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“I danni economici per la Federazione Russa e per l’Ucraina” Commento “La Nuova”

Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha recentemente stimato gli effetti economici della guerra in Ucraina. Brutte notizie per tutti, soprattutto per l’Ucraina ovviamente, ma anche per la Russia e per l’economia globale. Oltre alla tragedia della perdita di migliaia di vite umane, il Pil dell’Ucraina crollerà del 35 percento a causa della distruzione di infrastrutture e capacità produttiva, e per via dei milioni di rifugiati e sfollati. Si tratta di danni enormi, e saranno necessari molti anni e risorse per ricostruire.

Sperabilmente, lo si farà almeno in parte confiscando i fondi della banca centrale russa e degli oligarchi, attualmente solo congelati. Si stima anche un pesante crollo dell’economia del paese aggressore, e poiché su questo tema si leggono opinioni a volte contrastanti, mi ci voglio soffermare. Secondo il Fmi, il Pil della Russia scenderà dell’8,5 per cento nel 2022 (il crollo è del 14 per cento se si confronta la proiezione per l’ultimo trimestre del 2022 con l’ultimo trimestre del 2021). Questi dati contrastano con le parole di Putin secondo cui il tentato “blitzkrieg economico” dell’occidente contro la Russia sarebbe fallito.

La realtà è diversa. D’altronde, si sa che oltre a manipolare l’informazione, le dittature manipolano anche i dati economici. Uno studio recente di un economista della University of Chicago ha dimostrato che in media, i regimi autocratici esagerano la crescita del Pil di circa il 35 per cento. E se questo accade in tempi normali, figuriamoci durante una guerra. Però a un certo punto negare la realtà diventa difficile. E infatti, la governatrice della Banca Centrale russa Elvira Nabiullina (la quale, secondo il Wall Street Journal, ha anche provato a rassegnare le dimissioni subito dopo l’invasione dell’Ucraina), nella sua relazione al parlamento russo ha riferito della sua grande preoccupazione per l’effetto delle sanzioni e della necessità della Russia di affrontare drastici “cambiamenti strutturali”. Non solo, la banca centrale russa prevede un crollo del Pil del 9,2 per cento, una previsione peggiore di quella del Fmi. A questo si aggiunge un tasso di disoccupazione che sale al 6,9 percento e un’inflazione al 17,5%. Sbaglia anche chi vede nella risalita del rublo, dopo il crollo iniziale, un segnale di salute per l’economia russa. La realtà è che non esiste più un libero mercato per il rublo: ai cittadini russi è proibito vendere rubli per acquistare valute straniere, e le imprese esportatrici russe sono obbligate a convertire in rubli l’80% dei ricavi.

Per questi motivi, il tasso di cambio ufficiale del rublo è sostanzialmente privo di significato. È vero che la Russia continua a ricevere un flusso importante di valuta estera, circa un miliardo di dollari al giorno, grazie alle esportazioni di petrolio e gas. Finché questo rubinetto resta aperto, Putin sarà in grado di finanziare la sua guerra. Ma nel medio-lungo periodo, sarà difficile evitare una catastrofe economica per la Russia. Sebbene lentamente, i paesi europei stanno riducendo la loro dipendenza da petrolio e gas russi, ed è opinione diffusa che questo processo sia irreversibile.

Continua anche l’esodo di imprese straniere dalla Russia; ad oggi circa 800 su 1200 hanno abbandonato il paese. Un esodo che ricorda il boicottaggio del Sudafrica degli anni ’80, e che avrà forti ricadute negative sull’occupazione e sulla crescita futura (secondo il sindaco di Mosca, solo nella capitale si prefigura una perdita di 200 mila posti di lavoro nel breve termine). Usa e Ue stanno predisponendo un ulteriore pacchetto di sanzioni, e il chief economist del Fmi ha detto in una conferenza stampa che il crollo del Pil della Russia potrebbe raddoppiare e raggiungere il 17 percento entro il 2023. È naturale chiedersi perché, di fronte alle conseguenze catastrofiche per l’economia russa, Putin abbia scelto la strada della guerra. Putin vuole far dimenticare ai cittadini la stagnazione economica prodotta dalle sue politiche che arricchiscono lui, gli oligarchi e la loro cerchia a discapito dei cittadini comuni. Sempre secondo Guriev, la dimostrazione di ciò è che nel 2019, il Pil della Russia era del 6 per cento più alto mentre il reddito reale delle famiglie russe era del 7 percento inferiore rispetto al 2013. L’incertezza su quello che succederà in Ucraina è grande. La certezza è che la tragedia umana e i danni economici sono già enormi. Le conseguenze della guerra di espansione di Putin si fanno chiaramente sentire anche a livello globale. Agli strascichi della pandemia si sommano le interruzioni della guerra alle forniture globali di energia, materie prime e cibo (Russia e Ucraina esportano tanto grano e mais) e le conseguenti impennate dei prezzi. Ci vorrà tempo per quantificare tutti i danni, e ancora di più per tornare alla normalità.

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