3 Febbraio 2014 - Categoria: eventi straordinari

Francesco Manconi, il noto storico sardo se n’è andato prematuramente

Manconi 2A circa 73 anni se n’è andato il collega Francesco Manconi dell’Università degli Studi di Sassari, lasciando una testimonianza di grande studioso di storico moderno, vissuto tra gli archivi dell’Italia e della Spagna e di altre nazioni per scavare e scrivere sulla storia della Sardegna Moderna durante l’impero spagnolo. Famosa la sua opera sulla peste barocca in Sardegna.

“Con viva partecipazione al dolore della famiglia, il Rettore annuncia la scomparsa del carissimo prof. Francesco Manconi, già professore di Storia moderna nella Facoltà di Lettere e Filosofia del nostro Ateneo.”

Prof. Luciano Caimi della Cattolica di Milano  ci scrive:- Con Francesco non ho avuto rapporti intensi, però lo ricordo come persona cordiale, oltre che come studioso di valore.”

Lo storico moderno sardo Salvatore Loi, commenta:- Mi è mancato un amico e un sostegno. Mi mancheranno le periodiche lunghe converszioni al telefono nelle quali si instaurava un rapporto che andava oltre l’aspetto culturale, acuistando toni e caratteri non solo di stima ma anche di cordialità e amicizia.-

I funerali si svolgeranno a Calangianus, domani 4 febbraio, dove lo storico era nato e vi aveva frequentato le scuole elementari.

Noi unendoci al cordoglio della famiglia inseriamo la scheda del bravissimo storico da lui medesimo compilata e a disposizione degl’internauti:

Era stato professore ordinario di Storia moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari. È stato delegato rettorale per l’organizzazione dell’Archivio generale d’Ateneo. È delegato di Facoltà per il progetto Socrates-Erasmus. Era presidente dell’Associazione italiana di Studi catalani. È stato direttore nell’amministrazione degli Archivi di Stato italiani. Ha coordinato per conto del Consiglio regionale della Sardegna la collana editoriale “La civiltà del popolo sardo”. Dirigeva la collana di storia e scienze sociali “Clio” della casa editrice EDES di Sassari.
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31 Gennaio 2014 - Categoria: filologia

L’Odissea e la Sardegna nuragica di Massimo Pittau

UlisseNell’antico mondo greco, già in epoca classica e dopo in quella postclassica, riguardo ai poemi omerici e soprattutto riguardo all’Odissea si determinò un movimento esegetico-culturale molto caratteristico: numerosi interpreti, commentatori, storici e geografi si diedero da fare per indicare la rotta esatta del viaggio fatto da Ulisse nel suo peregrinare da una terra all’altra del Mediterraneo e più precisamente per individuare le diverse tappe da lui fatte e cioè le terre da lui toccate. La motivazione di fondo di questa affannosa esegesi di carattere geografico stava nel fatto che – come tutti sappiamo – i due poemi omerici costituivano ormai i “libri” per eccellenza della etnia greca, la loro Bibbia nazionale, gli strumenti essenziali della paideia dei Greci e cioè della loro educazione e della loro cultura. Quelle identificazioni delle varie «tappe» del viaggio di Ulisse pertanto erano promosse dal desiderio di dare decoro e gloria alla propria patria locale, alla propria isola, alla propria città o regione, decoro e gloria che scaturivano appunto dall’essere stata essa raggiunta dall’eroe di Itaca.

Senonché la identificazione di quelle tappe non risultava affatto univoca, bensì variava da interprete a interprete, ovviamente in funzione ed a vantaggio delle rispettive patrie locali; col risultato finale che circa la identificazione di alcune tappe, perfino di quelle fondamentali, venivano indicate decine di differenti località…\1\ Il quale modo di procedere dei vari interpreti fu criticato e anche deriso dal grande filologo e geografo Eratostene di Cirene, con la seguente frase che ci viene tramandata da Strabone (I, 2, 15): «Si ritroverà dove Ulisse ha navigato, quando si troverà il pellaio che ha cucito l’otre dei venti» (evidentemente quello datogli da Eolo). Senonché questa critica e questa derisione di Eratostene non fu affatto recepita dagli interpreti successivi, nemmeno dallo stesso Strabone che ce l’ha tramandata; e molti ancora continuarono nelle loro identificazioni delle varie tappe del viaggio di Ulisse: nel mondo greco, fino al suo trapasso in quello bizantino, e anche nel mondo romano, dopo che Livio Andronico nel secolo III a.C. Aveva proceduto a tradurre in latino l’Odissea.

Non solo, ma i tentativi di ricostruire l’esatto itinerario del viaggio di Ulisse vennero ripresi in epoca moderna, a iniziare dall’età umanistica, di secolo in secolo, fino ai giorni nostri, con innumerevoli e purtroppo assai differenti proposte di identificazione. In epoca recente c’è stato persino chi ha localizzato qualche episodio del viaggio di Ulisse nello Jutland e chi addirittura ha pensato di costruirsi una barca alla foggia di quella usata da Ulisse e, munito di perfezionati apparecchi fotografici, ha deciso di ripercorrere e di fotografare l’itinerario dell’antico navigatore, ovviamente finendo col giurare che quella effettivamente era stata la precisa rotta del peregrinare dell’eroe itacense…

Ma a prescindere da queste amenità, per i tempi recenti sia sufficiente citare due opere molto impegnate, alle quali i rispettivi autori hanno voluto dare tutti i crismi della acribia scientifica: Victor Bérard, Les Navigatione d’Ulysse\2\, e Hans-Helmut & Armin Wolf, Der Weg des Odysseus. Tunis-Malta-Italien in den Augen Homers, con nuova edizione dal titolo Die wirkliche Reise de Odysseus. Zur Rekonstrution des Homerischen Weltbildes\3\. Senonché soprattutto quest’ultima opera dei fratelli Wolf, nonostante ed anzi proprio per l’impegno esegetico profuso nella loro ricerca, si è attirata una sostanziale condanna da parte dei filologi\4\.

D’altra parte il tema della “ricostruzione della rotta del viaggio di Ulisse” è ormai diventato un topos della stampa quotidiana e periodica, tanto che non passa anno in cui non si annuncino le strabilianti “ricostruzioni scientifiche” fatte dagli immancabili capitani di mare o navigatori o ingegneri od avvocati… E tutto questo ha pure avuto le sue ovvie conseguenze pratiche: ad esempio, «nel 1974, il Golfo di Squillace è stato denominato, in base alla localizzazione wolfiana, “Riviera di Nausicaa”, con tanto di lapide nel luogo del fatidico incontro tra Odisseo e la figlia di re Alcinoo»\5\. E pure la nostra Sardegna ha fatto la sua parte: evidentemente a seguito delle indicazioni di Victor Bérard, che aveva localizzato la terra dei Lestrigoni nella Sardegna settentrionale, nella insenatura di Porto Pozzo, di recente è stato ufficialmente trovato e battezzato un «Porto di Ulisse»…

Dal modo in cui ho finora condotto il mio discorso sarà apparso chiaro che io non credo affatto alla “scientificità” dei tentativi di ricostruzione del viaggio di Ulisse; io non ci credo per una grossa difficoltà che espongo subito.

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30 Gennaio 2014 - Categoria: versi in gallurese

“La to’ falci di luna” “La tua falce di luna” di Maria Teresa Inzaina

 

Querce 3Hai  adducatu pà sempri
lu farru di trabaddhu
culvu
comme falci di luna.
Eri mastru a ritaglià
corria crecia di suara
calpita da lu ghjelu
cripulata da stasgioni assititi.
M’ammentu una colti
illa calura di lu statiali
la to’ mani sigura
la lama c’affundàa
lu sùaru a zicchirri
ma da chissu lamentu
s’alzàani a celu
bizarri muntoni
passizeri piramidi
a lu ‘entu e a la spiranza
und’andàani pa’ camineri
chi éu no cumprindia
trigghjli fili di frummichi rui.
Cumpagna di la to’ fatica
in silenziu ascultàa
fremiti di cilachi
sighìa, lassenditi una risa,
lu tremulu di li calor
ill’aria, lu profilu ‘ncrispatu
di la caldiccia groga contr’a sol
Ed erani innuttuli parauli.
Bastàa a pacà lu sudori
a me’ presenzia chietta
e lu to’ amori.
Tantu longhi
li dì dì l’arrinecu
e la ‘ita appena un bolu:
hai adducatu pa’sempri
lu farru in chiss’agnólu.
Ma illa colti fiurita
undi drommi
t’è cumpagna
li notti sileni di qualtu
fideli una falci di luna.

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29 Gennaio 2014 - Categoria: cristianesimo, cultura, eventi straordinari

“I rotoli di Marega e i primi cristiani in Giappone” di Asianews

I Rotoli di Marega “importantissimi non solo per la Chiesa, ma per tutto il Giappone”

GiapponeL’ambasciatore di Tokyo presso la Santa Sede, Teruaki Nagasaki, commenta ad AsiaNews l’accordo fra Giappone e il Vaticano per tradurre e catalogare i documenti sulla presenza e sulla persecuzione dei cristiani nel Sol Levante: “Atti di enorme rilevanza storica. L’anno prossimo celebriamo i 150 anni dalla riemersione dei ‘cattolici nascosti’. Speriamo che il Papa festeggi con noi questo avvenimento!”.

Roma (AsiaNews) – L’accordo fra la Biblioteca vaticana e il governo giapponese per tradurre e catalogare i Rotoli di Marega “è importantissimo non solo dal punto di vista dei cattolici, ma anche da un punto di vista storico. Sono molto felice di questa decisione: penso che in Giappone ci siano molti ricercatori che aspettano questi testi per gettare una luce migliore su quel periodo. E ovviamente è molto bello che sia nata questa collaborazione”. È il commento rilasciato ad AsiaNews dall’ambasciatore nipponico presso la Santa Sede, Teruaki Nagasaki, sulla decisione presa ieri dagli enti interessati.

I “Rotoli di Marega”sono una raccolta di circa 10mila documenti, che descrivono la presenza e la persecuzione della comunità cattolica in Giappone. Coprono un periodo temporale che va dal 17mo al 19mo secolo, e furono portati in Vaticano dal missionario italiano Mario Marega negli anni ’40 del 20mo secolo. Da allora sono rimasti negli archivi vaticani fino al 2010, quando sono stati ritrovati dal ricercatore Delio Proverbio.

I documenti sono scritti su carta di riso, talmente delicati che devono essere toccati solo con guanti speciali. Mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca apostolica vaticana, li ritiene “la più ampia collezione di documenti di questo tipo”. L’accordo durerà 6 anni ed è stato stipulato fra la Biblioteca e 4 Istituti storici giapponesi.

 Il primo dei testi è datato 1719, e parla dell’arrivo del cristianesimo in Giappone nel 1549 grazie ai missionari gesuiti. Per descrivere quanto si fosse diffusa la fede cristiana nel Paese, in uno dei testi ritrovati si legge che quattro nobili giapponesi si recarono a Roma nel 1585 per assistere all’elezione di papa Sisto V. Ovviamente una larghissima parte dei documenti parla della persecuzione ordinata dallo Shogunato contro la nuova comunità, e descrive nei particolari il martirio dei 26 cristiani di Nagasaki che portò al bando del cristianesimo nel 1612.

Proprio l’esempio dei cristiani giapponesi è stato da poco ricordato da papa Francesco, che durante l’udienza generale del 15 gennaio ha detto: “La storia della comunità cristiana in Giappone è esemplare. Sentite bene: essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. In Giappone non c’era più nessun prete, tutti sono stati espulsi. Allora la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento, e quando nasceva un bambino, il papà e la mamma lo battezzavano, perché tutti noi possiamo battezzare. Quando, dopo circa due secoli e mezzo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire. Erano sopravvissuti con la grazia del loro battesimo!”.

 Per l’ambasciatore Nagasaki, queste parole “sono molto belle e molto importanti. Siamo stati molto felici di sentire le parole del Papa sui cristiani giapponesi! Tra l’altro, proprio l’anno prossimo festeggiamo i 150 anni della riemersione dei ‘cristiani nascosti’, i “kakure kirishitan” di cui parla Francesco. La comunità cattolica e il Giappone in generale sarebbero molto felici di ricevere una visita del Papa, e questo anniversario è molto importante. Sappiamo che ha ricevuto tanti inviti, ma speriamo lo stesso in un suo viaggio in Giappone”.

http://www.asianews.it/notizie-it/I-Rotoli-di-Marega-importantissimi-non-solo-per-la-Chiesa,-ma-per-tutto-il-Giappone-30163.html

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28 Gennaio 2014 - Categoria: filologia, onomastica

Sardi Nuragici, Pelasgi ed Etruschi di Massimo Pittau

Nuragici

Nuragici

“4. Da più di trenta autori antichi, greci e latini, vengono chiamati Pelasgi/Pelasgói “naviganti e pirati” che risultavano segnalati in quasi tutta la Penisola italiana e poi in quella greca e infine in molte località del Mar Egeo.

Nel mondo antico correva una etimologia di questo vocabolo: Pelasgós = pelargós «cicogna» (uccello migratore); ma in realtà questa non era altro che una paretimologia o “etimologia popolare” (cioè errata), conseguente al fatto che i Pelasgi si spostavano spesso dal Mar Tirreno a quelli Ionio, Adriatico ed Egeo. E come dimostra soprattutto il fatto che i Pelasgi o Pelasgói sono citati dagli autori antichi, greci e latini, quasi sempre e soltanto in questo esatto modo.

A mio avviso, invece, Pelasgus/Pelasgós significava anch’esso «costruttore e abitante delle torri, torrigiano, turritano», derivando dalla glossa latino-etrusca fala «torre di legno, torre d’assedio» (DELL). E c’è da precisare che dell’appellativo fala i Glossari latini riportano pure la variante phala e inoltre che le alternanze delle vocali A/E e delle consonanti F/PH/P sono ampiamente accertate nella lingua etrusca (DICLE 13; LIOE, LLE Norme).

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26 Gennaio 2014 - Categoria: cultura, eventi culturali

“Le vicende della famiglia ebraica dei Carcassona tra Alghero e Chiaramonti ” di Angelino Tedde

A. Denti, Cognomi ebraici nel nord Sardegna prima e dopo il 1492, Youcanprint Self – Publishing, Sennori,Sassari 2014 pp. 167  €. 23,00   (Presso Kioné, VIa Roma, Sassari))

Pro. Antonietta Denti

Pro. Antonietta Denti

L’affascinante prof. ssa Antonietta Denti, sposata, con due figli, docente delle Scuole Medie Statali, ieri sera in Chiaramonti, con la collaborazione dei professori universitari Marco Milanese e Giuseppe  Mele, archeologo il primo e storico moderno il secondo, ha presentato il suo ultimo lavoro di storica, avendo già pubblicato il saggio Chiese e villaggi abbandonati nel territorio di Sennori. Documenti inediti sulla Romangia, Carlo Delfino editore, Sassari 2006, pp. 168 €. 29. Con le immagini e con la parola, naturalmente, ha illustrato il suo lungo e faticoso itinerario di ricerca per ricostruire le vicende della famiglia ebraica dei Carcassona, poi sicuramente convertita, per amore o per convenienza  al cristianesimo, attestata ad Alghero fin dal secolo XV e poi trasferitisi in Anglona dove del resto già da tempo dovevano avere i loro interessi commerciali. Con molta perizia la Denti ha illustrato l’origine e le ragioni di questa illustre famiglia ebrea ad Alghero dove resta ancora il palazzo avito dei Carcassona. Per la Denti: “I documenti da me individuati  e in buona parte inediti riferiti ad Alghero dimostrano che la sinagoga ebraica, che sino ad ora gli studiosi ritenevano si trovasse sotto la Chiesa di Santa Croce, è in realtà in un’ altra via, e ne colloco esattamente la posizione nella mappa della città.”  In questa città collegata, per secoli alla dirimpettaia Barcellona e Marsiglia, questi ebrei di sicura origine di Carcassonne, in Francia, presero residenza nella città catalana e secondo le loro propensioni continuarono ad essere attivi nonostante le disposizioni dei sovrani spagnoli di cui erano anche finanziatori. Da Alghero i Carcassona si mossero probabilmente in seguito alla peste barocca del secicento, prendendo dimora in  Chiaramonti, Nulvi e Martis. La studiosa ha individuato fino a 6o cognomi Carcassona dal 1595 al 1857 in Chiaramonti, di cui si favoleggia anche una sinagoga sotto l’antico oratorio di Santa Croce, oggi parrocchiale di San Matteo (intervento di Alma Casula) e la loro presenza nel paese è anche accertata per tutto l’Ottocento e del resto uno dei palazzi che guardano la fiancata nord ovest del vecchio Municipio risulta appartenente a Francesca Carcassona. Insomma, quasi quattro secoli di presenza dei Carcassona in Chiaramonti e negli altri paesi menzionati dell’Anglona.

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24 Gennaio 2014 - Categoria: eventi culturali

Un ricordo romantico di 30 anni fa: il mio Mac di Ange de Clermont

Unknown58-150x150Sapevo di non essere nato per le materie scientifiche, ma l’esame di maturità con la febbre a 39°, dopo aver sostenuto da privatista la sezione scientifica degli esami me lo confermò, in quel famoso luglio aversano del 1959. Portavo una valigia di libri che avevo sia pure diligentemente studiato anno per anno nel seminario maggiore del PIME di Via Rainulfo Drengot 45 ad Aversa (13 Km da Napoli) col simpatico e disincantato, dotato di barbetta, padre Taddeo. Di fronte alla Chimica e alla Fisica il mio cervello pareva annebbiarsi anche se poi procedendo lentamente la mia acuta, ma lenta razionalità mi faceva capire le bellezza delle formule chimiche e quella dei principi di Fisica. In effetti l’esame fu un calvario e i professori riuscirono a capire che nonostante la mia evidente  fatica riuscivo a capire i meccanismi e le dinamiche delle due discipline, ma dovevano darmi tempo e così con quel viaggio al calvario ero riuscito a procurarmi un prezioso 6/10. Non fu così per l’amico Loreto che dovette sorbirsi Chimica e Fisica per tutta l’estate. Io capii che per riuscire ad assimilare le scienze e le discipline affini avevo bisogno di toccarle con mano, se no addio!

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23 Gennaio 2014 - Categoria: istituzioni educative

“Fabio Prùneri, giovane studioso dell’Uniss, ha vinto il concorso nazionale di professore ordinario di storia dell’educazione” di Angelino Tedde

Prof. Fabio Prùneri

Prof. Fabio Prùneri

Sono stati pubblicati gli esiti del concorso nazionale a professore di II fascia (associati) e a professore di I fascia (ordinari) e come in ogni concorso ci sono coloro che non sono passati e quelli che hanno superato le forche caudine di questo nuovo genere di esami che possiamo definire di professori a confronto. Dei docenti delle due Università sarde c’è chi ha vinto e c’è chi ha perso. Nelle due Università insegnano sia docenti d’origine e di formazione sarda e docenti d’origine continentale che, pur continuando a scavare nel loro settore disciplinare, si sono immersi con passione a studiare anche le vicende della Sardegna, in quegli spazi rimasti per tanti versi trascurati dagli studiosi precedenti della disciplina. In questo caso la disciplina è la storia dell’educazione in Italia, isola di Sardegna compresa. quindi Per quanto il giovane professore, del quale pubblichiamo il giudizio collegiale, sebbene si sia misurato con ricerche riguardanti ambiti nazionali e internazionali, non ha dimenticato la terra che lo ha accolto a suo tempo (nel 2000) e che lo ha visto man mano crescere come professore associato e oggi come vincitore dell’abilitazione a professore ordinario in attesa di chiamata con la nuova qualifica. Il giovane studioso del quale parliamo è Prof. Fabio Prùneri, 46 anni, trevigliese, formatosi agli esordi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, alla scuola di Luciano Pazzaglia e poi cresciuto in Sardegna presso l’Università degli Studi di Sassari nella vecchia Facoltà di Lettere e Filosofia, continuando a mantenersi legato alla comunità pazzagliana, ma allargando il suo raggio di interessi sia alla terra che lo ha accolto, la Sardegna, sia estendendo le sue esperienze formative a livello internazionale con periodi all’estero a contatto con le altre scuole europee.

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