Categoria : cultura

“Enzo Espa (1919-2014) il professore” di Giovanna Elies

Enzo Espa, il prof

“Nella vita ci sono / immagini / ricordi / pensieri / avvenimenti / che non sai per quale ragione / non riesci mai a dimenticare./ Sono le verità che ti formano/ che ti danno senso /che danno sostanza /. E tu non sai / neppure per quale ragione / si depositano quelle / e non altre / che dovrebbero essere più intime. / Poi, continui a scegliere / a credere/ e non sai neppure per  quale ragione / tu ritrovi in esse / tutte le cose / che servono.” ( Enzo Espa), recita A. Mannias

Che dire! Questa riflessione ci consegna  l’universo di un prof, permeato di molte verità. Eppure, noi che lo abbiamo conosciuto, forse 45enne,  non siamo riuscite a cogliere quale fosse per lui il limite tra passato, presente e futuro. Evidentemente, a nostra insapita, Il suo modello di vita galleggiava  in una sorta di immanenza, nella quale tutti le facce del Tempo si riflettevano, sempre presenti.

Non è facile   parlare di Enzo Espa e non è facile né scontato scegliere una delle sua tanti attività che potrebbero, fra l’altro, essere definite: talenti.

Di sicuro, ciascuno degli aspetti  della sua attività ha  un ruolo ben definito e un modus proprio, indipendente dagli altri benché perfettamente inserito nel personaggio. Il professore, il narratore, il saggista, il critico, il giornalista   ed il linguista convivevano  in lui armoniosamente, anche se -dal mio punto di vista di allieva- la parte di professore resta una delle pagine più belle della sua vita professionale.

Nato a Nuoro, in una Nuoro che la Deledda non aveva esitato a  definire “Atene sarda”, definizione che le costò moltissimo  in prestigio ma che nella realtà reale rispecchiava il clima e il fermento culturale del periodo. Espa nasce, dunque, in un contesto  già molto colto, proficuo per la cittadina di provincia dell’antica Barbaria.

Pesanta eredità, che probabilmente non spaventa il giovane Espa, il quale  armato di sicurezza e talento, ignaro, forse, o  noncurante proprio della particolarità genetica, si introduce con fare da maestro nel mondo della cultura e della scuola.

A questo punto, ricalcando le orme di Francesco Altziator –docente universitario che per diverso tempo si è valso della preziosa collaborazione di Enzo Espa- e parafrasando il titolo di uno dei suoi più riusciti amarcord, anche io <<Lungo le strade della memoria>> provo a raccontare quella parte di Espa che vive nell’immaginario collettivo dei suoi allievi, di quel mondo del quale per fortuna ho fatto parte, se pur nei lontanissimi anni ‘60

 Non è mai stato generoso nei sorrisi e neppure negli incoraggiamenti, però sempre pronto a cogliere  qualche eventuale smarrimento e a colmare il vuoto dell’anima con una riflessione, oppure una poesia o un verso. Conosceva a memoria la maggior parte della nostra letteratura poetica. Era sempre pronto ad un fuori programma, Omero, Dante, Leopardi, Foscolo e Deledda, erano quelli che citava più spesso e noi  compostamente sedute nei nostri banchi lo ascoltavamo, a volte  trattenendo il respiro per non interrompere quel momento magico. Dunque, anche nel momento in cui intercettava un qualche malessere aveva pronta una parola, ma non era una parola buona, nel senso pietistico, era una parola colta: letteratura e vita.

 Con la Deledda aveva un rapporto d’amore: <<La madre>>, <<Elias Portolu>> e <<Canne>> al vento erano i suoi preferiti. Ma in alcuni particolari momenti recitava a memoria  il passo in cui Efix, sentendo la fine vicina, paragona gli uomini a delle “canne al vento”, mentre vede la giovane Noemi andar sposa all’odiato  cugino don Predu.

Noi ascoltavamo rapite, poi s’è capito non solo il rapporto d’amore con la scrittrice ma soprattutto che la recita di quel  pezzo stava a indicare  qualche difficoltà, sua  personale, familiare o di un caro amico.

Sempre la stessa tecnica, alla parola buona preferiva la parola colta. A ciascuno il suo: la scuola dà istruzione, il sociale dà altro

Ogni lezione diventava  il tassello di puzzle da  portare a casa e collocare nella cassetta dei ricordi. Più che una lezione, era forse col senno di poi,  un trasportare nelle nostre logiche  i segni del passato, senza i quali è impossibile decifrare  il presente e meno che mai progettare il futuro.

Tuttavia già da allora erano chiari i segni di quella che sarebbe stata la sua attività futura. Era sempre molto interessato ed appassionato alle nostre tradizioni e al lessico. Era convinto che le differenze fra i vari paesi  fossero una risorsa insostituibile e che dovessero legare più che dividere.
Dialogare per lui significava entrare nelle pieghe più segrete -anche quotidiane- della letteratura  mondiale, italiana e sarda, per formare  nelle nostre giovani menti  capacità abili a ricevere, trattenere ed esprimere messaggi.

La voce impostata, il respiro profondo, le pause,  atteggiamento tipico di chi sa bene di essere capito e gradito,  rendevano ogni lezione un momento unico.

Ripeteva spesso che la scuola è una sorta di sistema nel quale non esiste un dare e un ricevere, ma un vero e proprio scambio di insegnamenti, all’interno del quale anche gli allievi hanno il loro ruolo.

Così, talvolta, ci siamo illusi che anche noi potessimo in qualche misura  partecipare  e dare una mano al Suo sistema di conoscenze.

Solo più tardi, meglio -appena fuori dalla scuola- ci siamo resi conto di che tipo di aria avessimo respirato e abbiamo cominciato a farne tesoro. Sperando veramente che i nostri piccoli contributi fossero  rigorosamente dimenticati  dal prof.

Si  sa per statuto che i professori, tutti, non riescano mai ad entrare nelle corde degli allievi, salvo pochissime eccezioni. Espa  fa parte del gruppetto delle eccezioni, ma non per il suo comportamento in classe, piuttosto per quel personalissimo modo di porgere l’istruzione, il garbo nel dissentire, la capacità di trasferire a noi le proprie emozioni, rendendoci partecipi di quell’immaginario collettivo che la letteratura propone -con sogni, speranze e delusioni. Letteratura e vita, che poi sarà la sua letteratura, quella dei suoi scritti, con la speranza che un giorno potesse  essere anche la nostra.

Giovanna Elies

 

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