Categoria : memoria e storia

Peppino Atzei: un cristiano e un militare esemplare- di Francesco Cossu

Arzachena, 10 dicembre 2010

Sono grato a P. Arcangelo, a don Gabriele, alle sorelle … per aver accolto il nostro invito ed essere oggi tra noi.

Da molti anni, l’otto dicembre, rievochiamo una personalità  che potremmo dire arzachenese perché si è particolarmente distinto per il suo impegno negli ambiti della vita civile e religiosa locale, perché riteniamo  la memoria e la storia  ci aiutino a conservare i valori tradizionali ed a trasmetterli alle nuove generazioni.

Quest’anno, dopo una discreta consultazione con la comunità, abbiamo deciso di ricordare, fra i tanti sottufficiali che si sono avvicendati nella locale stazione, la bella figura del maresciallo maggiore Peppino Atzei.  perché era “una passona mintuata”, “una digna passona” e “lu paesi era cuntentu di li sò modi gentili”.

C’è una strana coincidenza tra la nostra celebrazione e l’8 dicembre del 1900.  In quella data, attraverso le colonne della Nuova Sardegna, gli arzachenesi chiedevano al Governo l’istituzione di una stazione di carabinieri “ in questa borgata, come ha fatto in quasi tutti gli altri comuni dell’Isola”.

Adducevano come motivazione la grandissima distanza da ogni altro centro abitato, e, soprattutto perché in questo paesello“ convenivano molto spesso gente di passaggio, che avevano  importato un mondo di pessime abitudini, non ultimo quello dei giochi d’azzardo, che appestava addirittura il paese”.

Sempre nelle colonne de La Nuova Sardegna, il 14 gennaio 1901, gli arzachenesi si lamentavano di vivere in una  borgata dimenticata, di essere trattati “come pecore pei vantaggi, e di essere considerati dei signori per le tasse”.

Finalmente, nella seconda quindicina di marzo del 1902, gli arzachenesi festeggiarono l’apertura della nuova stazione dei carabinieri, in via Marconi.

“Circa trenta cavalieri di S. Maria si recarono a Palau per accogliere i militi ed accompagnarli ad Arzachena. Dissero belle ed acconce parole il parroco Giorgio Satta ed il maestro Francesco Mariotti, mentre si scambiavano le strette di mano”.

Il primo brigadiere che guidò la stazione dei Reali carabinieri di Arzachena fu Achille Brocca, seguito successivamente da Donatello Varoni; Sulas; Morando; Achille Brocca; Lottario Prenci; Salvatore Manca; Antonio Princivalle; Amadori; Nicolino Marras; Egidio Atzei, Le Rose Napoleone; Pietro Brandano; Giovannangelo Idili; Pietro Bianco, maresciallo Pinna.

Tutti si  conquistarono la stima degli Arzachenesi perché furono “rigidi ed equanimi nell’adempimento del loro dovere”, solerti tutori dell’ordine che, con vero spirito di abnegazione, seppero garantire la pacifica concivenza sociale, scongiurare guai e danni incalcolabili” specialmente durante alcuni incendi di proporzioni terribili e collaborarono per la concordia tra le famiglie.

Al momento della loro partenza gli arzachenesi si mostrarono “dolenti e commossi fino alle lacrime per aver perduto i suoi ottimi funzionari”.

Tra i tanti egregi brigadieri e marescialli, Arzachena oggi ricorda soprattutto il maresciallo maggiore Peppino Atzei, una figura rimasta indelebile nel ricodo di tutti anche se  rimase  in paese appena tre anni, da1939 al 1942.

Era nato a Musei (Ca) il 10 agosto 1899, figlio unico dei coniugi Antonio Atzei e di Efisia Pilloni. Essendo della classe 1899, abbandonato il ginnasio, durante la prima Guerra Mondiale, fu inviato al fronte, in zona di guerra, dal 1917 al  1918.

Nel 1920, mentre l’Italia affrontava con i rumori delle piazze il primo dopoguaerra si arruolò nell’Arma dei Carabinieri e dal 1923 al 1924 frequentò la Scuola allievi sottufficiali di Firenze.

Promosso maresciallo, svolse il suo servizio nelle Stazioni di Stampace di Cagliari, di Villasalto, di Bonorva 1924/1932, di Villanovatulo 1932/1934, e nuovamente di Bonorva dal 1934 fino al 1939.

Nel 1939, come si è detto, fu trasferito ad Arzachena.

Il contesto storico internazionale di quel tempo era molto agitato: era scoppiata la guerra spagnola e un po’ ovunque si formavano milizie spagnole e brigate iternazionali anrifranchiste; Adolfo Hitler con l’invasione della Polonia affrettò lo scoppio della seconda guerra mondiale che causò  sconvolgimenti anche ad Arzachena e tra la rimanente popolazione costiera.

Don Michelangelo Atzori, il parroco di allora, nel diario della parrocchia, detto cronicon, annotta alcune sue preoccupazioni:

Da circa sei mesi ha dimorato qui una compagnia di lavoratori croati acquisiti (o deportati ) dal Governo. Ragazzi per lo più dai quattordici ai venti anni, scalzi, laceri e tristi che muovevano a compassione…

Dagli inizi della guerra vennero a prendere stanza in parrocchia gruppi di soldati della fanteria, delle camicie nere, oltre il reparto Marina dell’ospedale di Riserva ove vi sono ospitati un centinaio circa di malati o feriti.”

È evidente che la presenza di tanti militari abbia turbato il quieto vivere civile e religioso di questa popolazione.

Si contrassero troppi matrimoni tra giovinette appena uscite dall’adolescenza e militari del Continente.

Nel 1944 ci furono 110 nascite e si toccò il  massimo picco demografico  mai raggiunto prima.

Arzachena ed il suo cielo erano il passaggio terminale e quasi obbligato degli aerei nemici che attaccavano la piazzaforte di La Maddalena. La distanza in linea d’aria è brevissima e quindi se i Maddalenini non dormivano, gli arzachenesi non ridevano ed il fracasso, la paura e gli spaventi erano in dose pressoché uguali. Spezzoni, granate sono cadute nel nostro territorio senza che però si verificassero gravi incidenti a persone o cose.

Le cittadine di Palau, di La Maddalena, e di Santa Teresa, dal 1941 ad oggi sono sempre sotto la minaccia dei bombardamenti aerei. Quindi la popolazione civile ha dovuto lasciare la propria casa e disperdersi nell’entroterra. Arzachena ha raccolto nell’abitato e negli stazzi oltre mille cinquecento profughi. Anche la chiesa di San Paolo ricovera nelle stanze del parroco varie famiglie di La Maddalena.

Tempi ancora tristi per la scarsezza assoluta di cibo e di vestiti e le mamme non si adattano a presentare i loro bambini malvestiti alla prima Comunione

Spira vento di fronda – scrive ancora il parroco – per effetto della guerra, oltre che nella vita civile, anche in quella spirituale. Piccoli vulcani che si accendono di tanto in tanto”.

In quel frangente il maresciallo Atzei dovette svolgere l’autorevole ruolo di Comandante della Stazione CC.: un ufficio delicato soprattutto per la presenza dei soldati, la conseguente promiscuità con la popolazione, la frequenza dei reati di  furto e di abigeato; di violenze occulte e palesi; di ritrovamento di cadaveri nelle spiagge e  di cura dei feriti e degl’invalidi di guerra.

Gli anziani arzachenesi   ricordano questa bella figura di maresciallo non solo come uno zelante tutore dell’ordine costituito, ma come un autentico  padre verso i monelli di strada e i giovani scapestrati. Li avvicinava e dava loro dei consigli e degli indirizzi di condotta perché era convinto che educarli fosse meglio che sanzionarli.

Con gli adulti sapeva usare la benevolenza grazie alla sua amabile autorevolezza.

Seppe incarnare il ruolo  di tutore dell’ordine badando non tanto a sanzionare  le devianze, ma  a prevenire i reati e a cogliere l’occasione, se commessi, per educare il reo invitando alla restituzione del maltolto, al risarcimento volontario e non coattivo del danno, alla pacificazione per le offese gratuitamente date.

Il maresciallo Atzei cercava di promuovere una giustizia conciliatrice, a favorire  le relazioni di convivenza pacifica tra colpevoli e colpiti dai loro reati.

Dopo una offesa, un torto, una intimidazione, un furto chiamava i due litiganti e, senza  imbastire un rapido processo poliziesco spesso, causa di menzogne e false lagnanze, faceva da benevolo conciliatore mirando a mettere in luce le responsabilità e favorendo la rinconciliazione, evitando in tal modo la sorgente di odio e di vendetta tra l’offeso e il reo. In una parola, non cercava di sanzionare duramente  chi aveva sbagliato, ma di stimolarlo ad assumersi le responsabilità, riparando il torto e incoraggiandolo poi a seguire una condotta civile.

Abitava in Piazza Dante con la moglie, signora Virginia Murtas, che è ancora ricordata come donna paziente, buona, gentile, di ospitale, religiosa. Tuttora, quando si vuole rimproverare qualche donna che è sgarbata, che non prega, le si dice:

“No’ se’ signora Virginia!”.

Zia Maria Fresi, che una volta si recò in casa di Signora Virginia, per farmi capire le tante gentilezze che ricevette, mi disse: “ No’ sapia undi punimmi! S’era statu pussibili mi s’aìa postu in cori!”.

Era nata a Musei il 6 giugno 1909 da Daniele, che fu Podestà di Musei per quasi tutta l’era del Fascio, e da Efisia Pilloni, che decedette ad Arzachena il 10 gennaio 1949.

Entrambi credenti e praticanti, coltivavano una sana “curiosità intellettuale”, che li portava ad osservare ed a far propria la cultura profana e religiosa che esprimeva l’ambiente che li accoglieva.

Tutte le mattine partecipava alla santa messa rimanendo in preghiera anche delle ore.

In casa pregava su un inginocchiatoio, coinvolgendo la numerosa famiglia nella recita quotidiana del rosario, delle preghiere prima dei pasti, del mattino e della sera, dell’Angelus.

Una religiosità sincera che diede i suoi frutti, sia nella vocazione dei tre sacerdoti (P. Domenico Italo, P. Arcangelo Italo, don Gabriele),  sia  nella fedeltà  alla Chiesa da parte di tutti gli altri figli.

Sostenuti dalla fede, i coniugi Atzei erano fiduciosi nella Divina Provvidenza, che non li ha mai abbandonati.

In Piazza Dante, risiedevano anche la famiglia Demuro con 12 figli e la famiglia Puddu con otto.

Sebastiano Pinna, noto Paganini, aveva preparato un rebus di facile soluzione:

“Piazza Dante, tre battaglioni, un esercitu!”.

La famiglia Atzei era composta da 14 figli.

Un battaglione caèotanato da due marescialli: Atzei e Murtas

Chi abitava nelle vicinanze ricorda ancora quella bella scena di famiglia: tutti in piedi attorno ad un lungo tavolo seduti per recitare la preghiera e subito dopo seduti, in silenzio, mentre mangiano quello che c’era, senza lamentarsi né del menù, né della porzione ricevuta.

Genitori, figli, una famiglia coesa e unita, dove cresceva la vita, si superavano le difficoltà, si andava avanti!

Una famiglia numerosa che seguì la regola delle famiglie numerose di allora: la prima figlia si doveva assumere il compito di seguire i fratellini, diventava la tata degli ultimi, accudiva i più piccoli, spesso rinunciava al matrimonio e restava a casa dei genitori per assisterli nella vecchiaia.

Questo compito nella famiglia Atzei lo svolse la signorina Olga, la primogenita, che rinunciò a studiare per coadiuvare  nell’allevamento dei più piccoli.

Non proseguì gli studi superiori, ma frequentò un corso di sarta presso la signora Maria, madre di Gaia e di Cesare Ceccherini, due ragazzini piuttosto vivaci.

Olga, vedendoli cosi esuberanti, descrisse con una espressione lo stile di casa sua:

“Se fossero stati così i miei fratellini, quale terremoto ci sarebbe stato in casa mia!”.

Erano quattordici, tanti, ma obbedienti, ordinati, bravi.

Frequentarono la parrocchia, le varie associazione di Azione Cattolica, i maschietti fecero i chierichetti e battezzavano le bambole che le sorelle e le compagne preparavano.

Erano perfettamente inseriti nell’ambiente sociale e godettero della solidarietà affettuosa degli arzachenesi e – pur in tempi di guerra – non conobbero amare privazioni per le esigenze familiari.

Numerosi  anche la parentela religiosa del compararatico di battesimo e di cresima.

Diedero il nome di Teresa ad una figlia per ricordare una ragazza arzachenese deceduta di tubercolosi.

Quando il maresciallo Atzei fu trasferito alla tenenza di La Maddalena lasciò la famiglia ad Arzachena confidando nella generosità e nell’affetto della comunità

Rimase ad Arzachena fino al 1950, poi si trasferì a La Maddalena per offrire ai figli la possibilità di proseguire gli studi ginnasiali e magistrali.

Il 09.08.1954 il maresciallo Atzei fu collocato a riposo e tornò con la famiglia al paese natale di Musei, dove fu sindaco per circa tre legislature (fino al 1973).

Fu sempre disponibile, come se fosse un ufficio di consulenza burocratico/legale, verso chiunque, ad impostare pratiche di ogni genere ed a…inseguirle ( a sue spese).

Era buon conoscitore dell’apparato, ma con il disinteresse del militare…

Ebbe le seguenti onorificenze:

Cavaliere dell’Ordine, al merito (02/06/1954)

Cavaliere di Vittorio  Veneto (05.08-1971)

Medaglia interalleata della Vittoria (1921)

Croce di anzianità (16 anni) di servizio militare (1931)

Croce di anzianità  (25 anni) di servizio (1940)

Croce al merito per la partecipazione al conflitto 1915/18 (1971)

La signora Virginia è tornata alla casa del Padre il 10 novembre 1971. il marito l’ha raggiunta   nel  marzo 1979. Entrambi sono certamente nella gloria dei tanti santi non inseriti negli elenchi ufficiali della Chiesa, ma scgnati con chiosotro indelebile nel cuore della comunità arzachenese.

A distanza di anni la comunità arzachenese li ha voluti ricordare, perché non li ha mai dimenticati come parte della memoria e della storia di questo paese.

Il fatto che i fratelli e le sorelle Atzei, figli di così esemplari genitori, ritornino frequentemente ad Arzachena e siano accolti e festeggiati è un segno che quel rapporto iniziato nel lontano 1939 era autentico e continua tuttora verso i loro discendenti.

Memoris e storia del Maresciallo Atzei

Sono grato a P. Arcangelo, a don Gabriele, alle sorelle … per aver accolto il nostro invito ed essere oggi tra noi.

Da molti anni, l’otto dicembre, rievochiamo una personalità che potremmo dire arzachenese perché si è particolarmente distinto per il suo impegno negli ambiti della vita civile e religiosa locale, perché riteniamo la memoria e la storia ci aiutino a conservare i valori tradizionali ed a trasmetterli alle nuove generazioni.

Quest’anno, dopo una discreta consultazione con la comunità, abbiamo deciso di ricordare, fra i tanti sottufficiali che si sono avvicendati nella locale stazione, la bella figura del maresciallo maggiore Peppino Atzei. perché era “una passona mintuata”, “una digna passona” e “lu paesi era cuntentu di li sò modi gentili”.

C’è una strana coincidenza tra la nostra celebrazione e l’8 dicembre del 1900. In quella data, attraverso le colonne della Nuova Sardegna, gli arzachenesi chiedevano al Governo l’istituzione di una stazione di carabinieri “ in questa borgata, come ha fatto in quasi tutti gli altri comuni dell’Isola”.

Adducevano come motivazione la grandissima distanza da ogni altro centro abitato, e, soprattutto perché in questo paesello“ convenivano molto spesso gente di passaggio, che avevano importato un mondo di pessime abitudini, non ultimo quello dei giochi d’azzardo, che appestava addirittura il paese”.

Sempre nelle colonne de La Nuova Sardegna, il 14 gennaio 1901, gli arzachenesi si lamentavano di vivere in una borgata dimenticata, di essere trattati “come pecore pei vantaggi, e di essere considerati dei signori per le tasse”.

Finalmente, nella seconda quindicina di marzo del 1902, gli arzachenesi festeggiarono l’apertura della nuova stazione dei carabinieri, in via Marconi.

“Circa trenta cavalieri di S. Maria si recarono a Palau per accogliere i militi ed accompagnarli ad Arzachena. Dissero belle ed acconce parole il parroco Giorgio Satta ed il maestro Francesco Mariotti, mentre si scambiavano le strette di mano”.

Il primo brigadiere che guidò la stazione dei Reali carabinieri di Arzachena fu Achille Brocca, seguito successivamente da Donatello Varoni; Sulas; Morando; Achille Brocca; Lottario Prenci; Salvatore Manca; Antonio Princivalle; Amadori; Nicolino Marras; Egidio Atzei, Le Rose Napoleone; Pietro Brandano; Giovannangelo Idili; Pietro Bianco, maresciallo Pinna.

Tutti si conquistarono la stima degli Arzachenesi perché furono “rigidi ed equanimi nell’adempimento del loro dovere”, solerti tutori dell’ordine che, con vero spirito di abnegazione, seppero garantire la pacifica concivenza sociale, scongiurare guai e danni incalcolabili” specialmente durante alcuni incendi di proporzioni terribili e collaborarono per la concordia tra le famiglie.

Al momento della loro partenza gli arzachenesi si mostrarono “dolenti e commossi fino alle lacrime per aver perduto i suoi ottimi funzionari”.

Tra i tanti egregi brigadieri e marescialli, Arzachena oggi ricorda soprattutto il maresciallo maggiore Peppino Atzei, una figura rimasta indelebile nel ricodo di tutti anche se rimase in paese appena tre anni, da1939 al 1942.

Era nato a Musei (Ca) il 10 agosto 1899, figlio unico dei coniugi Antonio Atzei e di Efisia Pilloni. Essendo della classe 1899, abbandonato il ginnasio, durante la prima Guerra Mondiale, fu inviato al fronte, in zona di guerra, dal 1917 al 1918.

Nel 1920, mentre l’Italia affrontava con i rumori delle piazze il primo dopoguaerra si arruolò nell’Arma dei Carabinieri e dal 1923 al 1924 frequentò la Scuola allievi sottufficiali di Firenze.

Promosso maresciallo, svolse il suo servizio nelle Stazioni di Stampace di Cagliari, di Villasalto, di Bonorva 1924/1932, di Villanovatulo 1932/1934, e nuovamente di Bonorva dal 1934 fino al 1939.

Nel 1939, come si è detto, fu trasferito ad Arzachena.

Il contesto storico internazionale di quel tempo era molto agitato: era scoppiata la guerra spagnola e un po’ ovunque si formavano milizie spagnole e brigate iternazionali anrifranchiste; Adolfo Hitler con l’invasione della Polonia affrettò lo scoppio della seconda guerra mondiale che causò sconvolgimenti anche ad Arzachena e tra la rimanente popolazione costiera.

Don Michelangelo Atzori, il parroco di allora, nel diario della parrocchia, detto cronicon, annotta alcune sue preoccupazioni:

“Da circa sei mesi ha dimorato qui una compagnia di lavoratori croati acquisiti (o deportati ) dal Governo. Ragazzi per lo più dai quattordici ai venti anni, scalzi, laceri e tristi che muovevano a compassione…

Dagli inizi della guerra vennero a prendere stanza in parrocchia gruppi di soldati della fanteria, delle camicie nere, oltre il reparto Marina dell’ospedale di Riserva ove vi sono ospitati un centinaio circa di malati o feriti.”

È evidente che la presenza di tanti militari abbia turbato il quieto vivere civile e religioso di questa popolazione.

Si contrassero troppi matrimoni tra giovinette appena uscite dall’adolescenza e militari del Continente.

Nel 1944 ci furono 110 nascite e si toccò il massimo picco demografico mai raggiunto prima.

“Arzachena ed il suo cielo erano il passaggio terminale e quasi obbligato degli aerei nemici che attaccavano la piazzaforte di La Maddalena. La distanza in linea d’aria è brevissima e quindi se i Maddalenini non dormivano, gli arzachenesi non ridevano ed il fracasso, la paura e gli spaventi erano in dose pressoché uguali. Spezzoni, granate sono cadute nel nostro territorio senza che però si verificassero gravi incidenti a persone o cose.

Le cittadine di Palau, di La Maddalena, e di Santa Teresa, dal 1941 ad oggi sono sempre sotto la minaccia dei bombardamenti aerei. Quindi la popolazione civile ha dovuto lasciare la propria casa e disperdersi nell’entroterra. Arzachena ha raccolto nell’abitato e negli stazzi oltre mille cinquecento profughi. Anche la chiesa di San Paolo ricovera nelle stanze del parroco varie famiglie di La Maddalena.

Tempi ancora tristi per la scarsezza assoluta di cibo e di vestiti e le mamme non si adattano a presentare i loro bambini malvestiti alla prima Comunione

Spira vento di fronda – scrive ancora il parroco – per effetto della guerra, oltre che nella vita civile, anche in quella spirituale. Piccoli vulcani che si accendono di tanto in tanto”.

In quel frangente il maresciallo Atzei dovette svolgere l’autorevole ruolo di Comandante della Stazione CC.: un ufficio delicato soprattutto per la presenza dei soldati, la conseguente promiscuità con la popolazione, la frequenza dei reati di furto e di abigeato; di violenze occulte e palesi; di ritrovamento di cadaveri nelle spiagge e di cura dei feriti e degl’invalidi di guerra.

Gli anziani arzachenesi ricordano questa bella figura di maresciallo non solo come uno zelante tutore dell’ordine costituito, ma come un autentico padre verso i monelli di strada e i giovani scapestrati. Li avvicinava e dava loro dei consigli e degli indirizzi di condotta perché era convinto che educarli fosse meglio che sanzionarli.

Con gli adulti sapeva usare la benevolenza grazie alla sua amabile autorevolezza.

Seppe incarnare il ruolo di tutore dell’ordine badando non tanto a sanzionare le devianze, ma a prevenire i reati e a cogliere l’occasione, se commessi, per educare il reo invitando alla restituzione del maltolto, al risarcimento volontario e non coattivo del danno, alla pacificazione per le offese gratuitamente date.

Il maresciallo Atzei cercava di promuovere una giustizia conciliatrice, a favorire le relazioni di convivenza pacifica tra colpevoli e colpiti dai loro reati.

Dopo una offesa, un torto, una intimidazione, un furto chiamava i due litiganti e, senza imbastire un rapido processo poliziesco spesso, causa di menzogne e false lagnanze, faceva da benevolo conciliatore mirando a mettere in luce le responsabilità e favorendo la rinconciliazione, evitando in tal modo la sorgente di odio e di vendetta tra l’offeso e il reo. In una parola, non cercava di sanzionare duramente chi aveva sbagliato, ma di stimolarlo ad assumersi le responsabilità, riparando il torto e incoraggiandolo poi a seguire una condotta civile.

Abitava in Piazza Dante con la moglie, signora Virginia Murtas, che è ancora ricordata come donna paziente, buona, gentile, di ospitale, religiosa. Tuttora, quando si vuole rimproverare qualche donna che è sgarbata, che non prega, le si dice:

“No’ se’ signora Virginia!”.

Zia Maria Fresi, che una volta si recò in casa di Signora Virginia, per farmi capire le tante gentilezze che ricevette, mi disse: “ No’ sapia undi punimmi! S’era statu pussibili mi s’aìa postu in cori!”.

Era nata a Musei il 6 giugno 1909 da Daniele, che fu Podestà di Musei per quasi tutta l’era del Fascio, e da Efisia Pilloni, che decedette ad Arzachena il 10 gennaio 1949.

Entrambi credenti e praticanti, coltivavano una sana “curiosità intellettuale”, che li portava ad osservare ed a far propria la cultura profana e religiosa che esprimeva l’ambiente che li accoglieva.

Tutte le mattine partecipava alla santa messa rimanendo in preghiera anche delle ore.

In casa pregava su un inginocchiatoio, coinvolgendo la numerosa famiglia nella recita quotidiana del rosario, delle preghiere prima dei pasti, del mattino e della sera, dell’Angelus.

Una religiosità sincera che diede i suoi frutti, sia nella vocazione dei tre sacerdoti (P. Domenico Italo, P. Arcangelo Italo, don Gabriele), sia nella fedeltà alla Chiesa da parte di tutti gli altri figli.

Sostenuti dalla fede, i coniugi Atzei erano fiduciosi nella Divina Provvidenza, che non li ha mai abbandonati.

In Piazza Dante, risiedevano anche la famiglia Demuro con 12 figli e la famiglia Puddu con otto.

Sebastiano Pinna, noto Paganini, aveva preparato un rebus di facile soluzione:

“Piazza Dante, tre battaglioni, un esercitu!”.

La famiglia Atzei era composta da 14 figli.

Un battaglione caèotanato da due marescialli: Atzei e Murtas

Chi abitava nelle vicinanze ricorda ancora quella bella scena di famiglia: tutti in piedi attorno ad un lungo tavolo seduti per recitare la preghiera e subito dopo seduti, in silenzio, mentre mangiano quello che c’era, senza lamentarsi né del menù, né della porzione ricevuta.

Genitori, figli, una famiglia coesa e unita, dove cresceva la vita, si superavano le difficoltà, si andava avanti!

Una famiglia numerosa che seguì la regola delle famiglie numerose di allora: la prima figlia si doveva assumere il compito di seguire i fratellini, diventava la tata degli ultimi, accudiva i più piccoli, spesso rinunciava al matrimonio e restava a casa dei genitori per assisterli nella vecchiaia.

Questo compito nella famiglia Atzei lo svolse la signorina Olga, la primogenita, che rinunciò a studiare per coadiuvare nell’allevamento dei più piccoli.

Non proseguì gli studi superiori, ma frequentò un corso di sarta presso la signora Maria, madre di Gaia e di Cesare Ceccherini, due ragazzini piuttosto vivaci.

Olga, vedendoli cosi esuberanti, descrisse con una espressione lo stile di casa sua:

“Se fossero stati così i miei fratellini, quale terremoto ci sarebbe stato in casa mia!”.

Erano quattordici, tanti, ma obbedienti, ordinati, bravi.

Frequentarono la parrocchia, le varie associazione di Azione Cattolica, i maschietti fecero i chierichetti e battezzavano le bambole che le sorelle e le compagne preparavano.

Erano perfettamente inseriti nell’ambiente sociale e godettero della solidarietà affettuosa degli arzachenesi e – pur in tempi di guerra – non conobbero amare privazioni per le esigenze familiari.

Numerosi anche la parentela religiosa del compararatico di battesimo e di cresima.

Diedero il nome di Teresa ad una figlia per ricordare una ragazza arzachenese deceduta di tubercolosi.

Quando il maresciallo Atzei fu trasferito alla tenenza di La Maddalena lasciò la famiglia ad Arzachena confidando nella generosità e nell’affetto della comunità

Rimase ad Arzachena fino al 1950, poi si trasferì a La Maddalena per offrire ai figli la possibilità di proseguire gli studi ginnasiali e magistrali.

Il 09.08.1954 il maresciallo Atzei fu collocato a riposo e tornò con la famiglia al paese natale di Musei, dove fu sindaco per circa tre legislature (fino al 1973).

Fu sempre disponibile, come se fosse un ufficio di consulenza burocratico/legale, verso chiunque, ad impostare pratiche di ogni genere ed a…inseguirle ( a sue spese).

Era buon conoscitore dell’apparato, ma con il disinteresse del militare…

Ebbe le seguenti onorificenze:

Cavaliere dell’Ordine, al merito (02/06/1954)

Cavaliere di Vittorio Veneto (05.08-1971)

Medaglia interalleata della Vittoria (1921)

Croce di anzianità (16 anni) di servizio militare (1931)

Croce di anzianità (25 anni) di servizio (1940)

Croce al merito per la partecipazione al conflitto 1915/18 (1971)

La signora Virginia è tornata alla casa del Padre il 10 novembre 1971. il marito l’ha raggiunta nel marzo 1979. Entrambi sono certamente nella gloria dei tanti santi non inseriti negli elenchi ufficiali della Chiesa, ma scgnati con chiosotro indelebile nel cuore della comunità arzachenese.

A distanza di anni la comunità arzachenese li ha voluti ricordare, perché non li ha mai dimenticati come parte della memoria e della storia di questo paese.

Il fatto che i fratelli e le sorelle Atzei, figli di così esemplari genitori, ritornino frequentemente ad Arzachena e siano accolti e festeggiati è un segno che quel rapporto iniziato nel lontano 1939 era autentico e continua tuttora verso i loro discendenti.

Commenti

  1. Caro Don Francesco Cossu,
    sono un fratello di P.Arcangelo, abito in Olanda, ma ho tenuto tuttora qualche ottima relazione ad Arzachena ( Bastiano e Rosella Chiodino, Giovanni Orecchioni).
    Ha suscitato commozione in me la commemorazione che Lei ha scritto sui miei genitori e La voglio ringraziare per questo. Sono comunque curioso di apprendere come e dove Lei ha trovato così tanti riferimenti e dettagli concernenti la vita di mio padre prima del matrimonio, poichè alcuni di essi non si trovano nella mia memoria.
    Cari saluti e nuovamente grazie.
    Angelo Atzei

    angelo atzei
    Settembre 26th, 2011
  2. Gent. mo Sig. Angelo, ho trasmesso il suo commento a Don Francesco che però non sa maneggiare la postazione in internet e nemmeno i commenti. Posso dirle che quanto lui ha saputo su suo padre lo ha appreso anche dai suoi fratelli, dalle memorie di famiglie e dagli arzachenesi. Don Francesco utilizza molto la memoria orale, i documenti scritti della Parrocchia, i giornali e gli atti e infine quanto ricordano gli arzachenesi più forniti di memoria.
    La saluta cordialmente e la ringrazia vivamente per questa sua partecipazione.
    il Coordinatore di accademia sarda
    Angelino Tedde

    scriptor
    Ottobre 16th, 2011
  3. Sono uno dei tanti generi della famiglia Atzei-Murtas ed essendo uno dei più anziani ho avuto la fortuna di conoscere entrami i suoceri e quanto da Voi riportato è sacrosantamente vero e tutt’ora tutti i componenti vanno spesso ad Arzachena e sono sempre bene accolti. Tante di queste famiglie anche meno note hanno fatto in quei tempi di difficoltà il bene della Sardegna. Grazie a chi spesso ricorda questi valori morali alla gioventù d’oggi distratta da altre situazioni poco edificanti! Scusate dell’intrusione ma sentivo anch’io tanto affetto e rispetto per la famiglia Atzei. saluti calorosi a tutti e grazie Gianni Onano di Orroli.

    gianni onano
    Febbraio 24th, 2015
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