“Lo scultore Giuseppe Sartorio (1854-1922), il Michelangelo dei morti ” di Federica Landis

Da una foto di bottega, uno spaccato inedito dell’attività di uno dei più grandi scultori italiani di opere funerarie che ha operato a Cagliari verso la fine dell’ottocento.

Bottega Sartorio 1895
Bottega Sartorio 1895

Che l’arte di Giuseppe Sartorio fosse assai richiesta in Sardegna e nel resto d’Italia era già noto, viste le numerose opere dell’artista presenti nei cimiteri sardi e in quelli italiani di Torino, di Vercelli e del Verano di Roma. Quello che, invece, non si conosceva ancora di Sartorio erano i suoi segreti di bottega. Una fotografia, recuperata per caso da un archivio privato, è alla base di un nuovo sviluppo della ricerca storico-artistica condotta dall’archeologo cagliaritano Mauro Dadea che riguarda quello che è stato definito “il Michelangelo dei morti”.

Nato a Boccioleto Valsesia nel 1854 in una famiglia poverissima, Giuseppe Sartorio incomincia la sua attività come garzone di bottega presso un intagliatore del legno e soltanto a 21 anni, contro il parere dei genitori, si trasferisce a Torino e frequenta l’Accademia Albertina. Nel 1885 arriva in Sardegna per collocare la statua di Quintino Sella nell’omonima piazza di Iglesias. Da un articolo di giornale del 1896 si apprende che Sartorio a questa data aveva realizzato in Sardegna, dove stava già da 10 anni, ben 100 sculture collocate nei principali cimiteri dell’isola (Cagliari, Oristano, Iglesias, Cuglieri, Sassari). Si trasferirà successivamente a Roma mantenendo sempre  dei contatti lavorativi  nell’isola e morirà poi nel 1922 durante una traversata tra Cagliari e il porto di Civitavecchia.
Una carriera, quindi, iniziata da zero che si è protratta a lungo e che ha visto il Sartorio diventare il più grande scultore di statue funebri d’Italia di fine ottocento.

Sebbene esistano altre tre fotografie che ci rivelano le fattezze del Sartorio,fino ad oggi non si era a conoscenza di alcun documento fotografico che ritraesse l’artista in attività. La fotografia, recentemente ritrovata, che ritrae appunto il Sartorio nella sua bottega cagliaritana (non si è certi ancora se si tratti di quella di via Sassari o di viale Bonaria) si presenta, quindi, come un unicum. Oltre a mostrare Giuseppe Sartorio nel suo atelier insieme ai suoi collaboratori, il documento rappresenta una testimonianza reale delle tecniche con le quali l’artista realizzava le sue opere funerarie. Scattata il 19 marzo 1895 – quando Sartorio aveva 41 anni –  la foto mostra, infatti, i segreti del mestiere, come avveniva cioè la produzione dell’artista. Si partiva dalla realizzazione del modello in creta (nella foto, infatti, l’artista è ritratto accanto ad un busto in creta) e in seguito se ne realizzava un calco in gesso (quelli che si vedono nella foto sono appunto i calchi in gesso delle statue già collocate nei cimiteri).  Dal calco in gesso, poi, tramite un macchinario che si chiamava “crocetta” o “macchinetta” – una sorta di pantografo – il modello veniva riprodotto punto per punto sul marmo (nella fotografia si nota appunto, sulla destra, un operaio che lavora su un blocco di marmo con questo tipo di strumento).

Come un testimone vivo dell’epoca, la foto rivela altri dettagli che riguardano da vicino il lavoro di Sartorio per i committenti isolani. Alle spalle del Sartorio è presente una statua di angelo che è verosimilmente quella che è stata collocata nel cimitero di Oristano nel 1895 nel monumento a Giuseppe Corrias, morto nel 1890. Un’altra opera che si intravede nella foto è il tombino, cioè la lastra di chiusura del loculo, della tomba di Teresa Massoni Ravenna morta nel 1888 e sepolta del 1891. L’ultima opera riconoscibile è, infine, il monumento a Efisino Devoto, realizzato dal Sartorio nel 1887 e collocato nella cappella Devoto del cimitero monumentale di Bonaria a Cagliari.

L’artista, gli operai, le opere e gli strumenti riassunti nello scatto che ha attraversato il secolo, ma non solo. Nella parte bassa della fotografia, due bambine stanno in piedi accanto ai giovani operai della bottega e indossano degli abiti che ne lasciano intuire la provenienza sociale. Se la bambina sulla destra, con il berretto da lavorante, doveva essere la figlia di un operaio, l’altra sulla sinistra e vestita con abiti borghesi, doveva essere una modella che il Sartorio usava per realizzare le figure di angeli. Ma la grande somiglianza con una famosa scultura del cimitero di Bonaria che è quella del Monumento a Mariuccia, fa pensare immediatamente che forse proprio questa bambina sia stata l’ispiratrice della scultura.

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