La famiglia vincenziana in Sardegna (1836-1866) – (1856-2006) – di Angelino Tedde

I

1.1. I Preti della Missione

Prima di parlare dell’attività delle Dame della Carità in Sassari e delle opere da loro promosse  è opportuno, per una maggiore comprensione del contesto socio religioso in cui operano, soffermarci sulla presenza e sull’attività della famiglia vincenziana in Sardegna, dal momento che la Compagnia delle Dame della Carità figura strettamente legata ad essa.

Ci sembra corretto, data la direzione spirituale e spesso operativa che essi ebbero ed hanno dell’intera famiglia vincenziana, incominciare dai Preti della Congregazione della Missione.

Essi, conosciuti anche come vincenziani o lazzaristi, già in Italia dai tempi del loro fondatore francese Vincenzo de Paoli, che tra il 1625 e il 1626 aveva aggregato due preti per predicare le missioni al popolo e successivamente ne aveva accolti degli altri, ottenendo poi con la bolla pontificia Salvatoris Nostri del 12 gennaio 1633, il riconoscimento ufficiale della Congregazione della Missione, furono richiesti per la Sardegna, direttamente al papa Gregorio XVI, dall’arcivescovo di Oristano mons. G. M. Bua (1828-1840) nel 1834, in piena epoca di restaurazione .

Espletate le pratiche ufficiali e dopo una rapida visita del superiore della provincia vincenziana di Roma, p. Baccari, i primi missionari, giunsero il 26 febbraio 1836 ad Oristano, in quei tempi infestata dalla malaria e considerata non solo dai vincenziani  terra di missione.

Tre missionari e due fratelli coadiutori, con a capo p. Ferrari, quale superiore, si erano imbarcati per la Sardegna partendo da Genova.

Al loro arrivo, le difficoltà da affrontare erano state piuttosto gravose a causa delle condizioni climatiche alle quali non erano abituati e che provocarono, ad un’anno dal loro arrivo, la morte di uno di essi. Furono ospitati provvisoriamente nei locali della chiesa di San Giovanni Evangelista, posta dirimpetto al palazzo giudicale.

Mons. Bua li accolse calorosamente e acquistò per essi una nuova casa adiacente alla prima, contribuendo pure alle spese di restauro e al loro sostentamento. Non poté mantenere la promessa di dotarli di maggiori rendite a causa della sua repentina scomparsa nel 1840.

Il nuovo arcivescovo mons. G. Saba (1842-1860) non fu così disponibile e generoso nei loro confronti.

La comunità vincenziana, passata fin dal 1840 sotto la giurisdizione della Provincia Lombarda della Congregazione della Missione, fu soppressa nel 1866.

Della comunità restò il ricordo delle missioni al popolo e degli esercizi spirituali al clero .

Nel 1877, i preti della missione vennero chiamati dall’arcivescovo di Cagliari mons. G. A. Balma (1871-1881), e quindi si stabilirono definitivamente a Cagliari nel 1878 e a Sassari nel 1879.

A Nuoro risiederà un solo missionario, p. Siccardi dal 1902 al 1912, come direttore spirituale del seminario; ad Alghero, in¬vece, ci fu un distaccamento di tre missionari, presso il seminario , p. F. Cortassa, p. P. Genta, p. R. Bona, soltanto dal 1902 al 1905.

I vincenziani giunsero nel capoluogo dell’Isola prima che fosse ultimata la loro Casa, sorta nel quartiere di Villanova, grazie ad un fondo iniziale derivato dalla soppressione di quella di Oristano e a una generosa elargizione dell’abate Botto, torinese, amico del visitatore p. Durando; di essa presero possesso nel maggio del 1878.

Nella città furono accolti sia dalle Figlie della Carità giuntevi fin dal 1856, ormai numerose, delle quali assunsero la direzione sia dall’arcivescovo cagliaritano mons. Balma.

Ai missionari fu affidata la direzione spirituale del seminario dal loro arrivo sino al 1912, allorquando mons. P. Balestra (1901-1912) succeduto a mons. Balma passò l’incarico ai gesuiti.

Nel 1880 furono eseguiti dei lavori per l’ampliamento della Casa, insufficiente a far fronte alle richieste.

Nuovo impulso alla loro attività fu dato dal nuovo Arcivescovo di Cagliari mons. G. Berchialla (1881-1892), il quale stabilì che presso di loro si tenesse un corso accelerato di teologia, per vocazioni adulte, che si tenne dal 1882 al 1905, quando la Casa cominciò a funzionare come seminario teolo¬gico interdiocesiano.

Nel 1927, a seguito delle disposizioni pontificie, tutti i chie¬rici sardi furono concentrati nel seminario regionale di Cuglieri.

Sempre per volere dell’arcivescovo Berchialla nel 1883 si tennero i primi esercizi al clero in tutta la diocesi e numerosi furono i sacerdoti inviati per questo motivo presso la Casa della Missione cagliaritana.

Si rendeva quindi necessario un ulteriore ampliamento dei locali reso possibile grazie all’interessamento di una benefat¬trice, la signora Racca di Torino e del visitatore provinciale p. G. Torre (1881-1891)

A partire dalla fine del primo conflitto mondiale i missionari accolsero, in un pensionato, gli studenti che frequentavano le scuole medie pubbliche e gli scolari delle scuole elementari, interne alla Casa stessa.

Le missioni non vennero trascurate e, a turno, i padri continuavano l’evangelizzazione del popolo favorendo, quale traccia visibile del loro operato, l’istituzione della compagnia delle Dame della Carità.

Il promotore della venuta a Sassari dei vincenziani fu l’arcivescovo Marongiu Delrio il quale nel corso d’una riunione della giunta del seminario tridentino, che si tenne nel 1875, avanzava l’ipotesi della chiamata dei vincenziani a Sassari che si sarebbero potuti stabilire, a titolo gratuito, nella casa adiacente e comunicante col seminario (chiamata seminarietto), di cui avrebbero assunto la direzione.

La sua idea fu accolta con entusiasmo e ben presto si ebbero i primi contatti con i superiori dei missionari per raggiungere un accordo, che porterà alla firma di una convenzione nella quale si stabiliva che oltre all’alloggio arredato, i padri avrebbero usufruito di un appannaggio annuo di mille lire. Il loro principale compito sarebbe stato la direzione spirituale e disciplinare dei seminaristi.

I primi missionari, in numero di quattro, giunsero a Sassari nel maggio del 1879, ed andarono ad alloggiare provvisoria¬mente presso le Figlie della Carità dell’Orfanotrofio ubicato al¬lora nell’ex convento domenicano della chiesa del Rosario .

Il 14 settembre del 1879 come si è già detto firmarono la prima convenzione col seminario e iniziarono la loro attività.

Era superiore il p. G. Costagliola, direttore spirituale p. G. Siccardi, censore di disciplina p. L. Giuliani, cuoco fr. F. Mercandino .

Il numero dei Vincenziani fu sempre abbastanza esiguo e fino al 1912 oscillerà tra  cinque e sei unità, solo a partire dalla prima metà del ‘900 ci sarà un notevole incremento dovuto soprattutto all’apertura della scuola apostolica .

La loro prima sede non fu duratura, infatti, dopo alcuni anni, divenuto il seminarietto insufficiente, si trasferirono al terzo piano dello stesso seminario e cominciò ad avvertirsi tuttavia la necessità di una casa autonoma per meglio operare.

Nel 1885 ebbe inizio la costruzione della Casa di via Muroni, fatta costruire appositamente per loro con l’aiuto di facoltosi benefattori del continente per l’interessamento del p. Costagliola e ultimata nel 1892, anno del loro trasferimento.

Poiché la Casa risultava adiacente alla chiesa di Sant’Agostino, questa chiesa venne loro affidata dopo non poche insistenze dell’allora vescovo C. Cassani, ausiliario dell’arcivescovo mons. Parodi (1905- 1916) .

Inutile dire che la casa, sopravvissuta al loro successivo trasfrimento in viale Italia rappresenta un tipo di architettura neoclassica suggestiva.

In questi anni dettero inizio agli esercizi spirituali al clero, resi possibili dall’ampiezza della nuova Casa, la cui comunità si era resa indipendente da quella del seminario fin dal 1905.

Nel 1910, assecondando forse una direttiva proveniente da Parigi, quasi a prevenire una nuova spoliazione da parte dello Stato, essendo allora superiore della stessa p. Manzella, la Casa fu ceduta al Regio Orfanotrofio delle Figlie di Maria, amministrato da laici in odore di massoneria ma diretta dalle Figlie della Carità .

Ciò creò parecchio disagio tra i missionari, ma soprattutto limitò per alcuni anni l’attività dei ritiri al clero e ai laici, ritiri che tuttavia si svolsero nel seminario arcivescovile per quanto possibile.

Per tredici anni, dal gennaio del 1911 al 1925, i missionari dovettero abitare in casa d’affitto in corso G. M. Angioy, nella palazzina adiacente allora alla casa dello storico Filia e attualmente alla Casa Divina Provvidenza.

Sorsero ben presto problemi col proprietario dell’immobile , essendo superiore il p. Mollo (1921-1923),si decise così la costruzione di una nuova Casa, preceduta dall’acquisto di un lotto di terreno di 500 mq. a cui se ne aggiunsero altri 700 donati dall’Arcivescovo, in quella zona che poi verrà chiamata Viale Italia. Secondo il progetto esecutivo, la Casa avrebbe dovuto essere di tre piani ma, per mancanza di fondi se ne costruirono solo due. Essa fu inaugurata il 26 maggio del 1925 data del trasferimento dei missionari dalla Casa di via Angioj.

Fin dal loro arrivo in Sardegna, assecondando le finalità della loro Congregazione, essi favorirono, dove ancora non erano presenti, nei vari centri dell’Isola, la presenza delle Figlie della Carità per la gestione degli ospedali, degli asili, e successivamente degli istituti assistenziali per orfani ed abbandonati di entrambi i sessi, fondati dalla Compagnia delle Dame della Carità.  Contemporaneamente promossero molte vocazioni di giovani sarde verso la loro congregazione femminile e verso quella maschile.

I vincenziani, pur non essendo presenti dal 1967 nel seminario arcivescovile per la formazione spirituale dei seminaristi e gli esercizi spirituali al clero, continuano ad essere presenti a Cagliari e a Sassari, occupandosi in particolare delle missioni al popolo, dell’assistenza spirituale alle figlie della Carità , al volontariato vincenziano .

1.2 Le Figlie della Carità

Le Figlie della Carità, giunte in Sardegna nella primavera del 1856, svolsero un ruolo fondamentale nell’attività di servizio sociale e religioso ai poveri, all’infanzia, agli orfani e agli ammalati,

Prima di parlare dell’attività svolta da queste suore nell’Isola ed in particolare nella divisione di Sassari, è bene conoscerne i tratti salienti del loro carisma e della loro storia per capire l’urgenza che la Sardegna   aveva di queste suore nel periodo preso in esame,.

Nel lontano 1633, a supporto delle già esistenti Dame di Carità, che non potevano assolvere determinati servizi assistenziali ai poveri,perché ompegnate a Corte, Vincenzo de Paoli avvertì la necessità di istituire delle “Serve della Carità”, evitando però uno statuto religioso, per evitare che la Curia romana lo costringesse a chiuderle in convento ai sensi dei canoni di diritto canonico.

Fu così che si formò il primo nucleo di Figlie della Carità che sin dall’inizio furono seguite da Luisa de Marillac (1591-1660), vedova Le Gras, che con la sua vita e la sua attività e disponibilità tanto fece accanto a Vincenzo de Paoli, per formarle allo svolgimento del loro servizio.

Margherita Naseau, una poverissima ragazza analfabeta, fu la prima fille a dedicarsi totalmente a tale missione, imparò a leggere e a scrivere e si pose al servizio delle ragazze analfabete di campagna, dapprima a Suresnes, suo villaggio natale, per giungere poi a Parigi al servizio della compagnia delle Dame della Carità.

Dopo di lei altre ragazze seguirono il suo esempio tanto che Vincenzo si accorse dell’opportunità di collegarle ad una comunità stabile e il 28 novembre del 1633 le giovani iniziarono un noviziato, “seminario”, nella casa della Marillac.

Per quei tempi, era una novità pensare ad una vocazione religiosa femminile che non si risolvesse in un monastero, le donne infatti fino ad allora divenivano religiose solo con la clausura, ed era ancora prematuro concepire delle vocazioni femminili che operassero attivamente nella società a servizio dei poveri.

Vi erano stati tentativi di cambiamento da parte di altri come quello di Mary Ward in Inghilterra .  Anche il tentatio (1585 1645) di  S. Francesco di Sales e S. Francesca di Chantal che inizialmente avevano desiderato che le comunità femminili da loro fondate fossero di vita religiosa extra claustrale fu impraticabile.

Le Figlie della Carità sorsero per supplire a queste carenze, inizialmente non pronunciarono i voti in quanto non si consideravano religiose, successivamente fecero i voti semplici e privati senza però arrivare mai a considerarsi religiose  secondo il diritto canonico perché sarebbero finite anch’esse inclausura

Senz’altro si trattava di una forma di spiritualità aperta all’altro, al povero, all’emarginato, guidata dallo stesso fondatore che istruiva le “serve dei poveri” con  conversazioni settimanali a partire dal  1634.

E’ particolarmente significativo questo detto del fondatore risalente alla conferenza del 5 dicembre del 1648:

-Il vostro monastero sono le case dei malati; la vostra cella è la camera che avete preso in affitto; la vostra cappella è la chiesa della parrocchia; il chiostro le vie della città; la clausura, l’obbedienza; la grata il timor di Dio; il velo la santa modestia.-

Nel 1718 la pratica di tutta la compagnia fu quella dei voti annuali: le Figlie della Carità ogni 25 marzo, festività religiosa dell’Annunciazione o rinnovvano i voti per un’altro anno o postevano abbandonare la comunità. In questa disposizione non si può non apprezzare la lungimiranza di San Vincenzo de Paoli che, se era riuscito ad evitare lo scoglio della clausura, per l’altro verso conoscendo la psicologia femminile. doveva giustamente farle sentire libere di svolgere o di interrompere questo servizio ai poveri.

Presumibilmente il termine suora deriva dal fatto che tra loro si chiamano sorella tanto che la stessa superiora continua ad essere chiamata alla francese ma soeur.

Nel 1778 a Montanaro (Torino) alcune giovani fecero una comunità per servire i poveri e assistere l’infanzia, sotto la direzione del vincenziano p. Siccardi che fa loro adottare la regola di San Vincenzo e fa approvare la congregazione con patente regia di Vittorio Emanuele II il 7 agosto del 1779. L’aggregazione ufficiale alla casa Madre di Parigi era avvenuta con lettera della madre generale Dubois il 18 novembre 1788.

Dopo gli sconvolgimenti, avvenuti in Francia e in Piemonte a causa della rivoluzione francese, esattamente nel 1822, il p. Giordana, prete della missione, riprese a dirigere le figlie di carità già dirette dal p. Siccardi. Esse e nel frattempo erano passate sotto la giurisdizione del vescovo d’Ivrea. Alcuni anni dopo, nel 1828, un’altra comunità femminile di Rivarolo chiese di mettersi sotto la direzione dei vincenziani e delle Figlie della Carità di Parigi.

Nel 1831 succedette al p. Giordana il p. Durando nella direzione della nascente comunità femminile vincenziana.

Costui nel maggio del 1833 fece arrivare da Parigi, con l’approvazione dei due rami vincenziani, parecchie Figlie della Carità francesi allo scopo di formare, al genuino spirito vincenziano, la comunità preesistente in Piemonte.

Con la visitatrice l’Anglois, l’assistente la Font, la direttrice del seminario Sordet, ebbe inizio un embrione di Casa Centrale nel Regno di Sardegna a Torino.

Le comunità delle Figlie di Carità preesistenti e provenienti dalle suore di Rivarolo e di Montanaro, avendo sviluppato nel periodo di scarso collegamento con Parigi, uno spirito caritativo proprio, le prime nel 1835, le seconde nel 1837, ripresero la loro autonomia.

Il primo passo per l’istituzione delle Figlie della Carità nella Penisola era compiuto. Lo stesso Carlo Alberto, facendo dono alla comunità del convento di San Salvario, coi terreni e con le costruzioni annesse, garantì la stabilità delle figlie della Carità a Torino. Le suore furono subito richieste per l’Ospedale Maggiore San Giovanni di Torino e per l’Opera Pia di Maternità.

Le stesse dettero inizio subito alle visite dei poveri a domicilio e contemporaneamente a svolgere il loro servizio nelle varie opere assistenziali ed educative.

Nel 1834 giunsero all’Ospedale Militare di Genova, nel ’41 a quello di Piacenza, nel ’42 all’ospedale di Siena, nel ’44 all’ospedale di Parma, nel ’45 passavano il confine e si stabilivano a Lugano, nel ’53 a Loreto e, finalmente nel 1856 furono richieste in Sardegna sia per l’ospedale civile, fondato dall’arcivescovo piemontese Varesini   e l’orfanotrofio di Sassari,fondato daun nobile nel 1832, sia presso l’ospedale civile di Cagliari.

Quando le Figlie della Carità giunsero in Sardegna, la situazione non era delle migliori, a Sassari infatti, l’anno prima c’era stata l’epidemia di colera.

Erano undici suore destinate al servizio dei malati: sei all’ospedale di Cagliari e cinque a quello di Sassari .

Purtroppo gli archivi della comunità di Cagliari, risalenti al 1856, riportano solamente le firme del p. Durando, della visitatrice suor M. Mazin (1796-1869) e della superiora di Cagliari suor Gottfray.

Nei primi anni di permanenza in Sardegna portarono una ventata di novità, tenendo in considerazione il fatto che nell’Isola erano fiorenti le comunità di vita contemplativa e per un certo tempo a Cagliari le suore di Santa Giovanna Antida Thouret, già figlia della Carità.

A Sassari trovarono una gran mole di lavoro, oltre che nell’Ospedale Civile, da poco inaugurato dall’arcivescovo mons. Varesini, nell’assistenza agli orfani dell’Ospizio San Vincenzo de Paoli, fondato da Carlo Rugiu, presso il regio Orfanotrofio delle Figlie di Maria e nella istituzione di svariati asili infantili aportiani.

Furono le stesse figlie della Carità a richiedere nuovamente in Sardegna la presenza dei confratelli Preti della Missione che, come si è già detto, avevano svolto la loro attività  ad Oristano, permanendovi dal 1836 al 1866,  anno della soppressione degli ordini religiosi in Italia ad opera dei governi della Destra storica.  Questi ritornati rispettivamente nel 1878 a Cagliari e nel 1879 a Sassari, si occuparono anche della loro direzione spirituale e degli ospiti delle istituzion i presso cui prestavano servizio

Furono molte le vocazioni che le vincenziane suscitarono nell’Isola, tanto che spesso, il seminario delle Figlie della Carità di Torino arrivò ad accogliere un 50% di seminariste sarde. Specie nel primo cinquantennio di questo secolo, tra le Figlie della Carità, furono accolte molte giovani donne provenienti dalle più celebri famiglie della Sardegna come i Sanjust, gli Amat, i Cugia, i Tola, i Sussarello, i Corda, i Passino, i Melis, i Comida e altre famiglie nobili.

Destinate per istituzione all’ assistenza ai poveri e agli ammalati, le Figlie della Carità furono chiamate negli ospedali, nelle case di cura specialistiche, ma soprattutto, in numerosi centri dell’Isola.  Diressero asili infantili di metodo aportiano, froebelinao e misto, prestarono la loro opera assistenziale ed educativa presso gli orfanotrofi di entrambi i sessi, presso scuole ed educandati femminili, ospizi per anziani e per handicappati nonché colonie campestri e marine, case di accoglienza per il recupero di ragazze tolte dalla prostituzione. Negli asili dei centri urbani e dei centri rurali svolsero attività educativa per i piccoli, ma anche attività di educandato per le adolescenti e per le giovinette.

A Cagliari furono presenti, e in alcuni ancora vi sono, nelle seguenti strutture ospedaliere o assistenziali: ospedale civile san Giovanni di Dio 1856, asilo Carlo Felice 1861, asilo della Marina 1864, asili San Giuseppe 1866, Conservatorio Reale 1877, Istituto Sordomuti 1882, casa di mendicità Vittorio Emanuele 1887, ospedale psichiatrico 1897, ospedale SS. Trinità, Istituto dei Ciechi 1901, Prigioni 1902, ricovero Piccola Casa, asilo Umberto e Margherita di Savoia 1918, Casa delle Madri 1921, Brefotrofio 1926, Infanzia abbandonata 1928, Clinica Pediatrica 1938, protezione della giovane 1947. Oltre a queste case si annoverano numerosi asili infantili nella Sardegna meridionale e numerose altre case .

A Sassari furono attive nelle seguenti strutture: Ospedale Civile SS. Annunziata e Regio Orfanotrofio 1856, Ospizio San Vincenzo 1864, asilo Sant’Apollinare 1879, Ricovero di mendicità M. di Castelvì 1880, Rifugio Gesù Bambino e Ospedale Psichiatrico 1904, Casa Divina Provvidenza 1918, Policlinico sassarese 1925, Istituto dei sordomuti 1927, Colonia Campestre 1928, Istituto dei Ciechi 1935, Cliniche Universitarie 1937, Brefotrofio 1942, Mater Misericordiae 1949, Clinica Otorino 1963, Ospedale Civile nuovo 1968.

Furono presenti oltre che nelle grandi città dell’Isola anche nei medi e piccoli centri rurali grazie all’opera di generosi donatori, zelanti sacerdoti i quali diedero vita a istituzioni benefiche di ogni genere nei comuni di Quartu S. Elena, La Maddalena, Oristano, Thiesi, Milis, Nulvi, Ozieri, Tresnuraghes, Tempio, Bonorva, Olbia e numerosi altri centri così come emerge dall’elenco degli asili da loro diretti, dagli anni Sessants dell’Ottocento  a  tutto il Novecento. Nel 1903 a La Maddalena l’Istituto S. Vincenzo, nel 1904 ad Olzai una scuola materna, nel 1905 a Thiesi un asilo, nel 1912 a Nuoro una scuola materna, a Nulvi un asilo orfanotrofio, nel 1920 ad Aritzo una scuola materna, a Quartu l’asilo orfanotrofio Dessì, ad Olbia l’Istituto S. Vincenzo, nel 1922 ad Ittiri una scuola materna, a Bosa una scuola materna, nel 1923 ad Isili un asilo, a Carloforte un asilo, nel 1925 a Borore una scuola materna, a Laconi una scuola materna, nel 1926 a Luras una scuola materna,  a Quartu l’asilo Steria, nel 1927 a Milis una scuola materna, nel 1930 a Calangianus un asilo, nel 1930 ad Osilo un asilo orfanotrofio, a Sorso un asilo orfanotrofio, nel 1931 a Mores una scuola materna, nel 1933 a Porto Torres una scuola materna, nel 1946 a Tresnuraghes un asilo orfanotrofio, nel 1949 ad Arborea un post brefotrofio, nel 1950 ad Abbasanta una scuola materna, nel 1950 a Belvì una scuola materna.

D’estate molti istituti venivano istituite colonie marine presso case proprie o di altre istituzioni,  per permettere ai ragazzi e alle fanciulle dei 18 orfanotrofi di trascorrere le vacanze. Per citarne alcune: a Castelsardo vi è la casa di S. Giuseppe, ad Alghero la Casa Laura Segni, a Quartu, ad Oristano, a La Maddalena altrettante case estive.

Sono circa una ventina i ricoveri per i vecchi e diseredati diretti dalle Figlie della Carità sparsi in Sardegna, dalle antiche costruzioni di Cagliari, Oristano e Sassari alle più recenti di Sorgono Laconi e Milis.

Non mancarono di essere presenti o di fondare istituti per i minorati come quello dei ciechi e dei sordomuti a Cagliari e a Sassari e quelli per l’infanzia abbandonata.

A queste attività interne alle istituzioni si aggiunsero quelle esterne alle varie associazioni.

Adattandosi alle esigenze dei tempi le Figlie della Carità sono oggi presenti (1993) nel servizio a domicilio di persone sole anziane e malate, sono attive nella comunità “Primavera” di Alghero per tossicodipendenti, nel centro accoglienza di Cagliari che da circa cinque anni ha lo scopo di aiutare adolescenti, senza famiglia, emarginati.

Un altro settore nel quale operano è quello dei barboni dei drogati, degli alcolizzati e degli extracomunitari.

Da pochi anni alcune figlie di Cagliari si occupano degli zingari in collaborazione con l’A. I. Z. O e con il volontariato vincenziano giovanile.

Inoltre effettuano visite ai carcerati animando le cerimonie religiose e promuovendo attività ricreative.

Secondo dati recenti le Figlie della Carità sono oggi in Sardegna circa 530 (1993) in 65 case, purtroppo, per mancanza di vocazioni giovanili la loro età media attuale supera i 65 anni, tuttavia rappresentano un quinto delle 2.500 religiose extra¬claustrali attualmente operanti in Sardegna (dati 1991)

1.3 Le Dame della Carità

La prima compagnia delle Dame di Carità venne istituita da San Vincenzo de Paoli il 23 agosto 1617 a Chatillon Les Dombes, piccolo borgo francese di cui era curato..

In questo borgo riunì un gruppo di nobildonne tra le quali Francesca Baschet e Carlotta de Brie esortandole a creare una confraternita per assistere i malati poveri del paese.

Nacque così la prima compagnia delle Dame della Carità, la quale espletate le formalità canoniche, tre mesi più tardi veniva approvata dal vicario generale di Lione.

La sua istituzione ufficiale è datata l’8 dicembre 1617 con la partecipazione di dodici nobildonne delle quali la Baschet e la Brie furono elette rispettivamente priora e tesoriera.

L’atto costitutivo ed il regolamento si trovano presso l’Archivio Municipale di Chatillon.

Quando Vincenzo fondò la Compagnia non si rivolse solo alla donne tuttavia fu in loro che trovò la massima disponibilità.

Ben presto essa si propagò per tutta la Francia grazie anche all’adesione dell’aristocrazia femminile francese.

Tra le più illustri si ricordano Luisa de Marillac, Maria de Pollolion, Maria de Villeneuve, Maria de Miramion, Luisa Maria Gonzaga, la Principessa Conde, la Duchessa de Nemours e Francesca Pontcarre.

Per opera di Madame Goussault sorse la Compagnia di Carità dell’Hotel Dieu di Parigi, formata da oltre un centinaio di Dame fra le quali un certo numero furono inviate presso l’Ospedale Generale per portare viveri ai ricoverati.

Presidente di quella Compagnia fu nominata Madame Goussault e assistente religioso San Vincenzo de Paoli.

Non appena le Dame parigine vennero a conoscenza della situazione di disagio in cui versavano i trovatelli dell’asilo Le Couche ai quali le nutrici stipendiate, ognuna con quattro o cinque bimbi a carico, somministravano loro pillole d’oppio per farli dormire o li vendevano a maghi o mendicanti, si presero cura dapprima di una dozzina di bambini, poi alcuni anni più tardi, nel 1640, di tutto l’asilo.

Anche quando fu loro tolta dallo Stato la direzione dell’Ospedale Generale al quale accorrevano tutti i mendicanti di Parigi, continuarono a svolgervi la loro opera.

La loro attività benefica continuò per tutto il Seicento e il Settecento e scomparve soltanto tra i tumulti e i massacri della rivoluzione francese anche se vi è da sottolineare che la Marillac, la Pollalion, la Villeneuve e la Miramion diedero vita ad altrettante congregazioni religiose femminili sul modello delle Figlie della Carità

Le attività della Compagnia delle Dame della Carità francesi, al momento della loro rinascita, potranno offrire un modello della loro molteplice attività assistenziale un pò a tutto il mondo cattolico, infatti esse avevano fondato istituti per il recupero delle ragazze incorse nella prostituzione, per orfane, per trovatelli, per mendicanti e per ogni altro tipo di miseria.

La Compagnia ricomparve in Francia nel 1840 per opera del p. Etienne che provvide a riorganizzarle. Da non dimenticare il tributo di sangue che esse diedero durante il Terrore: parecchie di esse, comprese le Figlie della carità furono ghigliottinate.

In Italia invece la loro attività fu costante a partire dal 1652 anno di fondazione a Monteporzio (Roma) della prima Compagnia italiana della Dame della Carità.

Il principale fine che l’associazione italiana, sull’esempio di quella parigina, si propose fu quello di portare aiuto ai poveri a domicilio , in ambito parrocchiale e interparrocchiale.

Le Dame si reputarono fortunate d’essere state scelte quali serve dei poveri.

Le aspiranti, per poter essere ammesse alla società quali socie attive, dovevano possedere alcuni requisiti: la pratica della religione così come richiedeva lo stesso Vincenzo de Paoli in un regolamento stilato fra il 1640 e il 1649 per le Dame di corte; una buona condotta morale, una certa disponibilità economica, anche minima, purché consentisse loro di partecipare alle spese che la Compagnia doveva affrontare per il bene dei poveri .

In pratica si accoglievano sia le donne aristocratiche sia quelle borghesi. Spesso avvenne che mogli di aristocratici poco ligi alla chiesa e di liberali anche massoni o addirittura antimonarchici aderirono alla Compagnia.

Questa si strutturava in varie sezioni di socie: socie attive, socie onorarie, socie benefattrici.

Le socie attive erano quelle che partecipavano in prima persona, intervenendo alle riunioni, prestando la loro opera a domicilio, facendo offerte settimanali.

Le onorarie non partecipavano all’attività della Compagnia, avevano tuttavia l’obbligo di dare una quota annuale, partecipando alle riunioni generali che si tenevano una o due volte all’anno e spesso passando tra le socie attive.

Le socie benefattrici  non avevano alcun obbligo nei confronti della Compagnia se non quello di effettuare liberamente all’occorrenza offerte in denaro (azioni).

Le loro riunioni furono dette conferenze ed erano dirette da una presidente, da una cassiera e da una segretaria.

A livello cittadino dovevano rendersi conto delle varie situazioni di povertà e di indigenza e cercare di porvi rimedio secondo l’esempio delle prime Dame parigine; a livello parrocchiale o interparrocchiale dovevano provvedere con le visite a domicilio ai poveri e agli indigenti di ogni ceto sociale e di ogni età. Da rimarcare che più che togliere i bisognosi di entrambi i sessi dalle loro case, esse offrivano assistenza domiciliare, anticipando di secoli sia gli orientamenti dell’attuale OMS sia quello dei cosiddetti servizi sociali promossi durante il fascismo e incrementatisi dal 1977 in epoca repubblicana.

Mentre la presidente aveva il compito di coordinare il gruppo, la cassiera era incaricata di raccogliere le offerte, alla fine di ogni riunione e di recarsi presso i fornitori, convenzionati con le Dame, per ritirare i buoni alimentari, o altri generi di bisogno da distribuire ai poveri a domicilio.

Ogni Conferenza aveva un registro di cassa per annotare le entrate e le uscite; un elenco aggiornato dei poveri da soccorrere; nonché un registro dei verbali delle riunioni.

Le visite ai poveri avevano cadenze settimanali e in genere le Dame dovevano recarsi  a due a due nei domicili, spesso tuguri, sovente dei veri tuguri .

San Vincenzo de Paoli aveva fissato quasi con pignoleria i tempi delle conferenze e gli schemi di stile e di condotta delle Dame. Niente veniva lasciato al caso e all’improvvisazione. Basti leggere i loro prontuari per rendersi conto del metodo pedagogico con cui doveva essere gestita con decoro e senza umiliare gl’indigenti qualsiasi genere di aiuto.

Tra loro furono istituite anche le sezioni giovanili delle Dame dette anche Damine o Allieve di Carità (ragazze dai 16 anni sino al matrimonio) e le Piccole Amiche dei Poveri (bambine e ragazze al di sotto dei 16 anni) fondate tra il 1856 e il 1910 a Firenze, Siena, Torino, Milano, Roma e Napoli.

In Sardegna le Dame, sull’esempio delle Dame di Parigi, furono istituite da alcune nobildonne  a Cagliari nel 1856, costituendo subito ben tre compagnie a seconda della divisione in quartieri della Città.

L’organizzazione constava di una Compagnia centrale di cui era Presidente la nobildonna Maria Aymerich Sanjust di Teulada, Marchesa di Neoneli a ricoprire la carica di tesoriera era Antonietta Sanna Borra e di segretaria Effy Serra. Le filiali sorsero nel 1858: quella del quartiere Castello con presidente Maria Sanjust, tesoriera Assunta Cilocco Sanna e segretaria Effy Serra.

Il quartiere Villanova con presidente la sig. ra Gerolama Vignelo, tesoriera Annunziata Casula e segretaria Raffaela Agabbio Casula.

Il quartiere Stampace con presidente Maria Teresa Palomba, segretaria Caterina Massoni e tesoriera Battistina Porcu.

Il quartiere Marina con presidente Luisa Oppo, tesoriera Efisina Granata e segretaria Fiorenza Biondo.

Il quartiere dell’Annunziata con presidente la Marchesa Carmela Pallavicini.

Oltre a soccorrere i poveri a domicilio le Dame cagliaritane nel corso di un secolo (1856-1956) provvidero a dotare la città e la divisione di Cagliari di istituzioni assistenziali per ogni genere di povertà, seguendo il modello dell’attività già svolto alle origini dalle Dame di Parigi, a ciò incoraggiate sia dalle Figlie della Carità, giunte di lì a poco, nella capitale dell’Isola sia, qualche decennio dopo, dai preti della missione. Su di esse, a parte notizie e resoconti, poco è stato scritto mentre sarebbe opportuno, per una adeguata conoscenza dell’attività sociale da esse svolte, un’accurato studio. Orfanotrofi o istituti in parte esistevano prima del loro arrivo come le Figlie della Provvidenza fondate dal carismatico gesuita padre Giovanni Battista Vassalo nel 1751 e lpOrfanotrofie delle Figlie di maria Addolorata a Sassari fondato dal nobile Boyl e alloggiate dal 1832 presso l’ex convent domenicano (attuali poste centrali) con la chiesa del rosario annessa.

A Sassari vennero costituite nel 1859 per merito di Donna Matilde Quesada, moglie del marchese San Filippo ; incoraggiata e sostenuta da Carlo Rugiu che aveva già fondato in città sin dal 1854, sull’esempio del francese Federico Ozanam, la prima Conferenza Maschile di S. Vincenzo.

Per la città di Sassari l’occasione per la costituzione della Compagnia delle Dame di Carità fu offerta dal colera del 1855, che aveva lasciato la popolazione tremendamente prostrata.

E’ in questo contesto così irto di difficoltà che operarono le prime Dame sulle tracce, del resto, della. tradizione della donna cristiana, molto radicata in Sardegna, e sempre depositaria dell’attività assistenziale e benefica verso i bisognosi .

La loro costituzione fu sancita da un placito dell’arcivescovo di Sassari Mons. Varesini e stimolata da Donna Matilde Quesada, trasferitasi a Cagliari alcuni giorni prima della costituzione.

Socie fondatrici figurano: la contessa di S. Pietro, Rita Quesada, contessa Vincenza d’Ittiri, sig.ra M. Antonia Figoni, marchesa Gerolama di Sant’Orsola, nobile Chiara Manca, Sig.ra Teresa Bellieni, nobile Angela Pilo Cugia, contessa Maria San Placido Amat, sig.ra Raimonda Usai , le donne più impegnate, almeno in quel momento, dell’aristocrazia e della borghesia sassarese nell’opera di soccorso ai più indigenti.

I primi anni della loro attività furono caratterizzate da una grande collaborazione con le Conferenze Maschili di S. Vincenzo: saranno infatti queste a segnalare le prime due famiglie da soccorrere da parte delle Dame sassaresi .

Gli assistenti spirituali che si succedettero nel corso dei primi 50 anni di vita dell’associazione, dopo il futuro vescovo Marongiu, di cui, abbiamo notizie nel beneplacito del Varesini, furono: don Sogus rettore della popolare parrocchia di S. Sisto, Mons. Sanguino, rettore della parrocchia di S. Caterina, il canonico Panedda, ai quali subentreranno i superiori della Casa della Missione a datare dal 1879 con p. Costagliola, p. Parodi, futuro vescovo di Sassari, p. Meloni, p. Bartolini, p. Landi, p. Manzella.

Le notizie sull’attività del gruppo dal 1859 fino al 1900 sono ampiamente illustrate dallo Zirolia in un resoconto storico, sociale ed economico, redatto in occasione della celebrazione del cinquantennio.

Tutta la documentazione sulle attività svolte nel primo cinquantennio (1859-1909), a parte la conferenza dello Zirolia, allo stato degli studi sono irreperibili.

L’attività delle Dame sassaresi dal 1859 al 1900 è contrassegnata dalle visite a domicilio presso i poveri della città da parte di un numero esiguo di Dame attive e di poche istituzioni a favore degli indigenti.

Chi diede loro un forte stimolo ad operare fu sicuramente il prete della missione Giovanni Battista Manzella giunto in Sardegna nel novembre del 1900.

Nel periodo che va dal suo arrivo in Sardegna fino alla sua morte , avvenuta nel 1937, le Dame della Carità di Sassari crearono una rete assistenziale adeguata alle necessità dei poveri della città, infatti, nel 1904 fondarono il Rifugio Gesù Bambino per le bambine abbandonate, più tardi l’istituto dei ciechi e subito dopo l’istituto dei sordomuti quindi, la Casa Divina Provvidenza per i cronici derelitti (1910)inoltre l’Istituto Santi Angeli per gli illegittimi provenienti dal brefotrofio provinciale. Inoltre diedero il loro aiuto alla istituzione di numerosi asili impegnandosi altresì con svariate iniziative, a seconda dei momenti di bisogno, specie in occasione dei due conflitti mondiali, a soccorrere i poveri della città.

Questo studio vuole essere un primo, anche se non esaustivo, modello di ricerca sull’attività in campo sociale svolta dalle Dame della Carità di Sassari la cui azione sarebbe incomprensibile senza l’apporto operativo e stimolante del noto vincenziano p. G. B. Manzella il quale, operando quasi da dietro le quinte senza mai figurare nei verbali degli organi collegiali della Casa Divina Provvidenza, fu tuttavia il principale promotore e sostenitore fattivo di questa iniziativa, annunciata insieme ad altre, in occasione dei festeggiamenti del cinquantesimo della nascita delle Dame a Sassari.

Commenti

  1. sono un ex della Casa della divina Provvidenza, residente in Germania, sono sicuro di aver conosciuto da bambino il signor Angelino Tedde. Sarei lieto di averne conferma… distinti saluti antonio Galistu

    Galistu Antonio
    Febbraio 9th, 2011
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