Categoria : c'est la vie

” A volte superi le vette…poi sei costretto a scendere a valle” di Ange de Clermont

Dal picco dei miei ottant’anni posso vedere i percorsi  della mia esistenza e osservare   a tratti i momenti euforici delle vette raggiunte, a volte i bassopiani in cui sei piombato.

Sognavo di dedicare la mia vita ai coblocos dell’Amazzonia, una volta diventato, missionario. Con gli esami di maturità pubblici ebbi delle vare soddisfazione da parte degli esaminatori. Arrivare con una valigia piena di libri dalla prima liceo alla terza,(Discipline letterarie) dopo aver frequentato anno dopo anno la scuola privata del seminario, era una grossa sfida, tra l’altro accompagnata dal “non ce la farai, non sei un genio e nemmeno un secchione, non hai fatto quanto dovevi fare”. Idem quando mi ripresentai per le discipline scientifiche, anzi ancora peggio” ma che cosa hai capito della chimica, della fisica della matematica, tu che hai avuto sempre appena la sufficienza”. Ricordo che giunsi al liceo classico Domenico Cirillo di Aversa con la valigia e la febbre a 39. Cominciò l’esame nelle varie discipline, ogni tanto incespicando, ma il professore continuava a dirmi:- Bravo, si vede che sei talvolta distratto, ma hai capito pienamente la logica della materia e delle varie operazioni che fai!” Sarà morto da anni quel professore, ma se lo incontrassi me lo abbraccerei di vero cuore. Aspettai l’esito al campeggio di Nusco dove tra passeggiate montane e giochi trascorrevamo le ferie. Un giorno mentre giocavo a bocce con un compagno fui chiamato dal vicerettore, corsi verso di lui che mi disse:
-E, bravo guaglione, sembri sempre distratto, preso da altre cose, e toh, hai fatto il miracolo…promosso in tutte le materi  fuorché una, nella quale pure te le cavavi: latino a ottobre!” Lo abbracciai forte, mentre giungeva l’altro temerario compagno, un pò distratto anche lui, ma intelligentissimo. “Tu gli disse il vice rettore, nonostante le ripetizioni, sei rimandato a ottobre in chimica, in fisica, in matematica e anche in latino. Non so come ce la farai.” Vedendo me e lui i compagni risero di cuore:-Chiste sempre distratto, mo’ quasi ce l’ha fatta e tu, rivolto al mio compagno che era mortificato, ma non ferito, ti sei messo a rischio.- Ma anche lui, giovane dall’intelligenza acuta, non si scoraggiò e con le ripetizioni estive fini per cavarsela quanto me che avevo una sola materia.
Felicissimo d’aver superato nonostante i miei limiti l’esame di maturità classica pensavo con gioia a recarmi in alta Italia per fare due anni di noviziato e poi i quattro anni di Teologia e partire per le missioni.

Alcuni giorni dopo ebbi un vivace colloquio con l’ottuagenario padre spirituale che sordo com’era deve aver capito fischi per fischi. Le avevo detto che durante le vacanze aveva incontrato un’amica d’infanzia e le avevo stretto la mano per salutarla. Apriti cielo. A conclusione mi recai dal rettore a cui esposi il fatto. Questo benedetto uomo, ormai più che sardo e italiano divenuto indiano, mi spedì dal gesuita rettore del seminario teologico campano, una specie di Sibilla cumana. Entrai da lui col mio quadernetto nero con su scritta la storia della mia vocazione. Leggendo la storia della mia tragica infanzia, forse divenne rosso in viso, e poi chiuso di botto il quadernetto mi disse perentorio:-Lei non ha la vocazione!- Rimasi come si dice malamente oggi “basito”
e provai ad esporre i miei pregi:-Preghiera costante, devozione alla Vergine, lettura costante della Sacra scrittura ecc.- Il gesuita rimase irremovibile.
Tre giorni dopo, abbandonato l’abito talare, regalato il mio corredo ad un compagno tra i più poveri, mi ritrovai malvestito, senza casa, senza sapere di che mangiare e dove alloggiare la notte. Ebbi l’dea di recarmi da un mio zio, cugino di mio padre che faceva la guardia di finanza a Fuorigrotta a Napoli. Stetti da lui qualche giorno. Mi regalò un abito del figlio dove ci stavo due volte. Con una valigia di cartone mi avviai alla stazione, diretto a Bergamo, presso i parenti della suora che mi aveva fatto da madre. Vlevo prender tempo e pensare prima di rientrare nell’Isola.

La vita è fatta così: una gran soddisfazione per la maturità e una profonda delusione per  quelli che erano stati i sogni dalla mia adolescenza alla giovinezza. Avevo 22 anni, ma ero solo al mondo.
La vita è davvero un saliscendi, a volte ci inebria con le altezze raggiunte e a volte ci deprime con i bassopiani da percorrere. Per nostra fortuna spesso le due mete si alternano.

 

 

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