“Chiaramonti: problematiche demografiche a 671 anni dalla fondazione” di Angelino Tedde

Il collega ed amico blogger Carlo Patatu, a proposito dei dati emersi all’anagrafe al 1 gennaio 2021 scrive;

rPer ogni nuovo nato, da noi ci sono stati oltre quattro decessi. Quattro a uno, dunque. A favore di chi se ne va. (…)  L’anno 2020 ha fatto registrare soltanto 5 nascite (4 maschi e 1 femmina). I decessi sono stati ben 21 (11 maschi e 10 femmine); cioè oltre il quadruplo rispetto all’unico nastro rosa e ai quattro azzurri. Se insieme a questo dato, per niente incoraggiante, consideriamo che, nel corso del medesimo anno, gli emigrati in altri comuni sono stati 28 a fronte di 18 nuovi arrivi in paese, nel Dicembre scorso il saldo demografico si è chiuso in negativo: un preoccupante -26!
Con questi numeri non si andrà lontano. Alla data del 1. Gennaio scorso, i residenti eravamo 1.551 (789 femmine e 762 maschi). “
Considerazioni amare alle soglie dei 671 anni dalla fondazione del Castello e del Borgo. Se continueremo con questo ritmo demografico,  in linea teorica, a festeggiare i 700 anni dalla fondazione nel 2050 saranno soltanto 779 abitanti, un numero inferiore ai primi del 1700 quando gli abitanti raggiunsero i 1167. Occorre dire, tuttavia, che per nostra fortuna esistono delle leggi  di fecondità secondo il demografo francese Jean Flandrin in forza delle quali una comunità che tende ad estinguersi ha poi un’esplosione di fecondità che se proprio non rimette  le cose a posto le aggiusta. Penso al quasi estinto villaggio di Muros, ridotto nel sec. X  150 unità e poi risorto e stazionario sui 4oo e 500 abitanti, poi scioccato , come dicono gli studiosi negli anni Sessanta in contemporanea  con Olbia, ha raggiunto gli 800 abitanti per una serie di congiunture economiche favorevoli. Ora marcia pressappoco con questo numero di abitanti. Che dire degli anglonesi centri di Bulzi Martis e Laerru, sempre moribondi, che non muoiono mai. I fattori imprevedibili oltre al tasso di fecondità sono tanti. I grossi centri come Cagliari e Sassari tendono a spopolarsi e in compenso crescono i paesi vicini. Tanti piccoli centri come Borutta e Semestene  sempre moribondi, ma ancora sono vivi e vegeti.
A Chiaramonti al di là dei numeri ufficiali le presenze straniere: inglesi, olandesi, russi, tedeschi  e di altre provenienze non  tutti prendono la residenza perché non vogliono perdere i benefici della madrepatria o perché economicamente per loro è più conveniente non prendere la residenza come del resto fanno molti nostri emigrati nella Penisola e all’estero che stanno a Chiaramonti 4 o 5 mesi e poi tornano alle loro residenze peninsulari o europee. Certamente il numero fornito dall’anagrafe indica che andiamo verso un decremento demografico. Considerato da solo risulta drammatico, ma drammatico non è per i motivi suesposti. Se nel dopoguerra la fuga dal paese per la città o per altri centri popolati fu drammatica, ora si sta verificando per molti centri un ritorno. Si pensi ad Usini, Uri, Tissi, Ossi che hanno incrementato la loro popolazione in questi anni di calo demografico. Per concludere è indubbio che l’Europa va sempre più verso una società di nonni, ma per fortuna i nuovi arrivati dall’Est europeo come i Rumeni, per citare una popolazione di maggior presenza in Italia, tendono ancora a farsi dei  figli. Insomma 1551 abitanti è per tanti versi un indicatore teorico. Quest’anno poi dobbiamo mettere sul conto qualche morto per coronavirus. Scrivo questo non per consolarci, ma per dire che i numeri forniti dall’anagrafe sono degli indicatori non assoluti. Se poi consideriamo la scelta delle residenze virtuali a causa delle tasse, scopriremo che a Chiaramonti gli abitanti sono di più. Io stesso debbo contare in famiglia due presenze di cui una preferisce conservare la residenza in città. con mio grande disappunto. Non parliamo dei domiciliati non residenti. Con questo non intendo consolarmi e consolarci, ma dire che i numero forniti dall’anagrafe non dicono tutto anche perché sul domicilio o le residenze non esiste gran controllo come avveniva nel Ventennio fascista. Ci dovranno essere sicuramente delle grosse svolte politiche  ed economiche nella nostra società per invogliare i giovani a far figli che non sono utili come le braccia di un tempo al mondo agropastorale. La stessa tendenza paritaria tra uomini e donne, con identico corso di studi, tendono a ritardare i matrimoni. L’occupazione lavorativa di entrambi i coniugi  tende ugualmente a limitare il numero dei figli e a volte quando si tarda troppo a concepirli succede che non si riesca nemmeno a procrearli dato l’aumento dell’nfertilità di uomini e donne. Anche su questo campo bisogna scoprire come per la natura un’ecologia sana e produttiva.  Non posso dimenticare che anche tanti miei coetanei  e coetanee si sono sposati oltre la soglia dei 30 e 35 anni, mentre io e mia moglie ci siamo sposati rispettivamente a 20  e 27 anni generando ben 4 figli in poco meno di 7 anni. Questo fatto non ci ha impedito di progredire culturalmente, professionalmente ed economicamente. La presenza dei figli dà una carica maggiore all’impegno su tutti i campi. Figli concepiti da genitori giovani, giusto al tempo debito, e che sono cresciuta con genitori ugualmente giovani.
Auguriamoci che i tempi su tutti i punti di vista auspicati migliorino e che anche Chiaramonti se non torna a mettere al mondo 63 neonati come nel 1937  o  81 neonati come nel 1947, riesca a  coprire le perdite di chi carico d’anni passa alla vita eterna.

Un ultima considerazione vorrei fare sul nostro infausto incremento di decessi e scarso incremento demografico di nascite. Quando nascemmo il mondo era molto poco popolato, adesso se va a vedere l’agoritmo abbiamo raggiunto gli otto miliardi di uomini. Se l’Europa invecchia e tende a scomparire come popolazione connotata dalle nazionalità, vi è da dire che l’Africa e l’Asia e le Anerichge crescono. Questo ci consola se pensiamo al genere umano globalmente, no. di certo se pensiamo al nostro borgo morto e al nostro paese fatto più di case che non di popolazione. Siamo spiacenti che il nostro mondo decresca anche se non dobbiamo dimenticare che non siamo più la popolazione né del Settecento, né dell’ottocento e tanto meno del Novecento. I Carcassona, i Busellu, i Perinu.i Lezzeri  e tutte quelle famiglie legate a Donna Lucia in comparatico quasi non ci sono più, mentre nel tempo sono arrivati i Lostia, i Soma, i Lobina, resistono incredibilmente gli Unali e i Pischedda fin dal ordini del Borgo, ma anche i Murgia mentre i Tedde e i Cossu sono ormai al lumicino.  I cognomi passano e con questi le loro famiglie, altri arrivano dall’Anglona, da altre parti dell’Isola e dall’estero. Il paese muta e quelli che c’erano prima non ci sono più. Lo stesso avviene nei nomi: i Matteo, gli Andrea, i Giovanni si assottigliano e spuntano le Ambra, I Gionas, i Gabriel e i Daniel, le Adele, nomi non tradizionali.
E’ ul casi di citare alcuni passi di Qoélet

1Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re a Gerusalemme.
2Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
3Quale guadagno viene all’uomo
per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?
4Una generazione se ne va e un’altra arriva,
ma la terra resta sempre la stessa.
5Il sole sorge, il sole tramonta
e si affretta a tornare là dove rinasce.
6Il vento va verso sud e piega verso nord.
Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento.
7Tutti i fiumi scorrono verso il mare,
eppure il mare non è mai pieno:
al luogo dove i fiumi scorrono,
continuano a scorrere.
8Tutte le parole si esauriscono
e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.
Non si sazia l’occhio di guardare
né l’orecchio è mai sazio di udire.
9Quel che è stato sarà
e quel che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole.
10C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Ecco, questa è una novità»?
Proprio questa è già avvenuta
nei secoli che ci hanno preceduto.
11Nessun ricordo resta degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso quelli che verranno in seguito.

 

 

 

 

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