I. Le Figlie della Carità del Rifugio: mamme, ma anche educatrici esigenti di Eleonora Ortu

 

Bambine del RifugioRicordo con piacere ogni singola suora e il ruolo importante e fondamentale che ciascuna ha avuto nella mia vita di bambina, di fanciulla, di adolescente e di giovinetta.

La prima è stata la superiora Suor Irene Mameli, che è venuta di persona a prendermi al Brefotrofio, quando avevo un anno e mezzo. Ce lo ricordava spesso:
– Tu e Benedetta siete state le mie prime due bambine che ho accolto al Rifugio.-
Rimase al Rifugio dal 1961 al 1973: dalla mia unfanzia all’adolescenza.
Lei fu la superiora più amorevole che io ricordi, aveva sempre le caramelle in tasca, non ci faceva mancare mai un abbraccio e il suo ufficio era sempre aperto e per entrarci non bisognava bussare: il benessere delle bambine veniva prima di tutto e se ci sentiva piangere accorreva subito.

L’immagine che mi è rimasta scolpita di Suor Mameli è la corsa delle bambine incontro a lei che affettuosamente prendeva fra le braccia, dispensando baci e abbracci ad ognuna.

Nella stagione della colonia ci trasferivamo nell’imponente edificio di Castelsardo, davanti al mare. Quando in pullman lei arrivava a Lu Bagnu, spesso con la pellicola del film da proiettare, tutte le ospiti di ogni età le correvano incontro gridando festanti:
– E’ arrivata al superiora! E’ arrivata la superiora!-
E queste grida facevano sì che la voce si espandesse per tutta la colonia e sempre più bambine accorressero con una gioia e ressa incontenibile verso il pullman, con il pericolo che qualcuna sconfinasse in mezzo alla strada e con le suore delle sezioni che invano cercavano di frenare l’entusiasmo, per paura delle macchine che vi transitavano.

Suor Giovanna F. d. C.

Suor Giovanna F. d. C.

Tra i tanti ricordi, rammento molto bene la festa che tutte le ospiti di ogni età le organizzavamo per il 20 ottobre, in occasione del suo onomastico. Il salone delle recite veniva ornato a festa e in fondo accanto alla parete mettevano delle sedie, una in risalto, al centro, che a me sembrava un trono dove lei si sedeva con le altre suore anziane.
Tutte le ospiti, comprese le adolescenti, (le grandi), ci trovavamo li riunite a esprimere il nostro affetto per lei. La nostra sezione, quella della mezzane, sotto la direzione di Suor Rosalia, avevamo preparato dei balletti e dei canti che seguiva con suo grande e commosso compiacimento, dato l’impegno profuso per prepararli.
Ricordo che un anno, per quell’occasione, avevo l’alluce del piede molto gonfio per un’unghia incarnita, ma con testardaggine volli partecipare alle danze in suo onore e tuttora mi risuona nel cuore quella musica. In quest’occasione le consorelle ci offrivano le zollette di zucchero che gustavamo avidamente.

Con la sua malinconica partenza e l’arrivo della nuova superiora, Suor Salaris, non   festeggiammo più l’onomastico della superiora che pure era un momento impegnativo della nostra formazione. Io persi la madre che con tanto affetto mi ricordava la nascita al collegio.

Suor Giovanna Castoldi

Suor Giovanna, al secolo Teresa Castoldi, è la suora che più di tutte ha rappresentato per me la figura materna, infatti, la considero la mia vera mamma.
Era dolcissima e allo stesso tempo molto determinata nel tutelarci. Sono stata nella sua sezione dall’ingresso in collegio fino agli otto anni, quando, per ragioni legate alla sua salute, le fu data la portineria, ma nonostante tutto ha continuato ad occuparsi di me che la vedevo come un punto di solido riferimento affettivo. Lei rimase al Rifugio fino alla morte avvenuta nel 1990.
La sua scomparsa fu per me uno strappo al cuore e segnò la fine della mia fanciullezza dal momento che ormai mi avviavo verso l’adolescenza.

Suor Rosalia Doro

Nella mia sezione, formata da adolescenti (le mezzane), Suor Giovanna fu sostituita da Suor Rosalia, al secolo Giovannangela Doro. Lei era molto forte e severa, soprattutto nei miei confronti, che ero un’adolescente prepotente e ribelle agli ordini. Penso che sua educazione fosse all’avanguardia, infatti, la nostra sezione, a differenza delle altre, era spesso in visita alla città non esclusi divertimenti in particolare le giostre e non so come riuscisse sempre a procurarsi i gettoni per permetterci di giocare all’autoscontro.
La domenica la passeggiata per la città non mancava mai, tutte in fila, con lei davanti, e quando qualche ragazzo ci canzonava chiamandoci “lu culleggiu” lei interveniva allontanando quel ragazzo molesto.
Lei ha contribuito a farci togliere la divisa, infatti, cuciva per noi i vestiti, spesso ci portava a casa sua dalla sua famiglia a Sorso. Nelle serate fredde invernali ci comprava le castagne arrosto che avvolgeva nella carta del pane per non farle raffreddare. Quando, in estate, resiedevamo a Lu Bagnu, ci accompagnava spesso, a piedi, fino a Castelsardo per visitare il paese e il castello e la sera, dopo cena, uscivamo tutte le sera e per la strada, noi ragazze, avevamo l’abitudine di cantare tutte le canzoni che andavano di moda in quel periodo. Ricordo la nostra canzone preferita era “Tanta Voglia di lei” dei Pooh. Ricordo anche, sempre a Lu Bagnu, che quando il mare era agitato e non si poteva stare in spiaggia, ci portava in giro bei dintorni, una volta sempre a piedi, siamo arrivate fino a Tergu e lungo la strada ci permetteva di raccogliere le more. Sempre nel tempo della colonia marina, la sera, quando non uscivamo, lei si inventava dei giochi coinvolgendo tutte, comprese le ragazze delle altre sezioni. Mi rammento di un gioco che ci faceva divertire tantissimo: legava ad una canna abbastanza alta uno spago da cui pendeva una caramella e noi bambine, con le mani dietro la schiena, dovevamo catturarla con i denti.
Di giochi potrei descriverne tantissimi e sono tutti impressi nella mia mente.
A settembre, quando ancora eravamo in colonia, sempre rigorosamente a piedi e con le cassette al seguito, ci accompagnava nella campagna che apparteneva al Rifugio in località Peruledda, a raccogliere la frutta, m siccome nella nostra campagna non c’era mai niente, perché non la coltivava nessuno, noi ragazze andavamo a fare “razzia” nella campagne vicine e tornavamo in colonia con le cassette stracolme di uva, fichi, mele cottogne e fichi d’india. Lei sorrideva, pensando forse, che le nostre razzie fossero un diritto come la parte riservata agli uccelli dell’aria e noi, tutte felici, per la capacità dimostrata di far bottino nelle vigne e nei frutteti altrui.
Un altro compito a lei affidato era quello di venirci a prendere a scuola.
Quando pioveva nell’attesa dall’uscita da scuola si trasformava  in un “vu’ cunprà”, avendo gli ombrelli appesi al braccio, con le cuffie da metterci in testa per non farci prendere freddo.
Con Suor Rosalia sono rimasta fino alla fine delle elementari, iniziata la scuola media, sono passata nella sezione delle adolescenti ( le grandi). La sezione  era diretta da Suor Anna Pusceddu. Come studentesse eravamo più libere nell’andata e nel ritorno senza nessun accompagnamento e a colazione, oltre al latte, potevamo prendere il tè e la marmellata. Io, in quella sezione ero fra le più piccole e a trovarmi con tutte le grandi all’inizio mi metteva soggezione, ma poi il mio carattere forte e indipendente prese il sopravvento e mi sono adattata. Al termine della scuola media, Suor Pusceddu è stata sostituita da Suor Margherita, al secolo Suor Paola Carta, io avevo 14 anni, un carattere in cui la ribellione iniziava a farsi sentire, avevo voglia di libertà e quell’anno me la sono presa, scappando dalla colonia con altre due compagne. Ma questa è un’altra storia di fuga, di libertà e di ritorno a “casa” con gran dispiacere di Suor Margherita che mi perse per qualche tempo a vantaggio di Suor Paola, in cucina, che mi mise a sbucciare patate. (Continua)

Commenti

  1. grazie Angelino, S. Giovanna, fra le tante frasi che usava ce n’era una che ripeteva spesso e che io tutt’oggi ripeto, RINGRAZIA LA PROVVIDENZA. tu scrivendo i nostri ricordi sul tuo blog per me sei stato la mia provvidenza che ha permesso a tante di noi di ritrovarci e di raccontarci. grazie Eleonora

    Eleonora Ortu
    Settembre 6th, 2015
RSS Sottoscrivi.