Questo è un miraggio di Ange de Clermont
Nel continente bianco dove spesso la nebbia inbianca città e campagne, laghi e colline, viveva un uomo che costruiva palazzine come manovale, ma che riteneva d’essere muratore.
Diceva a tutti:
-Quel palazzo l’ho costruito io, quella casa l’ho fatta io.-
La gente per non brigare lo lasciava parlare senza dargli risposta. Tutti sapevano che le case si costruivano utilizzando almeno venticinque specializzati diversi quali, ad esempio, i carpentieri in ferro, i tamponatori, gl’imbianchini, i piastrellisti, i pittori e via dicendo. L’ometto presuntuoso però sosteneva che era stato lui a costruire, a fare tutto.
Lui era il grande muratore perché s’illudeva, ritenendo le case opera sua.
Il millantatore non vedeva che se stesso, non considerava gli altri compagni di lavoro, pur sostenendo che tutti gli uomini dovevano essere uguali. Del resto non c’era da meravigliarsi trattava così anche le donne ritenendole solo strumento di piacere personale e egoistico.
Il vanesio in inverno lavorava poco, perché nelle regioni bianche come la neve, non si può lavorare davvero, ma le autorità davano a lui come ai suoi compagni, con le mani in mano, uno stipendio per mangiare. L’uomo però di nascosto delle autorità correva di qua e di là chiedendo di aggiustare qualche mattonella, di sistemare qualche intonaco, di sollevare qualche tramezzo, facendosi pagare anche col denaro, ma anche in natura, ricorrendo al baratto. Un chilo di mele, un altro di pere, un po’ di cipolle: tutte cose che potevano servire per sbarcare il lunario e per accrescere in lui la mania d’essere un gran maestro di muro.
Talora si faceva pagare anche con carezze per illudersi d’essere un adone.
Un giorno guardando il cielo nebbioso disse:
– Se mi ci metto, specie quando sono nei piani alti, per ripulire i muri, faccio un pezzo di cielo usando la nebbia, intanto lassù oltre le nuvole non abita nessuno, Dio non esiste, il mondo s’è fatto da sé, il sole, quando c’è non è altro che un mucchio di gas che brucia, la luna è una palla morta che riceve luce dal sole, il mare è acqua salata, le stelle sono un’illusione.
Così ragionando cominciò a insultare i credenti e i sacerdoti. Anzi cominciò ad andare in giro per le vie e iniziò a gridare:
-Signori, Dio non c’è e se c’era è morto.-
I fedeli devoti lo guardavano e vedendo nelle sue sembianze quelle del diavolo si facevano il segno di croce.
L’uomo però, nella sua tracotante incredulità, gridava per le strade, di notte e di giorno:
-Dio non c’è e se c’era è morto, Dio è morto.-
Tutti lo prendevano per il matto del villaggio e lo sopportavano per carità e per compassione.
– Dio è morto- gridava ai compagni di lavoro!.
– Dio è morto urlava in famiglia.-
Un giorno stando al qundicesimo piano di un grattacielo, dall’alto gridava ai passanti che non lo sentivano:
-Dio è morto!-
Un altro giorno, così come aveva sempre sognato, passò vicino a lui una grossa nuvola, e decise subito di fare un pezzo di cielo per dimostrare le sue teorie. Tentò e ritentò più volte di fare la nuvola, ma la nuvola gli sfuggiva. L’uomo staccò la cintura di sicurezza che lo teneva ancorato ai ponteggi e mentre cercava di prendere la nuvola per la coda, perse l’equilibrio e cadde dal ventesimo piano del grattacielo, accasciandosi senza vita al suolo. Vennero i becchini e lo condussero alla sala delle onoranze funebri dove i parenti andarono a compiangerlo per l’ultima volta.
La sua anima, leggera, cominciò a vedere la grandezza di Dio, numerosissimi angeli, compreso il suo, tanti santi sconosciuti, addirittura molti suoi compagni, felici e contenti che cercavano di trattenerlo chiamandolo:
– Mario, Mario, fermati qui con noi!-
L’uomo finse di non sentire, si rattristò e disse:
-Dio non esiste, questo è un miraggio!-
La sua anima cominciò a precipitare in una bolgia profonda dove lo accolsero incandescenti fiamme infernali.
Dopo un po’ cominciò a gridare:
– Dio non esiste, ma il fuoco si!-
Un diavolo gli rispose sghignazzando:
– Dio esiste, ma tu hai fatto e continui a fare lo scemo!-
Da quel momento l’uomo tacque per sempre, stando tra le fiamme infernali, essendogli venuta meno la voce per la raucedine.