Cenni geografici economici e sociali su Chiaramonti dal 1850 al 1970 di Cristina Urgias

Unknown-1Nella prima parte di questo lavoro si è accennato a quello che è stato lo sviluppo degli asili infantili in Sardegna mettendo in risalto come questo processo sia stato lento, difficile e spesso ostacolato dalle difficoltà di disporre sia di mezzi strettamente finanziari sia di personale educativo.

D’altra parte vi è da considerare che l’economia della Sardegna è contrassegnata dall’attività agro-pastorale in cui anche i bambini si rendono utili con i loro piccoli servizi (raccogliere la legna, le ghiande, badare al gregge per i maschietti e badare ai piccoli a aiutare le madri per le femminucce) che di certo non spingeva le popolazioni a richiedere una struttura educativa e assistenziale che avesse favorito la loro educazione extrafamiliare.

C’è da sottolineare anche che dalla seconda metà dell’Ottocento sino alla seconda metà del Novecento si sviluppò nelle varie circoscrizioni comunali la pastorizia stanziale che portava gli abitanti a risiedere nelle campagne dove i mezzi di sussistenza potevano essere procurati più agevolmente tanto che  i bambini, tenuti al seno sino al compimento del secondo anno di vita, venivano precocemente utilizzati per piccole attività che si svolgevano nelle tradizionali abitazioni di campagna. Nei 390 piccoli, medi e grandi comuni dell’isola tuttavia si notavano in modo evidente le frotte dei bambini che spesso venivano avviati alla piccola delinquenza e abbandonati a se stessi dai membri della famiglia impegnati a procacciarsi da vivere.

A Cagliari molti esercitavano l’attività di picciocus de crobi (bambini di corbula), a Sassari venivano soprannominati pizzinni pizzoni (ragazzi-uccelli), ad Alghero mignons del carrer, i primi perché si prestavano a trasportare con le corbula le spese delle massaie al mercato, i secondi perché come gli uccelli rubavano e scomparivano, i secondi perché trascorrevano il loro tempo nella strada[1].

I dati raccolti sullo sviluppo degli asili nel corso di oltre 100 anni e gli approfondimenti fatti su alcuni hanno fatto risaltare come i vari centri urbani e quelli rurali abbiano provveduto con sensibilità diversa alla promozione di queste strutture[2].

L’asilo di Chiaramonti, alle cui vicende accenneremo nel corso di questa ricerca ben s’inserisce nello sviluppo generale di queste strutture per l’infanzia. Per meglio capire l’inizio dello sviluppo ed il funzionamento di questa struttura dobbiamo accennare alle condizioni economiche, sociali e istituzionali di questo centro dell’Anglona tra il 1850 ed il 1970.

Il territorio di Chiaramonti è situato nella parte meridionale dell’Anglona. Confina a Nord con Nulvi, ad Ovest con Ploaghe, a Sud-Ovest con Ozieri, ad Est con Perfugas e a Nord-Est con Martis. Con i suoi 111,500 Kmq di superficie è il comune più esteso tra quelli dell’Anglona ( 500 Kmq circa)..

Il paesaggio è caratterizzato da piattaforme e colline calcaree mioceniche separate da piccole valli[3].

Nel 1842, anno in cui il Re Carlo Alberto indice il primo censimento della Sardegna, Chiaramonti ha una popolazione di 1699 abitanti. Il numero di questi registrò un costante aumento, come risulta dal seguente diagramma sino al 1911.

 

Dopo tale data si ha un decremento in seguito alle ripercussioni della prima guerra mondiale, per poi riprendere l’ascesa dal 1921 sino al 1951, anno in cui si raggiunge il  più alto picco del Novecento[4].

Per quanto riguarda le abitazioni del paese, esse, alla fine del primo ‘800 erano concentrate in tre vie principali: Carruzzu Longu, Muru Pianedda e Pala ‘e Cherchu[5]. Molti erano i nuclei familiari che risiedevano nelle campagne a causa dell’attività economica prettamente agro-pastorale.

Secondo il I censimento della Sardegna, nel 1842, a Chiaramonti vi erano 461 famiglie distribuite in 353 case[6].

Nel corso degli anni la situazione non migliora di molto. In seguito ai risultati del VI censimento della popolazione del 1911 si riscontrano, nel centro abitato 325 locali in uso alle 371 famiglie. Le case erano per lo più basse, con uno o due vani, con pavimenti in terra battuta. Il disagio abitativo doveva essere notevole se si considera che la composizione media di ogni nucleo familiare era di 4,2 individui e che, in molti casi più nuclei familiari coabitavano in un unico locale senza acqua corrente ed energia elettrica e spesso anche con qualche animale domestico.

Sempre in questi anni, Chiaramonti contava 191 famiglie abitanti in 188 case sparse in tutte le frazioni del suo territorio: Magòla, Sassu Altu, Sassu Giosso, Sassitu, Erula. Anche qui le abitazioni erano basse, con poche stanze e indici d’affollamento piuttosto alti, la popolazione che le occupava comprendeva, infatti, 1010 individui (il 45,5% della popolazione comunale) con una media di 5,30 persone  per ogni nucleo familiare[7].

Questo disagio abitativo permane per tutto il primo Novecento, infatti, secondo i dati Istat nel ‘21 il 53,27% (1190 ab.) della popolazione abitava nel centro ed il 46,73% (1044 ab.) nelle campagne; nel ‘51 si hanno 675 famiglie e 589 abitazioni, gli abitanti del centro sono il 63,68% (1894 ab.)e quelli delle campagne il 36,32% (1080 ab.); nel decennio successivo la situazione migliora notevolmente, infatti nel 1961 il numero delle famiglie ammonta a 665 e quello delle abitazioni a 635, gli abitanti del centro sono il 66,58% (1817 ab.) e quelli delle campagne scendono al 33,42% (912 ab.)[8]. Questi dati sono indicativi dell’espansione graduale del centro abitato, in quanto la popolazione, da dispersa nelle varie campagne inizia a concentrarsi in esso.

Dal 1961 ha inizio il decremento del numero degli abitanti a causa del forte flusso migratorio, infatti, nel decennio tra il 1961 ed il 1971 emigrò il 27,63% dei chiaramontesi (754 ab.)[9].

Le cause dell’emigrazione sono da ricollegare al boom economico italiano che favorì l’urbanesimo delle zone industriali e dei servizi a svantaggio dei  centri non coinvolti nello sviluppo.

A metà dell’Ottocento le principali professioni svolte erano la pastorizia e soprattutto l’agricoltura. Per quanto riguarda la pastorizia, principalmente stanziale, la pratica più diffusa era quella dei servi-pastori che lavoravano per conto dei possidenti.

L’agricoltura era praticata con sistemi di coltivazione estensiva e l’utilizzo di utensili principalmente manuali dato anche il carattere scosceso ed impervio del suolo. Numerosi erano gli orti, in cui si coltivava di tutto, i vigneti ed i frutteti. Nei seminativi si praticava la coltivazione estensiva di cereali, soprattutto grano, avena ed orzo. Le operazioni di aratura, zappettatura, sarchiatura e mietitura erano lunghe e faticose. Si lavorava duramente da settembre ad agosto, quasi senza sosta. I coltivatori diretti della terra erano gli affittuari, i mezzadri e i braccianti, con contratti e paghe molto esigue[10].

A causa dei sistemi  e mezzi di lavoro antiquati e dei terreni sassosi e scarsamente fertili gran parte dei pastori e dei coltivatori non produceva oltre il proprio fabbisogno familiare.

L’importanza dell’attività agricola, per l’economia chiaramontese, è testimoniata dal fatto che sino al 1877 svolse la sua attività il Monte Granatico e nel 1898 fu fondata la Società Cooperativa Agricola. Inoltre al 1911 erano presenti ben tre mulini per la molitura del grano, dei quali uno a vapore, costruito nel centro abitato nel 1902, e gli altri due ad acqua, operanti presso le chiese di S. Giusta e di S. M. Maddalena[11].Fino alle soglie del Novecento aveva operato anche un mulino a vento. L’importanza di quest’attività, anche se non molto redditizia, permane per tutto il primo Novecento, ne è prova la costituzione nel 1945 della Cooperativa tra i lavoratori cristiani “Madonna del Carmelo” il cui scopo principale era quello di assicurare un pezzo di terreno coltivabile a tutti quei contadini che non lo possedevano.

Dal 1950 in poi la situazione economica dei chiaramontesi iniziò a peggiorare, a causa dei miseri proventi dell’agricoltura che in Sardegna subì andò incontro aduna crisi irreversibile.

Molti abbandonarono l’agricoltura per dedicarsi esclusivamente alla pastorizia, in quanto più redditizia e meno faticosa. Questo comportò un cambiamento nell’economia chiaramontese. Il costante aumento dei capi allevati, soprattutto ovini, portò al sorgere, nell’arco di pochi anni, di tre industrie casearie: nel 1950 la Società Cooperativa “Gruppo Pastori Chiaramonti”, nel 1962 la Siciliana Pecorini trasformata nel 1971 in Cooperativa “San Giuseppe Chiaramonti”, e nel 1964 l’industria casearia “Armando Fumera &Figli”.

Questi tre stabilimenti contribuirono enormemente a diminuire la disoccupazione e a costituire la fonte di reddito per molti, anche se per tanti si trattava di un lavoro stagionale[12].

L’attività prettamente agro-pastorale e la poco agiatezza di gran parte della popolazione, comportava la necessità di utilizzare i bambini nei lavori domestici e di campagna, e la conseguente poca importanza praticabilità dell’istruzione da parte degli strati sociali meno abbienti. Questa era  dovuta anche al fatto che i metodi di conduzione agricola e pastorale erano molto arretrati  ed esigeva soprattutto manodopera.

Accadeva, infatti, che all’inizio dell’anno scolastico la scuola venisse frequentata con molta assiduità, poi nel corso dell’anno, in concomitanza con i periodi di massimo lavoro del ciclo agrario, il numero dei frequentanti si riduceva drasticamente[13].

La frequenza scolastica, più saltuaria agli inizi della seconda metà dell’Ottocento, registrò un incremento verso la fine dell’Ottocento, allorché il centro rurale andò sempre più popolandosi.

L’aumento della frequenza scolastica pose all’attenzione degli amministratori la necessità dell’acquisto di una quantità maggiore di materiale didattico, ma soprattutto di adeguati locali che purtroppo erano insufficienti ed inadeguati igienicamente.

Le varie classi della scuola elementare, dai primi del ‘900, furono  dislocate in varie parti del paese: nei locali della casa comunale-scuola (due grandi aule a pianterreno) nelle vie Garibaldi (casa Grixoni), Caprera, Vittorio Emanuele II, Nazionale, Indipendenza (casa Schintu).

Il Comune provvedeva al pagamento dell’affitto ai proprietari dei locali che spesso chiedevano fitti molto alti nonostante le piccole dimensioni e le inadeguatezze igieniche.

Gli insegnanti facevano enormi sforzi per portare avanti il programma di insegnamento, ma spesso con scarsi risultati, perché le condizioni dell’arredamento, sempre scarso, unite alla quasi impraticabilità dei locali e all’incostante frequenza degli alunni, impedivano a questi di applicarsi in modo adeguato agli studi[14].

Nel corso del primo Novecento le varie amministrazioni comunali che si succedettero  si occuparono spesso della scuola e dei suoi problemi, attuando una serie di provvedimenti per migliorarla e per dotarla di adeguati arredamenti e materiale scolastico, elementi questi necessari per il buon funzionamento della stessa. Dietro sollecitazioni di privati concorsero anche all’istituzione di un asilo infantile, le cui vicende saranno esposte esaurientemente più avanti. Si istituirono anche diverse scuole rurali per consentire ad un buon numero di bambini di assolvere all’obbligo scolastico non potendo farlo prima in quanto troppo distanti dal paese e sprovvisti di adeguati mezzi per raggiungerlo.

Al problema della mancanza dei locali scolastici si pose fine solo negli ani’60 quando dopo varie vicissitudini (l’iniziativa di costruire un caseggiato scolastico fu promossa dall’amministrazione comunale già dai primi anni del ‘900) venne costruito un caseggiato scolastico adeguato alle esigenze degli scolari e dei maestri[15].

Altre importanti opere pubbliche furono costruite soprattutto in epoca fascista e contribuirono a migliorare le condizioni sanitarie,  socio-economiche  e culturali del paese.

Nel 1927, infatti, fu inaugurato il monumento ai caduti della Grande Guerra e venne costruito il Parco della Rimembranza (gli attuali giardini pubblici).

Sempre in questi anni sorse il lavatoio pubblico, consentendo alle donne di lavarvi i panni, usufruendo dell’acqua gratuitamente e soprattutto senza doverla trasportare a casa con enormi sforzi. Furono costruiti anche diversi abbeveratoi, sia nel paese che nelle campagne dintorni, per gli animali

Nel 1927 si ebbe l’illuminazione pubblica nelle vie dell’abitato.

Nel 1929 iniziarono i lavori per la costruzione del campo sportivo nella località “Codina Rasa”  utilizzato anche per lo svolgimento delle varie manifestazioni ginniche delle scuole.

Nel 1934 ebbe inizio la costruzione dell’acquedotto civico, per consentire l’approvvigionamento idrico della popolazione che era solita trasportare l’acqua a spalla o con animali da soma dalle sorgenti alla periferia del  centro abitato.

In questi anni furono eseguite anche molte bonifiche nell’abitato e furono costruiti canali di scolo per le acque di rifiuto, consentendo di eliminare dei centri di infezione malarica, che all’epoca era endemica nel paese.

Furono inoltre riadattate le strade dell’abitato e molta attenzione fu dedicata allo stato delle strade che collegavano il paese alle campagne.

Alla fine degli anni ’30 le condizioni igienico-sanitarie della popolazione migliorarono rispetto agli anni precedenti, e la costruzione di molte opere pubbliche diede lavoro a manovali e braccianti, aumentando l’occupazione ed il tenore di vita[16].

Negli anni ’40 era presente il medico condotto, ma mancava ancora la farmacia, ubicata in Martis (6 Km dal paese).

Nel  Dopoguerra nasce il dibattito politico e sostanzialmente sono tre gli schieramenti che si costituiscono: democristiani, comunisti e laici. I reduci giunti dalla guerra, fortemente politicizzati confluiscono nel PCI, i pastori e i contadini insieme ai proprietari   confluiranno nella DC.

Di fronte al rischio comunista i contadini, i pastori e i proprietari terrieri costituiranno un blocco unico ed entreranno nella DC, per cui quella famiglia che aveva assicurato al paese i Podestà nel periodo fascista del consenso (1929-36) darà anche il primo sindaco democristiano (1946-52) nella persona di Antonio Luigi Madau.

Alle prime avvisaglie della riforma agraria (1953), però, i grossi proprietari terrieri usciranno dalla DC per fare blocco unico (liberali, repubblicani, sardisti, socialdemocratici) e costituiranno delle liste elettorali sardiste riuscendo a controllare il paese per otto anni ( 1952-60).

Con il 1960, però, i partiti a Chiaramonti sicuramente perdono gli apporti della vecchia classe dirigente e ha inizio la serie di amministratori di quella piccola borghesia intellettuale che man mano andava formandosi e cioè quella degli insegnanti.

Nel 1960, infatti, venne eletto sindaco il maestro elementare d’origine ploaghese Gerolamo Casu (1960-70), sposato con una donna di Chiaramonti e molto stimato dalla popolazione, che presiederà l’amministrazione comunale ininterrottamente per dieci anni, fino al 1970[17].

 [1] Cfr. A. TEDDE, Iniziative asistenziali, cit.

[2] Cfr. A. TEDDE, Iniziative sociali di G. B. Manzella e delle congregazioni religiose, in Sardegna tra Otto e Novecento, Ozieri, Il Torchietto 1996.

[3] GRUPPO GIOVANI, Chiaramonti, il territorio e la sua storia, Chiaramonti 1988, p. 11.

[4] F. GIORDO, I Comuni della Provincia di Sassari, Gallizzi, Sassari 1973, p. 89.

[5] V. ANGIUS,Chiaramontiin G. CASALIS, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1850.

[6] Cfr. Censimento della popolazione dell’isola di Sardegna, Cagliari, 1846.

[7] G. C. MARRAS, La scuola elementare a Chiaramonti dal 1904 al 1915, Tesi di laurea, Università degli studi di Sassari, Facoltà di Magistero, a. a. 1994/95, pp. 24-28

[8] Camera di Commercio di Sassari, VIII, IX e X Censimento della popolazione.

[9] F. GIORDO, I Comuni della Provincia di Sassari, Gallizzi, Sassari 1973, pag. 90.

[10] V. ANGIUS, Chiaramonti, in G. CASALIS, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1850, pp. 650-651

[11] G. C. MARRAS, La scuola elementare a Chiaramonti dal 1904 al 1915, cit.

p. 29.

[12] F. MUZZONI, L’attività di Giovanni Maria Satta notaio a Chiaramonti dal 1826 al 1850 attraverso i Rogiti, Tesi di Laurea Università degli studi di Sassari, Facoltà di Scienze Politiche, a. a. 1977-78, pp52-65.

[13] G. C. MARRAS, La scuola elementare a Chiaramonti dal 1904 al 1915,

pp.236-37.

[14] G. LOCHE, La scuola elementare a Chiaramonti dal 1911 al 1945, Tesi di Laurea Università degli Studi di Sassari, a. a. 1998-99.

[15] Ivi pp. 87-89

.

[16] Ivi pp.55-60.

[17] A TEDDE, Per una storia su Chiaramonti,( dattiloscritto).

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