“Andare a vaccinarsi all’Inferno della Promocamera di Sassari” di Carlo Patatu

Ieri mia moglie ha fatto il vaccino, ma che fatica!
La Promocamera di Sassari era una bolgia infernale, con centinaia di pazienti in attesa all’aperto – Le chiamate sugli orari programmati avvenivano con quasi due ore di ritardo – Chi deve vergognarsi per un tale disastro, cui la gente non riesce ad abituarsi?
di Carlo Patatu
L’avvio pareva promettente. Appreso dal giornale che i soggetti della fascia di età 70-79 anni potevano prenotare il vaccino, Martedì 6 Aprile ho spedito via internet all’ATS (Azienda Tutela Salute) la prenotazione per mia moglie. Pochi minuti dopo, un SMS mi comunicava che il messaggio era stato ricevuto.
Nella serata di Giovedì 8, con altro messaggio l’ATS convocava l’interessata alla Promocamera di Sassari per le ore 15,45 di ieri. Con l’invito a presentarsi un po’ prima per le operazioni di accettazione.
Arriviamo sul posto alle 15,30. Da quel momento incominciano “le dolenti note a farcisi sentire”. Il locale è bello, ampio e comodo; ma soltanto all’interno. Per accedervi si passa per un collo di bottiglia, con aree di parcheggio circostanti super occupate. Troviamo un posto di sosta a circa un chilometro di distanza.
Giunti davanti all’ingresso, ci uniamo ad alcune centinaia di persone che, coinvolte inconsapevolmente in un colossale assembramento, parevano essere convenute lì per prendersi il contagio, piuttosto che a difendersene col vaccino. Ognuno di noi si addossava nell’area prospiciente l’ingresso, per capire quanto accadeva. Infatti, di tanto in tanto, un addetto in gilè giallo si sgolava per urlare i chiamati di turno. Non un altoparlante o un megafono che potessero diffondere gli annunzi anche lontano e favorire così il distanziamento previsto e dovuto.
Alla ore 15,30 chiamavano i prenotati per le 14,00! Le operazioni avevano accumulato ben un’ora e mezzo di ritardo. L’attesa, lunga e stancante, la si trascorreva all’aperto. Non una panchina o una sedia. Tutti in piedi o seduti per terra, alla faccia della dignità, dell’età e dei diffusi mal di schiena. L’area destinata ai corridoi transennati per ordinare la fila, era a cielo aperto, poiché i due robusti gazebo, che offrono riparo dal sole e dalla pioggia, sono stati collocati nell’area destinata al traffico degli automezzi che trasportano i non autonomi.
Che bella pensata!
In tali condizioni, abbiamo sostato fino alle ore 17, quando è chiamato il nostro turno. Esauriti i controlli, ci è assegnato un numero; quindi via all’accettazione, dopo di che ci indirizzano in un’ampia sala d’attesa, dove alle 17,15 possiamo sederci finalmente su una sedia comoda, in attesa della chiamata per il colloquio di prammatica. Il che avviene alle ore 18. Un quarto d’ora dopo siamo introdotti nella sala vaccini, dove ci accomodiamo in attesa che su uno schermo gigante, compaia il nostro numero. Ciò avviene poco prima delle delle ore 19,00.
Somministrazione celere con puntura indolore, seguita da 15 minuti in area di sosta per eventuali reazioni. Lasciamo finalmente la struttura alle 19,20. Lungo il percorso (fatto a piedi) verso l’uscita incrociamo ben tre gruppi molto numerosi di pazienti in attesa, trattenuti lungo la strada di accesso per limitare gli assembramenti. Paiono tante anime assiepate lungo la sponda del fiume infernale, in attesa di un Caronte nocchiero che li traghetti attraverso “la livida palude” verso l’interno della Promocamera.
Sono ormai le sette e mezza di sera; ma, in quel momento, l’addetto alle chiamate si sbraccia invitando a entrare chi era prenotato per le cinque!
Insomma, all’interno della struttura c’è il Purgatorio. Tutto funziona speditamente e a dovere. Si sta comodi, confortati da persone gentili e accoglienti, oltre che dalla disponibilità di servizi igienici e di un bar. Ma la sosta all’esterno, e cioè all’Inferno, oltre che umiliante, è dura, pesante, scomoda, disagevole, seccante, esasperante. Aggiungete pure qualcos’altro, se vi pare.
Domande: chi organizza e sovrintende al funzionamento del centro vaccinale alla Promocamera? Non gli è passato per la testa che occorre programmare, e quindi accettare in loco, un numero di prenotazioni coerente con la capacità operativa della struttura? È stata presa in considerazione la disponibilità di parcheggi in zona in proporzione alla prevista affluenza di pazienti? Perché riparare con due bei gazebo l’area destinata al traffico degli autoveicoli, invece che quella destinata ai corridoi per le persone in attesa? Perché non mettere a disposizione un impianto di amplificazione sonora per le chiamate? Perché non prevedere un certo numero di panchine a disposizione di chi, per ore, deve sostare all’aperto?
Ultima domanda: chi di dovere ha la capacità di arrossire per tutto ciò e chiedere scusa a mia moglie e a me, oltre che alle centinaia di persone che hanno subito le umiliazioni di cui ho detto?
Chiudo con un suggerimento: chi può, recandosi al centro vaccinale, si porti appresso una seggiola pieghevole. Gli tornerà utile, molto utile.

 

Commenti sono sospesi.

RSS Sottoscrivi.