Categoria : narrativa

Salvatore Falaruota di Ange de Clermont

A mia nipotina Beatrice T.

 

RuotaNell’isola delle capre, in un paese di collina, anzi posato con le facciate bianche e i tetti rossi delle case su due colline, nei tempi dei tempi, viveva un ragazzo sui quindici anni che si chiamava Salvatore.
Il ragazzo era bello e atletico, correva saltava e si muoveva con una agilità sorprendente, tanto che i suoi compagni si divertivano a chiedergli delle esibizizioni come si fa nei circhi con gli atleti.
-Salvatore, fa un giro di salti mortali!- e Salvatore, prendendo la rincorsa e concentrandosi, dava inizio ad almeno cinque salti mortali, poggiando le mani per terra, si voltava portando il busto e la testa verso il basso e le gambe verso l’alto senza mai toccare la terra, nell’applauso generale dei compagni. Subito dopo, tutti a stringergli le mani e ad abbracciarlo.

Altre volte, i compagni e Salvatore si recavavano nel bosco delle querce, e tutti i compagni lo invitavano a salire su un albero e a saltare con l’agilità di una scimmia da un albero all’altro, e lui senza pensarci due volte accontentava tutti, nell’applauso generale.
La più bella specialità di Salvatore tuttavia era quella di fare la ruota non solo nello spazio della piazza, ma soprattutto sui muraglioni da cui poteva correre il rischio di cadere nella campagna sottostante o direttamente sulla piazza due metri più bassa.
-Salvatore, fa la ruota!- chiedevano i compagni e Salvatore, dopo un po’ di concentrazione, volava come una ruota, prima nella piazza e poi sul muraglione.
– Bravo, bravo !- urlavano i compagni, ma lui senza inorgoglirsi accettava l’abbraccio di tutti, sorridendo dopo ogni esibizione.
L’adolescenza passò per lui e per gli amici e tutti divennero giovanotti e braccia da lavoro. Molti compagni emigrarono. Ci fu chi emigrò nella penisola, chi partì per il continente e chi partì per la città. Salvatore restò a lavorare nel suo paese, conservando sempre le sue doti atletiche, specie nelle gare in bicicletta dove si distinse per le frequenti vittorie.
Lavorando intensamente riuscì a comprarsi una moto con la quale correva come il vento, gincanava, affrontava le curve a velocità sostenuta, riuscendo sempre a fare acrobazie impossibili.
Un giorno però, nel corso di una normale corsa con la sua moto, qualcosa non andò bene nella sterrata e Salvatore venne disarcionato dalla moto, andando a sbattere la testa su una roccia contigua alla curva.
I compagni lo accompagnarono verso l’ultimo viaggio.
Sulla sua tomba una lapide diceva:
“Qui giace Salvatore, il compagno più buono e atletico di questo paese di collina. Riposa in pace senza dimenticarti di fare la ruota tra le vie del cielo.”
Sollevando lo sguardo verso il cielo i compagni videro dietro le nuvole sparse l’ombra di Salvatore, che faceva la ruota, sicuramente su richiesta degli angeli, ma anche per accontentare i compagni, che lui vedeva e del quale essi intravedevano soltanto l’ombra.

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