Categoria : storia

“Efisio Salaris (Cagliari 1825-Firenze 1888) prefetto del Regno d’Italia” di Donato D’Urso

Efisio Salaris era nato a Cagliari il 25 marzo 1825 in un’importante e numerosa famiglia. Il re Carlo Alberto nel 1842 concesse al capofamiglia Sebastiano Salaris i titoli di cavalierato e di nobiltà, in considerazione degli onorevoli servizi prestati nella magistratura sarda [1]. Dal matrimonio di Sebastiano con Raffaela Delogu, di aristocratica famiglia sassarese, nacquero otto maschi e una femmina: ben sei intrapresero la carriera di magistrato. Dei rimanenti due, Francesco, dopo avere lasciato l’esercito, tenne cattedra universitaria e dal 1861 al 1897 fu ininterrottamente deputato [2], Efisio nel 1848 entrò nella pubblica amministrazione come volontario.

I “volontari” erano dipendenti precari, non pagati e tuttavia soggetti ai doveri degli impiegati di ruolo. La prospettiva era di mettere in mostra le qualità personali, se ne avevano e sperare in un’assunzione stabile. Secondo le ferree regole del tempo, Efisio Salaris fu spostato da una sede all’altra e certamente per un po’ ebbe bisogno dell’aiuto economico della famiglia. Prestò servizio a Bonneville in Alta Savoia, poi a Torino come segretario della commissione per le Opere pie [3]. Finalmente, percepì il primo stipendio. Andò in seguito a Genova, Savona, Nizza. Ovunque, i superiori ne apprezzarono capacità di lavoro, preparazione, tatto.

Nel 1857 ottenne la nomina a consigliere di terza classe, all’inizio del 1860 fu destinato a Ferrara, nell’ottobre dello stesso anno Marco Minghetti, ministro dell’Interno del regno di Sardegna, lo assegnò allo staff di Massimo Cordero di Montezemolo luogotenente del re in Sicilia. L’anno dopo Salaris passò ad Ancona e anche lì ricevette elogi per capacità e maniere distinte [4].

Nel 1865 Salaris svolse incarico di sottoprefetto a Urbino, poi di consigliere delegato ad Alessandria, l’anno dopo era sottoprefetto a Chiavari. «Era molto amico del Rattazzi» [6] che, nell’aprile 1867, lo volle in Firenze capitale, per dirigere la divisione I del ministero dell’Interno, che s’occupava della gestione del personale prefettizio e del Consiglio di Stato [7]. Era sicuramente un posto di potere. Il deputato sardo Giorgio Asproni – che nel diario definisce Salaris capo Gabinetto di Rattazzi – tenne stretti contatti col conterraneo, scambiando opinioni su nomine e trasferimenti e ricevendo notizie confidenziali [8].

 

Francesco Salaris fratello di Efisio

Francesco Salaris, fratello di Efisio, era politicamente vicino a Rattazzi e possiamo ipotizzare che, nell’autunno 1867, ciò favorì la nomina a prefetto di Efisio, a 42 anni. La promozione comportò un consistente aumento stipendiale ma Salaris, sposato con un figlio, godeva anche di una rendita personale.

La prima destinazione fu in Liguria, a Porto Maurizio che, nel 1923, dopo la fusione con Oneglia andò a costituire Imperia. Salaris vi rimase sino al giugno 1870 [9]. Interpellato dal ministero, si pronunciò a favore dell’elettività dei sindaci, in controtendenza rispetto a molti colleghi. La questione da tempo agitava il dibattito politico: il sindaco, oltre che capo dell’amministrazione, era anche (e tutt’oggi) ufficiale di governo e, pertanto, molti ritenevano giusto che la nomina non fosse elettiva ma decisa dal potere esecutivo “pescando” tra i consiglieri comunali. Poiché il ministro dell’Interno proponeva al re i nominativi dopo avere sentito il prefetto e tenuto conto che questi si cautelava chiedendo informazioni ai carabinieri, s’usava dire che i sindaci dei piccoli comuni nei fatti erano scelti dai marescialli dell’Arma. Solo alla fine dell’Ottocento, prima negli enti minori poi in tutti, l’elezione del sindaco fu affidata al voto del consiglio comunale. Salaris nel 1869 motivò così il parere favorevole all’elettività del “primo cittadino”:

Si toglierebbero di mezzo tutti quegli attriti che si vedono sorgere in occasione di queste nomine, si toglierebbe lo sconcio, cui talvolta necessariamente si va incontro, di dovere proporre per quest’Ufficio persone che non hanno l’appoggio della maggioranza, ma che ciò nonostante devono aver fiducia del Governo, perché la maggioranza non rappresenta sempre i veri interessi del paese [10].

Salaris continuò a girare l’Italia: Campobasso, poi Arezzo dal luglio 1871 al marzo 1874. Lì affrontò, tra l’altro, il problema della profilassi delle malattie veneree poiché, se il meretricio era stato regolamentato da Cavour nel 1860, persistevano problemi di sicurezza e tutela della salute. Salaris sottoscrisse una convenzione con gli Spedali Riuniti, che prevedeva il pagamento di una retta giornaliera per l’assistenza di ogni prostituta ricoverata [11].

Successive sedi di servizio furono Massa-Carrara, Brescia, Bari dove trovò l’amministrazione del capoluogo in gravi difficoltà per cattiva gestione e corruzione [12]. Andò poi a Novara che, nell’Ottocento, era una provincia tra le più estese del regno d’Italia : 6534 kmq e oltre 700.000 abitanti ripartiti in 437 comuni.

Non fu accolta la sua richiesta d’andare a Livorno e così Salaris rimase qualche mese a disposizione, poi venne mandato a Parma, dove fu particolarmente attento alle condizioni e alle tensioni sociali sviluppatesi nelle campagne [13]. L’ultima sede di servizio fu Bologna, dove arrivò nell’agosto 1882, nel pieno dell’era di Agostino Depretis. Secondo le pratiche trasformistiche che s’erano affermate in quel tempo, non c’era più distinzione tra destra e sinistra: i “buoni liberali” erano spinti a riunirsi in un fronte unico contro clericali, repubblicani e internazionalisti.

Salaris, a conclusione di una carriera esemplare, lasciò il servizio per motivi di salute a 62 anni e morì il 7 marzo 1888 a Firenze [14].

Note

[1] Enciclopedia storico-nobiliare italiana, a cura di V. Spreti, VI, Milano, ESNI, 1932, pp. 45-46.

[2] Nel 1848 Francesco Salaris accorse in Lombardia per combattere contro gli Austriaci e, segnalatosi per valore, meritò il grado di ufficiale. Riferimenti alla sua attività politica sono nell’articolo Domenico Bardari prefetto di Cagliari (1880-1883), in «Accademia sarda di storia di cultura e di lingua», pubblicato il 7 gennaio 2023.
[3] M. Piccialuti, Opere pie e beneficenza pubblica: aspetti della legislazione piemontese da Carlo Alberto all’unificazione amministrativa, in «Rivista trimestrale di diritto pubblico», XXX (1980), pp. 963-1051; S. Lepre, Le difficoltà dell’assistenza: le opere pie in Italia fra ‘800 e ‘900, Roma, Bulzoni, 1988; G. Farrell-Vinay, Povertà e politica nell’Ottocento: le opere pie nello Stato liberale, Torino, Scriptorium, 1997.
[4] L. Montevecchi, Per una storia dei prefetti di Ancona nei primi due decenni dopo l’Unità, in Storia di una trasformazione. Ancona e il suo territorio tra Risorgimento e Unità, a cura di G. Giubbini-M. Tosti Croce, Ancona, Il lavoro editoriale, 2011, p. 61.
[5] A. Scirocco, Il Mezzogiorno nell’Italia unita 1861-1865, Napoli, Società editrice napoletana, 1979, p. 250; G. D’Ambrosio, Il brigantaggio nella provincia di Salerno: circondario di Campagna, Salerno, Palladio, 1991.
[6] Mostra storica dell’unificazione amministrativa italiana 1865-1965, Firenze, Tipografia Nazionale, 1965, p. 124.
[7] Il ministero dell’Interno, a cura di G. Tosatti, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 111, 259.
[8] G. Asproni, Diario politico, IV 1864-1867, a cura di T. Orrù, Milano, Giuffrè, 1980, pp. 467, 470, 482, 522.
[9] Per gli sviluppi di carriera: M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d’Italia, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, 1989, pp. 403, 414, 425, 429, 440, 491, 514, 530, 541.
[10] R. Romanelli, Il comando impossibile. Stato e società nell’Italia liberale, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 117-118.
[11] A. Forzoni, Prostituzione e sanità ad Arezzo: il sifilocomio degli Spedali Riuniti 1863-1888, Montepulciano, Le Balze, 2003, p. 41.
[12] A. Spagnoletti, Apparati pubblici e vita politica: dalle riforme francesi alla crisi dello Stato amministrativo, in Storia di Bari. Nell’Ottocento, a cura di M. Dell’Aquila-B. Salvemini, Roma-Bari, Laterza, 1994, pp. 163-211.
[13] G. Berti, Trasformazioni interne della società parmense-piacentina dal 1860 al 1900, Piacenza, UTEP, 1972; S. Guidi, Le organizzazioni politiche a Parma, tra “fasci”, notabilato e nascita dei partiti. Gli anni Ottanta: lotta in campo aperto, in All’origine della “forma partito” contemporanea: Emilia Romagna 1876-1892: un caso di studio, a cura di P. Pombeni, Bologna, il Mulino, 1984, pp. 61-79.
[14] A Roma presso il Vittoriano è conservato il fondo archivistico Efisio Salaris: lettere, commiati, biglietti augurali (L’archivio del museo centrale del Risorgimento: guida ai fondi documentari, a cura di M. Pizzo, Roma, Gangemi, 2007, pp. 218-219). Presso l’Archivio di Stato di Brescia nel fondo Giuseppe Zanardelli sono conservate lettere di Salaris prefetto a Brescia nel 1876 (www.archiviodistatobrescia.beniculturali.it, busta 54, fasc. 8). Importante è la ricerca di L. Cucchiella, Un prefetto amministrativo dell’Italia liberale. Efisio Salaris, tesi di laurea, Università degli studi di Roma “La Sapienza”, a. a. 2000/2001.

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