Categoria : letteratura sarda

“La Vergine di Bonaria: inno di Bonaria Celeste Regina” di don Angelo Manca. Recensione a cura di Giuseppe Bruno

Sul colle di Bonaria di Cagliari nel 1324, si insediarono i Catalani , che vi fondarono una cittadella fortificata. Nel 1335 la chiesa della cittadella, intitolata alla SS: Trinità e alla Madonna, venne affidata ai frati mercedari.  Il loro apostolato fu così efficace  da sollecitare molti fedeli  a salirvi per la direzione spirituale dei frati ,specialmente a fra Carlo che parlando a un gruppo di fedeli genovesi pronosticò l’arrivo della Vergine dal mare.  Il 25 marzo del 1370, una nave, proveniente della Catalogna  e diretta verso l’Italia si imbatté in una improvvisa e violenta tempesta. Nell’estremo tentativo di salvare l’equipaggio, il capitano della nave diede ordine di gettare in mare tutto il carico, compresa una pesante e grande cassa, di cui si ignorava il contenuto. Appena questa toccò acqua, la tempesta si placò. La cassa, spinta misteriosamente sulle onde, approdò nella spiaggia di Su Siccu, località sulle sponde  cagliaritane  del colle di Bonaria,
I frati presero  in consegna la cassa, la portarono in convento. Una volta apertala vi trovarono una statua della Madonna col Bambino che collocarono nel loro convento, dando il titolo della Madonna di Bonaria dalla località in cui era stata trovata. Nel secolo XVIII fu costruito un santuario tutto per lei visto il costante richiamo dei fedeli cagliaritani verso ili simulacro.  I Pontefici a partire da Pio IX vollero farla incoronare e concedere il titolo di Basilica Min ore al tempio costruito appositamente e vollero anche proclamarla Patrona  della Sardegna. Col tempo fu predisposto un inno secondo l’uso dei gosos di origine spagnola, Di questo si parla nello studio recensito qui sotto da Giuseppe Bruno.

Angelo Manca, “Di Bonaria Celeste Regina” Storia di un inno mariano che unisce la Sardegna e la Francia,Istituto Salesiano Don Bosco, Cagliari 2017, pp. 318.

L’impegno che Don Angelo Manca, salesiano, ha voluto assumersi in una ricerca complessa, comporta un lavoro da certosino, che, si spera, possa condurre ad una conclusione con soddisfazione veramente appagante. E da come si muove tra archivi, articoli e ricordi dà proprio l’impressione che sia certo della sua scommessa per l’autore dell’inno alla Madonna di Bonaria, e che non si fermerà fino a quando non avrà raggiunto tra i documenti quella certezza che l’ha guidato fino ad oggi. Nell’augurio che questo possa avvenire in tempi brevi – lo merita la sua tenacia da vero salesiano, avvezzo al lavoro ed alla fatica sia mentale che fisica – io mi vorrei soffermare su un punto che don Angelo ripropone più volte in questo suo lavoro: il legame tra i salesiani e la Sardegna. La visita in Sardegna di don Rua, successore di don Bosco, la casa di Lanusei, per tanti anni fiore all’occhiello della cultura ogliastrina, il primo oratorio salesiano a Cagliari, in una città che aveva in giro tanti “piccioccus de crobi” da avvicinare ed educare ad essere buoni cristiani e onesti cittadini, come voleva don Bosco, sono i tre momenti che maggiormente risaltano in questa ricerca. Diciamo che sarebbe un grande segno se si trovasse il legame certo tra i salesiani e l’inno che lega tutti i sardi nella lode alla Patrona Massima della Sardegna. I salesiani sono meritevoli del progresso culturale e sociale della nostra isola ad iniziare dal primo decennio del 1900 fino ai nostri giorni, e se si raggiungesse la certezza che a dare ai Sardi il loro inno alla Vergine di Bonaria sia stato un musicista salesiano, si completerebbe quel cerchio che vede la Madonna di Bonaria al centro circondata dai suoi devoti, tra i quali alcuni figli di don Bosco, il quale con la Madonna aveva un feeling particolare anche se l’ha voluta onorare con il titolo di Maria Ausiliatrice; Essa a Lepanto compare in mezzo al mare così come la Vergine di Bonaria in un mare più vicino ai Sardi.

Sono particolari che possono perdersi o diradarsi in una caterva di documenti stinti e obsoleti, ma che nella mente di don Angelo trovano una logica più plausibile e stringente, proprio perché parte dal concetto di salesianità mariologica che non può sfuggire a chi questi concetti li vive e li cerca ovunque.

Se quest’inno lo si dovesse alle capacità musicali del salesiano don Chevrel, che, certamente era un devoto della Madonna come tutti i salesiani per la loro formazione, si raggiungerebbe quella forma di soddisfazione che porta i figli di don Bosco ad inchinarsi alla Madonna, dovunque la si trovi per cantarne le lodi.

Ed è proprio questo che, leggendo il lavoro di don Angelo Manca, a me è parso giusto sottolineare, come l’elemento legante di tutte le pagine faticose, ma anche appaganti e soddisfacenti, del lavoro intrapreso dal salesiano, quasi fosse una prassi per lui il dover indagare e soffermarsi su tutti i possibili risvolti che legano la Madonna, l’Isola ed i Salesiani.

Il musicista salesiano don Chevrel si trovava nell’Isola per una situazione particolare della sua patria, la Francia, eppure sembra essere proprio lui, il compositore di quest’inno che in ogni festa mariana celebrata in Sardegna viene cantato da tutta la popolazione, e, come ci dice l’autore, non solo in Sardegna ma anche altrove, con parole diverse ma con la stessa musica. Un salesiano che potremmo definire esule, compone nel suo esilio, per una terra che non è la sua, un inno che dura più di cento anni e che sembra destinato a permanere l’inno religioso della Sardegna; ma è la Vergine di Bonaria il centro di tutto . C’è del portentoso in questo fatto, e pare anche logico che un acuto ricercatore voglia cimentarsi in un’opera che ha bisogno soltanto di qualche tassello per raggiungere una certezza a cui si aspira. Prima ho detto salesianità mariologica, adesso preferisco cambiare in mariologia salesiana, perché mi sembra più opportuno prendere gli inizi da Maria.

Grazie don Angelo perché hai dato a tutti i Sardi un motivo in più per essere fieri della loro Patrona, ma grazie soprattutto perché hai posto al centro del tuo lavoro un aspetto salesiano che normalmente non viene evidenziato in un’opera che segue altre direzioni; le citazioni del “Bollettino Salesiano” (mensile edito dai Salesiani per far conoscere le loro attività in tutto il mondo) ci fanno ricordare quanto quest’isola abbia ricevuto da don Bosco, ma anche dato– la Sardegna di Salesiani ne ha avuti molti, compresi i cooperatori, gli ex-allievi e le Figlie di Maria Ausiliatrice –.

Perciò con piacere ho letto il libro e mi sento di consigliarlo a chiunque, e soprattutto a chi è solito cantare: Di Bonaria Celeste Regina.

Di Bonaria celeste Regina
Salve, o Madre, che il cielo ci diè.
Te saluta e devota s’inchina
La Sardegna che esulta per Te.

Misteriosa da Iberici lidi
La tua immagine un giorno salpò.
O gran Vergin che in cielo t’assidi
Deh! Ne dici: “chi a noi ti mandò?”

Benedetto il Signor che in Sardegna
A noi Madre ti volle mandar!
Deh! Sia sempre nostr’alma più degna
D’una grazia così singolar!

Di Bonaria sul mistico colle
Il tuo sguardo posavasi allor,
vide il Tempio che oggi s’estoll
a Te sacro, ch’è pegno d’amor

Quanti, o Madre, adoprasti portenti
Di Sardegna per giungere al suol,
mentre l’onde mugghiavan furenti,
mentre in cielo spegnevasi il sol.

Alle menti dei naufraghi, incombe
Di sparir negli abissi l’orror:
già nei gorghi, temute lor tombe,
gittan merci e sudati valor.

Gittan Te sopra l’onda furiosa,
Vergin santa dal candido vel;
al tuo bacio, ineffabile rosa,
queta il mar e rischiarasi il ciel.

Astro in cielo apparisti tu fido
Nella calma del mare al nocchier:
suo malgrado seguirti al tuo lido
ei pur dee pel segnato sentier.

Dietro d’Angeli schiera infinita,
sovra l’onda placata del mar,
già s’appressa la Vergin gradita
alla terra ove intese vogar.

Corre tosto gran turba festosa
Si commuove l’eletta città,
ma la cassa alla spiaggia è ritrosa.
Chi alla riva mai trarla potrà?

Ecco un pargol innalza la voce:
“I suoi figli sol trarla potran”
Dello stuolo che accorse veloce
Alle sacre t’arrendi sue man.

Sul tuo colle perenne sorgente
Dei divini favori sgorgò;
ogni cuore conforto, ogni mente
Quante lacrime asterse qui furon!
Quanti mali tua mano fugò!

 

 

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