“Alle volte non si può fare molto di più che sopravvivere all’ingiustizia immonda del loro dolore, tenere accesa la fiammella del dono che ognuno di noi a suo modo ha per tenere viva la bellezza.” di Sarah Savioli

Ho un’età nella quale la mia empatia passa più nel riconoscere negli altri un figlio, piuttosto che me stessa.
Sarà che penso di aver già ricevuto molto e che per me sarebbe importante riuscire a restituire, in una sorta di tentativo impacciato di giustizia generazionale. Sarà che certe proiezioni vanno in direzione di chi si vede, spesso sbagliando, più fragile e indifeso.
Ci sono quindi eventi che capitano ad altri e che comincio a sentire miei in maniera così profonda e così di pancia che si tramutano in un malessere vibrante e in un senso di impotenza distruttivo.


In questo mondo così piccolo, nel quale tutto è vicino e risuona forte, consumo sempre di più le mie energie emotive ritrovandomi con la testa fra le ginocchia, affranta, con un senso di disillusione e desiderio di abbandono di tutto… Il famoso “asteroide” tanto invocato per spazzarci via come parassiti… Una battuta che ha sempre più nuda dietro di sé un’amarezza e una stanchezza profondissima.
Anche alzare gli occhi mi diviene difficile, richiede una forza di volontà e un fine che molte volte non ho.
Ma di un fine non c’è per forza bisogno. Scavo nelle risorse di poesia che la vita mi ha donato negli anni: per fare i banali un’alba sul mare, per esserlo forse meno quelle infinite scorte di accidenti che non mi sono stati detti anche se me li sarei meritati da parte di persone che hanno saputo volermi bene nonostante me stessa e mi hanno aiutato così a diventare una persona un pochino migliore.
Allora sento che c’è qualcosa di doveroso, per quanto insensato, nella bellezza della quale abbiamo avuto la buona sorte di godere e che possiamo creare. Con quello che siamo, con ciò che sappiamo fare: una torta, una meravigliosa sinfonia, un quadro, un sorriso nel momento giusto, un sì, un no…
Che la resistenza vera alle volte passa da quei talenti che ognuno di noi ha da curare e far fiorire per rendere appena più luminoso questo puntino disperso in questa scintilla di tempo.
Con e per tutti quei figli in brandelli.
Alle volte non si può fare molto di più che sopravvivere all’ingiustizia immonda del loro dolore, tenere accesa la fiammella del dono che ognuno di noi a suo modo ha per tenere viva la bellezza. Ed è già tantissimo. È già qualcosa che va molto al di là di noi.

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