Categoria : letteratura sarda

“I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)” di Mauro Maxia

SOMMARIO. L’articolo ricostruisce la fase di fondazione del convento dei Carmelitani di Chiaramonti precisandone il periodo e rettificando i dati tramandati dalla tradizione locale. Nel contempo, individua i singoli promotori della costruzione dell’edificio, di ciascuno dei quali offre una scheda storica ed etimologica relativa al cognome. Inoltre, cita altri abitanti del luogo, tra cui qualche discendente della famiglia Doria, di origine genovese, che oltre duecentotrenta anni prima aveva fondato il medesimo borgo medievale.

Parole chiave: frati carmelitani, convento, famiglia Doria, cognomi locali.

ABSTRACT. (The founders of the Carmelite convent in Chiaramonti [Sassari]) The ar- ticle reconstructs the foundation phase of the Carmelite convent of Chiaramonti, specifying the period and rectifying the data handed down by local tradition. At the same time, it identifies the individual promoters of the construction of the building, for each of which it offers a historical and etymological profile relating to the surname. Furthermore, it men- tions other inhabitants of the place, including some descendants of the Doria family, of Ge- noese origin, who had founded the same medieval village about two hundred and thirty years earlier.

Keywords: Carmelite friars, convent, Doria family, local surnames. 0. Premessa

L’articolo riguarda un momento della storia di Chiaramonti, importante centro dell’Anglona, una delle regioni storiche in cui si articolava il regno medievale di Logudoro o Turre.1 Questo centro fu fondato dai Doria tra la fine del

1 L’estensione del regno di Logudoro o di Turre corrispondeva, grosso modo, all’odierna pro- vincia di Sassari, alla parte centro-occidentale di quella di Nùoro e alla parte settentrionale della provincia di Oristano. Molti studiosi lo chiamano Giudicato di Torres in modo non del tutto appropriato dato che i giudicati erano dei veri e propri regni indipendenti, retti da un re che in sardo antico era detto iudike ‘giudice’ perché assommava in sé la massima carica politica e giudiziaria. Inoltre, il nome Torres non è originario ma fu coniato durante la do- minazione catalano-spagnola, cioè alcuni secoli dopo la caduta del regno, avvenuta nel 1263, adattando il nome sardo Turre derivante da quello della città romana di Turris (oggi Porto Torres) che era il maggiore centro della Sardegna settentrionale durante l’Età Antica.

1349 e il 1350 per consolidare il loro dominio, oltre che sull’Anglona, sulle altre regioni del Meilogu, di Valles, Nùrcara, Nulàvros e Nurra che corrispondevano ad altrettante curatorie2 di quel regno. La signoria dei Doria si protras- se fino al 1448 quando anche l’Anglona, dopo il resto della Sardegna, cadde definitivamente sotto il potere della Corona d’Aragona.3

 

Secondo una tradizione locale di origine erudita l’antico convento dei Carmelitani di Chiaramonti, che fino a oltre la metà del secolo scorso sorgeva sull’omonimo colle detto Pàris de Cunvéntu ‘pianoro, spianata del convento’, sarebbe stato fondato nel 1587.4 Dalle prime fonti in cui è citato, tuttavia, si constata che la sua storia ebbe inizio già nel 1585. Questo dato si rileva da un lascito di un individuo di Ploaghe (Sassari), Angelu Pische, che il 28 di luglio di quell’anno donava al convento una vigna e un palazzo con tutti i beni mobili in esso contenuti.5 Più in dettaglio, nell’atto i beni non risultano donati al convento dei Carmelitani ma a un convento intitolato a San Sebastiano. I beni in questione furono affidati dal donatore al vicario chiaramontese Jeromino Dejana.6 Questo particolare appare rilevante in quanto ci si sarebbe aspettati che i beni in questione venissero affidati al priore del convento piuttosto che al vicario parrocchiale. Da ciò si può dedurre che il convento in parola non avesse ancora un priore.

1. Il documento

Da un altro documento, che risale al 22 ottobre dell’anno successivo,7 risulta che nel 1586 la costruzione dell’edificio doveva essere in stato avanzato se non

  1. 2  Con il termine sardo medievale curatorìa si indicavano i distretti amministrativi in cui si articolavano i quattro regni sardi di Logudoro, Gallura, Arborèa e Càlari.
  2. 3  Cf. più avanti il § 4.1.
  3. 4  Il dato è riferito da CARLO PATATU, Il paese che non c’è più, Perfugas (Sassari), Grafiche Essegi 2016, p. 239 che lo ha ripreso dagli scritti del chiaramontese Giorgio Falchi il quale, a sua volta, lo trasse dal celebre canonico e senatore ploaghese Giovanni Spano. Cfr. www. patatu.it/index.php?option=com_ content&view=article&id=1002:chiaramonti-il-conven- to-del-carmine-1a-parte&catid=19:La%20Chiesa%20e% 20le%20chiese&Itemid=48 (vi- sionato il 18/5/2022).
  4. 5  BUS = Biblioteca Universitaria di Sassari, scaffale 5, manoscritto 1044-38. D’ora in avanti il termine scaffale sarà abbreviato in “S.” mentre manoscritto comparirà con l’abbreviazione “ms”.
  5. 6  Ibidem.
  6. 7  BUS, S. 5., ms 928. Ringrazio il dott. Mauro Fiori, vicedirettore dell’Archivio di Stato di Sassari, per avermi favorito una copia del documento.

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già ultimata.8 Nell’atto, infatti, si constata che il convento sorgeva isolato ed era ancora privo di frati. Alla sua conduzione sovrintendevano tre notabili del luogo che corrispondevano a Joanne Pedru Dacorrà, Pedru Demelas e Seba- stianu Demelas. Nell’atto tutti e tre questi personaggi sono citati con la qualifica di oberajos de Santu Sebastianu ossia ‘fabbricieri di San Sebastiano’. Il santo titolare del convento, dunque, era lo stesso citato nella donazione del suddetto Angelo Pische. Dal confronto tra i due documenti si evince che, almeno nelle intenzioni dei fondatori, il convento si sarebbe dovuto intitolare a San Sebastiano e non alla Beata Vergine del Carmelo al quale fu poi intitolato insieme alla superstite chiesa che tuttora sorge nel sito in questione.

Per chiarire questa contraddizione bisognerebbe risalire a un terzo atto, forse andato perduto, nel quale dovevano essere descritti gli accordi iniziali stipulati da coloro che decisero di finanziare la costruzione del cenobio con l’ordine monastico destinato a gestirlo. Dell’esistenza di tale atto si fa espressa menzione nel manoscritto alle linee 4-5 della carta 928v: «…segundu in su actu primar- giu lu disponet…» “secondo quanto si dispone nell’atto originario”.

Un indizio sulla iniziale volontà di dedicare il cenobio a San Sebastiano potrebbe essere costituito dal nome del fabbriciere Sebastianu Demelas. La venerazione per questo santo a Chiaramonti, peraltro, si desume anche da un suo simulacro custodito nella parrocchiale di San Matteo.9

Per quanto riguarda l’Età moderna, si tratta del più antico convento dell’Anglona. Infatti, entrambi i conventi francescani di Nulvi furono costruiti o, meglio, consacrati nella prima metà del 1600; precisamente quello di Santa Tecla nel 1604 e quello di San Bonaventura nel 1646. Al Medioevo risaliva il monastero benedettino di San Martino di Castelsardo in cui nel 1401 si installarono i Minori conventuali intitolandolo a Santa Maria delle Grazie. Ancora più antichi erano i tre monasteri benedettini di Nulvi, sottoposti a Montecassino e intitolati a San Giovanni, San Nicola e San Pietro. In Anglona, poi, il convento di Chiaramonti era l’unico appartenente ai carmelitani.

  1. 8  Il documento, come appare nel recto in alto a sinistra, rappresenta una copia che il rappresentante dei Carmelitani dovette depositare nell’archivio del proprio Ordine. L’originale probabilmente restò nelle mani dei fabbricieri o del procuratore della comunità chiaramon- tese Nicola Sanna.
  2. 9  Cfr. CARLO PATATU, Chiaramonti – Le cronache di Giorgio Falchi, Sassari, Studium Adp 2004, pp. 265-67. Secondo Claudio Coda, già docente di educazione artistica ed esperto della materia, la statua risalirebbe al 1600 (comunicazione personale). L’occasione è opportuna per rivolgergli un doveroso ringraziamento riguardo alla collaborazione offerta in relazione ai contenuti dei Quinque libri della parrocchia locale.

 

page14image2973198320 page14image2973198704 page14image2973198992L’accordo tra la comunità locale e l’ordine carmelitano, rappresentato dal frate sorsese Mansuetu Savinu, prevedeva che i religiosi, oltre a dire messa e agli altri uffici divini, avrebbero dovuto garantire nei locali loro affidati il costante insegnamento, a titolo gratuito, della lettura, scrittura e far di conto ai chiaramontesi che lo avessero desiderato.

Sul piano storico il documento attesta la corrispondenza formale del diritto di primizia (primissia) col gravame della decima ecclesiastica che la comunità pagava alla parrocchia di San Matteo in ragione di una carrita de trigu ‘staio di grano’ per ogni tratto di terreno di superficie pari a due starelli;10 mesa carrita ‘mezzo staio di grano’ per la metà di tale superficie; mesu soddu ‘mezzo soldo’ per quelli che non seminavano grano.

2. La lingua

La lingua del documento corrisponde al cosiddetto “logudorese illustre” che per tutta l’Età moderna e l’Età contemporanea ha rappresentato il codice più prestigioso della Sardegna sul piano letterario ma anche come lingua d’uso sul piano giuridico e amministrativo. In questa lingua risultano compilati innu- merevoli atti di battesimo, cresima, matrimonio, morte e stati delle anime contenuti nei registri parrocchiali (cd. quinque libri) della Sardegna centro- settentrionale, compresi i brogliacci e registri di amministrazione di numerosi enti civili ed ecclesiastici; migliaia di atti notarili; gli statuti di diverse corporazioni professionali e documenti di altra natura.11 Questo ingentissimo patrimonio documentario risulta quasi totalmente inedito oltre che poco studiato. Sul piano politico e culturale questa situazione rivela una malnota, quando non negata, situazione di liberalità da parte dell’amministrazione catalana e spagnola. In effetti il catalano e lo spagnolo erano usati soprattutto nei rappor-

  1. 10  Nel Capo di Sassari e Logudoro uno starello equivaleva a una superficie di circa duemila metri quadri; per l’esattezza 1.993,375. Ne discende che unu yû corrispondeva a quasi quattromila metri quadrati di terreno seminativo. Per la definizione del termine cfr. MAURO MAXIA, “Commento, traduzione e glossario”, in GIAN GABRIELE CAU / MAURO MAXIA, Il testamento di Leonardo Tola, documento in sardo logudorese del 1503, Olbia, Taphros 2010, p. 101 s.v. giù.
  2. 11  La gran parte di questo patrimonio documentario si conserva in Sardegna negli archivi di stato di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari; nelle biblioteche universitarie di Cagliari e Sassari; negli archivi storici diocesani e negli archivi storici di alcuni comuni, specialmente in quello di Sassari. Una parte dei documenti si conserva anche in Spagna a Toledo presso l’Ar- chivo Histórico Nacional; a Valladolid nell’Archivo General de Simancas; a Saragozza nell’Archivo Histórico Provincial e altri ancora.

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ti tra il Regno di Sardegna e le istituzioni della Corona d’Aragona e della Corona di Castiglia, negli atti degli Stamenti12 e dai funzionari dei diversi feudi con i rispettivi titolari sia che risiedessero in Spagna sia che avessero le proprie sedi nell’Isola. Questa situazione mutò radicalmente con l’avvento dei Savoia la cui politica si connotò con la progressiva esclusione dello spagnolo dagli atti amministrativi. In seguito, la discriminazione linguistica si rivolse al sardo fi- no a ridurlo al rango di lingua orale,13 perseguendo la sua esclusione da ogni uso formale specialmente dopo la creazione del Regno d’Italia (1861).

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Figg. 1-2. Riproduzione del documento (cc. 928r – 928v).

  1. 12  Con il nome di istamentu, dall’aragonese estamento, si denominava ciascuno dei quattro stati in cui si articolavano le Cortes ‘parlamento’ del Regno di Sardegna, cioè lo stamento eccle- siastico (composto dagli arcivescovi, vescovi, abati, priori e rappresentanti dei capitoli dioce- sani); lo stamento militare (composto dai nobili, cavalieri e feudatari) e lo stamento reale che era composto dei rappresentanti delle sette città regie non sottoposte al regime feudale.
  2. 13  Sulla politica linguistica dell’amministrazione savoiarda cfr. GIANFRANCA PIRAS, L’italiano giuridico amministrativo nella Sardegna dell’Ottocento, prefazione di EDUARDO BLASCO FER- RER, Cagliari, Condaghes 2001.

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3. Dati filologici e linguistici

Sul piano filologico si nota la dimestichezza dello scrivano Gaspare Carcasso- na con la scrittura notarile che trova riscontri puntuali in documenti prodotti ad Alghero nel medesimo periodo. Dal manoscritto emerge la padronanza delle abbreviazioni in uso presso notai e scrivani in genere. Quelle rilevate nel testo corrispondono alle seguenti: at.s = ateras ‘altre’; con.tu = conbentu ‘con- vento’; G.e = Generale; Joa.e = Joanne ‘Giovanni’; Log.te = Logutenente; M.r = Messer; P.e = Padre; pres.te = presente; R.u; R.e = Reverendu, Reverende; S. = San- tu; S.a = scriba.

Per facilitare la lettura, nella trascrizione in corsivo le abbreviazioni sono state sciolte con caratteri tondi senza ulteriori indicazioni. Inoltre, si sono adeguate alle norme attualmente in uso l’interpunzione e le lettere maiusco- le che nel testo sono ridondanti essendo usate anche per le qualifiche dei personaggi.

L’aspetto forse più interessante del documento è costituito dalla lingua. Lingua che, come si accennava, corrisponde al sardo logudorese di ambito giuridico usato comunemente dai notai e dagli scrivani dal Medio Evo fino alla metà del 1700 in tutta la Sardegna centro-settentrionale, compresa Sas- sari e la Gallura e con attestazioni anche nell’arcidiocesi di Oristano. Si tratta di una lingua fortemente standardizzata sia sul piano formulare che su quello grammaticale, lessicale e grafico. Tra i fatti più notevoli presenti nel testo si osservano i seguenti.

3.1. Grafematica

  1. Impiego dei digrammi di origine spagnola gu, qu per la resa dell’occlusiva velare sorda [k] e di quella sonora [g] quando seguite da e, i; es.: compia- guer invece dell’odierno compiagher; qui invece dell’odierno chi.
  2. Uso della geminata ss per la resa della consonante c seguita dalle vocali i, e; es.: primissia per lo spagnolo primicia. Questo fatto costituisce una spia che la pronuncia di questo termine nella varietà di spagnolo regionale vi- gente allora in Sardegna doveva corrispondere proprio a primissia così co- me nello spagnolo sud-occidentale e dell’America Latina.
  3. Impiego di n scempia anche se di grado forte; es.: compania invece di com- pannia; tener invece di tenner; Pina invece di Pinna.
  4. Uso alternato di nn e gn; es.: donni ‘ogni’ di contro a bisognu, cumpagnu. Questo fenomeno vige tuttora nel sardo parlato in Anglona; es.: sinnu ‘se-

 

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gno’, sinnare ‘segnare, fare il segno della croce’ e ‘segnare, marchiare il bestiame’ accanto agli italianismi signu e signare.

  1. Inserimento di n epentetica nell’aggettivo e pronome possessivo issoro chenelle tre occorrenze presenti nel testo appare sempre con la forma insoro.
  2. Impiego della sillaba ci d’influsso italiano; es.: cominciadu, cittade.
  3. Uso del digramma ll di tradizione spagnola; es.: traballos invece di traba- glios; regoller invece di regoglier.
  4. Impiego di r in nesso anziché l; es.: regorta invece di regolta; parte invece di palte; primargiu invece di primalgiu che in seguito darà lo sviluppo primal- zu tuttora in uso nel logudorese comune. Questo uso rappresenta una spia che lo standard amministrativo giuridico, almeno per questo particolare, corrispondeva al logudorese mediano che attualmente vige nella regione del Marghine.
  5. Uso del grafema x per la fricativa postalveolare sorda; es.: nexunu invece dell’odierno nesciunu. Nei documenti dell’Età Moderna il grafema x era usato comunemente non solo negli atti compilati in sardo campidanese ma anche in quelli scritti in logudorese e nelle stesse parole galluresi che prevedono la fricativa in questione sia sorda (es.: nixunu ‘nessuno’) sia so- nora (es.: raxoni ‘ragione’, gexa, gjexia ‘chiesa’).

l. Le forme actu, administrare, relictu rappresentano dei latinismi in luogo di attu, amministrare e relittu, il cui uso in alcuni casi si è protratto fin oltre la metà del 1800 specialmente per l’autorevolezza del canonico Giovanni Spano, noto per i suoi studi linguistici, che per la scrittura delle geminate in sardo impiegava i corrispondenti nessi latini da cui sono derivate.

3.2. Morfologia

  1. Formazione del futuro sia con la preposizione a (es.: at á istare ‘starà’; at áquerrer ‘vorrà’) sia senza il suo impiego (es.: at querrer ‘vorrà’; at essere ‘sarà’).
  2. Imperfetto indicativo con la forma fui che attualmente in Anglona residua soltanto nella parlata di Nulvi.
  3. Perfetto in -esi; es.: desit ‘diede’.
  4. Gerundio in -ende con l’unica eccezione a ll. 10-11 della c. 928v in cui si legge “jurando”. Questa forma potrebbe rappresentare uno spagnolismo o un italianismo forse più che una variante sarda in -ando che, comunque,
  5. occorre regolarmente nella Carta de Logu14 che in quel tempo costituiva la fonte del diritto del Regno di Sardegna e, pertanto, rappresentava un mo- dello di riferimento per tutti gli scrivani.

3.3. Lessico

  1. Nell’atto occorrono diversi termini legati all’agricoltura che residuano ancora nel sardo odierno. Tra quelli caduti progressivamente in disuso dopo l’adozione del istema metrico decimale sono le unità di misura per aridi carrita ‘staio’, mesa carrita ‘mezzo staio’ e di superficie yû ‘due starelli’.15
  2. Interessante è il permanere del titolo medievale di donnu ‘donno, signore’, il quale era riferito a persone di riguardo e, comunque, di condizione agiata.
  3. Il testo ridonda di latinismi sia in elementi formulari come la data e l’invocatio sia con occasionali incisi (es.: largo modo, in scriptis).
  4. Gli spagnolismi debadas ‘gratis’, mas ‘ma, però’, tambene ‘insieme’ e ‘infatti’ segnalano che dopo appena un secolo dall’unione delle corone d’Aragona e di Castiglia (1469) il castigliano aveva già soppiantato o stava soppiantando l’uso burocratico del catalano.
  5. Non manca qualche toscanismo di ascendenza medievale come le congiunzioni ciò est ‘cioè’ e o vero ‘ovvero’. Forse a un influsso toscano, non meno che catalano o spagnolo, si potrebbero ascrivere gli avverbi in -men- te (indiretamente, personalmente, quotidianamente e perpetualmente con tre occorrenze). La stessa considerazione vale per il titolo di messer rivolto ai notabili secondo una tradizione che risale almeno ai primi decenni del 1400, essendo attestata frequentemente nel Registro di San Pietro di Sorres.16 Tra i titoli di tradizione italiana, ma anche catalana, rientra anche quello di magnifico rivolto al luogotenente di giustizia della comunità lo- cale che in qualche modo, esercitando una sia pur modesta magistratura, giustifica l’uso di tale titolo. Pure di ambito peninsulare appare l’impiego del termine Religione nel senso di ‘Chiesa’.
  1. 14  La Carta de Logu ‘carta del regno’ in origine rappresentava la carta costituzionale del Regno di Arborèa (1392-1420) riguardo al diritto civile e penale. In seguito, dal 1421, fu estesa a tutto il Regno di Sardegna restando in vigore fino al 1827 quando fu sostituita dal Codice Feliciano.
  2. 15  Cfr. la nota 10.
  3. 16  Cfr. RSPS = Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di RAIMONDO TURTAS; edizione critica a cura di SARA SILVIA PIRAS e GISA DESSÌ, Cagliari, CUEC 2003, s. 2 e passim.

 

f. L’avverbio di tempo logudorese como nel manoscritto non è usato nel senso di ‘ora, adesso’ ma nel senso di ‘allora, allorché’ che in sardo di norma è reso con tando. Lo scriba, cioè, trasferisce al futuro il concetto di attualità di cui l’avverbio è portatore; p.es. bi an como querrer andare ‘ci vorranno allora andare’; qui at como istare ‘che vi risiederà allora’; qui an como re- goller ‘che raccoglieranno allora’.

4. Toponomastica

4.1. Il poleonimo Chiaramonti

La grafia Zaramonte riportata nella prima linea del documento corrisponde all’originario e odierno nome sardo di Chiaramonti. La sua pronuncia corrisponde a [tsara’mǫnte]. Il toponimo ufficiale Chiaramonti rappresenta una forma italianizzata così come Claramunt17 era la sua forma catalanizzata. La forma più antica del toponimo, Çaramonte,18 risale alla seconda metà del XIV secolo. Nel secolo successivo sono attestate le varianti Caramonte, Saramonte 19 e Çiaramonte.20 Al 1639 risale la forma spagnolizzata Claramonte da cui deriva l’odierna forma ufficiale italianizzata.21

4.2. Il sito del convento

Del convento carmelitano resta il ricordo in tre toponimi. Il primo è il citato Su Pàris de Cunvéntu ‘il pianoro, lo spiazzo del convento’, nel quale oggi sorgono degli impianti sportivi. Il secondo è l’odonimo Camìnu de Cunvéntu che nella toponimia ufficiale è sostituito dalla traduzione in italiano “Via Carmelo”, la quale collega l’abitato al cimitero comunale sorto a lato del complesso conventuale. La chiesa coeva, che è tuttora officiata e funge anche da cappella cimiteriale, reca a sua volta il nome dell’antico convento che nella parlata locale corrisponde a Su Gàmminu ‘Il Carmine’.

  1. 17  CDS = PASQUALE TOLA (a cura di), Codex Diplomaticus Sardiniae, 2 tomi, Torino, Maspero 1861 (tomo I); 1868 (tomo II); rist. anast. Sassari, Carlo Delfino editore 1984, vol. 2, doc. 15: Claramunt.
  2. 18  CDS, vol. I, doc. 150, p. 837; vol. 2, doc. 12, p. 46: Çaramonte.
  3. 19  RSPS, n. 8: Caramonte; n. 35: Zaramonte; n. 269: Saramonte.
  4. 20  CDS, vol. 2, doc. 15: Çiaramonte.
  5. 21  Per una panoramica più estesa su questo argomento cf. MAURO MAXIA, Anglona medioevale:luoghi e nomi dell’insediamento umano, Sassari, Magnum-Edizioni 2001, pp. 206 ss.

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5. Onomastica cognominale

5.1. Chiaramonti e i Doria

Mauro Maxia

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Un cenno particolare merita la presenza dei Doria a Chiaramonti di cui, come si accennava, furono i fondatori. Il loro ricordo non svanì con la caduta di Castel Genovese (Castelsardo) avvenuta nel 1448. Alcuni epigoni restarono in Anglona e, in particolare, proprio a Chiaramonti dove tra il 1522 e il 1532 tra i possessori di terreni è attestato un Giovanni Doria.22 Ancora nel 1666 è ricordato un Baingiu (Gavino) Doria che ricopriva l’ufficio di messo di corte.23 Attualmente in Sardegna questo cognome è abbastanza raro con un modesto nucleo a Sassari e residuali occorrenze a Cagliari. Al momento, tuttavia, non si dispone di prove concrete circa la possibilità che si tratti di discendenti dei Doria attestati nell’isola dal XIII secolo. Alla loro presenza risale anche l’intitolazione dell’antica parrocchiale chiaramontese a San Matteo.24 Titolo che corrisponde a quello dell’omonima chiesa genovese che costituiva il fulcro della piazza dove affacciano le storiche residenze doriane.

5.2. I fondatori del convento

I nomi dei fondatori del convento dovevano corrispondere a quelli ricordati nel documento del 22 ottobre 1586, i quali agivano come garanti non solo per sé stessi ma anche per la maggior parte dei capifamiglia della comunità chiara-

  1. 22  Cf. AHN = Archivo Histórico Nacional, Toledo, Sección Nobleza, fondo Osuna, legajo 632, n. 79, cc. B 201-B 251; cc. B 209, B 223: Joanne Doria; ivi, n. 82, cc. B 356; B 362: Joane Dorya.
  2. 23  Sull’onomastica cognominale di Chiaramonti, relativa a oltre quattrocento cognomi, è in corso di edizione un contributo di chi scrive nel contesto degli atti del convegno Chiaramonti: storia di un territorio e del suo patrimonio culturale dall’età antica al contemporaneo, svoltosi a Chiaramonti il 14 e 15 maggio 2022. I dati tratti dal fondo Osuna dell’AHN e ci- tati in questo articolo sono inediti; si ringrazia sentitamente il dott. Italo Bussa, fondatore e direttore della rivista «Quaderni Bolotanesi», per avere fornito una copia della trascrizione degli atti originali curata da Pinuccia F. Simbula, Maria Eugenia Cadeddu, Luciano Galli- nari e Gian Nicola M. Spanu.
  3. 24  L’antica parrocchiale, risalente al XIV-XV secolo e oggi diroccata, era situata al di fuori del- l’abitato sul colle detto, appunto, Monte de Cheja ‘monte della chiesa’ in contiguità con un castello costruito verso il 1350 e demolito dopo la definitiva conquista aragonese dell’Anglona. Nel 1888 fu sostituita da quell’odierna che, costruita al centro dell’abitato, fu intitolata al medesimo santo. Per la storia del castello di Chiaramonti e l’antica parrocchiale di San Matteo cfr. GIANLUIGI MARRAS, Il castello di Chiaramonti in Anglona: indagini preliminari sul sito e sulle fonti materiali, tesi di specializzazione, Pisa, Università degli Studi di Pisa 2006.

I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari) montese. Per ciascuno di questi ultimi, pur non essendo citati espressamente, nell’atto è stabilita l’esatta misura del contributo che, in denaro o in natura, avrebbero dovuto corrispondere annualmente al priore del convento.

Nell’atto compaiono i nomi dei due frati carmelitani Mansueto Savinu e Gerolamo Chinos inviati dai loro superiori a Chiaramonti per concordare le modalità di gestione del convento e le forme di collaborazione con la comu- nità locale.

Tra i testi e attori dell’accordo figurano tre membri del locale clero secolare: il curato Giorgi Demelas, il prete Istèvene (Stefano) Sanna e il diacono Juanne Foi. Inoltre, compaiono il luogotenente Pedru Cabiyudu e i signori Juanne Falque Pinna, Juanne Pedru Dacorrà, Melcioro (Melchiorre) De Curcas Satta oltre al procuratore della comunità che era Nigola Sanna. L’atto fu compilato da Gaspar Carcassona, membro di una importante famiglia di origine ebraica, stanziata ad Alghero, che a Chiaramonti è attestata per circa tre secoli a partire dal 1580. Da ciò si desume che Gaspare Carcassona doveva risiedere a Chia- ramonti soltanto da sei anni. La sua formazione, pertanto, si presume essere avvenuta negli anni precedenti ad Alghero.

Qui di seguito si propone una scheda storica ed etimologica per ciascun co- gnome dei personaggi fin qui citati.25

  1. Cabiyudu. Poco comune; è da confrontare col cognome Cabizudu che è documentato più volte durante il 1600. Di origine incerta, potrebbe esse- re un adattamento del cognome spagnolo Cabezudo che riflette l’aggettivo cabezudo ‘testone, testardo, cocciuto’. Potrebbe anche avere alla base un soprannome sardo formato dal fitonimo cabitzudu ‘forasacco, spicalora’ che è un sinonimo di ispiga mùrina.
  2. Carcassona. È documentato a Chiaramonti dal 1580 fino alla fine del 1800.26 Ne resta memoria anche nel toponimo Montiju Carcassone presso Martis.27 È un cognome spettante a un’antica famiglia di origine ebraica che rispecchia il toponimo Carcassona relativo a una città del Rossiglione (Francia), dalla quale segnala l’origine o la provenienza.
  1. 25  Definizioni delle abbreviazioni usate: batt. = battesimi; conf. = confermati, cresimati; matr. = matrimoni; def. = defunti.
  2. 26  Cfr. ANTONIETTA DENTI, Cognomi ebraici nel nord Sardegna prima e dopo il 1492, s.l., You- canprint 2013.
  3. 27  IGM = Istituto Geografico Militare Italiano, Carta d’Italia, scala 1:25000, f. 460, sez. IV, Òsilo.

 

c. Chinos. È di origine incerta. Potrebbe rappresentare una variante del co- gnome Cinus, formato dal sardo campidanese cinus ‘cenere’, o del cogno- me spagnolo Chino o di quello italiano Cino, frequente in Sicilia e Puglia, che riprende il nome personale Cino, ipocoristico di nomi come Leoncino, Guidoccino, Mariuccino o, ancora, del cognome italiano Chino che è un ipocoristico di Franceschino, Domenichino e simili.

  1. Dacorrà. Finora a Chiaramonti risultava attestato dal 1635 (QB, 18, 431: Francisco de Acorra;28 BUS S.5, ms. 1031-12) e più volte nel 1705 (QL Chiar.29, conf.: Gavinu A., Juanna A., Maria Baingia A. e passim); nel 1710 (QL Tempio,30 matr. 1.9.1710: Anton Pedro Acorrà di Chiara- monti) e ancora nel 1872 (QL Perf.,31 1872, da Chiaramonti). Attual- mente è raro ma vige ancora a Chiaramonti. È formato dal toponimo còrso Corrano, relativo a un villaggio della Corsica meridionale, di cui ri- specchia la pronuncia popolare Corrà, Currà. La forma attuale si deve al- la stessa variante apocopata Corrà e all’errata divisione sintattica del nes- so da Corrà > d’Acorrà.
  2. De Curcas. Risale fino al periodo dei regni giudicali (secc. XI-XIII), nelle cui fonti è citato tra le famiglie dei maiorales ossia dei nobili e notabili. A Chiaramonti è attestato dal 1522 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 210: Nadu de C.) e nel 1532 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 357: Quirigu de C.). Vi sono degli indizi che la presenza di questo cognome preceda la fondazione di Chiaramonti essendo attestato nel 1341 e nel 1342 con la forma Gulgas nel villaggio di Ostiano di Obtetario od Obte- tano che sorgeva a breve distanza dal colle sul quale pochi anni dopo fu fondato Chiaramonti.32 Rispecchia il toponimo Curcas, relativo a un an- tico villaggio della curatoria della Nurra (oggi La Crucca, Sassari) dal qua- le indicava l’origine o la provenienza.
  1. 28  Cfr. ITALO BUSSA, Ordine pubblico, gestione finanziaria e ripopolamento negli stati sardi di Oliva (1635), in QB = «Quaderni Bolotanesi», 18 (1992), pp. 352-437.
  2. 29  QL Chiar. = Quinque Libri della chiesa parrocchiale di San Matteo Apostolo di Chiaramon- ti, Sassari, Archivio Storico Diocesano di Sassari.
  3. 30  QL Tempio = Quinque Libri della chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo di Tempio Pausania, Tempio Pausania, Archivio Storico Digitale della Diocesi di Tempio-Ampurias.
  4. 31  QL Perf. = Quinque Libri della chiesa parrocchiale di Santa Maria degli Angeli di Perfugas, Tempio Pausania, Archivio Storico Digitale della Diocesi di Tempio-Ampurias.
  5. 32  Cf. PIETRO SELLA (a cura di), Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Sardinia, Città del Vaticano, 1945, p. 27, n. 241 [20/6/1341]: Barisono Gulgas; p. 91, n. 837 [29/9/1342]: Barisono Gulgas.

 

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I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)

  1. Dejana. A Chiaramonti è documentato dal 1388 con la forma De Yana (CDS, sec. XIV, doc. 150, c. 60: Petru De Y.). È attestato anche nel 1532 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 357: Nicola de Jana; c. B 362: Antoni Deiana). Ha alla base un antico soprannome formato dal termine jana ‘fa- ta, maga’ che deriva dal nome latino Diana (DCS, 1, 282)33 e dal quale prendono il nome i preistorici sepolcri rupestri detti domus de janas.
  2. Demelas. Attestato a Chiaramonti nel 1388 con la forma De Melas (CDS, sec. XIV, doc. 150, c. 60: Guantinu de M.) per cui rappresenta uno dei cognomi più antichi della comunità locale. È documentato anche nel 1522 in genere con la variante De Mela (AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 209: donno Gidio de Mela; c. B 210: donnu Pedru de M.; Marcu de M; Nanni de M.; B 223: donnu Gidiu de M.; donnu Pedru de Melas; c. B 224: Nanni de M.; c. B 249: Quirigu de M.); nel 1532 con la forma De Mella (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 356: Amadu de M.; donnu Pe- dru de M.; Nani de M.; Matheu de M.; c. B 362: Andria de M.; donnu Nany de M.; Matheu de M.); nel 1622 e nel 1648 (BUS S.5 ms. 1032-13; ms. 1031-4); nel 1705 (QL Chiar., conf.: Caderina de M., Caderinangela de M., Franciscu de M., Mariangela de M., Nigola de M.) e nel 1707 (BUS S.5 ms. 1179-64).
  3. Falche, Falque. A Chiaramonti è attestato dal 1388 (CDS, sec. XIV, doc. 150, c. 60: Furadu Falque; Petru Falque); nel 1522 con la forma Farche ~ Falche (AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 210: Pedru Farche; Nigola Falche; c. B 223: Brancazu Falche); dal 1532 come Falche (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 356: donnu Jorgi F.; c. B 357: Brancazu F.; Pedru F.; Zuzu F.; Antoni F.; c. B 362: Pedru F.; donnu Brancazu F.); nel 1652 (BUS, S.5 ms. 1031-6), nel 1657, 1672 e 1714 (BUS S.5 ms. 1032-35; 1032-14; 1031-22: Falche). Frequente nei registri parrocchiali del villag- gio (QL Chiar., conf. 1705: Antoni F.; Franciscu F. (licenziadu); Jorgi F.; Juan Baptista F.; Salvadore F.). È attestato anche nella toponimia comu- nale (IGM:34 Casa F.; Domo F.; Mulino F.). Rispecchia un nome di me- stiere costituito da falche, farche ‘falce’, dal latino falx, falcis (DES,35 I, 503), come mostrano le varianti campidanesi Falci e Farci. Potrebbe an-
  4. 33  DCS = MASSIMO PITTAU, Dizionario dei Cognomi di Sardegna – Origine e significato di 7.500 voci, 3 voll., Cagliari, L’Unione Sarda 2005.
  5. 34  IGM, f. 460, sez. IV, Òsilo.
  6. 35  DES = MAX LEOPOLD WAGNER, Dizionario Etimologico Sardo, vol. I, Heidelberg, Carl Win-ter 1960; vol. II, Heidelberg, Carl Winter 1962

che essere formato dal sardo logudorese falche ‘falco’ in modo analogo agli altri cognomi di origine medievale formati da nomi di animali (p.es. Boi, Porcu, Puddu, Vacca).

i. Foi. Finora era documentato dal 1522 con la forma Foy (AHN, Osuna, le- gajo 632, n. 79, c. B 223: Pedrone Foy); nel 1532 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 357: Foy; c. B 362: Pedru Foy; Cristollu Foy); nel 1656 (BUS S.5 ms. 1031-8) e nel 1705 anche con le varianti Fois, Foys (QL Chiar., conf.: Limpia Foi, Pedru Fois; Maria Foi; Pedru Foys). Riprende un soprannome formato dal logudorese vòe ‘bue’, che corrisponde tuttora alla forma popolare in uso a Benetutti (Voe) che passa a Foe per assordimento di [v] forse dovuto a un accostamento con l’ipocoristico Fòe del nome per- sonale Salvadore. Da confrontare con Boe, Boi.

l. Pinna. Di origine medievale, a Chiaramonti è documentato nel 1388 (CDS, sec. XIV, doc. 150: c. 60: Arçoco P.; Nicolao P.); nel 1522 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 210: Pinna Sanna); nel 1532 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, cc. B 356; B 362: Pedru P.; Matheu P.). Risponde a un originario soprannome che, oltre al significato di ‘penna (d’uccello e an- che per scrivere)’, riveste anche quello di ‘ridosso rupestre, di una parete o di un muro’ (DES, II, 268-69).

m. Pische. Di origine medievale; quella del 1585 risulta la prima attestazione di Pische a Ploaghe. Riprende un soprannome formato dal sardo logudo- rese pische ‘pesce’, dal latino pisce(m) (DCS, 3, 66).

n. Sanna. Documentato a Chiaramonti dal 1388 (CDS, sec. XIV, doc. 150: c. 60: Marianus S.) e in seguito nel 1522 (AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 210: Baingiu S.; Nigola S.; Jorgi S.; c. B 223: donnu Nieddu S.; donnu Nigola S.; c. B 224: Antoni S.; Baingiu S.); nel 1532 (AHN, Osu- na, legajo 632, n. 82, c. B 357: Jorgi S.; donnu Nigola S.; donnu Nigola S. minore; Pedru S.; Indoro S.; Lorentu S.; c. B 262: donna Mina S.; don- nu Nicolla S. Pig[h]iu; Frassu S.; donnu Nieddu S.; donnu Nicolla S.); nel 1625 e 1657 (BUS S.5 ms. 1032-35 e 1033-37). Si fa risalire a un antico soprannome riferito al capostipite che doveva avere dei denti canini molto pronunciati. Secondo Massimo Pittau, oltre a questo significato, Sanna avrebbe anche un’altra origine basata sul nome femminile Susan- na, il quale è citato con la forma Sanna nel Condaghe di San Pietro di Silki (donna Sanna de Monte). Questa forma sarebbe insorta per errata divisione della sillaba iniziale confusa con l’articolo determinativo: Su- sanna > su Sanna (DCS, 3, 156).

RION, XXIX (2023), 1 104

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I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)

  1. Satta. È documentato per la prima volta a Bonifacio nel 120036 mentre è del tutto sconosciuto alle fonti propriamente sarde dei secoli XI-XIII. Si tratta forse di un cognome di origine veneta che in Sardegna ha avuto par- ticolare fortuna diffondendosi in varie direzioni. La presenza nell’area sar- do-corsa di individui originari delle Venezie è documentata sempre a Bo- nifacio nel XIII secolo con diverse occorrenze sia del cognome Veneticus sia del corrispondente etnico.37
  2. Savinu. Come attesta la fonte in questione, è originario di Sorso. Nella cittadina della Romangia è documentato nel 1599 (BUS S.5 ms. 1028- 32) e con maggiore frequenza nel 1600 (QL Sorso,38 passim). Riprende il nome personale Savinu ‘Savino’ che è una variante di Sabino, antico etni- co riferito al popolo dei Sabini stanziati nell’Italia centrale. Il nome è an- che collegato al culto di San Sabino, vescovo e martire di Brescia, e San Sabino vescovo di Piacenza.

Dal confronto tra il documento del 1586, che vedremo a breve, e le preceden- ti schede si possono ricavare alcune considerazioni. In effetti, qualche nome attestato nel 1532 coincide con quello di un paio di individui citati nel nostro documento. Uno è il donnu Pedru de Melas, ricordato già nel 152239 oltre che nel 1532,40 che sul piano formale corrisponderebbe al donnu Pedru Demelas del 1586. Un altro è il donnu Nigola Sanna, nome che nel 1532 è portato da almeno due omonimi,41 il quale corrisponderebbe al Messer Nigola Sanna del 1586. Dal punto di vista oggettivo, la distanza di 54 anni che separa le due

  1. 36  VITO VITALE, Documenti sul castello di Bonifacio nel sec. XIII, “Atti della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria”, Genova, LXV (1936); notaio Emanuele Nicola De Porta (1286-1291), s. 1, c. 83, doc. XXXII: Leonardo Sata. Alla base avrebbe un soprannome for- mato dal veneto sata, zata ‘zampa’ o un nome di mestiere da zata, sata ‘zattera’ riferito a tra- sportatori di merci; cf. GIOVANNI RAPELLI, I cognomi del territorio veronese, Verona, Cierre Edizioni 2007, p. 756 s.v. Zatta.
  2. 37  Ivi, p. 14: Iohannes Veneticus; pp. 28 e 174: Guillelmus Veneticus; p. 119: Jacobus Veneticus; Johanes Veneticus; p. 133: Obertus Veneticus; p. 180: Jacobus Rubeus veneticus. Nei registri parrocchiali di Sorso del 1600 è attestato anche il cognome Veneciana.
  3. 38  QL Sorso = Quinque Libri della chiesa parrocchiale di San Pantaleo di Sorso, Sassari, Archi- vio Storico Diocesano di Sassari.
  4. 39  AHN, Osuna, legajo 632, n. 79, c. B 210.
  5. 40  Ivi, n. 82, c. B 356.
  6. 41  In AHN, Osuna, legajo 632, n. 82, c. B 357 oltre al donnu Nigola Sanna è citato un donnuNigola Sanna minore che doveva essere un nipote. Inoltre, nella c. B 262 è nominato un don- nu Nicolla Sanna Piguiu (leggi Pighìu) il cui secondo elemento, oltre che un soprannome, potrebbe essere una variante del raro cognome Pighinu documentato nel 1388 (CDS, sec. XIV, doc. 150, c. 53v: Pighinu Porcu, cittadino di Bosa).

1fonti è forse troppo ampia per ipotizzare che possa trattarsi degli stessi perso- naggi anche se tale possibilità non può escludersi del tutto. In alternativa, trat- tandosi in un caso e nell’altro di individui appartenenti al notabilato locale, gli omonimi del 1586 potrebbero essere dei discendenti di quelli attestati tra il 1522 e il 1532 in base all’usanza di imporre ai figli i nomi dei nonni. Usanza che, nonostante certe tendenze recenti, anche esterofile, in Sardegna mostra una certa resistenza ancora al giorno d’oggi.

 

6. Conclusioni

Alcuni notabili illuminati nel terzo quarto del 1500 pensarono di fondare un convento, i cui frati avrebbero dovuto insegnare alla popolazione locale a leg- gere, scrivere e far di conto. Poco meno di quattro secoli dopo altri ammini- stratori locali, molto meno illuminati, pensarono di abbattere quell’edificio che aveva non poca parte nella storia del borgo chiaramontese per realizzare uno spiazzo antistante a un campo di calcio. Un caso fortunato ha voluto che buona parte dei documenti appartenuti al cenobio si siano salvati in conse- guenza della legge del Regno di Sardegna 29 maggio 1855, che soppresse le corporazioni religiose disponendo di incamerarne i beni, e della legge del Re- gno d’Italia 7 luglio 1866 grazie alla quale i rispettivi archivi furono devoluti, come nel caso in questione, alla Biblioteca Universitaria di Sassari dove si con- servano dal 1903.42

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42 L’elenco dei documenti relativi al convento dei Carmelitani di Chiaramonti, accompagnato da succinti regesti, si può consultare nel volume di ANTONELLA PANZINO (a cura di), Le carte d’archivio dei conventi soppressi nella Biblioteca Universitaria di Sassari, «Coracensis», n. 6 (2004), pp. 20-28.

RION, XXIX (2023), 1 106

I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)

Fig. 3. Alla destra di questa foto, risalente agli anni Quaranta del 1900, si vede l’ex convento del Carmelo di Chiaramonti ancora perfettamente integro.43

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43 La foto è tratta dal sito web di Carlo Patatu che si ringrazia: www.patatu.it/index.php?op- tion=com_ content&view=article&id=1002:chiaramonti-il-convento-del-carmine-1a-par- te&catid=19:La%20Chiesa%20e% 20le%20chiese&Itemid=48 (visionato il 26/10/2022).

 

Mauro Maxia Collocazione: BUS, S.5. ms 928; c. 928r

Copia

Die xxij mensis octobris44 anno 1586 in Zaramonte

  1. In Dei nomine. Amen. Sit omnibus notum qui sa presente carta de concordia at querrer
  2. vider, ó vero intender cando bisognu siat, comente benin de bona concordia de pare sos
  3. honorados principales e magiore parte de su populu de sa presente villa, et de sa ate-
  4. ra parte est su reverendu fraj Mansuetu Savinu naturale de sa villa de Sorso de su ordi-
  5. ne de sa Virgine Maria de su Carmene, in compania de su reverende fray Hyeronimu
  6. Chinos de ditu ordine; sa quale concordia est de su modu e forma siguente: qui su
  7. ditu padre fra’ Mansuetu et su cumpagnu, agatendesi ambos in sa presente villa, et
  8. vidende gia cominciadu unu combentu de ditu ordine carmelitanu. Et viden-
  9. de su ditu conventu esser solu relictu, senza frade nexunu de ditu ordine, et avende
  10. podere bastante in scriptis de su generale insoro de sa cittade de Roma, qui potat faguer
  11. unu conbentu nou innue at á querrer et l’at45 a piaguer in Sardigna, ó vero agatendelu
  12. cominciadu lu potat siguire. Pro tantu copia chi desit su ditu padre de istare in sa
  13. presente villa promitet, et si obligat su ditu padre de istare isse personalmente cantu
  14. á sa Religione at á compiaguer, cun ateros duos padres de missa, sos quales an admi-
  15. nistrare et faguer semper sos officios divinos, segundu in ateros conbentos si solet faguer et
  16. de pius su presente padre si obligat de tener iscola quotidianamente de leer, iscrier et
  17. contare46 á sos qui bi an como47 querrer andare, debadas, totu su tempus qui isse ditu padre
  18. at á istare in dita villa cun contentu de sa Religione; mas cando sos superiores suos lu
  19. mandaren á alguna atera parte, sos qui an á restare per parte sua an como tenner
  20. iscola de iscriere et de léere. Et sos honorados principales et magiore parte de su populu
  21. de sa presente villa pro elemosina et recompensa de sos traballos insoro promiten et
  22. si obligan darelis perpetualmente sa primissia, comente la dan á Santu Matheu, ciò est
  23. á sos qui faguen yù una carrita de trigu et sos qui faguen mesu yù mesa carri-
  24. ta de trigu, et sos qui non faguen yù quimbe soddos: sa quale promissa at essere
  25. semper perpetualmente cantu su preditu padre priore qui at como istare, reservadu
  26. si su preditu padre morreret ó andaret cun ordine de su generale ó de su superiore
  27. sou á ateru conbentu, qui sa dita promissa la apan á dare á sos frades qui an á
  28. resider in ditu conbentu, cun patu qui no apan á dominiare á sos qui que fuin inantis
  29. et fatende su qui subra narat si lis at como dare sa primissa subra narada perpetual-
  30. mente donni annu, sa quale regorta an á faguer donni annu donnu Joanne Pedru Da-
  31. corrà, donnu Pedru Demelas et donnu Sebastianu Demelas oberajos de Santu Seba-
  32. stianu de sa presente villa, et tenerla in podere insoro tota sa arregorta de su trigu, et
  33. dinaris qui an como regoller, et dare contu á su ditu padre priore, ciò est darelis su qui
  34. lis at á faguer bisognu de mandigare et bier et calzare et bestire et pro ateros ali-
  35. mentos qui lis at á faguer bisognu á sos ditos frades, et de dita regorta et ateras at essere
  1. 44  ms: 8bris.
  2. 45  ms: lat.
  3. 46  ms: cantare.
  4. 47  ms: biancomo.

RION, XXIX (2023), 1 108

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Copia

I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)

Giorno 22 ottobre dell’anno 1586 in Chiaramonti

  1. In nome di Dio. Amen. Sia noto a tutti che la presente carta di concordia si osserverà
  2. ossia intenderà quando vi fosse bisogno, del come sono convenuti con spirito concorde
  3. gli onorati principali e la maggior parte della popolazione di questo villaggio e,
  4. dall’altro canto il reverendo fra’ Mansueto Savino, del villaggio di Sorso, dell’ordine
  5. della Vergine Maria del Carmelo, in compagnia del reverendo fra’ Gerolamo
  6. Chinos dello stesso ordine; il quale accordo consta del modo e forma seguente:
  7. che il detto fra’ Mansueto e il compagno, trovandosi entrambi in questo villaggio e
  8. vedendo già in costruzione un convento del suddetto ordine carmelitano. E vedendo
  9. il detto convento solitario e privo di alcun frate del medesimo ordine, e disponendo di
  10. una delega scritta dal loro generale della città di Roma per poter fare
  11. un nuovo convento ovunque vorranno e piacerà loro in Sardegna ovvero trovandolo
  12. già iniziato possano completarlo. In base a un atto consegnato dal citato frate circa la residenza
  13. in questo villaggio, lo stesso promette e si obbliga di risiedere di persona per quanto
  14. piacerà alla Chiesa, insieme ad altri due frati sacerdoti, i quali amministreranno
  15. e faranno sempre gli uffici divini così come negli altri conventi e
  16. inoltre il presente frate si obbliga di tenere quotidianamente lezioni di lettura, scrittura e
  17. di aritmetica a chi vorrà frequentarle, a titolo gratuito, per tutto il tempo che detto frate
  18. starà in questo villaggio con l’assenso della Chiesa; e quando i suoi superiori dovessero
  19. mandarlo da qualche altra parte, quelli che resteranno terranno in sua vece
  20. lezioni di scrittura e lettura. E gli onorabili principali e la maggior parte della popolazione
  21. del presente villaggio come elemosina e ricompensa delle loro attività promettono e
  22. si obbligano di dar loro in modo perpetuo la primizia come la danno a San Matteo, ossia
  23. quelli che seminano due starelli daranno uno staio di grano e chi ne semina la metà darà
  24. mezzo staio e quelli che non seminano daranno cinque soldi; la quale promessa sarà
  25. sempre assolta in perpetuo fintanto che il predetto frate priore rimarrà, salvo il caso
  26. che il detto frate morisse o per ordine del generale o del superiore fosse assegnato a un
  27. altro convento, la medesima promessa sarà mantenuta dai frati che rimarranno
  28. nel citato convento con l’accordo che non prevaricheranno quelli che vi erano innanzi
  29. e faranno quanto sopra si è detto e si darà loro la citata primizia ogni anno in perpetuo,
  30. la cui raccolta sarà fatta annualmente dal signor Giovan Pietro Dacorrà,
  31. dal signor Pietro Demelas e signor Sebastiano Demelas, fabbricieri di San Sebastiano
  32. di questo villaggio, i quali conserveranno tutto il raccolto del grano e
  33. i soldi che raccoglieranno dandone conto al citato frate, cioè fornendogli quel che
  34. necessiterà loro come vitto e bevande e calzari e vestimenta e per altri alimenti
  35. che bisognassero ai suddetti frati, e tale raccolta e le successive saranno (gestite)

109 RION, XXIX (2023), 1

Mauro Maxia

[c.928v]

  1. subrestantes su magnificu messer Joanne Pedru Cabiyudu logu-tenente de sa presente
  2. villa, su quale at á resister cun cuddos á faguer dita regorta pro ditos frades; et tam-
  3. bene si obligan ditos principales et populu de sa presente villa de faguer sas tres
  4. cellas in su ditu conbentu, acomodadas segundu in ateros monasterios si faguen, segun-
  5. du in su actu primargiu lu disponet, et si fuin obligados ditos principales de ditas
  6. cellas cobertas bene et incarquinadas dae intro et dae foras cun sos solaios de ta-
  7. ula, et gasi si obligat su ditu padre priore et principales de sa presente villa de
  8. effetuare totu su subra naradu, et non contravenire in totu sas subraditas cosas
  9. per via direta ne indiretamente, largo modo. Et gasi juran et firman de tener su
  10. de subra naradu et non revocarelu mai in su tempus venidore, largo modo, ju-
  11. rando.Testes su reverendu messer Giorgi Demelas curadu, messer Istevene Sanna preideru, jaganu Juanne Foi, su magnificu messer Joanne Pe- dru Cabiyudu logu-tenente de sa presente villa, messer Juanne Falque Pinna48, Juanne Pedru Dacorrà, messer Melcioro de Curcas et Satta. messer Nigola Sanna dat paraula comente et procuradore de sa presente villa.Scriba Gaspar Carquasona

Fig. 4. Immagine satellitare del colle di Su Gàmminu o Pàris de Cunvéntu con al cen- tro l’area un tempo occupata dal convento del Carmelo (rielaborazione dell’Autore su foto tratta da Google Earth).

48 ms: Pina.
RION, XXIX (2023), 1 110

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I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)

[c.928v]

  1. dal soprastante magnifico messer Giovan Pietro Cabiyudu luogotenente di questo
  2. villaggio, il quale collaborerà con essi nel procurare detta raccolta per i detti frati; e
  3. insieme si obbligano i citati principali e la popolazione di questo villaggio di fare le tre
  4. celle nel detto convento predisposte come si usa negli altri monasteri in base a
  5. quanto disposto nell’atto iniziale e come si erano obbligati i suddetti principali sulle dette
  6. celle ben ricoperte e imbiancate all’interno e all’esterno con i solai di legno,
  7. e così si obbligano il citato frate priore e i principali di questo villaggio di
  8. effettuare tutto quanto è detto più sopra e non contravvenire in nulla quanto detto
  9. né in modo diretto né indiretto, generosamente. E così giurano e firmano di mantenere
  10. quanto sopra detto e di non revocarlo mai nel tempo che verrà, generosamente, giu-
  11. rando.Testi il reverendo messer Giorgio Demelas curato, messer Stefano Sanna prete, diacono Giovanni Foi, il magnifico messer Giovan Pietro Cabiyudu luogotenente di questo villaggio, messer Giovan- ni Falchi Pinna, Giovan Pietro Dacorrà, messer Melchiorre De Curcas e Satta. Messer Nicola Sanna dà la propria parola come procuratore di questo villaggio.Scriba Gaspare CarcassonaFig. 5. La chiesa del Carmelo nella situazione odierna. Il perduto convento sorgeva nello spazio a destra della chiesa.

111 RION, XXIX (2023), 1

page32image2987454192 page32image2987454544 page32image2987454832 page32image2987455120 page32image2987455472

Rivista Italiana di Onomastica «RION»
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