Categoria : memoria e storia

“Donna Lucia Tedde: spiritualità, opere pie e suffragi per la sua anima e per le anime dei chiaramontesi” Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro.

Non si può negare che Donna Lucia Tedde nel suo testamento non si sia preoccupata delle chiese urbane e rurali di Chiaramonti  in cambio di suffragi per la sua anima di  presunta  penitente [1].

Il viceré marchese di Castagnole e di Barolo (1731-1735) la fece precettare a Cagliari per farla giudicare.

Partita sotto scorta da Chiaramonti,  sicuramente in carrozza,  il 21 febbraio del 1733, accompagnata dal cognato Juan Maria Satta,vi giunse probabilmente il 28.
Tenuta sotto controllo senza essere incarcerata prima del processo, con la possibilità  di incontrare  il fior fiore della nobiltà cagliaritana, che  ne conosceva le imprese di ardita capo fazione , seppe farsi  conoscere  e farsi valere come discendente di ben due nobili prosapie dell’Anglona, i Delitala, nobilitati fin dal 1580 e originari di Chiaramonti e i Tedde, originari di Nulvi in parte, dal 1603.

Fu interrogata a domicilio dal tribunale di sette cavalieri, ritenuta la mandante del tentativo di eliminazione dei suoi avversari Tedde in Chiaramonti e dell’omicidio di Matteo Tedde e del figlio di otto anni Michele. Unici Tedde, rimasti incautamente in paese, mentre gli altri si erano dileguati in ordine sparso  nella campagna, per evitare “l’ira funesta  della terribile nobildonna” della quale spesso danneggiavano gli averi: supponiamo sgarrettamento  di capi vaccini ed equini.

Verso i primi di ottobre dello stesso anno le fu comunicata la sentenza. Fu condannata a cinque anni di detenzione da trascorrere a Cagliari o ad Alghero e al pagamenti di  mille ducati.
La detenzione fu subito commutata in arresti domiciliari probabilmente perché, in presunte o vere  precarie condizioni di salute, ma sicuramente per la sua riluttanza di nobildonna ad accettare di espiare la pena nell’ignominia  del carcere .
Il 29 maggio di quell’anno la nobildonna aveva compiuto 28 anni.

Il viceré, marchese di Castagnole e di  Barolo, scomparve improvvisamente nel luglio del 1735, cinque mesi prima di concludere il suo mandato.
Gli subentrò il generale Brassicarda. Morto anche questo improvvisamente, l’interinato fu affidato all’arcivescovo di Cagliari, Mons. Paolo Falletti (1726-1748), fratello sessantenne del defunto viceré.

Certamente di questi avvicendamenti alla massima carica del regno, la nobildonna chiaramontese ebbe buon agio a pensare di accorciare la pena inflittale, abbastanza leggera per gli storici, ma per lei nobildonna settecentesca, ritenuta pesante, considerando gli oltraggi dei suoi nemici Tedde e la mentalità fazionaria dell’epoca. Vi è poi da considerare che a Torino, negli ambienti di corte, non gradivano le condanne eccessive ai nobili.

Grazie  alla sua capacità di destreggiarsi nelle zuffe fazionarie alla campagna, ma anche in mezzo agli eventi a lei favorevoli e certamente grazie  alla conoscenza delle norme di legge del cognato e tutore Juan Maria Satta, sulla commutazione delle pene, nonché alla sua disponibilità finanziaria, pagando cinquecento ducati, circa 2,50 reali al giorno, per i tre anni che le rimanevano della condanna agli arresti domiciliari, poté tornare prima del dovuto a Chiaramonti, tanto che il 4 ottobre del ’35, fece da madrina a Francesco figlio di Giovanni Sata e di Vittoria de Santu.[2]

La nobildonna aveva compiuto  prima  nel maggio 1733 e dopo agli arresti domiciliari nel  maggio 1734 e 1735, a Cagliari, il  ventottesimo, il ventinovesimo  e il trentesimo anno di età.

Donna Lucia Tedde era riuscita  ad avere  prima la commutazione della pena di detenzione in quella  agli arresti domiciliari in pena pecuniaria, poi, con la promessa che non avrebbe più capeggiato nessuna fazione e tanto meno  avrebbe dato appoggio ai banditi,
“(…) de ne  pas se meler à l’avenir des factions, ni proteger  les bandits” [3] aveva ottenuto la liberazione.
Secondo l’ipotesi di Maria Lepori, con l’approvazione della Reale Udienza, massimo organo giudiziario del Regno di Sardegna [4].

Il primo documento che denota la sua volontà di suffragi per la sua anima è il brano di testamento ritrovato presso l’Archivio Storico Diocesano di Sassari. Brano ricco di notizie sia sulle località sia sulle chiese urbane e rurali di Chiaramonti che ora non ci sono più, ma che restano come toponimi [5].
La nobildonna lascia un legato di 20 scudi all’Oratorio di Santa Croce, sulla cui area di sedime, una volta abbattuto, verrà costruita coi suoi soldi la Parrocchiale [6]. All’Oratorio del Rosario lascia un legato di 120 scudi, che fatti fruttificare, cioè impiegati ad interesse, servano a festeggiare a maggio e a ottobre la Vergine del Rosario [7].
Altro legato di 120 scudi lascia al Convento dei frati Carmelitani per la festa solenne della Vergine del Carmelo [8]. Altri 50 scudi offre alla chiesa di San Matteo [al Monte] [9].
Per la chiesa campestre di San Giovanni  dona 10 scudi [10].
Alla chiesa di Santa Giusta di Nuraghe Longu [11] lascia un terreno che produce 5 rasieri di seminativo sul Monte Piscamu.
Lascia alla Chiesa Rurale di Santa Maria de Aidos [12] di Chiaramonti il pezzo della terra detta “Sa Argiola de Sa Codina” che era del fu Francesco Falchi e il pezzo della terra detta “De Minchioroni” che era bene dello stesso defunto Falchi [dal quale doveva averlo comprato]. Lascia alla Chiesa di Santa Giusta de Sabba [S’abba] di Chiaramonti 25 scudi [13].
Alla Chiesa rurale di San Sisto [14], che era ubicata all’interno della tanca che possedeva, lascia dei censi, perché  producessero interessi e  dal ricavato si facesse  la festa con la presenza  del parroco. Lascia jure legati alla Chiesa rurale di San Michele Arcangelo [Santu Miali] la somma di 20 scudi [15].
Al Collegio delle Scuole Pie [16] della città di Sassari 100 scudi, per celebrare  delle  messe piane in onore del Signore  e in suffragio della sua anima.
Al convento della Vergine del Carmine [17] della detta città [di Sassari] lascia 100 scudi, per celebrare  un determinato numero di  messe annuali. Lascia 120 scudi depositati in casa per investirli e dagli interessi si  debba celebrare nel lunedì di ogni  settimana una messa cantata con un obolo di due reali per ciascuna nella Chiesa del Carmine in suffragio delle anime dei chiaramontesi [18].
Qualora i Carmelitani non dovessero celebrarle i suoi esecutori testamentari debbono farle  celebrare da altri sacerdoti.
Al nipote, curatore testamentario, Don  [nobile] Andrea Satta Tedde di Nulvi lascia  i due palazzi che possedeva nella città di Sassari, perché durante la sua vita fosse beneficiario  degli affitti. Dopo la sua morte il  curatore testamentario dello stesso doveva  far celebrare delle messe periodiche presso i carmelitani di Sassari, a seconda  delle somme ricavate dagli affitti.

Dispone  che dall’abito di broccato rosso di seta  si facciano due pianete una per l’Oratorio del Rosario e l’altra per la Chiesa di San Matteo [19].
Lascia anche a  Caterina Pintus le case in cui abita, che si compongono di tre camere, con l’obbligo di far celebrare ogni anno dieci messe piane in perpetuum, in suffragio delle anime di Filippo Tedde e di Caterina Pisanu [20].
Dispone  che in seguito  si celebri ogni anno una Messa nell’anniversario della sua morte  presso la cappella di Sant’Antonio del Convento dei Carmelitani [21].  Ai medesimi lascia un censo di proprietà di 100 lire e pensione annua di 8 lire  da cui si dovrà pagare  detta Messa ed il rimanente si utilizzi nell’acquisto della cera necessaria per la celebrazione. Dispone  che la  cera avanzata  vada a beneficio di  detto Convento [22].
Stabilisce   che si celebri ogni anno  una Messa piana quotidiana sopra tutte le terre delle  Viddazzoni di  Sambingios[Sambinzos], IstarupuBadu OrtaRabanellu compreso il salto di Mattariga di altre Viddazzoni [23].
Per il rimanente che mancherà al conseguimento del fondo di detta Messa e frutti , la nobildonna lascia la somma di 120 scudi che le rimangono  a domicilio, dovendole  la  sorella Donna Angela Tedde 100 scudi ed altri 100 scudi che conserva in casa e nel caso non si trovasse tale somma si  debba attingere da altri suoi beni [24].
Per quanto dall’elenco di questi beni non si possa trarre la conclusione che la donna fosse ricchissima, tuttavia, aggiunti i legati lasciati al collegio gesuitico di Ozieri, pensiamo che si possa concludere che certamente la nobildonna  fosse per quei tempi facoltosa e che buona parte di quei beni l’avesse ereditata   dal nonno materno don Salvatore Delitala di Chiaramonti di cui i Delitala del resto erano originari benché più tardi avessero preso residenza  in parte a Nulvi, a Bosa, a Pozzomaggiore e a Bolotana.

La spiritualità dalle pratiche religiose.
Da questo brano testamentario emergono, almeno in parte, le pratiche che possiamo chiamare strumenti della  spiritualità settecentesca, che teneva in gran conto il dogma della Comunione dei Santi, vale a dire che tra la terra e il cielo esiste un forte legame di soccorso spirituale, ché se le anime purganti non possono pregare per sé stesse, giovano loro le preghiere fatte dai viventi.
D’altra parte i più avvantaggiati sembrano i viventi perché, oltre ad usufruire dei sacramenti, possono avere dei benefici dai beati, per mezzo delle grazie, dalle anime purganti per le quali pregano e tutti viventi, anime purganti e beati, usufruiscono soprattutto e prima di tutto della passione morte e resurrezione  di Gesù, dei meriti della Vergine, degli stessi Santi e anche delle buone opere  dei viventi. Giustamente la Chiesa canta nel periodo pasquale:
O admirabile commercium, creator generis umani,/animatum corpus sumens de Virgine nasci dignatus est!
O meraviglioso scambio: il Signore nostro Dio/divenuto uomo vero ci dà la sua divinità!”

Questo spiritale commercium emerge dalla classica prece:-Anime sante, anime purganti, pregate il Signore per noi, che noi lo pregheremo per voi, perché vi dia la gloria santa del Paradiso!

La Vergine, a priori, e gli stessi santi e i viventi, dopo l’evento sacro, possono godere della salvezza dell’anima, in primo luogo da queste vicende drammatiche del Cristo, quantunque come afferma san Giacomo nella sua lettera “la fede senza le opere è morta”.
La nobildonna chiaramontese, grazie alla continua catechesi del suo  cappellano gesuita,  aveva capito chiaramente queste verità. Non si esclude però che durante i due anni cagliaritani abbia beneficiato della catechesi e forse della direzione spirituale di padre Giovanni Battista Maria Vassallo [25], gesuita piemontese della comunità di Cagliari, che, dopo qualche anno di insegnamento universitario di Retorica, si era dato alle missioni popolari in Sardegna, predicando al popolo di cui aveva appreso anche la parlata sarda nelle sue varianti. Il gesuita missionario, di origine nobiliare di Dogliani, visitò tutti i paesi della Sardegna per ben cinquant’anni (1726-1775),favorendo le paci tra le fazioni anche se, a detta di Maria Lepori, queste paci servirono a poco [26]. Non tutti gli storici la pensano come lei.
Intelligente, sicuramente d’intelligenza acuta e rara, Donna Lucia Tedde Delitala  ebbe modo di pensare alla salvezza della sua anima e a praticare tutte le devozioni alla Vergine e ai Santi. Se poi si tiene conto che rimase orfana della madre a solo un anno e mezzo e se non proprio collocata in qualche monastero come convittrice come le zie presso le Isabelline di Sassari, tuttavia, dovette nutrire gran venerazione alla Vergine e ai santi venerati nel paese, nelle chiese urbane e rurali, comprese quelle situate nei suoi poderi. L’unica chiesa a non beneficiare di alcun legato o lascito è quella di Santa Maria Maddalena o perché in totale abbandono o perché utilizzata come asilo dai suoi acerrimi nemici Tedde o altre famiglie come i Cossu e i Meloni alleati coi Tedde [27].
In merito alle sue disposizioni testamentarie si potrebbe pensare, laicamente, che la nobildonna come ottenne la commutazione degli arresti domiciliari in pagamenti  pecuniari, alla stessa maniera pensasse di ottenere il perdono dei suoi peccati con   le  messe di suffragio, ai cui oboli destina i suoi legati e con gli stessi   alle opere pie e alle chiese[28].
La sua spiritualità sembrerebbe  basata sulla relazione  con un  Dio di giustizia più che sull’amore per lui e per il prossimo e sugli strumenti di cui  poteva servirsi.
Nel settecento si può asserire che fossero i gesuiti e i preti secolari a orientare la spiritualità dei nobili e del popolo. Lei però poteva godere dell’influenza della spiritualità gesuitica del suo cappellano, servendosi degli strumenti del devozionismo spagnoleggiante corrente: quello dei suffragi  per le anime [29], ispirato anche dai carmelitani e, naturalmente, dai preti che, in tempi di violenza fazionaria, favorivano le parentele spirituali di comparatico.  E Donna Lucia risulta trenta volte madrina di Battesimo e di Cresima, ma forse anche di più, visti i fogli asportati per tantissimi anni dai registri parrocchiali.
D’altra parte non è facile leggere nell’animo di ogni uomo o donna la relazione che ha con Dio, mentre è più agevole individuare quella col prossimo. Possiamo dire, tuttavia, che la nobildonna non pensa solo a far dire messe di suffragio per la sua anima, ma anche per quelle dei chiaramontesi. Questo fatto apre uno spiraglio di carità spirituale verso i suoi compaesani che di certo non hanno tramandato di lei un buon ricordo, frammisto all’anarchismo degli emigrati panamensi del primo novecento e al socialismo del secondo dopoguerra e ancora latente, ma vivo nel paese quasi come un’ideologia del lavoratore o contadino sfruttato e del ricco possidente sfruttatore.  La Nostra non pensa solo alle chiese, ma anche a istituzioni educative come il collegio gesuitico di Ozieri, che accoglieva anche ragazzi analfabeti,  detti abbecedari, e non come solitamente facevano i gesuiti accogliendo ragazzi già alfabetizzati. S’intravede uno spazio per i ragazzi provenienti da famiglie di infimo ceto.
La stessa considerazione si può fare per il collegio degli scolopi di Sassari sebbene il lascito non sia consistente.
Infine dobbiamo osservare che parte del lascito gesuitico, gli eventi  fanno si che esso vada a beneficio dei credenti di Chiaramonti che potranno  usufruire, sia pure a   133 anni dalla sua morte, di un’ ampia e artistica parrocchia liberty al centro del nuovo contesto urbano. Tale lascito andò anche a beneficio forzoso,  per oltre trent’anni ciascuna, sia alla diocesi di Ampurias sia  alla Turritana di Sassari.
Speriamo anche di poter esaminare, a suo tempo, i benefici dei chiaramontesi che, a buon mercato, acquistarono dal Demanio quei pingui tancati che si ammirano osservandoli dal Monte San Matteo o da postazioni favorevoli delle sue appendici. Da rilevare, infine, che di certo nel territorio di Chiaramonti i feudatari spagnoli ebbero poco spazio, viste le vaste proprietà private esistenti, senza attendere l’abolizione del feudalesimo negli anni  1839-40.
Concludendo si può affermare che, dopo due secoli e sessantasette anni, dati i pochi elementi a disposizione, non è facile individuare la spiritualità di una nobildonna, che perdette la madre a un anno e mezzo, che assistette ad altri due matrimoni del padre con altre due donne e con relativi figli e figlie e che molto presto dovette sbrigarsela da sola, avendo rinunciato a sposarsi, diventando capofazione in Chiaramonti, per almeno  dieci anni, dai 18 ai 28 anni, per  i debiti di riconoscenza, verso Giovanni Fais, sposatosi a Chiaramonti con Baingia Unali nel 1727,  e che diede inizio alla sua avventura di fuorilegge uccidendo Gio Maria Tedde, che aveva fatto oltraggio economico, a Donna Lucia diciottenne,(forse  trattavasi di sgarrettamento di capi vaccini o equini).
Dopo la condanna e la soluzione veloce della sua detenzione Donna Lucia, anche volendo, si trovò in un contesto storico che la spinse al distacco totale non solo dal Fais, ma anche dai suoi parenti nulvesi, che furono perseguitati fino alla totale scomparsa dal territorio e variamente imprigionati o esiliati e due condannati a morte, pena commutata in detenzione a Ceva in terraferma dei quali uno morto in carcere e l’altro graziato.
Ecco perché crediamo  ad una conversione di vita,  ad un ritiro da qualsiasi bega, fuorché dai suoi censi consegnativi, che la spinsero ad investire i suoi profitti, nell’acquisto di due palazzi a Sassari, uno dei quali al rientro da Cagliari, sicuramente  coi censi accumulati dai suoi fattori durante la sua assenza.
Diversamente da Giovanni Fais, che oltre agli anni trascorsi  in Corsica, al rientro in Sardegna, preferì continuare la vita malavitosa di bandito  in Anglona,in Gallura, nel Meilogu e nel Coros.
Ma di lui, seguendo Maria Lepori, diremo in altro capitolo.
_____________

[1] Chiese urbane: l’Oratorio di Santa Croce, l’Oratorio del Santissimo Rosario, la chiesa del Convento del Carmelo, la Chiesa di San Matteo al monte parrocchiale di Chiaramonti.
Chiese rurali: la chiesa di San Giovanni, Santa Giusta di Nuraghe Longu, Santa Maria de Aidos, Santa Giusta de S’abba o di Magòla, la chiesa di San Sisto nel monte omonimo, la Chiesa di San Michele Arcangelo a monte del sentiero che conduce a Santa Maria de Aidos. Zichi G.( a cura di) Fondo Arcivescovile Clero Diocesano, v.I- t. IChiaramonti San Matteo Apostolo Edizioni Gallizzi, 1999 p. 209  doc. copia legati nobildonna Tedde Lucia 1755, 24.6.1799 copia decreto reale.

[2] Cfr. Lepori M., Faide. Nobili e banditi nella Sardegna Sabauda del Settecento, Viella, Roma 2010 p.158 Nota 122.
[3] EADEM p.158 Nota 126.
[4] Zichi  G.(a cura di) Fondo Arcivescovile Clero Diocesano, v.I- t. I Chiaramonti San Matteo Apostolo Edizioni Gallizzi, 1999 p. 209  doc. copia legati nobildonna Tedde Lucia 1755, 24.6.1799 copia decreto reale.
[5]Vedi Nota 1.
[6] Archivio di Stato di Sassari, Fondo Intendenza di Finanza s.o.
[7] La festa  per la Vergine delle rose di Maggio, oltre ad essere fin dal Medioevo una  devozione a Maria, viene consolidata dall’iniziativa di Papi e Santi. In particolare fu uno strumento della spiritualità di San Filippo Neri (1515-1595).  E successivamente da Annibale Dionisi che diede vita ad una Confraternita del Rosario. In “Avvenire” del 30 aprile 2020.
La devozione di ottobre  è originata dalla  battaglia di Lepanto  avvenuta 7 .10. 1571 con la vittoria della Lega Santa contro gli Ottomani che volevano invadere l’Europa. In quell’occasione Pio V sollecitò i cristiani alla recita del Santo Rosario. A questa recita si attribuisce la vittoria. Tangheroni M., Cristianità: la battaglia di Lepanto, in “Alleanza Cattolica”. s.d.
[8] Ledda A. Breve storia dei Carmelitani,Studium adp, Sassari 2007, p.21.
[9] La chiesa di San Matteo al Monte pare risalga secondo il Vico alla fine del secolo XV e divenne la parrocchiale di Chiaramonti fino al 1888 quando fu edificata a valle  la nuova parrocchia  con il legato di Donna Lucia Tedde  nella confluenza tra il Monte di San Matteo e Codinarasa. Francisco de Vico Historia General de la Isla y Reyno de  Sardeña, a cura di Francesco Manconi, Edizioni di Maria Galliñares,  rielaborazione grafica dell’edizione del  1639 , CUEC Cagliari 2004. Vedi anche Marras G.L, in precedenti articoli.
[10]  La chiesa è stata costruita o semplicemente  ristrutturata dai pisani Giovanni e Stefano nel 1701 come attestato dall’epigrafe sulla facciata che,tuttavia, potrebbe trattarsi della data di un restauro. Foto di Claudio Coda e traduzione ad sensum di Angelino Tedde in attesa della lettura di un epigrafista.
[11] Santa Giusta de Nuraghe Longu, ubicata alla base della  piattaforma miocenica di Monte Piscamu, in agro di Chiaramonti. Vedi carte IGM (Istituto Geografico Militare).
[12] La chiesetta di Santa Maria de Aidos, invece, risalirebbe a qualche villaggio medievale. Fu forse costruita, oggi ai margini di un tratturo, probabilmente come chiesa di un altro villaggio medievale, nei pressi dei terreni denominati sa Argiola de sa Codina e  e de Minchioroni su proprietà di certo fu Francesco Falchi e acquistata da Donna Lucia. Vedi testamento.
[13] Attuale Santa Giusta de s’Abba alle estreme pendici di Monte Ledda, di pertinenza chiaramontese, la cui cima detta su Torrione 680 s.l.m. e da cui scaturisce una sorgente che passa sotto l’alto presbiterio della chiesa, ora di fattura settecentesca, ma probabilmente già romanico-pisana come Santa Maria Maddalena e donata da Maria De Thori nel 1205 ai frati Camaldolesi con servi e serve, bestiame e terreni. Milanese M., Villaggi, Monasteri, Orria Pithinna, Quavis ,3 Firenze 2012.
[14] Nella chiesa campestre di Monte Sistu, dal nome omonimo del Santo di cui è titolare. Vedi carta topografica di Chiaramonti IGM . Attualmente restano soltanto le pietre. Visita in loco di Giovanni Soro. e Andreina Cascioni.
[15]  Chiesa  a monte della strada vecchia che discende verso Santa Maria de Aidos. Attualmente scomparsa. Di recente l’area di sedime è stata coperta  dalla costruzione di una casa di proprietà del fu Francesco Sale e ora  di proprietà dell’inglese ingegnere mister John Devois. Secondo Maxia, M., Anglona Medievale, luoghi e nomi dell’insediamento umano,Magnum Edizioni, Sassari,2001, p.284.
[16]  Gli Scolopi giunsero a Sassari nel 1688 e costruirono il loro collegio oggi via  Sebastiano Satta, 27 Scuola d’Infanzia e Scuola Media n.7. Cfr. Colli Vignarelli F., Gli Scolopi in Sardegna, Ettore Gasperini Editore, Cagliari 1982.
[17] Cfr. Ledda A., Breve Storia dei Carmelitani,Studium adp, 2007 p.135-149.
[18] Vedi nota 1 più riferimento ad Ottavario delle Anime. Cfr.  La devozione alle anime Purganti di Padre Vincenzo Zucca di  Elisabetta Nardi www.ridolfo.it. Vedi anche in accademiasarda,it del 7.3, 2022.
[19] Verifica di Don Angelo Farina, parroco in carica di  San Matteo di Chiaramonti 2022 :”pianta piviale, due dalmatiche, con relative stole e manipoli”. Questa individuazione, secondo  il parroco, richiederebbe: analisi dei tessuti, e qualche documento che confermi che trattasi della donazione di cui al testamento della nobildonna. Da osservare che le due dalmatiche corrispondono a quanto stabilito dalla nobildonna.
[20] Non  abbiamo alcuna documentazione per individuare la relazione ancillare o parentelare di Caterina Pintus, obbligata, per la donazione di una casa di tre camere, a far celebrare 10 Messe di suffragio per le anime di Filippo Tedde e di Caterina Pisanu.  E’ probabile che la casa di detta Pintus fosse nelle adiacenze di Via Garibaldi, un tempo Via Grande, oggi via Leopardi dove sorge il palazzo della nobildonna di proprietà del demanio prima, ceduta alla famiglia dei nobili Grixoni nel 1869 e da questi recentemente a Gianfranco Solinas e al fu Battista Solinas oggi di proprietà in parte di Antonio Solinas,erede di Battista.
[21] L’anniversario della morte della nobildonna cade il 24 luglio. La cappella di Sant’Antonio da Padova, dove supponiamo che la nobildonna sia stata seppellita, perché su quell’altare lascia dei censi per la celebrazione quotidiana di una messa recitata in perpetuum. Cfr. Atto notaio Vaca Guisu tra Andrea Satta e i Carmelitani in “Coracensis” 6 del 2003-2004  p. 27. In Archivio Biblioteca Beni Culturali di Sassari.
[22] Parsimoniose disposizioni femminili che giungono al punto di prendere in considerazione anche la cera avanzata delle candele accese, durante la Messa dell’anniversario del suo obito.
[23] Altra Messa quotidiana piana sulle Viddazzoni. Detta Messa dovrà essere pagata  dai censi consegnativi che la nobildonna avrebbe dovuto riscuotere.
[24I Il debito di 100 scudi della sorella [Agostina Angela]  nota Angela ed eventualmente si prelevasse dai suoi rimanenti beni.
Per quanto dall’elenco di questi beni non si possa trarre la conclusione che la nobildonna fosse ricchissima, tuttavia,  i suoi beni aggiunti ai legati lasciati al Collegio gesuitico di Ozieri, nell’ordine di circa  seimila scudi, come precedentemente abbiamo documentato, pensiamo che si possa concludere che, per quei tempi, la nobildonna fosse facoltosa e che buona parte di quei beni l’ avesse ereditata dal nonno materno don Salvatore Delitala, sposato con donna Maddalena Delitala, entrambi di   Chiaramonti la cui figlia era madre di donna Lucia. Vedi in merito annotazioni precedenti ricavate dal saggio citato di Francesco Tamponi.
[25] Pruneri F. (2012) Giovanni Battista Maria Vassallo  e le missioni popolari nella Sardegna Sabauda 1726-1775 in “Annali di Storia dell’Educazione e delle Istituzioni Scolastiche” vol.19 pp. 47-66.
[26] Lepori  M. Faide… le paci non credibili p.149. Amadu S. Le scuole dei Gesuiti a Ozieri 1690-1773 pp 479 in Historia et Philologica sarda, in onore di Raimondo Turtas a cura di Mauro G. Sanna, AM&D Edizioni, Cagliari 2012.
1738 nella chiesa maggiore di Nulvi il padre Vassallo riusciva a far scambiare il bacio di pace ai piedi del Crocifisso a Don Giovanni Tedde e don Antonio Delitala già divisi nell’odio mortale dalle ombre implacate dei rispettivi fratelli uccisi e a far deporre le armi alle loro schiere che avevano sempre tenuto testa ai dragoni reali fra le insidiose montagne del Sassu e i dirupi granitici delle montagne di Aggius. Donna Lucia Tedde di Chiaramonti con animo grato per la pace ridonata alle famiglie istituiva nel 1755 [nel testamento del 16 febbraio] il collegio gesuitico di Ozieri erede del suo patrimonio ascendente a ben 6.000 scudi.”
In realtà Donna Lucia, se ha lasciato parte del suo patrimonio in forma di legati ai gesuiti di Ozieri,  lo ha fatto perché influenzata dal suo cappellano gesuita che, in un certo senso, le faceva da direttore spirituale. Inoltre i gesuiti avevano necessità di quei lasciti in primis per la chiesa e in secundis per completare il collegio a cui avevano pensato altri donatori ozieresi e lo stesso popolo ozierese di entrambe le fazioni de la Vignaza e de la Plaza. In Lepori M. Bande, fazioni, trame. La nobiltà rurale tra violenza e giustizia nella Sardegna del Settecento, Viella, Roma 2019.
[27] EADEM, Faide…p. 149
[28] Cfr.Archivio di Stato: Il carcere e la pena, Nappi Madona G. Vecchio e nuovo nella riforma dell’ordinamento penitenziario in “Carcere e Società” a cura di M. Cappelletto- Lombroso, Marsilio Editori Venezia 1976 p.58.
[29] Il Purgatorio in Wikipedia. Purgatorio in Catechismo della Chiesa cattolica.

Nota
La ricostruzione della storia non è facile, specie quando ci si trova di fronte a migliaia di documenti ancora da consultare, questi i limiti di questo “pezzo”.
Altri limiti sono legati alla visione del mondo di coloro che la ricostruiscono.
Molti  a Chiaramonti la reputano una criminale, per la collusione decennale con Giovanni Fais, altri senza conoscerla la giudicano per i pregiudizi diffusi in paese, in parte da Giorgio Falchi, [che è nato nel 1843 ed è morto nel 1922] ben lontano dalla  morte della nobildonna. Tra l’altro offrendo una versione diversa della morte da quella che ci dà lo stesso Vittorio Angius e che si rifà allo storico Giuseppe Manno, sulla base dei giudizi del viceré Rivarolo, che però parla correttamente, delle fazioni anglonesi paragonabili a tante altre della Penisola.. A noi, tuttavia, interessa nei limiti dei documenti disponibili, offrire un’immagine della nobildonna possibilmente liberi da pregiudizi.
Gli autori Tedde,Cascioni, Soro.

Ringraziamenti
Un grazie a  dr. Carlo Patatu, vero Pater Patriae Claramontis, a conoscenza di tanta storia di Chiaramonti, essendo vissuto in paese ed essendone stato negli anni settanta sindaco e autore di una consistente bibliografia e tutti gli altri over novanta che ci hanno dato delle dritte su particolari argomenti. Un grazie anche a Mons. Giancarlo Zichi, direttore dell’archivio storico diocesano, di Sassari, che ci ha fornito il testo del brano testamentario che abbiamo diffuso in internet , a Don Francesco Tamponi direttore dell’Archivio Digitale  Diocesano di Tempio Ampurias, alla direttrice dell’Archivio di Stato dr. Federica Puglisi e al suo braccio destro dr. Mauro Fiori che, con abnegazione, fornendoci via email i documenti richiesti, ci hanno permesso , attraverso gli atti dei censi e della transazione tra gli amministratori comunali chiaramontesi e il demanio, di conoscere gli affari della nobildonna a Sassari.
Un grazie immenso a Maria Lepori, nostra stella polare, per i due volumi sulla società anglonese del periodo sabaudo in cui descrive
la personalità prorompente di Donna Lucia Tedde Delitala.
Infine, ancora grazie al prof. Giuseppe Doneddu e a Gianni Vulpes, esperto in genealogie.
Continueremo, con altri “pezzi” ad indagare sulla consistenza patrimoniale di donna Lucia, sulla società del suo tempo, nella speranza che prima  o poi, con lo scavo archeologico e i conseguenti esami del suo scheletro, si sappia di più sulle sue caratteristiche fisiche.
Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro.

 

 

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