Categoria : politologia

Di fronte all’imprevisto – di Paolo Pombeni

Ciò che ha marcato l’Europa nell’ultima quindicina di febbraio è stato indubbiamente il suo choc di fronte a quanto avveniva sulla sponda Sud del Mediterraneo. Prima la rivolta in Tunisia, poi quella in Egitto ed infine quella in Libia hanno posto l’Europa in generale e l’Unione Europea in particolare nella poco piacevole situazione di doversi accorgere che erano assai modeste le loro capacità di analisi su quel che avviene in paesi che le sono ben più che geograficamente prossimi.

La sponda Sud del Mediterraneo è stata a lungo una area di penetrazione e di scambio fra la cultura di vari paesi europei (Francia, Spagna, Italia, Gran Bretagna) e il mondo arabo-africano. Certo questo interscambio avvenuto per un lungo periodo sotto l’insegna del colonialismo e questo ha in seguito pesato negativamente ed oggi costituisce un freno ad agire scopertamente per una sorta di complesso di colpa che sta producendo i suoi danni. Tuttavia almeno nell’ultimo mezzo secolo abbondante quei rapporti sono stati principalmente all’insegna dell’interscambio commerciale ed industriale e se i regimi che reggevano quei paesi hanno spesso (anche se non tutti: l’eccezione dell’Egitto è abbastanza evidente) sfruttato un po’ di retorica anticolonialista, è altrettanto vero che i nostri costumi e consumi di massa hanno creato canali di comunicazione che, come si è visto, hanno poi dato i loro frutti. Nonostante questo né la UE né i governi dei principali paesi membri sono stati in grado non diremo di prevedere, ma neppure di reagire tempestivamente a quanto stava avvenendo.

Ovviamente a prendere tutti in contropiede è stata la solita realpolitik. Mubarak era il simbolo della possibilità di convivenza con Israele; il governo tunisino e quello algerino erano baluardi contro l’integralismo islamico; il bizzarro Gheddafi era un “convertito” alla collaborazione con l’Occidente, dopo essere stato uno dei fiancheggiatori dell’estremismo terrorista. Adesso si fa a gara a chiedersi chi sia stato il più sciocco nel credere di poter barattare il prestigio dell’Occidente democratico con il vantaggio economico e di “legge ed ordine” che poteva venire dal plauso al colonnello libico sempre più fiero del suo bullismo da macchietta verso gli Europei. Scaricare le colpe sul più folkloristico dei capi di governo, cioè su Silvio Berlusconi, è fin troppo facile e tutta la migliore stampa europea riconosce, magari un po’ tra le righe, che quel che il premier italiano ha fatto in maniera sguaiata lo hanno fatto forse con un po’ più di reticenza anche vari altri. A nostro modesto giudizio però il punto da mettere in discussione non è questo: che dei governi trattino con chi è al potere altrove senza farsi troppi problemi, rientra nella normalità. Quel che ci si dovrebbe chiedere è piuttosto perché non ci si è accorti che quei governi erano colossi coi piedi d’argilla e perché questo non è avvenuto neppure quando non ci voleva un grande sforzo per osservare quel che trasmettevano tutte le televisioni. Sulla stampa vengono chiamate sul banco degli imputati due categorie: da un lato i diplomatici, dall’altra gli storici e i politologi. Sui primi il giudizio è sospeso perché si osserva giustamente che ormai con l’ossessione che hanno tutti i vertici politici di accentrare la politica estera nelle loro mani per fini di presenza mediatica il ruolo dei “tecnici” è ridotto a poca cosa. Sui secondi il giudizio è più complesso, perché in verità analisi sulle debolezze di quei regimi non erano mancate, ma storici e politologi vengono ascoltati solo quando l’eco mediatica di un evento è fortissima, cioè in genere quando è troppo tardi. Adesso vari giornali sono corsi ad intervistare o a far scrivere studiosi che hanno paragonato quanto avvenuto nei paesi dell’Africa Mediterranea col 1848 in Europa o col 1989 nel mondo. Si tratta di paralleli ambigui e nel caso del 1848 neppure benauguranti, visto che allora le rivoluzioni furono stroncate piuttosto rapidamente e ci volle poi un ventennio perché portassero i loro frutti, ma un ventennio, come è noto, è una eternità misurata sui tempi della realpolitik. Al momento, pressata dalla decisa presa di posizione del governo USA, con Obama che sembra voler cogliere al volo l’occasione per restaurare l’immagine del suo paese presso masse arabe significative, la UE si è lasciata andare, dopo un iniziale silenzio, a duri giudizi specie contro la Libia. Per una volta l’Alto Commissario Ashton ha cercato di farsi vedere e di dire qualche buona parola di circostanza. I governi però non sono riusciti ad assumere una posizione forte neppure a fronte di un probabile incremento dell’emigrazione, lasciando solo il governo italiano ad affrontare una emergenza che invece alla fine interesserà tutta l’Europa. L’hanno notato anche vari giornali tedeschi, giudicando miope la presa di posizione del ministro degli interni del loro paese che aveva proclamata sostanzialmente che la Germania in quel settore aveva già dato.

http://www.europressresearch.eu/html/mappe/editoriale.php?id=246&lang=ITA

 

 

Commenti

  1. Di fronte all’imprevisto non si può ragionare che col senno di poi! La cosa peggiore è che le oceaniche manifestazioni di piazza, quando dietro non c’è un disegno politico, e quindi una classe politica, come iniziano finiscono. L’aver poi voluto assimilare le piazze della Tunisia con quelle egiziane, le manifestazioni della Libia con le altre due, mi sembra un errore. Territori e realtà politiche dei tre stati sono differenti. L’organizzazione tribale libica, con appena 6 milioni di abitanti in quasi 2 milioni di Kmq di superficie e con un mare di petrolio e di gas, non è certo paragonabile all’organizzazione quasi occidentale della piccola Tunisia con un territorio limitato e 10 milioni i abitanti, la presenza di una certa borghesia egiziana, con 80 milioni di abitanti e un milione di chilometri quadrati di territorio e un forte esercito non è ugualmente assimilabile alle prime due. Bisogna ammettere che tutto o quasi tutto era imprevedibile e che forse i loquaci governi europei avrebbero fatto bene a considerare con più prudenza gli eventi e comunque ad attrezzarsi affinché l’Europa provveda in locis ai migranti, visto che per accoglierli non ha né territorio né risorse economiche sufficienti. E per ora non c’è che navigare a vista! Per guarire dagli choc, ci vuol tempo!

    scriptor
    Marzo 10th, 2011
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