“Lina Cherchi Tidore”.La scomparsa di una letterata immersa nella poesia di Giovanna Elies

“Date alle donne
occasioni adeguate
ed esse
saranno capaci di tutto” ( Oscar Wilde)

“E’ arrivato il tempo
di far valere le idee delle donne
a scapito di quelle degli uomini,
il cui fallimento
si consuma oggi
abbastanza tumultuosamente”
( André Breton)

Lina Cherchi Tidore nasce ad Arzachena nel 1930, insegnante di professione, scrittrice e poetessa per diletto.
Molte e varie le sue interpretazioni della vita.

Fin dal 1971 compare nel mondo della carta stampata con le poesie “Le mie scogliere,” testo edito a Bologna;nel 1973 seguirà “Colloqui e dialoghi”, Ed Fossataro; nel 1977 il romanzo “Capo d’Orso,” sempre con Fossataro;nel 1985 il romanzo “Mulino a vento, popolo e potere a Serrasecca”, Ed L’Asfodelo; nel 1993 “Ill’ea lalga e silena, una boci di Gaddhura”, Iniziative culturali Sassari; nel 1995 “Come il cielo l’amore”, Ed Libro italiano- Ragusa; nel 1996 “Ali verdi e rosa”, Ed. Ibiskos –Empoli; nel 2002 “Dall’opposta riva”, Ed. Libro italiano- Ragusa.

Ancora nel 2002, poesie “Le mie donne della Bibbia”, Ed L’Autore- Firenze;nel 2004 “Gli anni di la gherra”, Ed EDES ; nel 2005, racconti “Amore e amore” cinque storie di donne segnate dall’amore, Ed. L’Autore- Firenze; nel 2005 “Frammenti di vita, Ed. Ibiskos-. Napoli.
Un parterre di tutto rispetto che mette in evidenza la cura per le cose, l’interesse per le situazioni, l’amore per le persone.
Attenta e sempre ben direzionata nei suoi pensieri, naviga agevolmente tra il mondo poetico, narrativo, saggistico.
Il suo è un universo di filtri, attraverso i quali legge e documenta la realtà, usando all’occorrenza la lingua italiana o il suo lessico della natalità, sempre con lo stesso ritmo e attenzione.
“Abigail, tu sei la ‘incidora / di una gherra sen’almi né sangu./ Altri femini cu l’ingannu/ so stati incidori/ Tu di Daviddi t’eri innammuradda/ e iddu sempri poi that pritziatu/ pal bona cunsiddera./ L’odori bonu alumancu/ di li violetti in man’a l’altri ammenta.”(Li femini di la Bibbia).
Intensità poetica, in questi pochi versi, che va ad alimentare le scelte profonde della poetessa e che  espresse nel linguaggio materno trovano una loro precisa collocazione.
In Lina ogni scritto rappresenta ed è una conquista del reale, sempre con particolare attenzione al mondo femminile; mondo denso di problemi e di esclusioni, ma pur sempre vivo e determinato a scalare le vette, allora quasi inaccessibili, dell’universo umano.
Narratrice di talenti, non nasconde la propria ammirazione per le donne che vorrebbero capire se nel volto dell’Onnipotenza ci sia spazio per tratti femminili.
Insegnante e madre, non si sottrae ai propri doveri, piuttosto ne arricchisce il percorso, dimostrando le tante sfaccettature di docente, madre e scrittrice, senza assurdi ed inutili ripensamenti.
Sapientemente, riprende le file delle donne della Bibbia.
Storie e trame, quelle di Lina, nata e vissuta in anni- quelli della prima metà del Novecento, in cui si sperava che l’esilio e il deserto femminile avrebbe avuto un termine; così non era e non sarebbe stato ancora per anni, tranne qualche coraggiosa , il resto della vita era solo appannaggio degli uomini..
Lina non ha “s’istiga” della suffragetta e infatti scrive, per lei e per gli altri, pensando e sperando che le sue parole non cadano nel vuoto.
Lei stessa dice di aver iniziato a scrivere in gallurese, pentendosi di non aver insegnato ai figli, non solo la variante gallurese ma neppure il lessico di Bonorva.
“Ho scritto – ricorda ancora- perché volevo raccontare i luoghi ed i tempi vissuti nel passato”, più che mai convinta che la lingua materna e il passato stesso, fossero il mezzo per farsi capire e comprendere, la cartina di tornasole per esorcizzare il presente.
Nicola Tanda nella prefazione al “Li femmini di la Bibbia” ha scritto: “Quei modelli culturali che oggi si definiscono “archetipi”, restituivano senso alla vita e divenivano oggetto di narrazione e gli artisti li diffondevano dipingendole o scolpendole o raccontandole.”(…). A distanza di più di un secolo -continua prof.Tanda- dall’opera “Antropologia in servizio della scienza morale” di Rosmini -1831-, il Vaticano II (1962 con un Papa filosofo, teologo ed antropologo Giovanni XXIII), “la nostra generazione può finalmente dire la sua e parlare di educazione sentimentale delle donne, a cominciare da quelle della Bibbia”.
Lina, già pronta, coglie l’attimo e dà finalmente spago alle sue intuizioni, dal momento che, malgrado l’uso corrente, aveva ben chiari i concetti di umanità.
Resterà di lei un ricordo non solo nella cerchia della sua numerosa famiglia ma, in tutti i suoi affezionati lettori e nel mondo culturale sardo.
A suo tempo, nel 1500, John Donne scrisse (…) “Ogni morte d’uomo mi diminuisce”.
L’universo culturale ha perso un altro tassello.
A sa bonora Lina, indaffarata sicuramente nelle biblioteche del cielo.

Giovanna Elies

 

 

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