Categoria : recensioni, storia

“Lotte tra le fazioni per l’onore conculcato e per il dominio economico, politico e carismatico sul territorio” di Angelino Tedde

Maria Lepori,Faide. Nobili e banditi nella Sardegna sabauda del Settecento,Viella, Roma 2010, edizione anche in ebook  nel 2011.

Ci siamo posti, noi chiaramontesi, tante volte molte domande sulla nostra storia  del Settecento senza avere risposte, in realtà siamo stati noi che non le abbiamo cercate.
Maria Lepori, già professoressa di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Cagliari, con un invidiabile curriculum contrassegnato da un master in Francia presso Les Ecoles de Hautes Etudes, ha dato risposta, in questo  brillante saggio, oltre che alle domande sulle fazioni di Oristano anche su quelle di Ozieri , dell’Anglona e della
Gallura, esattamente dieci anni fa, e il suo saggio è quanto di più prezioso si possa  avere, per mettere in luce la nostra storia locale. Leggere e tenere a portata di mano questo saggio nella biblioteca consortile  prima e in quella  di ogni famiglia anglonese poi è


d’obbligo se si vogliano conoscere larghi squarci della locale storia settecentesca evitando di costruirla con fantasticherie come è dato vedere spesso in internet. Utilizzando numerose fonti torinesi, relazioni di viceré, corrispondenza, sentenze e altre carte, con una narrazione avvincente,la storica ci parla delle  feroci lotte tra le fazioni dell’oristanese, di Ozieri, di Nulvi e di Chiaramonti con brevi cenni sulla Gallura. Interessanti riferimenti l’autrice fa alle donne di Ploaghe e della Sardegna in generale. Erano loro che dovevano tramandare gli odi e le vendette nell’educazione dei figli, conservando gli abiti intrisi di sangue dei padri o dei fratelli, uccisi dalla fazione avversaria. I conti dovevano essere pareggiati dai figli diventati adulti.
Particolarmente affascinante è la descrizione  della zuffa presso la Serra de sos listinchinos in agro di Nulvi, località non molto lontana da Orria Manna, dove la fazione di Juan Tedde con uomini rivestiti in semplici abiti di orbace  contrastavano con i nobili Delitala, rivestiti di corpetti   dai  bottoni d’argento che luccicavano durante la battaglia.  Tutti su cavalli sardo-andalusi  con gli archibugi puntati, pronti a risolvere i loro problemi con le armi, ma soprattutto a salvare l’onore delle rispettive famiglie, considerato un valore imprescindibile. Su queste zuffe alla campagna non vi era autorità istituzionale che potesse interferire. Per riparare i torti non si ricorreva affatto all’autorita regia e viceregia, ma era una questione che si doveva risolvere con la zuffa e nemmeno tradimento. Un codice cavalleresco dominava quella piccola nobiltà terriera nobilitata in vari tempi durante i quattro secoli del dominio spagnolo, ma in realtà costituita di avidi possidenti. Alla base di tutto l’economia, il denaro, il predominio, ma soprattuto l’onore della famiglia. Le ruberie di granaglie da vendere a contrabbando, l’abigeato di bestiame di ogni genere, ma soprattutto dicavalli, la mancanza di rispetto per una donna e una vedova doveva essere pareggiata sul campo. Le faide insanguinavano in modo brutale il territorio. Non solo le regole o il codice della vendetta barbaricina di Antonio Pigliaru, m anche la lotta tra le fazioni settecentesche non era avulsa dalla legge della vendetta. Juan Tedde, conosciuta la crudele uccisione del cugino Don Gavino Tedde, mentre  moriva in una stanza in cui l’aveva accolto a Nulvi la cugina Baingia Delitala, non ci pensa due volte peer vendicarne la morte, a recarsi in quadriglia presso la chiesa dov’erano opsiti sotto asilo ecclesiastico i Manunta e i Salis, autori del misfatto, incendiando la chiesa, stanando uomini donne e bambini e con gli archibugi compiendo un massacro di tutta questa gente per l’uccisione di un uomo che era oltre che parente consigliere ed. amico. D’altra parte,anche   Donna Lucia, oltraggiata, quindicenne in pubblico, trova il suo vendicatore nel benestante “fedale” giovanotto Giovanni Fais e nel fratello che manda all’altro mondo l’impudente Gio’ Maria Tedde, autore dell’oltraggio. Giovanni si darà alla latitanza e la nobildonna non si dimenticherà mai di lui. Questo delitto non basterà a colmare la sete di vendetta della nobildonna, divenuta per eredità signora di Chiaramonti a 12 anni! Maria Lepori, abile regista della sua narrazione storica, richiama in vita questa bellicosa società sarda settecentesca come in un film tridmensionale tanto che ad un certo punto ti pare di farne parte. Queste saghe familiari dei Delitala Tedde e dei Tedde Delitala pare non abbiano fine. Ci penseranno i Piemontesi con brutalità a farla scomparire con le condanne a morte, l’esilio e altro.
La lettura del saggio è sicuramente avvincente e si legge quasi come un romanzo tragico.

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