“La via stretta che conduce al cielo” di M.C. Manca, recensione di Mariano Cuccu

Maria Cristina Manca,La via stretta che conduce al cielo, Abbà,  Cagliari 2006, pp.141 € 10,00 sconto €. 8,50 via internet

Unknown-3«Non siamo più abituati a leggere i romanzi “edificanti” : quelle letture, cioè, che attraverso la narrazione ci indirizzano verso la pratica dei valori fondanti della fede cristiana.

E’ invece il caso di questo racconto (La via stretta che conduce al Cielo – Maria Cristina Manca – Casa Editrice Abbà).

Ad una prima lettura la protagonista sembrerebbe una ragazzina di quindici anni, Laura; invece, man mano che ci si addentra nel racconto, appare in primo piano la figura della nonna, Miriam, con la quale Laura vive da quando le sono morti entrambi i genitori.

Ci sono degli elementi che consentono di collocare l’ambientazione nel mondo d’oggi (il telefono cellulare, la discoteca), eppure tutta la narrazione riporta ad un mondo totalmente diverso da quello che viviamo.

C’è poi un riferimento ad un valore che è vissuto in modo diametralmente opposto rispetto al mondo: la bellezza.

L’autrice sottolinea la bellezza di Laura e di Miriam, ma si comprende subito che quella di cui parla è una bellezza che viene dal di dentro, è la bellezza che nasce dal cuore dell’uomo che fa e vuole il bene.

… «Trillò un telefonino. Rispose un ragazzo in russo! Nonna Miriam sussultò, era la sua lingua d’origine! Sì, quello che giungeva alle sue orecchie era proprio il suo idioma natale … ».

Con queste parole inizia una digressione, un vero e proprio flash-back attraverso il quale la protagonista ripercorre a ritroso tutta la sua vita, a cominciare dal momento della morte di suo padre, che aveva così lasciato lei e il fratello Ivan orfani, visto che la madre era già morta anni prima.

Attraverso le vicissitudini avute nella città di Parigi e dopo un incontro casuale (ma per i cristiani esiste il caso?) con un tassista che le fece ritrovare la fede, Miriam si riporta nella realtà di oggi.

L’altro tema costante che percorre tutto il libro è la Grazia: Dio interviene nella vita di tutti i suoi figli, e chi non se ne accorge, sostiene l’autrice, è perché non se ne cura o è distratto dagli innumerevoli impegni della vita.

C’è poi il filo rosso della Provvidenza, al quale spesso le due protagoniste si rivolgono.

Ma ciò che davvero è singolare è il coraggio della testimonianza cristiana.

Di solito oggi sentiamo celebrare un cristianesimo di comodo, sommesso per non disturbare, e soggiogato dalla cultura dominante del più forte, del prepotente, del ricco e del famoso: chi non riesce, peggio per lui, è condannato alla pubblica gogna.

Nel romanzo, invece, Laura, che è affetta da una malattia, muore (ma senza una compiaciuta descrizione dell’autrice) e chiede a Dio di salvare dalla perdizione la sua migliore amica, Mary, per dare un senso alla sua morte: questo viene descritto come un atto di eroismo.

Si parla persino dei Novissimi (morte, giudizio, inferno e Paradiso) e di ciò che attende ogni uomo dopo la morte, per cui non manca l’aspetto della catechesi per chi (e siamo moltissimi) avesse scordato in cosa credono i cristiani.

Insomma col romanzo, che per orecchie abituate al rumore delle discoteche o al turpiloquio gratuito può risultare persino irritante, si recupera il senso della fede in Gesù Cristo:

credere ad una Persona e ad un Evento,

e lasciare agli opportunisti e ai tiepidi il cristianesimo fatto di consigli umanitari e di sterili buone intenzioni.

A proposito, il romanzo viene editato da Abbà, una piccola e coraggiosa casa editrice che sta a Cagliari, e che pubblica anche saggi di carattere religioso ».

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