verità scomoda, vale a dire che il prezzo dell’Euro è una Europa dei trasferimenti dai paesi ricchi a quelli meno ricchi (10). In una posizione intermedia tra il rigorismo conservatore e l’europeismo dei liberal, il berlinese Tagesspiegel è intervenuto più volte nella questione ponendo l’accento sui pericoli della situazione attuale e sull’apparente incapacità delle istituzioni europee di mettere mano alla crisi (11). Se le firme del giornale non dimenticavano le incognite derivanti dall’indebitamento per le stesse future generazioni tedesche (12), il quotidiano berlinese ospitava opinioni diverse sul tema. Un editoriale del direttore del quotidiano finanziario Handelsblatt, ospitato sul Tagesspiegel, spiccava per lucidità nella sua critica alla linea del governo Merkel “forte con i deboli e debole con i forti”. Oggetto della critica era, in particolare, la mano dura di Berlino contro i paesi indebitati, un’azione a rischio di danneggiare anche la Germania: “godere dei problemi di questi paesi non aiuterà la Germania a risolvere i propri. Le politiche di austerità richieste dalla Germania ai paesi in difficoltà non possono funzionare; in secondo luogo, queste misure renderebbero impossibile una ripresa economica di questi paesi” (13).

2. Il dilemma tedesco: allargamento e leadership europea

Solo un anno fa, nel novembre 2009, la Germania festeggiava i venti anni dalla caduta del Muro di Berlino; un anno dopo, l’euforia dei tedeschi per l’abbattimento dei muri in Europa è molto attenuata. Il 1989 sembra lontanissimo, a guardarlo dal 2010. La carenza di attenzione dell’opinione pubblica tedesca per la questione dell’allargamento veniva notata da Michael Bergius del Tagesspiegel, che descriveva il rito di presentazione dei nuovi candidati alla membership europea da parte del commissario europeo Stefan Füle (ceco) come “commovente poesia”, contrapposta alla secca prosa della politica europea: i cittadini europei sono stanchi dell’allargamento e i politici europei non sono in grado di “vendere” l’allargamento ai loro elettori, e non solo perché molti hanno ancora in mente le difficoltà prodotte dall’ultima grande riforma europea e dai referendum che sono seguiti. La questione allargamento si gioca, per la Germania, nella decisione di perseguire una politica non in direzione dell’unione economica europea, ma verso una politica delle “soluzioni nazionali”, fino a quando questo non intacca l’Euro. Questa contraddizione del governo Merkel si è solo acuita con la coalizione coi liberali e la crisi della Grecia. A parere dell’ex ministro degli esteri Fischer, questo non è un problema di stile comunicativo, ma di stile politico e di incertezza sulla via d’uscita dalla crisi. Da parte di Fischer e non solo, Merkel è più spesso trascinata che trascinatrice, specialmente sulle questioni europee, a causa di una evidente preminenza della politica interna e della pressione della Corte costituzionale di Karlsruhe: “la paura dell’Europa ha già divorato l’anima europea di questo governo CDU/CSU-Liberali” (14). Sulla stessa linea anche Garton Ash, che sulla Süddeutsche Zeitung e su Die Zeit vedeva nel governo Merkel una fondamentale mancanza di visione sull’Europa: “la Germania è diventata un paese normale. Ma la percezione che si ha della Germania in Europa peggiorerà, perché si percepisce che è un paese che segue sempre di più ed esclusivamente i propri interessi nazionali. Oggi è molto chiaro cosa la Germania vuole dall’Europa, ma non è chiaro cosa la Germania vuole per l’Europa” (15). Una visione simile dell’europeismo del governo Merkel era espressa sulla Rundschau, secondo la quale per Merkel l’Europa è poco più di un male necessario” (16), e sulla Süddeutsche Zeitung, per la quale l’azione di Merkel in Europa rivela debolezze, “che sono un disastro per la Germania, perché se alla fine gli altri paesi seguiranno Berlino, sarà solo con delle riserve mentali” (17). Anche a causa della crisi di leadership in Europa, e specialmente per la mancanza di leadership tedesca, “a 60 anni dalla sua creazione, la Ue ha ‘compiuto’ la storia europea ma rischia di diventare un incubo. Quello che è lo spirito europeo, e che una volta soffiava in favore del progetto di unificazione europea, ora soffia in direzione contraria: sogno e realtà diventano sempre più lontani l’uno dall’altra” (18).

(1) Dorothea Sims, Das Euro-Abenteuer, Die Welt, 23-11-2010.(2) Jan Dams, Was will Merkel?, Die Welt, 07-12-2010.

(3) Klaus-Dieter Frankenberger, Gemeinwohl, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 26-11-2010.

(4) Klaus-Dieter Frankenberger, Europäische Stabilitätskultur, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 29-11-2010.

(5) Holger Steltzner, Die rote Linie, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 13-12-2010.

(6) Cerstin Gammelin, Lügen in Zeiten der Krise, Süddeutsche Zeitung, 18-11-2010.

(7) Marc Beise, Das Schicksal des Euro, Süddeutsche Zeitung, 23-11-2010; Marc Beise, Die leise Krise, Süddeutsche Zeitung, 03-12-2010.

(8) Thomas Steinfeld, Europa wird einig, Süddeutsche Zeitung, 24-11-2010.

(9) Cerstin Gammelin, Das Tor ist geöffnet, Süddeutsche Zeitung, 09-12-2010.

(10) Joschka Fischer, Und koste es das Amt, Süddeutsche Zeitung, 07-12-2010. Tissy Bruns, Deutschland tanzt, auf dem Vulkan, Der Tagesspiegel, 18-11-2010.

(11) Alexander Gauland, Vom Friedensbringer zum Zankapfel, Der Tagesspiegel, 13-12-2010.

(12) Gabor Steingart, Merkels Europapolitik ist Versailles ohne Krieg, Der Tagesspiegel, 20-11-2010.

(13) Joschka Fischer, Angela Merkels Angst vor Europa, Süddeutsche Zeitung, 08-11-2010.

(14) Timothy Garton Ash, Sie schlagen sich und brauchen sich, Süddeutsche Zeitung, 09-11-2010; Timothy Garton Ash, Europa braucht mehr Deutschland, Die Zeit, 02-12-2010.

(15) Holger Schmale, Merkel, die Kleinkrämerin, Frankfurter Rundschau, 09-12-2010.

(16) Martin Winter, Viel Eitelkeit, wenig Psychologie, Süddeutsche Zeitung, 10-12-2010.

(17) Daniel Brössler, Liebeserklärung an Europa, Süddeutsche Zeitung, 11-12-2010.

(18) Daniel Brössler, Liebeserklärung an Europa, Süddeutsche Zeitung, 11-12-2010.

http://www.europressresearch.eu/html/analisi/ricerca.php?srcmap=44&id_country=4&lang=ITA

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