Riflessioni su “Boghes e caras antigas de su Mulinu ‘e su ‘Entu” di Salvatore Patatu di Ange de Clermont

L'autore

L’autore

 Salvaltore Patatu, Boghes e caras antigas de su Mulinu ‘e su ‘entu, Prefazione di Paolo Pulina, TAS, Sassari 2012, pp. 168, s.p. con CD audio dei racconti del libro, voci narranti  Domitilla Mannu  Salvatore Patatu.

Non abbiamo avuto l’opportunità di assistere direttamente alla presentazione  del libro per svariati motivi, ma abbiamo letto l’intero lavoro  e abbiamo ascoltato qualche brano letto dalla voce dell’autore e dalla sua  partner.

 La formula commerciale  usata è davvero in regola coi tempi che viviamo, manca solo un documentario in DVD su Chiaramonti, per ammirare sia l’intrico delle vie che conducevano al  Mulino Budroni & Rottigni  che ormai non c’è più sia al Mulino a vento, la cui torre svetta umilmente, seppure in alto, in attesa di un restauro, su cui s’intrattiene, fantasticando, l’autore.

Noi, più che citare autori inglesi, americani e francesi, opera dei critici di mestiere, intendiamo richiamare quel mondo paesano e contadino che vive nel romanzo con le massaie e i massai  sia intorno al Mulino a vento quanto presso il Mulino Budroni & Rottigni dove il piccolo mugnaio, spesso stressato dalla fatica e avviato precocemente al lavoro, va alla ricerca di trasgressioni adolescenziali spiando dalla parte bassa degl’ingranaggi sotto le gonne di qualche giovane massaia o ascoltando una fantasiosa e improbabile confessione di qualche massaia che pare fosse dedita più al commercio sessuale che non al lavoro di casa. Dove va a finire la serietà arcigna delle nostre coetanee chiaramontesi che leggendo il libro finiranno per pestare di santa ragione quel burlone e ciocapalle dell’autore.  La pignoleria con cui vengono descritte le vie, va anche bene, e ci riporta in quel piccolo mondo antico che pure era Chiaramonti prima e dopo il II dopoguerra, dove si aggiravano o lavoravano calzolai e altri artigiani. Eccessiva e troppo contemporanea mi pare la descrizione pignola dei macchinari. Forse una maggior semplicità espositiva avrebbe giovato al racconto e al lettore non locale. Lo scrittore  sardo però è fatto così e nonostante il suo “esser lanoso”, la descrizione si alleggerisce grazie al suo modo scanzonato e “istrionesco” che arricchisce la sua personalità. A mio avviso meno pignoleria e meno marachelle adolescenziali, avrebbero reso quel tratto iniziale del libro presentabile nelle nostre scuole e anche in qualche educandato in cui tra le altre cose s’insegna la modestia alle fanciulle e non l’impudicizia. Peccato a cui si può riparare con un’edizione purgata per essere adottata nelle scuole presso cui dall’anno prossimo s’insegnerà la lingua sarda. Se questo l’editore non fa vuole sicuramente perdere una buona fetta di mercato e impedire che il nostro scrittore, già universalmente conosciuto, per la fatica del presentatore nei palchi di tutta l’isola, finirebbe per oscurarlo.

La lettrice

La lettrice

L’autore merita che si leggano sia Contos de s’antigu Casteddu sia la sua interpretazione delle favole di Esopo sia quest’ultima fatica che vuole riallacciarsi ai simboli scolpiti nel panorama di Chiaramonti di cui non ha scordato la casa Madau e l’altana e di striscio la chiesa, pascolo già consumato dal fratello Carlo, anche lui come del resto tutti i Patatu, uomini e donne , dotato di abilità affabulatorie. Fermarsi dopo la Messa domenicale con Iolanda è un piacere anche quando capita che ti dà delle scudisciate se tu vuoi imbrogliare le carte. La stessa cosa si può dire per Ida, simpaticissima, e ricca di memoria e storia sulle pretese materne  senza diritto di replica. Già, tra le tante stravaganze materne, c’era pure quella che per assisterla, essendo la primogenita, non avrebbe dovuto sposarsi, ma lei si è sposata e da ottima figlia l’ha assistita con devozione filiale fino alla fine. Nel racconto  tia Ciccia, direi quasi da dietro le quinte, è presente e regista dei consigli al figlio, angosciato dalle fatiche del lavoro e direi quasi dallo sfruttamento padronale.  Quel che Tore non dice, tia Ciccia era un’affabulatrice eccezionale e bisogna riconoscerlo ha davvero trasmesso queste dotti affabulatorie ai figli maschi, ma anche alle femmine. Credo che i due fratelli dovrebbero fermarsi un pò ad intervistarle su varie tematiche perché anche oralmente si possono raccogliere racconti, episodi, storie di vita come usa fare oggi con la storia orale. Qualche esperienza, con due tesi di laurea, noi abbiamo avuto l’opportunità di farla in merito sia ai ricordi di scuole e maestre delle anziane chiaramontesi sia per quelle anglonesi.  Credo che anche le donne di casa Patatu meritino di riversare le loro preziose interviste se non proprio servendosi dei fratelli, almeno su chi “letterato” abbia il piacere di ascoltarle e trascrivere quanto narrano.

Tornando all’opera di Tore c’è da dire che ad un certo punto del racconto sul Mulino Budroni & Rottigni, grazie alla fantasia, s’inserisce il racconto Su Mulinu ‘e su ‘Entu e qui dobbiamo dire che lo scrittore fa un colpo  da maestro dove la miscela tra fantasia e realtà è ben calibrata, direi senza una pecca.  Si risvegliano, con altro porgere, i personaggi del primo mulino e il nostro autore ci guazza agevolmente come potrà notare chi legga o ascolti la narrazione.  Non tutti gli episodi che seguono suscitano l’interesse e il fascino della prima parte del lavoro, ma come in tutte le opere di pittura anteriore alla seconda metà dell’Ottocento anche in letteratura il chiaroscuro serve a dare risalto all’insieme e a creare scene armoniose.  E questo sia sufficiente per quanto riguarda la fabula e l’intreccio per dirla con i formalisti russi e per essere più chiari (la fabula) il filo rosso che lega gli episodi tra loro , (l’intreccio) quanto si dipana dai singoli racconti. Abbiamo apprezzato questo lavoro anche perché, sia pure a puntate, sul  blog tzaramonte, abbiamo tentato anche noi in un romanzo giallo rosa noir di riportare in vita quel mondo contadino che ci è rimasto impresso, anzi si è quasi fermato, da quando a 10 anni abbandonammo il paese.

 Sebbene in sardo la lettura di “Boghes” è stata scorrevole,  per la “lanosità” c’è da dire che a monte di questo lavoro c’è  tutta una ricerca del lessico e una fatica che non viene notata da chi di letteratura non è esperto. Bene ha fatto l’autore a sistemare in appendice vocaboli recuperati che oggi, purtroppo, sono desueti.

Un’ultimo confronto voglio fare tra questo “romanzo” speciale e quelli dei veristi Grazia Deledda e Giovanni Verga. Noi riteniamo che sia la prima come il secondo abbiano cercato di ricreare nelle loro opere quel mondo che oggi ci appare mitico, ma che mitico non era, che illustrava per un verso la Sardegna agro-pastorale  e paesana e la Sicilia dei borghi marini e di quelli contadini. Nella prima e nel secondo vi è il tentativo di raccontare la vita contadina e marinara così com’era e come quasi si faceva (una specie di autostoria) da sé. Chi scrive un romanzo con intento d’arte (nel suo ideale laboratorio) non si accontenta di narrare e basta così come fanno molti giornalisti, ma piuttosto di trarre da un ammasso di emozioni umane, di peripezie quotidiane o di lunga durata, un mondo fatto da “piccoli” uomini e da “piccole donne” nel suo intreccio esistenziale, nella sua commedia collettiva, per cui i personaggi fanno parte del teatro della vita di un mondo non del tutto scomparso nelle plaghe della nostra terra e di valori che tuttora sono presenti. Diciamo pure che il nostro autore,come quelli citati, fatte le debite distanze di tempo e di luogo , ha mirato a descrivere la commedia umana che tra imbrogli e burle, tra episodi seri e quasi drammatici, egli ha ricreato  con mani di vasaio che ricerea a tutto tondo un’anfora antica, plasmandola, quasi a renderla verosimile alla realtà che è antica e contemporanea, che è sostanzialmente umana.

Il merito, (senz’alcun turibolo in mano, che va bene per incensare, in chiesa, il  tabernacolo, il celebrante e i fedeli e il corpo battezzato e santo di un defunto durante le esequie), del romanziere sardo e anglonese-logudorese, nato a Chiaramonti, ma anche di ascendenze ploaghesi, è quello della fatica nella ricerca di creare  il mondo contadino della sua infanzia e adolescenza, almeno al primo sguardo, ma soprattutto di dare alle sue creature, uomini e cose, una vitalità che non è solo del passato, ma che ha radici anche nel presente. Il mondo dei sentimenti non si ricrea come la generazione dei calcolatori ogni sei mesi, ma affonda nell’intimità profonda dell’animo umano, lì dove i credenti credono che abiti la Trinità e i non credenti collochino a piacere l’essenza dell’umanità o altro. Questa fatica è quella autentica dell’artista.

Non possiamo che augurare all’autore, su cui ritorneremo prima o poi per un’ampia recensione di questo lavoro, ma riferendo anche sugli altri, di continuare a  volere che gli scritti  che compone nella sua bottega artigiana siano i migliori così come diceva il poeta provenzale che componeva le sue poesie con finalità d’arte .

Commenti

  1. A distianza di tempo caro Angelino leggo questa bellissima recensione, alla quale però mi permetto di muovere una piccola osservazione: il libro è corredato di un interessantissimo cd contenente il testo narrato sia dall’autore Tore Patatu che da Domitilla Mannu.
    Saluti.

    Elena
    Giugno 19th, 2013
  2. Cara Elena, a dirti la verità, tutto preso dalla lettura non ho ancora ascoltato il CD allegato e ho trascurato i due lettori che risultano appunto Salvatore Patatu e Domitilla Mannu. Ho la sensazione che qualcuno che ha avuto l’accesso alla bacheca abbia cancellato qualsiasi accenno al CD piuttosto che provvedere a questa lacuna. Ho dato per l’ascolto ad un’esperta in recitazione l’ascolto del CD e non appena mi avrà preparato una recensione fonica del libro la pubblicherò di sicuro senza niente togliere i meriti o i demeriti di recitazione a nessuno. Certo mi fa senso che tu noti questa lacuna a 5 mesi dalla pubblicazione. Insomma non si può dire che bazzichi spesso in questi lidi. Meglio tardi che mai. Da notare infine che poco costava all’interessata ovviare a questa svista. Forse però, impegnata in cento altre collaborazioni, sul tuo esempio ha mandato in oblio questo blog.
    La gente cresce e spesso dimentica, ma su questo campo abbiamo una nutrita esperienza.
    Ange de Clermont

    Angelino Tedde
    Giugno 19th, 2013
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