“Giovanni Puggioni (1922-2009) un gesuita esemplare di Borore degno degli altari” di Angelino Tedde

Giuseppe Simbula, OFM Conv. ( a cura di) P. Giovanni Puggioni S.J. 1922-2009,Edizioni Biblioteca Francescana Sarda, 2021, Sassari 2021 pp.181 €.15

Il nostro Autore come si nota subito è un Frate Minore Conventuale che come mi pare corretto cerca di presentare la figura carismatica di un Gesuita sardo, il quale, potremmo anticipare, morto in concetto di santità che per noi significa un uomo che ha praticato le virtù cristiane, mettendo in pratica non solo gl’ideali di un semplice cristiano ma anche i carismi sacerdotali e l’insaziabile ideale di portare le anime a Cristo.

Sant’Ignazio di Loyola non per nulla, dopo aver letto durante la sua convalescenza di soldato azzoppato le biografie di alcuni santi, osava scrivere citando il grande Agostino: Si isti et illi, cur non ego? In breve: se si son fatti santi questi e quelli perché non anche io?

Padre Giovanni Puggioni ci avrà riflettuto tante volte forse pensando al Fondatore del suo Ordine che, come lui, era diventato claudicante dal momento in cui una lussazione all’osso della gamba sinistra gliel’aveva resa più corta della destra.

Per un fanciullo, questa menomazione significa correre meno degli altri o non correre affatto e soprattutto non poter giocare a football in un tempo in cui questo sport era esaltato al massimo grado.

Del resto, nato nel 1922, si affaccia alla vita giusto nell’anno della marcia su Roma dei Fascisti e vivrà i suoi anni della giovinezza frequentando una scuola elementare in cui i valori ginnici venivano esaltati con tutte le cerimonie del calendario fascista (1926-1930): i cosiddetti anni del consenso degli italiani al Duce che ricorrendo al Concordato e ai Patti Lateranensi aveva catturato pure il consenso dei cattolici.
Si aggiunga il motto Dio Patria Famiglia e naturalmente il consenso della borghesia industriale del Nord, quello degli Agrari del Sud e tutto quel miscuglio scomposto del Movimento dei Combattenti, dei Nazionalisti, ma soprattutto di quegli scalmanati che confluirono nel Partito Nazionale Fascista.

Le maestre formatesi in quel decennio dopo la marcia su Roma figurano entusiaste dalle cronache, mentre quelle formatesi in epoca giolittiana dovettero o ridurre le loro cronache al minimo come fecero le maestre di Orune oppure buttarsi sul sociale, piuttosto che perdere tempo come le maestre filofasciste ad indottrinare gli scolari sul Duce, sul Re, sulla Patria e sugli alti destini di Roma.

I genitori di Giovanni non pagarono le quote richieste dalla scuola per iscrivere al Fascio il piccolo scolaro. Opposizione sorda, non mancanza di mezzi.

Fatto sta che Giovanni, volente o nolente, subì gli orientamenti della maestra o delle maestre che ebbe durante il corso della scuola elementare. Sturm und Drang, Impeto e Assalto, fu di certo l’orientamento della scuola: crescere prendendo di petto la vita e superando i limiti che questa poteva avere imposto.

Giovanni su questo fu esemplare non ritenendosi sfortunato per essere zoppo tra ragazzi che zoppi non erano.
La mancanza di documentazione e i limiti imposti dal corona virus hanno limitato le ricerche per questo periodo della fanciullezza, ma appena si potrà sarà interessante conoscere la maestra (o le maestre) che ha avuto e le cronache della classe della stessa ed eventualmente se si tratta di una maestra fascista o antifascista cioè rivolta più al sociale che non a festeggiare il calendario fascista.

Ad ogni modo il Curatore della biografia è molto attento a cogliere quanto è possibile cogliere sulla sua fanciullezza, che lo vide impegnato a scuola e nella catechesi per la preparazione ai sacramenti che in quel periodo ebbe a ricevere.

A undici anni Giovanni entra in seminario ad Alghero e inizia con impegno il suo lungo curriculum vitae et studi che comprende i tre anni della scuola media, i due di ginnasio e finalmente a Cuglieri il corso liceale arricchito dallo studio della filosofia aristotelico-tomistica.

Il Curatore si sofferma ampiamente ad illustrare questo periodo della formazione, tanto ad Alghero quanto a Cuglieri dove, ultimato il liceo, inizia lo studio della Teologia, col conseguimento del baccellierato e infine della licenza in Teologia.

Si tratta degli anni più impegnativi dal momento che oltre agli studi classici con programmi simili a quelli pubblici contemplati dalla legge Gentile del 1923, porta avanti gli studi teologici contemplati dai programmi della Congregazione dei seminari per tutti i seminari delle Pontificie Facoltà Teologiche del mondo cattolico.

 

Sono anche gli anni in cui il Fascismo mostra il suo vero volto alienandosi in primo luogo i consensi del mondo cattolico a cominciare dai primi anni Trenta, data la soppressione delle sedi di Azione Cattolica e di tutte le altre associazioni quali gli scout dell’AGESCI nel tentativo di inquadrare i giovani nella Gioventù Italiana del Littorio con le esaltazione del colonialismo, con l’aiuto dato al Franchismo spagnolo e le scelte nefaste di stretta alleanza, dopo il 1933, alle follie guerresche del nazifascismo di Hitler e alle disastrose scelte di conquista dell’Albania e della Grecia.

Certamente gli orecchi dei seminaristi non erano sordi a queste vicende, ma dopo il Patti Lateranensi la scelta suggerita dal Cardinal Gasparri fu quella di astenersi con la pratica di un “afascismo” senz’altro non giudicato bene, a posteriori, dagli storici di ispirazione cattolica.

Delle discussioni tra seminaristi e professori niente è detto dall’estensore della biografia, ma certo dovettero esserci. Giovanni, coi suoi coetanei aspiranti sacerdoti, sicuramente dovette esprimersi, ma su questo manca la documentazione.

Fatto sta che, concluso il curriculum studi del seminario maggiore nel 1945, a conclusione della seconda guerra mondiale viene ordinato sacerdote e in agosto celebra la sua prima Messa a Borore.

La prima parte del lavoro si concentra dunque sulla formazione, mentre la seconda parte tratta ampiamente dell’apostolato del giovane che – abbandonata la diocesi – era entrato fra i Gesuiti con l’intento di seguire Cristo secondo gli orientamenti ignaziani.

Al periodo di formazione tra continente e Sardegna, segue il periodo di apostolato e di grande impegno.

Impegnativo il decennio che lo vede impegnato nella formazione gesuitica:
studi, Esercizi ignaziani, presa di coscienza degl’impegni che la Compagnia di Gesù impone ai suoi membri.
Si trattò di anni di entusiasmo, di approfondimento, di impegni all’interno della Compagnia, fino ai voti perpetui.

Dobbiamo dire, in generale, che il decennio successivo all’ordinazione sacerdotale fu di anni fecondi per mettere alla prova la sua scelta.

L’Autore registra in modo abbastanza dettagliato questi anni, che vanno letti pensando al binario in cui dovrà viaggiare il nostro Gesuita: pietà e azione.
La prima mai disgiunta dall’altra.
Sarà vigile a riguardo, come scrive nelle sue riflessioni.

Assumono, in proposito, un’importanza biografica le sue agende che il Curatore sa utilizzare con maestria.

Finito il decennio di formazione sia in Continente sia a Cagliari, il suo ministero lo porta ad operare tra i giovani che sapeva coinvolgere nella conversione ad una vita cristiana autentica.

Non sempre la gelosia dei parroci lo lascia operare, ed egli si ritirava in buon ordine senza lagnarsi ma di certo con grande sofferenza interiore.

Circa le sue esperienze spirituali, vi fu la vicinanza al movimento pentecostale cattolico in cui seppe inserirsi con profitto dei partecipanti.

Seguono le associazioni sacerdotali e i movimenti giovanili dove sviluppa le sue più grandi operazioni a favore dell’Africa e delle su impellenti necessità: lebbrosi, ammalati, denutriti.
Qui possiamo dire che il nostro padre Giovanni Puggioni spende il meglio della sua maturità spirituale in azione, sapendo coniugare la vicinanza a Cristo e ai poveri.

Se questi furono gli anni della pietà e dell’azione, non meno fecondi sono da considerare sul piano spirituale gli ultimi cinque anni della sua vita bloccato a letto da un ictus che, oltre alla parte sinistra, gli tolse la favella. Anche in questo stato seppe dare ai giovani il meglio di sé stesso.

Non vorrei ripetere in modo imperfetto quanto invece il padre Simbula sa esprimere in modo dettagliato e avvincente.

Il libro è ricco di testimonianze di giovani e di adulti, di sacerdoti e di prelati che costituiscono per il lettore motivo di ulteriore approfondimento.

Per concludere c’è da sottolineare che il saggio, non solo biografico, pone decisamente le basi per la positio super virtutibus di padre Giovanni Puggioni S.J..
Ultima osservazione: la monografia è ricchissima di immagini che egregiamente illustrano l’attività del nostro padre Giovanni Puggioni.

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