Uno sguardo storico-economico sull’Anglona nel XX secolo

imagesMassimiliano Venusti e Antonio Cossu, L’arte casearia in Anglona tra storia e attualità, Stampacolor, Muros 2006

Questa pubblicazione è consultabile sul sito dell’ERSAT all’indirizzo: www.ersat.it

“Estratto relativo al XX secolo: dagl’imprenditori continentali allo sviluppo delle cooperative.” 

Tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento la concomitanza di alcuni avvenimenti determinò un sensibile cambiamento nel comparto zootecnico-caseario regionale(9). In particolare ricordiamo la rottura nel 1888 del trattato Francia-Italia, stipulato nel 1863, che prevedeva l’esportazione dalla Sardegna (Macomer, Santu Lussurgiu, Bosa, Cuglieri, Tresnuraghes, Ghilarza) di bestiame da carne; il conseguente orientamento degli operatori verso l’allevamento della pecora (Tab. 2); la riduzione del prezzo del grano a causa delle importazioni del più conveniente frumento americano e la conversione a pascolo delle superfici coltivate a cereali; la nascita e sviluppo dell’industria casearia isolana.

I primi caseifici in Sardegna sorsero nell’ultimo decennio dell’Ottocento per iniziativa di imprenditori laziali, toscani e napoletani, che avviarono la produzione di Pecorino Romano nell’Isola sostanzialmente per tre ragioni. La prima fu l’emanazione di un’Ordinanza del Municipio di Roma (1884), che vietando ai pizzicaioli la salagione del formaggio in città favorì il sorgere, inizialmente nelle vicinanze di questa e successivamente nell’Isola, dei primi stabilimenti di trasformazione. La seconda può essere ricondotta alla riduzione della produzione del latte ovino nel continente, a causa della bonifica della maremma laziale che distolse terreni al pascolo delle pecore per destinarli a coltivazioni più redditizie. Infine la terza fu l’accresciuta domanda di Pecorino Romano da parte degli emigrati meridionali negli Stati Uniti, il cui numero raggiunse livelli notevoli verso la fine del 1800 (113.807 – anno 1892). La lavorazione avveniva nei cosiddetti caselli*, locali costruiti alla meglio in luoghi facilmente raggiungibili dai pastori, ed il formaggio ottenuto veniva avviato in cantine capienti dei paesi o cittadine vicine(18). La produzione era rappresentata dal Pecorino Romano, in maggiore misura, e da produzioni casearie destinate comunque a mercati non locali (formaggi greci). La trasformazione aveva una connotazione ambulante; nel senso che l’imprenditore riteneva certamente più conveniente e semplice spostare le attrezzature, rappresentate da una caldaia sorretta da un argano in legno e pochi altri utensili, laddove risultavano migliori le condizioni di prezzo e di quantità della materia prima. L’ambiente di lavorazione è ben descritto da S. Manconi in un articolo degli anni ’20 su “L’agricoltura sarda” … è una scena non certo lieta quella che si presenta agli occhi del visitatore nei nostri comuni caseifici: fuoco all’aperto che diffonde fumo in tutti i locali ed uomini che fatica- no per resistere alle fumigazioni; ceneri, pezzi di carbonella ed altri prodotti della combustione che invadono i locali e che il più delle volte vanno a depositarsi nel latte o nella cagliata, sporcando la massa in maniera molte volte grave…

images-1Il mondo agropastorale in quegli anni vide ben remunerato il latte ovino, che passò dalle 6 lire ad ettolitro del 1897 alle 25 lire ad ettolitro del 1906. In seguito (1907) la costituzione della Società Romana per il Formaggio Pecorino, cartello di industriali finalizzato alla fissazione del prezzo del latte di pecora, alla gestione diretta di caseifici ed alla commercializzazione del formaggio, modificò l’assetto del comparto riducendo tra l’altro il prezzo del latte di pecora a 20 lire ad ettolitro. Il forte potere contrattuale e commerciale della Società Romana determinò uno stato di tensione nell’ambiente agro-pastorale e stimolò negli allevatori la ricerca di forme di associazionismo da contrapporre allo strapotere degli industriali.
A Bortigali quindi per iniziativa del medico condotto Pietro Solinas, nacque nel 1907, la prima Latteria Sociale Cooperativa(18). Ad essa se ne aggiunsero in seguito molte altre: Sida Maggiori (1910-1911), Bonorva (1916), Pozzomaggiore (1922), Santu Lussurgiu (1923), Nuoro (1938) ed altre ancora(9). Un’intensa e breve (1924-1930) esperienza di cooperazione casearia, promossa da Paolo Pili uomo forte del fascismo cagliaritano, interessò diverse latterie sociali. Nel 1924 infatti si costituì ad Ozieri la

*Uno dei primi caselli, proprietà del laziale Castelli, è stato realizzato a Villanova Monteleone (SS) nel 1897 (Brotzu).

.Federazione delle Latterie Sociali e Cooperative della Sardegna (FED- LAC), con oltre 50 latterie sociali federate, tra le quali Seneghe, Abbasanta, Aidomaggiore, Berchidda, Bitti, Ghilarza, Ozieri, Pattada, Pozzomaggiore, Macomer, Santu Lussurgiu, Nuoro, Isili. Di tale sodalizio ricordiamo la realizzazione di varie e importanti iniziative, tra le quali la creazione di una cremeria sociale a Macomer (1926), l’introduzione della caldaia svizzera* nella produzione del Pecorino Romano (Fig. 3), l’instaurazione di rapporti diretti con il mercato americano e la migliore remunerazione del latte rispetto all’offerta degli industriali. Negli anni a cavallo del primo conflitto mondiale il comparto caseario non attraversò un momento felice a causa del blocco delle esportazioni (1916-1922), dell’aumento della produzione di Pecorino Romano, della concorrenza di formaggi ovini esteri e formaggi vaccini prodotti con caglio d’agnello e per il contingentamento dei beni alimentari. Il Prefetto della Provincia di Sassari infatti, nell’ Ottobre del 1916, stabiliva:

Articolo 1 – Il prezzo del formaggio sardo di produzione e consumo locale, in tutta la Provincia, non potrà eccedere d’ora innanzi, fino a nuova determinazione, i seguenti limiti per merce resa al magazzino del produttore: – a) per il formaggio stagionato: lire 250 al quintale;

– b) per il formaggio di stagionatura non inferiore ai due mesi e non superiore ai sei mesi: lire 200 al quintale. Articolo 2 – Il limite massimo per la determinazione di minuta vendita da farsi dalle Giunte Municipali non potrà superare le lire 15 al quintale, oltre le spese di trasporto e di dazio…

Negli anni ’20 l’imprenditoria casearia isolana** iniziò ad affacciarsi con maggiore insistenza e tenacia in un panorama produttivo certamente non facile. La concorrenza spietata dei formaggi lombardi tipo romano sui mercati americani veniva denunciata da “un industriale sardo” sulle pagi- ne del quotidiano La Nuova Sardegna del 24 gennaio 1924; di ugual teno- re la relazione del 19 febbraio 1927 dell’Assemblea degli industriali casea- ri di Sassari; in tale assise si discusse, inoltre, della scarsa qualità delle produzioni isolane e perciò venne proposta la creazione di un Istituto sperimentale analogo a quello di Lodi(16). Al termine del ventennio il prezzo del latte ovino era attestato intorno alle 2 lire al litro ed il prezzo del Pecorino Romano, la cui esportazione nel 1928 aveva raggiunto i centomila quintali, intorno alle 1400 lire al quintale. Oltre al Pecorino Romano in Sardegna si producevano il Fiore di Sardegna (25 mila quintali nel 1928), il baccellone, il crotonese, la fresa, il provolone tipo Sorrento ed il feta*. Circa il Fiore di Sardegna, di qualità non eccelsa, fu al centro di un dibattito sulle pagine de “L’agricoltura sarda” di quegli anni circa il suo confezionamento per l’esportazione; interessante, anche per i giorni nostri, fu la soluzione pro- spettata che prevedeva l’utilizzo di cassette in abete ordinario, numerate ed etichettate contenenti adeguatamente stipate più forme (Fig. 4). Nel secondo dopoguerra la trasformazione del latte nell’Isola riprese fiato. La Regione Autonoma della Sardegna** dedicò particolare attenzione alla cooperazione tanto che negli anni ’50 si contavano ben 67 latterie sociali, mentre al contempo cresceva l’imprenditoria privata. Le due realtà convivono ancora oggi rappresentando indubbiamente un tassello fondamentale nella realtà economica isolana.

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L’ esposizione dei numerosi avvenimenti, che hanno interessato nel ventesimo secolo il comparto caseario in Anglona, necessita a nostro avviso di una descrizione distinta per periodo (1900-1930; 1930-1960; 1960-2000) e per comune.

1900 – 1930

La documentazione custodita negli archivi comunali mette in luce una realtà casearia caratterizzata, come nel resto dell’Isola, dalla presenza di ditte continentali e dai primi imprenditori locali, entrambi dediti principalmente alla produzione del Pecorino Romano.

La trasformazione, con modalità che si conservarono sino agli anni ’40, avveniva in paese o nelle campagne circostanti. I locali erano solitamente attrezzati con un argano in legno su criccu, una caldaia in rame stagnato della capacità di 4 – 5 ettolitri sa labia sospesa su un focolare scavato nel pavimento, e dei tavoli di sgrondo in legno o in alcuni casi in pietra (Figg. 7 e 9). Accanto alla produzione industriale si conservò, almeno sino alla prima metà del secolo, la trasformazione arti- gianale in sa pinneta, destinata prevalentemente al consumo familiare. Il territorio, negli anni del primo dopoguerra, non venne interessato dall’esperienza promossa da Paolo Pili probabilmente a causa dell’assenza di realtà cooperative.

CHIARAMONTI Nel paese, che allora contava poco più di 2000 abitanti, intensa fu l’attività di trasformazione del latte di pecora e la vendita dei formaggi come testimoniato dai registri dello “Stato degli Utenti Pesi e Misure” custoditi nell’archivio comunale. Operativo sin dai primi anni del secolo fu il caseificio della Ditta Berio, Castelli, Prosperi & C. di Roma, probabilmente tra le prime intraprese continentali giunte nel territorio per la produzione del Pecorino Romano, che nel 1907 venne rilevato dalla Società Romana per il Formaggio Pecorino. Altre strutture appartenevano a Luigi Manca (1917) e Federico Ruiu, rappresentante della Ditta Rocca di Cagliari, in località Su Sassu (1925). Segnaliamo inoltre (1927) i caseifici, in località Chirralza e Su Cannau, gestiti da Giovanni Luigi Lei e Antonio Luigi Budroni per conto dei fratelli Taras di Ozieri e la struttura in Via Nazionale di Antonio Maria Schintu di proprietà di Azzena. Numerosi erano i grossisti di formaggio, tra i quali ricordiamo Lorenzo Soddu Casu, i fratelli Salvatorangelo e Pietro Schintu, Giovanni Gavino Carta, Salvatore Lezzeri, Antonio Luigi Budroni, Nicolò Serra, Giuseppe Baiardo, Pietro Pala, Antonio Luigi Cossu, quest’ultimo nel ruolo di commissionario.

NULVI Nel trentennio considerato, diverse furono le aziende continentali che trasformarono in loco il latte ovino. Nel primo decennio compare la Ditta De Paoli, Luporini & Landucci, azienda toscana con sede a Lucca specializzata nella produzione di Pecorino Romano e Pecorino Toscano, la quale comunicò al Sindaco la cessazione dell’attività nel novembre del 1914. Negli anni ’20, in un locale di Nicolò Ara posto dietro il caseggiato scolastico in Via del Municipio, caseificavano i laziali Cesare e Vincenzo Vai. La ditta, con sede legale a Sassari, affidò i ruoli di quagliatore e di aiuto a Gioacchino Rossetti e Sante Magnifici, entrambi originari di Amatrice, cittadina in provincia di Rieti. Assunsero inoltre come pressatrici tre ragazze nulvesi: Antonina Brozzu, Giovanna Maria Medas e Girolama Frau (Fig. 5). Tale gestione del personale, assicurava all’imprenditoria continentale l’ottenimento di un prodotto di buona qualità ed evitava il trasferimento delle conoscenze tecnologiche alle maestranze locali. L’azienda trasformava, nel periodo compreso tra gennaio e giugno, circa seicento litri di latte al giorno producendo fino a dieci forme da 10 chilogrammi di Pecorino Romano. Il lavoro procedeva al mattino per otto ore e nel mese di aprile, stante la maggiore disponibilità di materia prima, continuava fino alle undici di sera. In paese operò inoltre, dal 1923 al 1933, la Società Romana per il Formaggio Pecorino (Fig. 6 ) che, nello stabile di Via del Convento presso l’asilo infantile, produceva quotidianamente circa novanta chilogrammi di pecorino uso romano grazie all’attività di tre uomini ed una donna. Si segnala, infine, la presenza delle attività di Giovanni Buscarinu (1928) e dei Fratelli Colonna (1928).

PERFUGAS I perfughesi, rinomati per l’allevamento del bestiame, nel 1903 possedevano 3210 pecore e capre, 668 vacche e giovenche, 284 bovini e tori e 100 suini. La R. Scuola Agraria di Sassari in considerazione di tale fatto inviò al sindaco una missiva, datata 27 Febbraio 1900, nella quale si chiedevano indicazioni sui produttori di latte e formaggi in quanto …alcune ditte continentali, esportatrici di formaggio pecorino tipo romano, si sono rivolte a questa scuola per avere notizie sulla convenienza di venirsi a stabilire in diversi centri di questa provincia per esercitare detta industria, comprando direttamen- te il latte o il formaggio fresco dopo 24 ore dalla fabbricazione…
L’interessamento si tradusse in fatti concreti nel 1914 allorquando la Ditta De Paoli, Luporini & Landucci, inoltrata Denuncia di Esercizio alla Prefettura di Sassari per l’attività di caseificazione, in Via Francesco Tilocco iniziò la produzione di formaggio Pecorino Romano impiegando da gennaio a maggio tre uomini e una donna ed altre quattro pressatrici durante i mesi primaverili.

Alla ditta toscana si aggiunse nel 1920 la Società Romana per il Formaggio Pecorino che impiegava due operai per la produzione di Pecorino Romano.

MARTIS Una certa vivacità produttiva interessò il comune, ove dal 1919 al 1925, caseificò la Società Romana; a questa alla fine degli anni ’20 si aggiunsero le ditte Brundu, Fratelli Vai e Lorenzo Ghio. In seguito (1932) il Podestà, in risposta ad una richiesta dell’Unione Industriale Fascista della Provincia di Sassari, specificò che in paese esistevano due caseifici: la Ditta Schintu Pietro di Chiaramonti, rappresentata dal martese Baingio Casu, con casaro Antonio Mucci e giornaliera Francesca Sanna vedova Pippia; e la Ditta Lorenzo Ghio di Sassari, gestita dal locale Antonio Catta, con casaro Lavinio Addari e giornaliere Giorgia Soddu e Giovanna Conteddu.

BULZI Nel biennio 1925-1926 operò certamente la Ditta Arnaldo Stangoni, imprenditore particolarmente attivo in diversi settori produttivi del mondo agricolo, che negli anni seguenti ritroveremo in alcuni centri dell’Anglona.

.1930 – 1960

Nel trentennio a cavallo della seconda guerra mondiale l’attività casearia in Anglona fu particolarmente ricca di avvenimenti, personaggi e strutture produttive. L’impulso, nel dopoguerra, della legislazione regionale alla cooperazione favorì anche in questo territorio la nascita dei caseifici sociali.

CHIARAMONTI Il paese fu sede di intensa e fertile attività casearia per tutto il trentennio. La documentazione dell’Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia (1937-1940), del Comune di Chiaramonti (1941) e della Camera di Commercio di Sassari (1941) ha consentito la rilevazione della lavorazione del latte in circa 150 abitazioni ed in una decina di caseifici. Fra questi ricordiamo le attività di: Pietro Baravaglia in località Su Cubesciu; Antonio Luigi Budroni, che produceva sino a 100 quintali di formaggio di piccola pezzatura; Unione Provinciale Pastori in località Sassu Altu; Francesco Mannoni in località Nuraghe Ui; Armando Fumera in località S. Giuseppe, che otteneva 52 quintali di Pecorino Romano in 563 forme; Pietro Burrai in località Baldedu; Pietro Pala; Lezzeri e Cossu; Salvatore Lezzeri; Gavino Denanni; Antonio Loi. La produzione di formaggio Romano del comune chiaramontese a volte subiva la salagione nelle caciare di Sassari, Thiesi e Ploaghe. Notizie certe, inoltre, riguardano i magazzini di stagionatura di proprietà di Antonio Luigi Cossu, destinati alla maturazione di oltre 2000 forme di Fiore Sardo, di Giovanni Loi, con 2000 forme di cacio per un peso totale di 47,39 quintali, e del grossista Antonio Schintu. Nel panorama produttivo trovarono spazio anche le strutture, in paese ed in località Su Sassu Giosso, gestite da maestranze locali e di proprietà del campano Ciro Piro. Nel dopoguerra il paese ebbe una posizione di rilievo nel comparto caseario del territorio; infatti, nel Registro Ditte Inquadrate (1° gennaio 1945) dell’Associazione degli Industriali della Provincia di Sassari*, su un totale di 61 ditte Chiaramonti vantava ben quattro aziende intestate a: Fumera Armando; Lezzeri Salvatore; Cossu Antonio Luigi; Budroni Antonio Luigi. Il 15 novembre 1950 per iniziativa di 25 proprietari di bestiame ovino, già appartenenti a su gruppu affiliato alla Federazione dei Consorzi Agrari dal 1937, si costituì ufficialmente la Società Cooperativa Gruppo Pastori con presidente Giuseppe Bajardo. L’anno successivo la Società acquistò dai germani Accorrà l’area in località S’abbadolzu da destinare alla costruzione del caseificio e della caciara. I casari laziali, successivamente affiancati da maestranze locali, gestirono con buoni risultati la caseificazione, tanto che nella campagna 1951-1952 venne assegnato alla cooperativa il Premio Regionale per la migliore produzione di Pecorino Romano.

NULVI La ricostruzione degli avvenimenti produttivi è stata possibile grazie al racconto ricco di particolari, fornitoci da Antonio Scarpa e Nicola Sanna che al tempo ricoprivano il ruolo di casari. La Società Romana per il Formaggio Pecorino, già presente nei decenni precedenti, si trasferì nei locali un tempo occupati dai fratelli Vai, e continuò l’attività fino al 1957. I campani Giuseppe Coppola e Michele Acamfora, rappresentati dal nulvese Antonio Spezziga, produssero negli anni ’30 e ’40 Pecorino Romano che stagionava nelle cantine di Corso Vittorio Emanuele di proprietà dello stesso Spezziga e nei locali di Giovanni Buscarinu. Nella campagna 1931-1932 caseificò anche il chiaramontese Giuseppe Solinas; mentre prima della seconda guerra mondiale imprenditori greci, in un locale vicino alla stazione appartenente ad Antonio Addis, producevano il feta utilizzando le attrezzature dedicate normalmente al Pecorino Romano ed impiegando casaro greco e manodopera locale. Al termine degli anni ’40 e nel decennio seguente l’attività di trasformazione del latte in paese vide la presenza di vari protagonisti. La Ditta Galbani (1948-1952) in Via del Municipio lavorava giornalmente 4-5 ettolitri di latte, destinato alla produzione di Pecorino Romano in forme da 10-12 chilogrammi; la caseificazione diretta da Giovanni Piconi, casaro di origini ciociare, era coadiuvata da operai locali ed il prodotto ottenuto veniva spedito in treno al deposito di Chilivani. La stessa Galbani nel corso di una campagna casearia ospitò un casaro greco per la produzione del feta. Negli anni ’50 è segnalata la presenza del campano Ciro Piro e la costituzione di una cooperativa (1952) con referente l’avvocato Carlo Campus. Quest’ultima lavorava inizialmente nei locali di Antonio Spezziga e nel 1957 si trasferì nello stabile un tempo occupato dalla Società Romana per il Formaggio Pecorino. Nel 1958 la cooperativa del Campus divenne Gruppo Pastori Monte Alma e si avvalse di Nicola Sanna in qualità di casaro. In paese negli stessi anni furono fondati altri due Gruppi Pastori: San Pasquale e Sena. Il primo aveva come riferimenti Gavino Sechi e Antonio Scarpa; mentre il secondo era riconducibile a Giovanni Buscarinu, proprietario dei locali nel Corso Vittorio Emanuele ove avveniva la stagionatura del formaggio prodotto dal Gruppo.

La produzione nulvese era quasi esclusivamente rappresentata dal Pecorino Romano che veniva venduto a diversi acquirenti (Società Romana per il Formaggio Pecorino, Galbani, Pinna di Thiesi, Brunelli, Locatelli). L’esperienza dei Gruppi Pastori terminò con la costituzione della Latteria Sociale San Pasquale nel 1963.

PERFUGAS Nel biennio 1933-1934 in paese operavano i caseifici di Leone Addis, Giovanni Luzzu, Gerolamo Marras e Salvatore Tortu. L’Unione Industriale Fascista della Provincia di Sassari (1935) indicò inoltre le strutture di proprietà della Società Romana per il Formaggio Pecorino e di Antonio Filiziu, entrambe dedite alla produzione di Pecorino Romano. Tale prodotto veniva ottenuto anche nelle strutture censite successivamente (1941) dalla Camera di Commercio di Sassari, la quale segnalò i caseifici di Sebastiano ed Antonio Filiziu, Francesco Mannoni, Eliseo Unali, Andrea Carboni, Pietro Schintu e Virgilio Burrai*. Durante il secondo conflitto mondiale l’economia di guerra comportò la riduzione del numero di caseifici. Infatti note del Commissario Prefettizio (1942) e del Podestà (1943) imposero all’unica ditta esistente, di proprietà della Galbani di Chilivani e gestita da Domenico Burrai e Filippo Luzzu, la consegna di latte di pecora (2,50 lire al litro) e ricotta per companatico (9,25 lire al chilogrammo) per il fabbisogno della popolazione. Nel novembre del 1948 nella casa di Andrea Deperu una decina di agricoltori diedero vita alla Società Cooperativa Pastori Perfughesi alla quale erano ammessi i possessori di bestiame residenti esclusivamente nel Comune. L’atto costitutivo prevedeva nell’oggetto sociale: lavorazione del latte; lavorazione, utilizzazione e vendita dei sottoprodotti del latte, raccolta e vendita della lana e delle pelli nonchè delle carni e di ogni altro prodotto del bestiame; acquisto di sementi, concimi, macchine ed attrezzi agricoli necessari per l’industria foraggiera ed armentizia; finanziamenti ed anticipazioni ai soci nel periodo della stagionatura e conservazione del formaggio. Inizialmente il latte veniva lavorato nella struttura dei Fratelli Domenico e Virgilio Burrai, ai quali la Società forniva il quaglio necessario e ritirava la scotta da distribuire ai soci. Agli inizi degli anni ’50 venne posata la prima pietra dell’attuale stabilimento in località San Filippo su un terreno acquistato da Giov. Santo Piseddu. La buona qualità delle produzioni ottenute fu premiata nel 1954 nell’ambito del Concorso Regionale sui formaggi pecorini. Il Pecorino Romano, che rappresentava la principale tipologia di prodotto, veniva venduto alla Società Romana per il Formaggio Pecorino, alla Ditta Galbani di Chilivani ed a Gennaro Auricchio di San Giuseppe Vesuviano. Nel bienno 1958-1960 la struttura fu gestita in affitto da imprenditori greci e le maestranze, dirette da tale Babis, producevano feta e ricottone. In paese ci si ricorda ancor’oggi della quarantena che dovet- tero subire i lavoratori all’interno del caseificio per sospetta infezione di tifo nero; accertamenti sanitari successivi risultarono fortunatamente negativi, ma la produzione casearia di intere giornate venne comunque distrutta. Si ha notizia, infine, della Società Cooperativa San Giovanni, operativa nel periodo compreso fra il 5 gennaio 1952 e l’8 novembre 1955, e sulla quale non si hanno ulteriori e precise informazioni in merito all’ attività di trasformazione.

CASTELSARDO Nei primi anni ’30 tra gli “Utenti soggetti alla verifica dei pesi e delle misure” ritroviamo, in località Pianella o Pianedda, i caseifici dei F.lli Piccardo e di Francesco Spensatello fu Giovanni Maria che cessò l’attività nel 1934. In seguito (1937) il Censimento Industriale e Commerciale dell’Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia citò in regione Multeddu, ai numeri civici 26 e 14 rispettivamente, i caseifici di Salvatore Pintus e Lorenzo Ghio entrambi dediti alla produzione di Pecorino Romano. Nel primo due operai produssero in una campagna casearia, da 409,36 ettolitri di latte e 17 chilogrammi di caglio, 73,948 quintali di for- maggio e 26 quintali di ricotta; mentre nel secondo due dipendenti otte- nevano formaggio e ricotta salata dalla lavorazione di 447,78 ettolitri di latte di pecora. Lorenzo Ghio disponeva inoltre di attività casearie a Sassari, nelle regioni dette Gesù-Maria-Giuseppe, Marchetto e S. Giovanni, ed a Osilo in regione S. Lorenzo e Tergu. Nel 1941 ai precedenti imprenditori si aggiunsero Angelino Cuccureddu alla Pianedda e Lorenzino Moretti in Via Vittorio Emanuele. Alla fine del decennio la situazione produttiva castellanese contava su ben cinque caseifici; infatti il Sindaco Giuseppe Corso comunicò all’Associazione degli Industriali della Provincia di Sassari la presenza di due strutture di. proprietà della Ditta Tedde, in regione Lu Bagnu ed in regione San Giovanni, due della Ditta Romana, alla Muddizza ed a Castelsardo, ed uno della Ditta Stangoni in regione Multeddu. Sempre in quegli anni diversi piccoli produttori (Stefano Tolu, Cristoforo Murroccu, Pasquale Marangi, Michele e Giuseppe Marratzu, Ignazio Mastino, Salvatore Mattu e Giov. Antonio Manunta) spedivano formaggio nel continente (Livorno) e nei paesi limitrofi, quali Osilo, Sorso, Sennori, Sedini, Porto Torres e Chiaramonti, ove, in quest’ultimo caso, il principale acquirente era Armando Fumera. Castelsardo fu teatro di esperienze di associazionismo con il Gruppo Pastori a Lu Bagnu, che vendeva il formaggio in pasta ad industriali di Sassari al prezzo di 450 lire al chilogrammo, e con la Latteria Sociale Cooperativa (1951). Questa per un decennio esercitò attività di lavorazione del latte, salagione e conservazione del formaggio in pasta consegnato dai soci; mentre in seguito si occupò della vendita del latte ovino alla Siciliana Pecorini di Chiaramonti ed al commendatore Giuseppe Coppola di Sassari.

TERGU Nel territorio, allora di pertinenza dei comuni di Castelsardo, Nulvi ed Osilo, si segnala l’attività nei primi anni ’30 di Lorenzo Ghio che caseificava in località Bachile Corte nella proprietà di Peppe Ruzzu. La produzione, esclusivamente di Pecorino Romano in forme da 10-12 chilogrammi, veniva condotta dai laziali Cesare Gianni e dal figlio Ugo, mentre la successiva salatura e stagionatura avvenivano nelle cantine di Sassari, in regione Gesù-Maria-Giuseppe, di proprietà dello stesso Ghio. Peppe Ruzzu nel decennio 1940-1950 mise a disposizione della Ditta Galbani di Chilivani locali e professionalità. La produzione di formaggio Romano veniva avviata ogni due giorni nelle cantine del capoluogo sassarese di Cesare Vai in regione Serra Secca e, talvolta, in quelle di Giuseppe Coppola in Viale Porto Torres. Alla fine degli anni ’40 nella casa di Giacomo Addis, in località Riu Riu, il latte di pochi pastori veniva trasformato in Fiore Sardo, in paste filate ovine, dette figheddi, per il consumo familiare ed in Pecorino Romano, salato e stagionato a Nulvi da Buscarinu. La produzione di formaggio Romano a carattere industriale continuò negli anni ’50 in due cooperative: la Società Cooperativa Pastori di Tergu (1950-1963) ed il Gruppo Pastori (1957-1963). La prima, presieduta da Vittorino Ruzzu, contava 20-25 soci ed un casaro abruzzese che in località Pulpaggiu lavorava circa 7-8 ettolitri di latte di pecora; mentre il formaggio in pasta, destinato a Sassari, veniva commer- cializzato da Lorenzo Vai. Il Gruppo Pastori, con presidente Giovanni Spezziga, aveva le attrezza- ture in località Monti Curri e la produzione veniva acquistata da Giuseppe Coppola. La lavorazione industriale del latte cessò nel 1963 in concomitanza con la nascita della Latteria Sociale San Pasquale di Nulvi, alla quale aderirono molti allevatori della piccola frazione.

MARTIS Nel 1935 il Commissario Prefettizio segnalò, al fine di un’indagine condotta dalla Confederazione Fascista degli Industriali della Provincia di Sassari, la presenza nel territorio di due ditte: Ghio Lorenzo e Fogu Michele. La prima, rappresentata da Antonio Catta, produceva 48 quintali di Pecorino Romano mentre la seconda Fiore Sardo. Alla fine degli anni ’30 caseificarono, inoltre, i Fratelli Vai ed un Gruppo Pastori gestito dall’Unione Fascista degli agricoltori nella persona di Leonardo Fara. In seguito diverse furono le iniziative imprenditoriali. Ricordiamo i caseifici dei chiaramontesi Salvatore Lezzeri (1941-1942), Antonio Luigi Cossu (1941-1942) ed Armando Fumera (1955) in Via Garibaldi, del ploaghese Salvatore Brundu (1949- 1955) e del campano Ciro Piro. La produzione prevalente era rappresentata dal Pecorino Romano che, nell’annata 1949- 1950, gli industriali produssero in quantità pari a 80 quintali ed al prezzo, a caciara pulita, di 650 lire al chilogrammo, mentre il Gruppo Pastori spuntò, sempre a caciara pulita, 680 lire al chilogrammo per 55 quintali di formaggio romano.

LAERRU Negli anni ’30 lavoravano, da febbraio a settembre, i caseifici delle ditte Brundu (1933), Lorenzo Ghio (1934), Camboni (1934) e Pietro Recino (1936) in Via Tola. Durante il secondo conflitto mondiale la caseificazione avveniva nelle strutture di Angelino Cuccureddu, che lavorava 481,17 ettolitri di latte di pecora per conto della Società Romana per il Formaggio Pecorino, dei Fratelli Vai, di Antonio Luigi Cossu, di Nino Azzena, di Andrea Pinna e del Gruppo Pastori rappresentato da Nicolino Manzoni. Quest’ultimo fu tra i soci fondatori e presidente della Latteria Sociale Cooperativa La Laerrese (1945) che nei primi anni ’50 si dotò di una strut- tura razionale con due caldaie da mille litri per la produzione di Pecorino Romano destinato agli industriali. Nella cooperativa, attiva sino ai primi anni ’60, lavorarono il casaro Carmine Gatti, Tonino Monagheddu,

Vittorina Sechi e il conduttore di caldaie Annibale Fois, mentre la salagione veniva seguita dal thiesino Giovannino Natale.

CODARUINA L’attuale Valledoria, all’epoca frazione di Sedini, negli anni ’30 fu sede di una florida attività imprenditoriale agricola. Gli eredi di Paolo Lepori di Aggius, appartenenti alla famiglia Stangoni, possedevano infatti un’azienda con campi di tabacco ed ortaggi, sopratutto carciofi, macchine moderne, stalle, silos per foraggi ed un caseificio razionale(21). La ditta, a nome di Arnaldo Stangoni, fu censita nel 1941 dalla Camera di Commercio di Sassari per la produzione di Pecorino Romano; questo era ottenuto da un casaro continentale che lavorava annualmente oltre 620 ettolitri di latte ovino munto dalle greggi condotte da pastori fonnesi sui terreni degli stessi Stangoni. Non avendo notizie più precise, possiamo dedurre che trattavasi di un’azienda di dimensioni considerevoli a giudicare dall’elevato contributo associativo versato nel 1945 alla Sezione industrie casearie dell’Associazione degli Industriali di Sassari. Nonostante ciò l’esperienza della famiglia nel settore caseario non durò nel tempo e si concluse a metà degli anni ’60. Altre iniziative riguardarono un Gruppo Pastori, che caseificò 1476 ettolitri di latte di pecora, le ditte di Azzena e Vai, in via Canchilani, e di Murra Gianpaolo.

BULZI Nel biennio 1937-1938 il considerevole patrimonio ovino, oltre 3000 capi, consentiva la produzione in paese di formaggio Romano nei caseifici del ploaghese Andrea Camboni, di Arnaldo Stangoni e di Pietro Pecca in regione Padru Longu. Nel commercio di prodotti caseari era invece impegnato Salvatore Sanna. Una esperienza interessante riguardò la Latteria Sociale Cooperativa, costituita il 1 maggio 1950 ed operativa sino ai primi anni ’60, che inizialmente caseificò in località Nuraghe Muros e successivamente in Via San Sebastiano. La produzione di Romano, in forme da 16-22 chilogrammi, veniva eseguita dal casaro Sebastiano Pinna che trasformava giornalmente 5-6 ettolitri di latte di pecora consegnati dai 15 soci. Il formaggio veniva quindi consegnato per la stagionatura alla cooperativa di Laerru e, in seguito, alla Galbani di Chilivani. Quest’ultima nella Via Roma possedeva un caseificio affidato all’abruzzese Nazareno Fabellini ed al bulzese Francesco Cubeddu.

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1960 – 2000

Negli anni ’60 avvenne in Anglona, per diverse ragioni, la chiusura di caseifici gestiti da cooperative e gruppi pastori, la scomparsa di diverse iniziative imprenditoriali e la nascita di altre strutture. In alcuni paesi la trasformazione del latte si ridusse ad avere un’importanza familiare e locale, mentre in altri cessò definitivamente. Indubbiamente le iniziative di maggiore spessore economico riguardarono i paesi di Nulvi, Chiaramonti e Perfugas.

CHIARAMONTI Nel 1963 iniziò l’attività la Siciliana Pecorini di A. Fumera e C. frutto della collaborazione tra un impresa siciliana e la famiglia Fumera. L’anno seguente la ditta si scisse nella Fumera Armando e Figli società in nome collettivo e Siciliana Pecorini, quest’ultima attiva sino al 1971 allorchè venne rilevata dalla Società Cooperativa San Giuseppe, produttiva sino al 2000. Il Gruppo Pastori continuò l’attività di trasformazione sino alla fine degli anni ’90 per riprenderla poi solo di recente.

NULVI Nel luglio del 1963 fu costituita, per iniziativa di tredici proprietari di bestiame ovino, la Latteria Sociale Cooperativa San Pasquale. La genesi fu sofferta. Sin dalla scelta della denominazione sociale sorsero dei contrasti tra gli allevatori che provenivano dai diversi Gruppi Pastori; infatti nello stesso atto costitutivo la dicitura Monte Alma venne sostituita con l’attua- le San Pasquale. Inizialmente la latteria, presieduta da Gavino Sechi, trasformò il latte dei soci nei locali di Antonio Spezziga, mentre solo dal 1968 l’attività si svolse nell’attuale struttura costruita in località Giulzi sui terreni dei nobili Tedde, acquisiti dalla cooperativa nel 1965. Nicola Sanna fu il casaro della cooperativa sino al 1987, anno in cui gli subentrò Bastianino Piredda. La produzione principale fu il Pecorino Romano, la cui pezzatura passò dai 15-16 ai 20-25 chilogrammi. Della realtà nulvese è doveroso ricordare nel dopoguerra la produzione artigianale di due formaggi peco- rini kasu vrittu e kasu ruju(22). Entrambi, di ridotta pezzatura e perciò simili al Pecorino di Osilo, ma a differenza di questo, coagulati con caglio di agnello e senza semicottura della cagliata. Nel kasu ruju era inoltre prevista l’affumicatura che conferiva al prodotto la caratteristica colorazione rossiccia. La commercializzazione avveniva per attività di imprenditori locali, tra i quali si ricordano Antonio Loriga ed i fratelli Murgia.

.PERFUGAS Negli anni ’70 l’ingresso di soci allevatori di vacche brune nella Società Cooperativa Pastori Perfughesi determinò l’avvio della produzione di paste filate che divenne negli anni elemento caratterizzante l’impresa.

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CONCLUSIONI

Scorrendo queste pagine possiamo renderci conto di quanto sia cambiata negli anni la situazione del comparto caseario isolano e, se il lavoro in caseificio rimane pur sempre faticoso e impegnativo, le immagini da girone dantesco descritte dal Manconi negli anni ‘20, fanno oramai parte dei ricordi. Attualmente le scene e gli ambienti lavorativi vedono invece primeggiare la pulizia, l’ordine ed una buona organizzazione aziendale.

In Anglona, dove negli ultimi anni sono stati trasformati oltre 16 milioni di litri di latte ovino e circa 700 mila litri di latte vaccino, accanto ai prodotti caseari tradizionali, la ricerca di innovazione ha portato alla produzione di interessanti e validi formaggi che buon riscontro hanno sui mercati.

In questa pubblicazione abbiamo infine cercato di evidenziare la presenza di piccole aziende di trasformazione, nelle quali grazie alla conduzione diretta e familiare, prevalgono la serenità di lavoro e la gestione autonoma del proprio tempo e delle proprie risorse, tutti aspetti che contribuiscono a favorire il ricambio generazionale e consentono di guardare con ottimismo al futuro di quest’antica arte.

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RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della presente pubblicazione, ed in particolare: – le Ditte Fumera Armando & Figli S.n.c. di Chiaramonti, Latteria Sociale Cooperativa San Pasquale di Nulvi, Società Cooperativa Perfughese di Perfugas; Peru Giovanni di Badesi, Caseificio Artigianale Perfughese di Piga Rossano e Igor di Perfugas, Sechi Giovanni Maria, Azienda Agricola S’Abbaja di Nulvi, Azienda Agricola Muzzoni Matteo di Chiaramonti, Azienda Agricola Langiu di Perfugas e il Gruppo Pastori di Chiaramonti;

– la Sovrintendenza Archivistica per la Sardegna; – gli Archivi Storici dei Comuni di Cagliari, Sassari e Aggius; – le Amministrazioni Comunali dell’Anglona; – l’Associazione degli Industriali della Provincia di Sassari; – la Camera di Commercio, Industria e Artigianato e Agricoltura di Sassari; – l’Istituto Tecnico Agrario “N.Pellegrini” di Sassari; – i colleghi del Centro Zonale ERSAT di Castelsardo Maria Sale, Leonardo Tirotto e Antonello Posadino per la collaborazione prestata nelle ricerche d’archivio e nelle interviste; – G. Nuvoli e M. Salvo per la gentile concessione, rispettivamente delle fotografie di Maria Guascari e del porto di Castelsardo; -la famiglia Addis di Tergu e l’azienda agrituristica F.lli Pes di Nulvi per le immagini degli antichi attrezzi di lavorazione; – Maria Vittoria Bullitta per la foto storiche del Caseificio Cooperativo di Perfugas.

Vogliamo infine affettuosamente ricordare, Nicola Sanna di Nulvi e Maria Guascari di Castelsardo che ci hanno lasciato prima che questa pubblica- zione potesse andare in stampa.

A loro e a tutti i lavoratori dei caseifici è dedicata questa nostra fatica.

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