“Da quando Panti non c’è, non dormo più” di Sarah Savioli

Da quando il Panti non c’è, non dormo più.
Per quanto sia stanca, fatico a prendere sonno e, anche quando ci riesco, dopo poco mi sveglio.
Poi mi giro e mi rigiro mille volte finendo per crollare solo quando comincia a filtrare la prima luce del mattino e si è fatta ormai l’ora di tirarsi su.
Quattordici anni di sere nelle quali mi addormentavo con il gattone addosso. Ora lui non c’è, io aspetto, ma non sento più il balzello sul letto che segnalava che la giornata era finita, gli occhi si potevano chiudere e i pensieri erano liberi di scivolare via. Il Panti mi aveva addestrato bene…
In più, in quelle occasioni nelle quali l’astuccio sfasciato nel quale mi trovo funzionava particolarmente male, lui sapeva posarsi con delicatezza vicino al mio fianco indolenzito o sui miei piedi per cullarmi con la sua ninnananna di fusa e tepore, restando fermo, vicino e vigile anche per tutta la notte.
Ho provato a mettermi sui piedi una coperta, un pelouche, a imbrogliarmi da sola, ma niente. Mi pare pure di vederlo che mi guarda con il solito muso suo.
“Aò, mo’ nun te credere che sia così facile rimpiazza’ un Panti… vecchiare’, ce mettevo della professionalità seria e dell’esperienza pluriennale per prendermi cura di te e degli acciacchi tuoi.”


No, non si rimpiazza un Panti…
Così di giorno me la cavo, ma resto tutta la notte esposta al vuoto e all’assenza.
Come vuota è la tavola all’alba, mentre tutta la casa dorme ancora, micini adorabilissimi compresi, e rimangono a farmi compagnia solo una tazzina da caffè e tutte le ombre delle abitudini da rispettare, della routine, e di lui, il peloso fetente che mi marcava stretto perché facessi tutto per bene per poi tornarsene a dormire là dove teoricamente avrei potuto riposare ancora un po’ e invece no, che alle cinque miaomiaomiao, zampate e miaomiaomiao, ma più forte.
Mi arrabbiavo, Panti, perché mi costringevi ad alzarmi all’alba e non mi rendevo conto di quanto tu avessi fatto per rendere possibile il mio sonno fino a quel momento.
Così… creature strane, siamo…
E siamo fatte di ricordi, di relazioni, di affetti.
E siamo fatte per accettare che ciò che ci resta è costituito in gran parte proprio da ciò che ci manca.

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