“Ma certo, hai ragione, teniamolo!” di Sarah Savioli

“Mimi, guarda che bella pigna! Era in fondo allo zainetto del centro estivo dell’anno scorso. L’appoggio qua un attimo”
Di fianco ai libri di Geronimo Stilton, a quello grosso sui dinosauri e a quelli dei compiti estivi.
A sinistra dei quaderni, poco più in là delle mascherine da lavare, delle chiavi dell’auto di mio marito e della scatola del cellulare con dentro la garanzia.
Fra il calendario con scritti gli impegni principali di tutti, che gli altri sono sparsi in fogliettini e fogliettini dei fogliettini, tutti comunque qua sopra.

Poi gli occhiali. Miei, loro. Da vista, da sole. Quelli con Winnie the Pooh di Matteo da piccolo che non gli stanno più, ma forse servono se passa di qui P e se li metto via poi mi scordo. Un vecchio disco fisso, tre portapenne pieni di pennarelli in gran parte scarichi che “L’arancione non funziona più, lo buttiamo Matteo.” “No, poverino, teniamolo.” “Ma certo, hai ragione, teniamolo”. 

E poi le bollette da pagare. Ma la domiciliazione, non l’avevamo fatta la domiciliazione? Sì, no, boh. La paghiamo, ma l’appoggio qui che controlliamo sul sito della banca, però poi “l’appoggio qui” era sei mesi fa.
I fermenti lattici da dare ai gattini, la spazzola per i gattini, un giochino per i gattini, direttamente i gattini.
E gomme per cancellare, rimasugli di gomme per cancellare. “Le buttiamo Matteo?” “No, poverine, teniamole.” “Ma certo, hai ragione, teniamole”.
“Mimi, metto qui un attimo anche questi tre rametti dell’anno scorso.” “Però poi li sposti” “Sì sì, dopo.”
Un cavo di qualcosa che non so, lo spinotto di qualcosa che non so, una carta pokemon, le unghie di Wolverine fatte in cartoncino, due bastoncini di fertilizzante per i gerani, scontrini appallottolati “poi li butto”, liste della spesa “poi le butto”, questa no, mi serve ancora. Un righello, cinque pezzi di lego, la carta fedeltà di un negozio chiuso da anni, una bustina di antinfiammatorio, due caramelle gelee quasi fossili che poi le butto “No, poverine, teniamole” “Ma certo, hai ragione, teniamole.”
La mia scrivania. Quella che dovrebbe ospitare le cose mie, quella che di tanto in tanto dico basta, adesso via tutto, qui ci deve stare unicamente quello che mi è proprio.
E alla fine resta solo lo spazio fra qualcosa e qualcos’altro, esili striscioline che mano a mano si assottigliano e scompaiono sotto cumuli di colore luminoso, ma alle volte tanto denso.
La mia scrivania. Incombenze rimandate, incombenze mantenute, doveri, brandelli di risate, pezzetti d’affetto, cumuli di polvere di stanchezze, quello che passa, quello che resta, quello che è…
“Mimi, cos’ho trovato qui nel taschino esterno…spettacolo! Un lombrico essiccato!” “Lo buttiamo, Matteo.” “No, poverino, teniamolo.” “Ma certo, hai ragione, teniamolo. Però gli diamo degna sepoltura.” “Sì, mi sembra giusto.” “Ecco una buchetta nel vaso della rosellina. Lo mettiamo qui, coprilo bene.”
Così adesso sulla mia scrivania c’è anche un lombrico secco sotterrato…
Domani non so, forse nascerà una bella pianta di lombrichi.
E vedremo di fare posto anche a quella lì.

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