“Il cane pastore della mia infanzia” di Mario Nieddu

Il Cane Pastore.

Il cane pastore di Mario NIeddu

Il cane pastore di Mario NIeddu

Mio padre l’aveva chiamato Veloce. Non so il perché, quel gomitolo non si reggeva sulle zampe e strisciava a mala pena sulla pancia. Non sapevo di che razza fosse, non mi importava proprio. Io ci giocavo a tutte le ore. E Veloce era contento di giocare con me.
A tempo debito mio padre iniziò l’addestramento. Cominciò con lo sfregargli il naso sulle pecore. All’inizio non sopportava l’odore della lana. Gli piaceva il latte e non fu difficile fargli fare la poppata direttamente dalla mammella di una pecora. Sempre la stessa. Quella, all’inizio recalcitrante, finì per adottarlo come un figlio e lui come tale la seguiva. Le altre pecore le prime volte erano infastidite dalla presenza estranea, ma poi si abituarono.
Veloce iniziò ben presto il suo lavoro. Si sentiva responsabile del gregge e ci viveva in mezzo a suo agio, come nella migliore delle famiglie.
Nei momenti di pausa dal suo impegno lavorativo, quando le pecore facevano il meriggio all’ombra di immense macchie di lentisco o durante la mungitura, avevamo modo di dedicarci ai nostri giochi. Avevamo convenuto un tenue fischio di riconoscimento. Correva da me e si lanciava tra le mie braccia. Era affezionato a me quanto al gregge.
Mio padre era soddisfatto di Veloce, era cresciuto bene, un vero pastore.
Ma un giorno scomparve. Mio padre non si capacitava, aveva perso un valido aiuto e il gregge un punto di riferimento. E io non mi davo pace. Inizialmente pensavamo che nell’arco di alcuni giorni sarebbe ritornato. Attendemmo invano. Pensai di tutto, anche che fosse morto, ma non mi rassegnai. Girovagai attorno al paese allontanandomi sempre più. Controllavo le varie greggi in cerca del mio cane. Ma inutilmente. Dopo alcuni mesi un compagno di giochi mi informa di aver visto il mio cane mentre prestava il suo devoto servizio ad un gregge, in località Padru’e Jobos. –Te l’ha rubato il tale- mi disse, sussurrandomi nome, cognome e soprannome. Mi descrisse anche le circostanze del furto, avvenuto durante la transumanza..
Ricevute le coordinate, mi recai nella zona. C’erano due greggi, molto distanti uno dall’altro. Veloce era in uno di quelli, in base all’informazione, ma non lo vedevo. Come ultimo tentativo feci il mio fischio e mi nascosi dietro una roccia di calcare bianco per non essere individuato dal padrone del gregge. Avevo paura.
Rimasi inginocchiato a guardare di tanto in tanto verso le greggi che si spostavano lentamente sul prato. Ed ecco Veloce, veloce come il vento venire verso di me. Si catapulta e mi abbraccia, in quella posizione sorpassa la mia statura. Posso dirvi che ero emozionato? Bene, il mio cane lo era più di me.
Il cane rimase abbracciato anche quando mi alzai furtivo. Nessuno ci aveva visto. Iniziai a correre con lui in braccio. Era pesante, ma correvo, correvo in discesa nelle mulattiere che mi portavano lontano, ma mi riportavano al mio gregge con Veloce. Dopo qualche chilometro di affannosa corsa rallentai il passo. Nessuno ci aveva seguito. Eravamo in salvo. Ma Veloce mi rimaneva abbarbicato addosso, e con lui abbracciato arrivai alla nostra capanna e al suo gregge…
Se ne sarebbe andato per sempre molti anni dopo, all’interno di un antro caliginoso. Anche negli ultimi momenti scodinzolava al mio fischio, e suoi occhi ormai senza luce erano bagnati.
Forse avevo dieci anni (ma non l’ho sognato)
Mario Nieddu

Commenti

  1. bellissima storia

    ELEONORA ORTU
    Ottobre 12th, 2016
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